Anno: 2012 | Autore: CARLO RAPICAVOLI

 

La riforma costituzionale sul pareggio di bilancio: prevista l’approvazione finale il 17 aprile

CARLO RAPICAVOLI*

PREMESSA

La Camera dei Deputati il 6 marzo 2012 ha approvato, senza modificazioni rispetto al testo già approvato in prima lettura il 30 novembre 2011, la proposta di legge costituzionale volta a introdurre nella Costituzione, nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, il principio dell’equilibrio delle entrate e delle spese, il cosiddetto “pareggio di bilancio”.

Si tratta della seconda lettura del provvedimento, già approvato in prima deliberazione da entrambe le Camere.

La deliberazione della Camera dei Deputati del 6 marzo è avvenuta con la maggioranza dei due terzi dei componenti.

Il Senato dovrebbe dare il via libera definitivo al disegno di legge costituzionale che introduce il pareggio di bilancio in Costituzione martedì 17 aprile 2012 come stabilito dalla conferenza dei capigruppo l’11 aprile.

Se anche al Senato sarà raggiunta, come appare probabile, la stessa maggioranza qualificata non si dovrà ricorrere al referendum confermativo.

La riforma costituzionale dà così attuazione a uno degli impegni assunti prima dal precedente governo di Silvio Berlusconi e poi confermato dall’esecutivo di Mario Monti per rassicurare i mercati sulla sostenibilità del debito pubblico italiano.
Tale modifica prende spunto dalla necessità di rafforzare l’impegno italiano a risanare le finanze pubbliche, in attuazione dei vincoli posti dal “Patto Europlus” nel marzo 2011 e nel “Six Pack” nell’ottobre 2011 dal Consiglio ECOFIN (successivamente ribaditi nel “Fiscal Compact” nel gennaio 2012).

Stupisce il silenzio corale che ha accompagnato questo processo di modifica costituzionale in corso ormai da  mesi, mentre in altri paesi europei su questi temi e sul connesso Fiscal Compact si stanno sviluppando discussioni e confronti assai vasti.
Stupisce come in un Paese come il nostro in cui su questioni di scarsa rilevanza si fanno spesso campagne di stampa ampiamente sopra le righe, su un tema di così rilevante portata, che tocca un cardine della Costituzione e la strumentazione della politica economica presente e futura, il silenzio è totale.
Ma c’è consapevolezza di ciò che si sta approvando?
È ammissibile che ciò avvenga su un tema così importante?
Per rimediare ed aprire un dibattito serio una possibilità ci sarebbe: se, ai sensi dell’articolo 138 della Costituzione, il Senato riapprovando in seconda lettura la riforma costituzionale senza raggiungere la maggioranza di due terzi si aprirebbe la possibilità di promuovere un pronunciamento del popolo attraverso il referendum confermativo.
Vediamo innanzitutto a confronto l’attuale formulazione degli art. 81, 97, 117 e 119 della Costituzione ed il nuovo testo che deriverà dalla riforma una volta concluso l’iter parlamentare e applicabile a partire dall’esercizio finanziario 2014.

LA RIFORMA COSTITUZIONALE

ART. 81 – TESTO VIGENTE
ART. 81 – NUOVO TESTO
Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.
   
Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale

 

ART. 97 – TESTO VIGENTE

I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità dell’amministrazione.
Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge

ART. 97 – NUOVO TESTO

Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.
I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità dell’amministrazione.
Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge

   

  
 

ART. 117 – TESTO VIGENTE ART. 117 – NUOVO TESTO
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali .
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a)    politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;
b)    immigrazione;
c)    rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d)    difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e)    moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f)    organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g)    ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h)    ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i)    cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l)    giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m)    determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n)    norme generali sull’istruzione;
o)    previdenza sociale;
p)    legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q)    dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r)    pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;
s)    tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali .
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato .
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni .
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali .
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a)    politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;
b)    immigrazione;
c)    rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d)    difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e)    moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie
f)    organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g)    ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h)    ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i)    cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l)    giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m)    determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n)    norme generali sull’istruzione;
o)    previdenza sociale;
p)    legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q)    dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r)    pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;
s)    tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali .
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato .

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni .
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato

 

ART. 119 – TESTO VIGENTE ART. 119 – NUOVO TESTO
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti
    I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti

Il disegno di legge costituzionale, in fase di approvazione definitiva, prevede infine all’art. 5:

1.    “La legge di cui all’articolo 81, sesto comma, della Costituzione, come sostituito dall’articolo 1 della presente legge costituzionale, disciplina, per il complesso delle pubbliche amministrazioni, in particolare:
a)    le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica;
b)    l’accertamento delle cause degli scostamenti rispetto alle previsioni, distinguendo tra quelli dovuti all’andamento del ciclo economico, all’inefficacia degli interventi e agli eventi eccezionali;
c)    il limite massimo degli scostamenti negativi cumulati di cui alla lettera b) del presente comma corretti per il ciclo economico rispetto al prodotto interno lordo, al superamento del quale occorre intervenire con misure di correzione;
d)    la definizione delle gravi recessioni economiche, delle crisi finanziarie e delle gravi calamità naturali quali eventi eccezionali, ai sensi dell’articolo 81, secondo comma, della Costituzione, come sostituito dall’articolo 1 della presente legge costituzionale, al verificarsi dei quali sono consentiti il ricorso all’indebitamento non limitato a tenere conto degli effetti del ciclo economico e il superamento del limite massimo di cui alla lettera c) del presente comma sulla base di un piano di rientro;
e)    l’introduzione di regole sulla spesa che consentano di salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica;
f)    l’istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio;
g)    le modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi degli eventi eccezionali di cui alla lettera d) del presente comma, anche in deroga all’articolo 119 della Costituzione, concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali.

2.    La legge di cui al comma 1 disciplina altresì:
a)    il contenuto della legge di bilancio dello Stato;
b)    la facoltà dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all’indebitamento, ai sensi dell’articolo 119, sesto comma, secondo periodo, della Costituzione, come modificato dall’articolo 4 della presente legge costituzionale;
c)    le modalità attraverso le quali i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni.
3.    La legge di cui ai commi 1 e 2 è approvata entro il 28 febbraio 2013.
4.    Le Camere, secondo modalità stabilite dai rispettivi regolamenti, esercitano la funzione di controllo sulla finanza pubblica con particolare riferimento all’equilibrio tra entrate e spese nonché alla qualità e all’efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni”.

L’art. 6 infine precisa che “Le disposizioni di cui alla presente legge costituzionale si applicano a decorrere dall’ dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014”.

BREVI VALUTAZIONI CRITICHE

    Il Prof. Valerio Onida, Presidente emerito della Corte Costituzionale, ancora nel 1969 scriveva che il pareggio del bilancio deve essere un obiettivo politico e non un obbligo giuridico.

Con un’analisi che risulta ad oggi attualissima, il prof. Onida sosteneva già allora come il pedissequo perseguimento del principio del pareggio non soltanto non potesse assicurare il contenimento della spesa pubblica bensì – a fronte di circostanze cicliche o congiunturali – potesse addirittura ostacolare il puntuale ricorso agli strumenti finanziari ritenuti invece migliori, in rapporto alla concreta situazione di fatto.

E, con riferimento alla situazione italiana, si chiedeva se si potesse ritenere che dal circuito di responsabilità concorrente e condivisa – in materia di equilibrio di bilancio – fra Corte dei conti, Corte costituzionale e Corte di giustizia europea non possa conseguire una sensibile contrazione dello Stato sociale – sistema la cui costruzione, storicamente, è stata proprio la Consulta a favorire – a causa della sopravvenuta
esigenza di ridimensionare la portata della pronunce (di spesa) già funzionali ad attivare i diritti costituzionali, alla luce del principio di eguaglianza sostanziale.

    Come non tenere conto nel dibattito dell’appello sottoscritto da ben cinque premi Nobel per l’economia ed altri illustri economisti al Presidente Obama in cui si chiede che: “venga respinta qualunque proposta volta ad emendare la Costituzione degli Stati Uniti inserendo un vincolo in materia di pareggio del bilancio. Vero è che il Paese è alle prese con gravi problemi sul fronte dei conti pubblici, problemi che vanno affrontati con misure che comincino a dispiegare i loro effetti una volta che l’economia sia forte abbastanza da poterle assorbire, ma inserire nella Costituzione il vincolo di pareggio del bilancio rappresenterebbe una scelta politica estremamente improvvida.

Aggiungere ulteriori restrizioni, cosa che avverrebbe nel caso fosse approvato un emendamento sul pareggio del bilancio, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose.

Nei momenti di difficoltà economica diminuisce il gettito fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione.

Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto.

Chiudere ogni anno il bilancio in pareggio aggraverebbe le eventuali recessioni.

Nell’attuale fase dell’economia è pericoloso tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente.

I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale necessari per raggiungere questo scopo, danneggerebbero una ripresa già di per sé debole”.


LA FINE DELL’AUTONOMIA FINANZIARIA DI REGIONI ED ENTI LOCALI

Tralasciando per il momento ogni commento ed esame delle diversificate posizioni espresse dalla dottrina e dagli economisti sull’argomento, preme porre l’accento sulle modifiche che saranno introdotte agli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione e alle conseguenti limitazioni all’autonomia finanziaria di Regioni e Autonomie Locali.

La riforma costituzionale in discussione rafforza la centralità dello Stato nel sistema di finanza pubblica riducendo l’ambito di autonomia delle Regioni e degli Enti Locali oggi prevista dal Titolo V della Costituzione.

Il rafforzamento della centralità dello Stato si ravvisa sotto molteplici profili:
1)    l’ “armonizzazione dei bilanci pubblici” diventa materia di potestà esclusiva dello Stato e non più di competenza concorrente con le Regioni come oggi previsto;
2)    il principio del concorso delle Regioni e degli Enti Locali all’adempimento dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea diventa principio costituzionale;
3)    il principio dell’“equilibrio” valido per i conti pubblici dello Stato viene esteso anche ai bilanci di Regioni, Province e Comuni;
4)    il ricorso all’indebitamento per le spese di investimento può essere operato da parte degli enti locali “con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli Enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio”.

Lo Stato, pertanto, non avrà più, come oggi, la propria competenza in materia limitata ai soli principi fondamentali, ma sarà estesa anche alla normativa di dettaglio.

Eserciterà quindi una competenza di grado più elevato rispetto a quella del ‟coordinamento della finanza pubblica”, cui lo Stato oggi ha fatto riferimento ai sensi dell’art. 119, secondo comma, per legittimare i vincoli, spesso stringenti all’autonomia finanziaria delle Autonomie territoriali.

Non sarà più facilmente possibile per le Regioni ricorrere alla Corte Costituzionale per vedere tutelata la propria autonomia finanziaria rispetto alle disposizioni anche di dettaglio previste dalle norme statali.

 In più, come conseguenza del riconoscimento costituzionale come potestà esclusiva dello Stato e non più come competenza concorrente, si avrà l’attribuzione contestuale allo Stato della potestà regolamentare in materia, in forza del comma sesto del medesimo articolo 117 e il conseguente venir meno della competenza regolamentare delle Regioni.

Altro aspetto da considerare come ulteriormente limitante dell’autonomia finanziaria delle Regioni e degli Enti Locali è il periodo aggiunto alla fine del primo comma dell’art. 119, che – nel testo vigente – fissa il principio dell’autonomia finanziaria (di entrata e di spesa) delle Autonomie territoriali

Nel nuovo testo tale autonomia finanziaria e condizionata da due nuovi elementi:

1)    L’autonomia è condizionata al ‟rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci” (cioè il principio del c.d. ‟pareggio di bilancio”);
2)    E’ prescritto inoltre che le Autonomie territoriali devono concorrere ‟ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea”.

Al riguardo occorre fare ulteriori puntualizzazioni:
1)    Nel primo comma del novellato art. 119 il principio dell’equilibrio di bilancio appare riferito alla singola Autonomia territoriale;
2)    Per Regioni e Autonomie Locali non viene riportato quanto previsto per il bilancio dello Stato dal nuovo testo dell’art. 81 che recita: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio,tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”. Manca dunque per le Regioni un esplicito riferimento alle esigenze delle politiche di bilancio in funzione del ciclo economico.
3)    Solo lo Stato pertanto è individuato come responsabile del governo delle politiche economiche anticicliche;
4)    Le autonomie territoriali sono vincolate a concorrere ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea; anche in questo caso, analogo vincolo non è esplicitato per lo Stato dal nuovo testo dell’art. 81 anche se i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario” si rinvengono, in generale, nell’art. 117, primo comma, quale limite all’esercizio della potestà legislativa esercitata dallo Stato e dalle Regioni;
5)    La nuova formulazione dell’art. 119 primo comma pare facilmente riferibile al patto di stabilità che lega gli Stati membri al rispetto di parametri di bilancio stabiliti in funzione degli obiettivi dell’Unione Europea, che ricadono all’interno del nostro ordinamento giuridico come vincoli del cosiddetto “patto di stabilità interno”. Con la costituzionalizzazione del principio, i vincoli dl patto di stabilità diventano ancora più cogenti per le autonomie territoriali.

Il periodo aggiunto alla fine del sesto comma, secondo periodo, dell’art. 119, che – nel testo vigente – consente l’indebitamento delle Autonomie territoriali ‟solo per finanziare spese di investimento”, introduce due ulteriori condizioni al debito delle Autonomie territoriali.

In primo luogo, richiede ‟la contestuale definizione di piani di ammortamento”.

In secondo luogo, impone che ‟per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio”.

Come osservato nel dossier del servizio studi del Senato della Repubblica, il principio dell’equilibrio del bilancio del singolo ente trova – nella disciplina della facoltà di indebitamento dello stesso singolo ente – una sua esplicita, ma disciplinata, eccezione.

Sono le due nuove condizioni poste al debito che, pur in presenza della possibilità di indebitamento del singolo ente, confermano il rispetto del principio del pareggio, ma su due diversi piani:

1)    sul piano intertemporale, a livello dello stesso singolo ente: definendo il piano di ammortamento, l’ente garantisce l’equilibrio totale sul complesso del periodo dato;

2)    sul piano interterritoriale: posto che il debito è possibile solo se è compensato dall’equilibrio dell’aggregato regionale di cui l’ente fa parte.

Purtroppo la tecnica legislativa non brilla per chiarezza e porterà ad innumerevoli conflitti e dubbi interpretativi.

Ci limitiamo ad un esempio.

La condizione posta dall’ultimo comma del novellato art. 119 che legittima l’indebitamento per Regioni e autonomie territoriale al fatto che ‟per il complesso degli enti di ciascuna regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio” comporta che perché un ente territoriale possa presentare in bilancio una situazione di debito è necessario dunque che uno o più enti della stessa Regione compensino quel debito, garantendo l’equilibrio complessivo del bilancio di quell’aggregato regionale.

Ne dovrebbe conseguire che:

1)    la compensazione interregionale non è prevista: l’avanzo in una Regione non legittima l’assunzione un debito in un ente di altra Regione.

2)    alla somma degli equilibri di ciascuna Regione consegue l’equilibrio della Repubblica nel suo complesso.

Ma cosa si intende per “complesso degli enti di ciascuna regione”?

Le autonomie territoriali – Comuni, Province e Città Metropolitane – possono definirsi “enti di una Regione”?

Ciò apparirebbe in contrasto con il principio stesso di autonomia previsto dall’art. 114 della Costituzione.

 Piuttosto sarebbe più corretto pensare che vadano definiti come enti territoriali autonomi situati nel territorio della Regione.

Allora si potrebbe pensare che l’espressione “complesso degli enti di ciascuna regione”, sia riferita soltanto agli enti strumentali della Regione (es. Aziende Sanitarie), meglio e più correttamente individuabili come enti “della” Regione.

Non appare di agevole ed immediata risoluzione, inoltre, se detto aggregato comprenda o meno la Regione stessa: la Regione è uno degli enti che ha certamente facoltà di indebitarsi, ma non sembra agevole identificarla come ‟ente della Regione” stessa.

La questione potrebbe rilevare in termini sostanziali: se la Regione fosse da considerarsi esclusa dall’aggregato, il debito della Regione potrebbe compensarsi sul bilancio del complesso degli altri enti (Comuni, Province, Città metropolitane), mentre il debito di un ente locale potrebbe compensarsi solo sul bilancio degli altri enti locali, ma non su quello della Regione (che non sarebbe“ente di” quella Regione).

Tanto basta a comprendere quanti problemi interpretativi sorgeranno dall’applicazione della riforma.

La questione diventa ancora più complessa allorché va considerato che la legge ordinaria “rafforzata”, prevista dal nuovo testo dell’art. 81, ultimo comma, (“Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”) annovera fra i suoi contenuti “costituzionalmente protetti” a norma dell’art. 5 del ddl costituzionale in fase di approvazione, il riconoscimento e i limiti alla “facoltà dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all’indebitamento, ai sensi dell’articolo 119, sesto comma, secondo periodo, della Costituzione”.

In ogni caso, pertanto, è rimessa alla competenza esclusiva dello Stato tramite la legge “rafforzata” di bilancio stabilire i limiti per Regioni e Autonomie Territoriali di ricorrere all’indebitamento per investimenti nonché “le modalità attraverso le quali i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni”.

Appare del tutto evidente come non si possa più parlare di autonomia finanziaria delle Regioni e delle autonomie territoriali.

Con la riforma costituzionale ormai – salvo improbabili ripensamenti – prossima all’approvazione definitiva a larga maggioranza e, quindi, senza il ricorso al referendum confermativo altrimenti richiesto dall’art. 138, terzo comma della Costituzione, si pone un tassello difficilmente rimuovibile che fa tramontare in buona parte il percorso verso una riforma federale e di riconoscimento delle autonomie avviata con la riforma del titolo V della Costituzione.

A poco più di dieci anni quella riforma, seppure incompleta e da definire, viene vanificata in uno dei suoi aspetti essenziali e caratterizzanti.

Da più parti si sollevano richieste rivolte ai Senatori affinché consentano ai cittadini di esprimersi con il referendum, che imporrebbe quel dibattito che finora è mancato.

Sarà possibile?

* Direttore Generale e Coordinatore dell’Area Gestione del Territorio della Provincia di Treviso

Pubblicato su AmbienteDiritto il 16 aprile 2012