Anno: 2012 | Autore: ALFREDO FOTI

 

Brevi note sulla confisca per equivalente nei reati tributari


ALFREDO FOTI


Introduzione della confisca per equivalente per i reati tributari.

La confisca per equivalente è stata introdotta, nell’alveo dei reati tributari, con l’art. 1, comma 143, della legge n. 244/2007, che ha esteso il campo di operatività dell’art. 322 ter c.p., prevedendone l’applicazione anche per alcune fattispecie di reato di cui al D. Lgs. 74/2000.
In particolare, tale articolo 1, recita testualmente: “Nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’articolo 322 ter del codice penale”.
Conseguentemente, il dettato codicistico di cui all’art. 322 ter c.p., rubricato “Confisca” – <<(1) Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell’articolo 3222 bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo. (2) Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma del’art. 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall’articolo 321, anche se commesso ai sensi dell’art. 322 bis, secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell’art. 322 bis, secondo comma. (3) Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato>> – risulterà applicabile anche ad alcune ipotesi delittuose tributarie.
La ratio sottesa a tale introduzione va necessariamente individuata nell’intento, da parte del legislatore, di consentire l’applicazione di misure ablative patrimoniali anche per quelle fattispecie di reato inequivocabilmente caratterizzate da un “movente economico”.
In altre parole, il soggetto agente dei reati tributari è colui che, violando le norme, intende garantire a se stesso un illecito ed indebito vantaggio patrimoniale, che si concretizza con l’acquisizione del prezzo o del profitto del reato – ove, giova chiarire, il profitto del reato va identificato col vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato; il prezzo del reato consiste nel compenso ottenuto dal reo quale corrispettivo dell’esecuzione dell’azione criminosa1.
Conseguentemente, attraverso l’introduzione della confisca per equivalente nelle fattispecie di reato afferenti il diritto penale tributario, si è voluta consentire l’ablazione patrimoniale anche (rectius, soprattutto) nei confronti di quei soggetti che pongono in essere delle condotte illecite con il precipuo ed esclusivo intento di accrescere indebitamente ed illecitamente il proprio patrimonio.

Caratteri generali della confisca per equivalente e differenze rispetto alla confisca ordinaria.

Nel caso in cui risulti impossibile individuare specificamente i beni costituenti il profitto o il prezzo del reato, la confisca potrà ricadere sui beni di cui il reo abbia comunque la disponibilità, per un valore corrispondente (tantundem) a quello che avrebbe altrimenti dovuto costituire oggetto della misura ablativa.
Tale soluzione normativa ha la chiara finalità di sopperire alle problematiche pratiche connesse alla difficoltà di individuazione materiale dei beni oggetto dell’attività illecita, nonché ai limiti che incontra la confisca dei beni di scambio o di quelli che ne costituiscono il reimpiego2.
Conseguentemente, emerge ictu oculi come la confisca per equivalente, a differenza della confisca c.d. “ordinaria” ex art. 240 c.p., avente ad oggetto beni direttamente e specificamente riferibili all’attività illecita, possa anche ricadere su beni che non hanno alcun collegamento diretto con il reato.
Altrimenti detto, il criterio sulla scorta del quale viene applicata la confisca per equivalente è l’arricchimento provocato dal reato, essendo l’intento del legislatore quello di privare il reo di un qualunque illecito beneficio acquisito sul versante economico3.
Tra l’altro, è necessario chiarire come la misura ablativa in esame ha una funzione, per così dire, “sussidiaria”: ovvero, la stessa opera solo quando non è possibile intervenire direttamente sui beni che costituiscono il prezzo o il profitto del reato e, cioè, quando i beni suscettibili di confisca non sono materialmente apprensibili (in quanto, magari,  distratti, occultati, ecc…)4.
Sul punto risulta essere chiaro e pacifico anche l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui, sostanzialmente, la misura ablativa, finalizzata a privare in ogni modo l’autore del reato dei vantaggi derivati dalla sua attività criminosa, è destinata ad operare in tutti quei casi in cui la confisca diretta non sia possibile per i più vari motivi5.
In effetti, si pensi, a titolo meramente esemplificativo, al soggetto agente di un reato tributario che abbia conseguito, appunto quale prezzo o profitto del reato, una somma di denaro che abbia, poi, puntualmente occultato: in assenza della possibilità di confiscare l’equivalente, il denaro illecitamente acquisito sarebbe rimasto nella disponibilità del reo. Evenienza, questa, potenzialmente evitabile proprio sulla scorta della confisca per equivalente.

L’oggetto della confisca per equivalente e l’individuazione dei beni da confiscare
L’oggetto della misura ablativa de qua è, chiaramente, rappresentato dai beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo; pertanto, affinché la confisca risulti essere concretamente operativa, sarà necessario che la stessa ricada su beni di valore corrispondente rispetto a quelli costituenti il prezzo o profitto del reato.
Tuttavia, è necessario chiarire che, condicio sine qua non per la legittimità del provvedimento ablativo, risulta essere la circostanza che tali beni rientrino nella diretta disponibilità del reo, ovvero, altrimenti detto, risulteranno confiscabili non solo quei beni di cui il soggetto sia formalmente titolare, ma anche quelli rispetto ai quali lo stesso possa vantare una disponibilità informale ma diretta ed oggettiva.
In realtà, quello di “disponibilità”, risulta essere un concetto caratterizzato da estrema aleatorietà, stante la sussistenza, sul punto, di una vacatio normativa, ovvero di una precisa regola sulla scorta della quale concretamente individuare i limiti operativi del concetto de quo.
In effetti, la definizione di tale concetto è rimessa alla giurisprudenza, la quale ritiene che la confisca possa avere luogo anche in presenza di una intestazione del tutto fittizia, almeno in due ipotesi: a) nel caso in cui si accerti la piena disponibilità di fatto del bene da parte del reo6; b) nel caso in cui precisi elementi fattuali consentano di ritenere che l’intestazione sia del tutto fittizia o simulata, e che sia l’autore del reato ad avere la sostanziale disponibilità del bene7.
In effetti, se nulla quaestio nel caso sub a), ove la disponibilità in capo al reo risulta essere stata accertata e, quindi, oggettivamente acclarata, discorso differente va fatto con riferimento all’ipotesi sub b).
In quest’ultima, la misura ablativa viene ritenuta legittima anche in presenza di elementi che consentano meramente di <<ritenere>> l’intestazione quale totalmente fittizia: altrimenti detto, si passa dalla oggettività della disponibilità in capo al soggetto agente del reato, alla mera presunzione, che, per quanto teoricamente supportata da precisi elementi fattuali, rimane pur sempre una ipotesi.
Donde, emerge la necessità che il legislatore intervenga al fine di maggiormente definire i limiti di operatività della confisca per equivalente, con specifico riguardo al concetto di disponibilità in capo al reo dei beni da sottoporre ad ablazione, al fine di evitare misure che risultino, poi, essere ingiustamente lesive dei diritti dei terzi di buona fede.
Infine, un’ultima considerazione va svolta con riferimento alla materiale individuazione dei beni da assoggettare al provvedimento ablativo.
L’ultimo comma dell’art. 322 ter c.p. stabilisce, infatti, l’obbligo per il giudice, con la sentenza di condanna, di determinare le somme di denaro o di individuare i beni da assoggettare a confisca, anche per equivalente; ovviamente, la finalità del dettato codicistico è quella di garantire sia il procedimento in sé, evitando l’emanazione di provvedimenti generici che possano far sorgere concrete difficoltà relativamente alla individuazione dei beni da confiscare, che i terzi estranei titolari di diritti sui beni confiscabili, consentendo loro di poter partecipare al contraddittorio processuale8.
In effetti, il Giudice sarà onerato dall’individuare con precisione la cosa rispetto alla quale è stato emesso il provvedimento ablativo; altrimenti, nell’ipotesi in cui la confisca della stessa sia oggettivamente impossibile, dovrà determinarne il valore, e procedere alla ablazione di altra equivalente.
Tra l’altro, nella esecuzione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, il Giudice non dovrà tenere conto, nella individuazione dei beni da assoggettare alla misura, delle preferenze espresse dall’indagato/imputato, rientrando tale individuazione nella discrezionalità del Magistrato – con l’unico limite di preferire, ove possibile, sempre il denaro. 9

I diritti dei terzi di buona fede
Sovente può manifestarsi problematica l’applicazione della misura ablativa de qua, alla luce della presenza di diritti di terzi soggetti sui beni da confiscare.
In effetti, può capitare che soggetti diversi dal reo, e non aventi alcun collegamento con il reato, possano vantare diritti legali sui beni che dovrebbero essere oggetto di ablazione per equivalente.
In tali casi, pacifico e costante risulta essere l’orientamento della Corte di Legittimità, secondo cui al sequestro preventivo ed alla successiva confisca non possono essere opposti presunzioni o vincoli di natura civilistica10, onde evitare che la ratio sottesa a tali provvedimenti reali possa essere limitata o, addirittura, esclusa in presenza di diritti civilistici di terzi soggetti sui beni da ablare.
Conseguentemente, è assolutamente necessario capire, nell’alveo di tale problematica, il ruolo dei terzi di buona fede, ovvero il ruolo di coloro che, in qualche modo, possono essere coinvolti dal provvedimento ablativo.
In particolare, la confisca in esame non potrà essere disposta su beni appartenenti in toto a persona estranea al reato – fatti salvi i casi, precedentemente esplicitati, di intestazione totalmente fittizia; tuttavia, è pur vero che, in ogni caso, non sarà sufficiente, al fine di evitare l’ablazione, che la persona estranea al reato vanti un diritto reale sulla cosa (ad es. usufrutto) o sia un mero comproprietario della stessa, in quanto, in tal caso, lo Stato ne acquisterà ugualmente la proprietà o la comproprietà, facendo comunque salvi i diritti dei terzi estranei al reato11.
Si pensi, a titolo esemplificativo, al sequestro per equivalente – prodromico alla confisca – di un conto corrente cointestato: la mera contestazione non potrà evitare l’ablazione, poiché altrimenti sopravverrebbe il rischio che nelle more del provvedimento definitivo di confisca vengano dispersi i beni che si trovano nella disponibilità dell’indagato (nel caso specifico, la metà del denaro presente sul conto).
Ovviamente, tutto quanto fin’ora esplicitato porta necessariamente ad interrogarsi sulle garanzie predisposte per i terzi di buona fede, ovvero sulle modalità attraverso le quali gli stessi soggetti potranno tutelare i propri diritti sui beni oggetto di sequestro/confisca per equivalente.
Sul punto, giova precisare come, sulla scorta del maggioritario orientamento giurisprudenziale, l’onere probatorio ricade proprio sui terzi di buona fede: ovvero, i soggetti che vantino diritti sul bene oggetto di provvedimento ablativo, saranno onerati di fornire la prova della effettiva sussistenza di un legittimo diritto sulla cosa12.
In altri termini, potrebbe dirsi sussistente una sorta di inversione dell’onere della prova nei confronti dei terzi: saranno loro a dover dimostrare la liceità ed oggettività del loro diritto sul bene.
Tra l’altro, ai fini di completezza della trattazione, è corretto specificare come, ultimamente, va affermandosi anche un orientamento ancora più rigido di quello poc’anzi esposto, che, addirittura, statuisce come il terzo debba provare anche la sua buona fede, ossia di non essere stato a conoscenza dell’uso illecito della cosa o che tale uso non era comunque collegabile ad un proprio comportamento negligente.
Tuttavia, l’accoglimento di tale indirizzo dottrinale, comporterebbe un onere probatorio eccessivamente gravoso nei confronti del terzo, che si troverebbe a dover dimostrare – oltre alle circostanze di natura oggettiva e fattuale afferenti i propri diritti legali sulla cosa oggetto di confisca – anche la assenza di responsabilità dolosa o colposa in capo alla propria condotta, con preciso riferimento al rapporto sussistente con il soggetto autore dell’illecito tributario che ha dato causa al provvedimento ablativo, e con le condotte illecite dallo stesso poste in essere.
 

Il rapporto di pertinenzialità tra il reato ed il provvedimento di confisca.
A differenza di quanto avviene nell’ambito della confisca di cui all’art. 240 c.p., nel caso di confisca per equivalente disposta ai sensi dell’art. 322 ter c.p., la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare come non è richiesto un “rapporto di pertinenzialità” tra il reato ed il provvedimento ablativo dei proventi illeciti.
In effetti, sempre fermo restando il presupposto della consumazione di un reato, non viene richiesto alcun rapporto tra il reato ed i beni da confiscare, potendo essere detti beni diversi dal provento (profitto o prezzo) del reato stesso.
Altrimenti detto, ci si trova dinanzi ad un netto ampliamento delle possibilità di applicazione della confisca: infatti, si potranno colpire tutti i beni del reo potenzialmente reperibili, indipendentemente dal loro diretto collegamento con l’azione criminosa13.
Pertanto, nel caso in cui, a titolo esemplificativo, oggetto di ablazione sia una somma di denaro, non necessariamente dovrà trattarsi del denaro proveniente dal reato, bensì di una somma di denaro che equivale a quella, cioè il tantundem, che corrisponde solo per valore al prezzo o al profitto del reato14.
Sulla scorta di tale esempio si intuisce, maggiormente, la ratio della previsione normativa: evitare che la materiale impossibilità di individuazione della cosa da sottoporre a confisca, consenta al reo una sorta di parziale impunità, caratterizzata dalla possibilità, per lo stesso, di preservare l’illecita ed indebita acquisizione patrimoniale, anche in presenza di una condanna.
Evenienza, questa, assolutamente concreta nella ipotesi in cui non fosse consentita, anche per i reati tributari, la confisca per equivalente.
In effetti, giova precisare come le fattispecie delittuose di cui al D. Lgs. 74/2000 sono pacificamente caratterizzate da una indebita ed illecita acquisizione patrimoniale da parte del reo, che si concretizza, nella maggioranza dei casi, in un arricchimento determinato dalla sottrazione all’erario di somme di denaro.
Pertanto, qualora fosse richiesta anche per tali ipotesi delittuose la sussistenza del nesso di pertinenzialità tra reato e confisca, ci si esporrebbe alla concreta difficoltà di sequestrare e confiscare il profitto o il prezzo del reato, essendo essi rappresentati, appunto nella maggior parte dei casi, da somme di denaro e, cioè, da beni facilmente occultabili e distraibili e, come tali, difficilmente apprensibili in assenza della possibilità di sequestrare/confiscare per un valore equivalente.
 

La natura giuridica della confisca per equivalente. Il principio di irretroattività. Il sequestro preventivo in funzione della confisca.
In ordine alla natura giuridica della confisca per equivalente, l’assenza di un rapporto di pertinenzialità fra il reato ed i beni confiscati implica il venir meno del presupposto della pericolosità della cosa confiscata, con la conseguenza che la misura ablativa in esame, consentendo l’espropriazione di beni nella disponibilità del reo, deve essere qualificata non già come misura di sicurezza, ma come misura a preminente carattere sanzionatorio15.
Negli stessi termini si è espressa la giurisprudenza, in considerazione del fatto che la confisca per equivalente, assolvendo ad una funzione sostanzialmente ripristinatoria – mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile – della situazione economica del reo modificata in suo favore dalla commissione del fatto illecito, finisce per risolversi in un mero aggravio afflittivo privo di quelle funzioni di prevenzione tipiche delle misure di sicurezza.
Altrimenti detto, è la logica sanzionatoria ed afflittiva quella cui si ispira la misura.
Ed è proprio dalla natura sanzionatoria della confisca per equivalente che è derivato il divieto di una sua applicazione retroattiva.
Sul punto, infatti, la Corte regolatrice ha avuto, più volte e recentemente, modo di affermare come la confisca per equivalente prevista dall’art. 322 ter c.p. non è estensibile ai reati tributari commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 244/200716.
Tra l’altro, giova precisare come era sorto un dibattito giuridico relativamente alla legittimità di un divieto di irretroattività giurisprudenzialmente sancito, a fronte di un silenzio normativo sul punto.
Correttamente, è stato chiarito come tale divieto opera nonostante la legge de qua non abbia espressamente sancito la irretroattività della norma in sede di estensione dell’applicazione dell’art. 322-ter cod. pen. ai reati tributari17, non potendosi interpretare il silenzio normativo come ostativo al divieto di irretroattività.
Ovviamente, tale divieto risulta essere concretamente operante anche per il sequestro per equivalente, che altro non è che l’atto necessariamente prodromico alla confisca per equivalente, da effettuarsi appunto “preventivamente”, proprio in funzione del successivo provvedimento ablativo definitivo.
In effetti, il sequestro è una misura cautelare di natura reale, potenzialmente applicabile solo in presenza di condizioni tassative.
In particolare: a) la persona raggiunta dalla misura cautelare reale deve essere indagata per uno dei reati per i quali sia consentita la confisca per equivalente; b) nella relativa sfera giuridico-patrimoniale non deve essere rinvenuto, per una qualsivoglia ragione, il prezzo o il profitto del reato per cui si procede, ma di cui sia certa l’esistenza; c) i beni da sequestrare non devono appartenere a persona estranea al reato.
Tali elementi rappresentano la condicio sine qua non di tale provvedimento reale, la cui legittimità è strettamente connessa con quella della confisca: infatti, è chiaro che la eventuale illegittimità della misura cautelare inficerebbe, ab initio, il successivo provvedimento ablativo.

1   Cass. Pen., S.U., 2/7/2008, n. 26654.
2  Cass. Pen., S.U., 6/10/2009, n. 38691.
3  Mongillo, “sub art. 322 ter”, in Lattanzi-Lupo, Codice Penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, VII, 2010, 248 / Pelissero, “Commento all’art. 3 l. 29 settembre 2000”, LP 2001, 999.

4  Pagliaro-Parodi Giusino, PtS-I, 43-4 / Vinciguerra, PubblAmm, 440.

5  Cass. Pen., 25/7/2008, n. 31339; Cass. Pen.,11/11/2009, n. 42894.

6  Cass. Pen., 28/9/1992, ric. Guzzaffi.

7 Cass. Pen., 16/7/2009, n. 2277.

8  Seminara, in CB, art. 322 ter, 793.

9 Cass. Pen., Sez II, 26/10/2011, n. 41049.

10  Cass. Pen., Sez. III, 19/10/2011, n. 45353; conforme, Cass. Pen., 2/12/2008, n. 44940.

11  Fraioli, “Note in materia di confisca e persona estranea al reato”, GM 2010, 859 / Vergine, “Confisca e sequestro per equivalente”, 2009.

12 Cass. Pen., 3/8/2004, n. 33281; Cass. Pen., 2/7/2008, n. 1688

13  Cass. Pen., 24/2/2005, n. 7250; Cass. Pen., S.U., 22/11/2005, n. 41936; Cass. Pen., 17/7/2006, n. 24633; Cass. Pen., 14/3/2007, n. 10838; Cass. Pen., 11/11/2009, n. 42894

14  Cass. Pen., 2/8/2007, n. 31692

15 Marinucci-Dolcini, Manuale, 652

16  Cass. Pen., Sez. V, 26/1/2010, n. 11288; conformi: Cass. Pen., Sez. III, 14/1/2010, n. 6293; Cass. Pen., Sez. II, 29/9/2009, n. 41488.

17 Cass. Pen., Sez. III, 24/9/2008, n. 39172.

Pubblicato su AmbienteDiritto.it il 2 luglio 2012