Anno: 2013 | Autore: FULVIO CONTI GUGLIA

In tema di concorso nel reato per violazione di sigilli, la comproprietà dell’immobile, il rapporto di coniugio e di convivenza, la presenza dell’imputato al momento della apposizione dei sigilli e la nomina dello stesso a custode costituiscono elementi sufficienti per ritenere realizzato il concorso nel reato e la conoscenza della violazione.

 
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Nel fatto, due censure vengono sollevate dalla difesa: con la prima si denunzia la violazione degli artt. 606 lett. b ed e cpp in relazione agli artt. 110, 349 cp e 192 e 605 cpp, addebitando in sostanza alla Corte di avere fondato l’affermazione di responsabilità sulla base di una mera condotta omissiva e connivente (cioè sulla contitolarità dell’appartamento, e sull’esistenza del rapporto di coniugio con il custode) senza che fosse stato provato un contributo materiale e psicologico finalizzato ad agevolare la commissione del reato, non potendo considerarsi sufficiente l’affermazione secondo cui l’imputato, contitolare dell’appartamento in ristrutturazione, era a conoscenza del comportamento antidoverso del proprio coniuge convivente anche in ragione della comunione di vita e del comune contributo ai bisogni della famiglia indotti dal matrimonio. In tal modo, secondo il ricorrente, ha omesso di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato, non potendosi considerare l’accertamento della colpevolezza quale corollario logico dell’accertamento del legame familiare col custode del bene sequestrato o immediata conseguenza della qualità di comproprietario. Ancora rimprovera alla Corte di merito di non avere considerato il mancato rinvenimento dell’imputato sul posto, il fatto che egli non risiedesse in prossimità del luogo del reato e l’insussistenza di qualsiasi riscontro probatorio circa il ruolo da lui rivestito nella vicenda.
 
Mentre, con la seconda censura si deduce la violazione degli artt. 606 lett. b ed e cpp in relazione agli artt. 59, 110, 349 comma contestando il fatto di avere esteso nei suoi confronti l’aggravante di cui all’art. 349 secondo comma cp in difetto dei presupposti di legge: osserva infatti che non vi era la prova della effettiva conoscenza da parte dell’imputato di conferimento alla moglie dell’incarico di custode.
 
In diritto il ricorso è stato ritenuto inammissibile per entrambi i profili censurati.
 
Si rileva che:
 
– Il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti;
 
– L’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento.
 
– In tema di violazione di sigilli, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la circostanza aggravante della qualità di custode, di cui al comma secondo dell’art. 349 cod. pen., può comunicarsi ai concorrenti che siano a conoscenza o ignorino colpevolmente tale qualità, non rientrando la stessa tra quelle circostanze soggettive da valutarsi soltanto con riguardo alla persona cui si riferiscono (tra le varie, cfr. cass. sez. 3 sentenza n. 5029 del 18.10.2011 Ud. Dep. 9.2.2012 Rv. 252086; cass. Sez. 3, Sentenza n. 35550 del 20/05/2010 Ud. dep. 04/10/2010 Rv. 248365; Sez. 3, Sentenza n. 35500 del 30/05/2003 Ud. dep. 16/09/2003 Rv. 225878).
 
In conclusione, entrambi i motivi si risolvono in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in sede di legittimità; essi sono comunque manifestamente infondati avendo i giudici del merito fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulla responsabilità dell’imputato in ordine al concorso nel reato di violazione dei sigilli e alla conoscenza (o comunque alla colpevole ignoranza) della aggravante rappresentata dalla qualità di custode, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, osservando in particolare non solo che l’imputato era presente al momento dell’apposizione dei sigilli e della nomina del custode, ma anche che egli era il coniuge convivente e il comproprietario dell’immobile insieme alla moglie (come tale a conoscenza degli eventi rilevanti per il regime patrimoniale delle cose comuni e presumibile assuntore, insieme alla moglie, degli oneri finanziari connessi alla prosecuzione dei lavori nonchè unico soggetto, insieme al coniuge, ad avere interesse all’incremento del bene).