Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 22451 | Data di udienza: 24 Gennaio 2019

RIFIUTI – Reato di deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi – Configurabilità nei confronti di qualsiasi soggetto – Responsabilità – Qualifica formale dell’agente o della natura dell’attività economica – Ininfluenza – Art. 256 d.lgs n.152/2006 – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reato continuato – Pena inflitta nella misura minima edittale – Motivazione esplicita – Esclusione – Potere discrezionale del giudice – Art. 132 cod. pen..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Maggio 2019
Numero: 22451
Data di udienza: 24 Gennaio 2019
Presidente: ROSI
Estensore: CERRONI


Premassima

RIFIUTI – Reato di deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi – Configurabilità nei confronti di qualsiasi soggetto – Responsabilità – Qualifica formale dell’agente o della natura dell’attività economica – Ininfluenza – Art. 256 d.lgs n.152/2006 – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reato continuato – Pena inflitta nella misura minima edittale – Motivazione esplicita – Esclusione – Potere discrezionale del giudice – Art. 132 cod. pen..



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 22/05/2019 (Ud. 24/01/2019), Sentenza n.22451


RIFIUTI – Reato di deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi – Configurabilità nei confronti di qualsiasi soggetto – Responsabilità – Qualifica formale dell’agente o della natura dell’attività economica – Ininfluenza – Art. 256 d.lgs n.152/2006 – Giurisprudenza.
 
Il reato di deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi, di cui all’art. 256, comma 2, D.Lvo n. 152/2006, è configurabile nei confronti di qualsiasi soggetto che abbandoni rifiuti nell’esercizio, anche di fatto, di una attività economica, indipendentemente dalla qualifica formale dell’agente o della natura dell’attività medesima (Sez. 3, n. 56275 del 24/10/2017, Marcolini), e nei confronti di qualsiasi soggetto che abbandoni rifiuti nell’esercizio di una attività economica di qualunque natura, non essendo circoscritto ai soli titolari di imprese che svolgono le attività di gestione di rifiuti di cui al comma primo dell’art. 256, D.Lvo n. 152/2006 (Sez. 3, n. 19969 del 14/12/2016, dep. 2017, Boldrin, Rv. 269768; Sez. 3, n. 30133 del 05/04/2017, Saldutti e altro, Rv. 270323).
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reato continuato – Pena inflitta nella misura minima edittale – Motivazione esplicita – Esclusione – Potere discrezionale del giudice – Art. 132 cod. pen..
 
In tema di reato continuato, nel caso in cui il giudice, inflitta la pena nella misura minima edittale, l’abbia aumentata per la continuazione in modo esiguo, non è tenuto a giustificare con motivazione esplicita il suo operato, sia perché deve escludersi che abbia abusato del potere discrezionale conferitogli dall’art. 132 cod. pen., sia perché deve ritenersi che egli abbia implicitamente valutato gli elementi obbiettivi e subiettivi del reato risultanti dal contesto complessivo della sua decisione (Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F. e altri).
 
(conferma sentenza del 23/04/2018 – TRIBUNALE DI VICENZA) Pres. ROSI, Rel. CERRONI, Ric. Tllawi
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 22/05/2019 (Ud. 24/01/2019), Sentenza n.22451

SENTENZA

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 22/05/2019 (Ud. 24/01/2019), Sentenza n.22451
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
  
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da Tllawi Abdul Mouin, nato a Homs (Siria);
 
avverso la sentenza del 23/04/2018 del Tribunale di Vicenza;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paola Filippi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 23 aprile 2018 il Tribunale di Vicenza ha condannato Abdul Mouin Tllawi alla pena di euro 2750 di ammenda per il reato di cui agli artt. 81 cod. pen., 256, comma 1, lett. a) e 256 comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; 256, comma 1, lett. a) e 256, comma 4 d.lgs. 152 cit.; nonché 20, comma 1, d.lgs. 8 marzo 2006, n. 139. 
 
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto appello (poi convertito in ricorso per cassazione stante l’inappellabilità della pronuncia) con un articolato motivo di impugnazione.
 
2.1. In particolare, quanto all’esistenza del reato di cui al comma 1, lett. a) e comma 2 dell’art. 256 cit., esso era configurabile solamente in caso di difetto dell’autorizzazione prescritta per legge, laddove l’imputato, nella qualità di amministratore unico della s.r.l. T&M Plast, era munito di autorizzazione unica ambientale rilasciata dal Comune di Bolzano Vicentino. In tal modo, faceva difetto uno degli elementi costitutivi del reato.
 
Per quanto riguardava l’ulteriore contravvenzione di cui al d.lgs. 152 cit., essa al più poteva integrare l’inosservanza delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni esistenti.
 
Infine, in ordine all’ultimo reato contestato, la mancanza del rilascio della certificazione incendi riguardava la s.r.l. T&S Plast e non la T&M Plast. Non vi era quindi la prova dell’assenza della ridetta certificazione.
 
2.1.1. Con ulteriori ragioni di impugnazione era censurata l’eccessività del trattamento sanzionatorio, mentre – ai fini della sospensione condizionale della pena – il ricorrente ha osservato che non era stata valutata la positiva condotta tenuta dall’imputato successivamente al primo sopralluogo della polizia giudiziaria.
 
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso è infondato.
 
4.1. Per quanto concerne il primo motivo di censura, il provvedimento impugnato ha dato conto dell’esistenza di un deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi, di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. 152 cit..
 
Al riguardo, detto reato è configurabile – contrariamente ai rilievi dell’imputato – nei confronti di qualsiasi soggetto che abbandoni rifiuti nell’esercizio, anche di fatto, di una attività economica, indipendentemente dalla qualifica formale dell’agente o della natura dell’attività medesima (Sez. 3, n. 56275 del 24/10/2017, Marcolini, Rv. 272356), e nei confronti di qualsiasi soggetto che abbandoni rifiuti nell’esercizio di una attività economica di qualunque natura, non essendo circoscritto ai soli titolari di imprese che svolgono le attività di gestione di rifiuti di cui al comma primo della citata disposizione (Sez. 3, n. 19969 del 14/12/2016, dep. 2017, Boldrin, Rv. 269768; Sez. 3, n. 30133 del 05/04/2017, Saldutti e altro, Rv. 270323).
 
Del pari, l’odierno ricorrente è stato ritenuto responsabile di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni rilasciate dalla Provincia di Vicenza per il recupero di rifiuti non pericolosi (art. 256 cit., comma 4 d.lgs. 152 cit.). 
 
4.1.1. Quanto ad entrambe le ipotesi, il ricorrente non ha in alcun modo contestato la sussistenza delle fattispecie in relazione agli accertamenti eseguiti, e la ricostruzione in fatto operata dal Tribunale berico non è possibile oggetto di revoca in questa sede di legittimità.
 
D’altronde, in diritto ed alla stregua dei rilievi che precedono, non è esclusa la coesistenza delle due ipotesi, a prescindere o meno dalle autorizzazioni al recupero dei rifiuti. Né le considerazioni in fatto svolte dal Tribunale, quanto ai richiamati accertamenti di polizia giudiziaria circa lo stato di fatto dei luoghi dell’azienda e degli ambienti esterni alla medesima, hanno mai ricevuto smentita.
 
4.2. Per ciò che invece riguarda il secondo motivo di impugnazione, quanto alla richiesta del rilascio della certificazione di prevenzione incendi, il ricorrente – assumendo che era stata non correttamente interpretata una comunicazione dei Vigili del Fuoco – ha introdotto una questione di mero fatto legato ad un’attività strettamente interpretativa del materiale istruttorio, devoluta alla cognizione esclusiva del Giudice del merito. Va da sé che la censura formulata non può essere accolta.
 
4.3. In relazione alle ulteriori ragioni di lamentela, da un lato la pena base è stata determinata nel minimo della sanzione pecuniaria, con aumenti minimi di 100 e di 50 euro per la continuazione, sì che il riferimento alla mera congruità del trattamento sanzionatorio appare del tutto sufficiente.
 
Invero, in tema di reato continuato, nel caso in cui il giudice, inflitta la pena nella misura minima edittale, l’abbia aumentata per la continuazione in modo esiguo, non è tenuto a giustificare con motivazione esplicita il suo operato, sia perché deve escludersi che abbia abusato del potere discrezionale conferitogli dall’art. 132 cod. pen., sia perché deve ritenersi che egli abbia implicitamente valutato gli elementi obbiettivi e subiettivi del reato risultanti dal contesto complessivo della sua decisione (Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F. e altri, Rv. 273533).
 
4.3.1. Per quanto invece riguarda la mancata concessione della sospensione condizionale, il provvedimento impugnato ha dato esauriente conto della prognosi negativa, in ragione della dedotta pluralità di reati della medesima indole nonché dell’inottemperanza, prolungata per svariati anni, alle prescrizioni imposte.
 
In proposito non vi è stato alcun successivo confronto con la motivazione siccome resa.
 
4.4. Alla stregua delle complessive considerazioni che precedono, pertanto, l’impugnazione è infondata.
 
5. Ne consegue il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
Così deciso in Roma il 24/01/2019

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