Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Rifiuti
Numero: 37483 |
Data di udienza: 13 Luglio 2011
* RIFIUTI – Abbandono incontrollato di rifiuti – Discarica abusiva – Elementi per la configurabilità – Gestione di una discarica – Specifica organizzazione di persone e di mezzi – Art. 256, 3° c., D.Lgs. n.152/2006 – Deposito non caratterizzato dai requisiti fissati dalla legge – Reato di discarica abusiva – Casi di configurabilità – Artt.255 e 256, 1°, 2° e 3° c., D.Lgs. n. 152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Circostanze attenuanti ed aggravanti, ex art. 69 cod. Pen. – Giudizio di comparazione – Potere discrezionale del giudice di merito.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 17 Ottobre 2011
Numero: 37483
Data di udienza: 13 Luglio 2011
Presidente: De Maio
Estensore: Fiale
Premassima
* RIFIUTI – Abbandono incontrollato di rifiuti – Discarica abusiva – Elementi per la configurabilità – Gestione di una discarica – Specifica organizzazione di persone e di mezzi – Art. 256, 3° c., D.Lgs. n.152/2006 – Deposito non caratterizzato dai requisiti fissati dalla legge – Reato di discarica abusiva – Casi di configurabilità – Artt.255 e 256, 1°, 2° e 3° c., D.Lgs. n. 152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Circostanze attenuanti ed aggravanti, ex art. 69 cod. Pen. – Giudizio di comparazione – Potere discrezionale del giudice di merito.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione 3^, 17 Ottobre 2011 (Ud. 13/07/2011), Sentenza n. 37483
RIFIUTI – Abbandono incontrollato di rifiuti – Discarica abusiva – Elementi per la configurabilità – Gestione di una discarica – Specifica organizzazione di persone e di mezzi – Art. 256, 3° c., D.Lgs. n.152/2006.
Nei casi di abbandono incontrollato di rifiuti, si possono ravvisare la sussistenza degli elementi ritenuti essenziali per configurare una “discarica abusiva” (ai sensi dell’art. 51, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997, con previsione trasfusa nell’), quando siano accertati: l’accumulo ripetuto e non occasionale di rifiuti in un’area determinata; la eterogeneità dell’ammasso dei materiali; la definitività dei loro abbandono; il degrado dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione (Cass., sez, III, 24.3.2010, n. 11258, Chirizzi). Inoltre, la realizzazione di una discarica, può configurarsi pure in difetto di una specifica organizzazione di persone e di mezzi (Cass., sez. III, 18.4.2005, n. 1428.5, Brizzi; 8.9.2004, a 36062, Tornasoni): è solo la gestione di una discarica (quale attività autonoma successiva alla realizzazione, che può essere compiuta dallo stesso autore di quest’ultima o da altri soggetti) che richiede, infatti, l’attivazione di un’organizzazione, articolata o rudimentale, di persone e cose diretta al funzionamento della discarica medesima (Cass.: Sez. III, 11.4.1997, Vasco; Cass. Sez. Unite 28.12.2004, Zaccarelli).
(dich. Inamm. Il ricorso avverso sentenza 21.3.2011 della Corte di appello di Brescia) Pres. De Maio, Est. Fiale
RIFIUTI – Deposito non caratterizzato dai requisiti fissati dalla legge – Reato di discarica abusiva – Casi di configurabilità – Artt.255 e 256, 1°, 2° e 3° c., D.Lgs. n. 152/2006.
Si configura il reato di discarica abusiva, quando il deposito non sia caratterizzato dai requisiti fissati dalla legge, (- raccolta preliminare prodromica ad un’operazione di smaltimento, sanzionata dall’art. 256, 1° comma, del D.Lgs. n. 152/2006 (già art. 51 del D. Lgs. n. 22/1997); – messa in riserva in attesa di recupero, anch’essa prevista dall’art. 256, 1° comma, del
D.Lgs. n. 152/2006 (già art. 51, l° comma, del D.Lgs. n. 22/1997); – deposito incontrollato od abbandono, sanzionato, amministrativamente o penalmente, secondo i casi, dagli artt. 255 e 256, 2° comma, D.Lgs. n. 152/2006 (già artt. 50 e 51, 2° comma, del D.Lgs. n. 22/1997), quando i rifiuti non siano destinati ad operazioni di smaltimento o di recupero; – discarica abusiva, sanzionata dall’art. 256, 3° comma, del D. L.vo. n. 152/2006 (già art. 51, 3° comma, del D. L.vo. n. 22/1997), quando l’abbandono risulti reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi, Cass., sez. III, 30.12.2009, n. 49911, Manni).
(dich. Inamm. Il ricorso avverso sentenza 21.3.2011 della Corte di appello di Brescia) Pres. De Maio, Est. Fiale
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Circostanze attenuanti ed aggravanti, ex art. 69 cod. Pen. – Giudizio di comparazione – Potere discrezionale del giudice di merito.
Il giudizio di comparazione fra circostanze attenuanti ed aggravanti, ex art. 69 cod. pen., è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Inoltre, il medesimo giudizio di comparazione risulta sufficientemente motivato, quando il giudice, nell’esercizio del potere discrezionale a lui demandato, scelga la soluzione dell’equivalenza, anziché della prevalenza delle attenuanti, ritenendola quella più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Cass., Sez. I, 26.1.1994, n. 758). Infine, anche il giudice di appello – pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante – non é tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e di valore decisivo, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta confutazione (Cass., Sez. VI, 4.9.1992, n. 9398).
(dich. Inamm. Il ricorso avverso sentenza 21.3.2011 della Corte di appello di Brescia) Pres. De Maio, Est. Fiale
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 17 Ottobre 2011 (Ud. 13/07/2011), Sentenza n. 37483
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati;
Dott. Guido De Maio – Presidente
Dott. Claudia Squassoni – Consigliere
Dott. Aldo Fiale – Consigliere rel.
Dott. Elisabetta Rosi – Consigliere
Dott. Alessandro Andronio – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sul ricorso proposto da Dossi Fausto, nato a Calcinato, l’11.1.1956
– avverso la sentenza 21.3.2011 della Corte di appello di Brescia
– Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
– Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
– Udite le richieste del Pubblico Ministero, dr. Guglielmo Passacantando, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
– Udito il difensore, Avv.to Angelo Villini, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 21.12011, in parziale riforma della sentenza 9.11.2009 del Tribunale monocratico di quella città, ribadiva l’affermazione della responsabilità penale di Dossi Fausto in ordine al reato di cui:
– all’art. 256, 3° comma,
D.Lgs. n. 152/2006 [per avere realizzato, in un’area di circa 1.500 mq., in mancanza della prescritta autorizzazione, una discarica di rifiuti speciali anche pericolosi – acc. in Calcinato, fino al 18.8.2006] e, riconosciute circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata, determinava la pena (condizionalmente sospesa) in mesi 9 di arresto ed curo 3.000,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore del Dossi, il quale, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, ha eccepito:
– la inconfrgurabilità del reato, in quanto, nella specie, non potrebbe configurarsi l’esistenza di una “discarica” abusiva di rifiuti, dovendosi ritenere realizzata, invece, la condotta di “deposito temporaneo” finalizzato alla successiva immissione in discarica e sanzionato solo in via amministrativa dall’art. 255 del D.Lgs. n. 152/2006;
– la incongruità del giudizio di mera equivalenza delle riconosciute circostanze attenuanti generiche sulI’aggravante contestata (correlata alla pericolosità di parte dei rifiuti).
MOTIVI DELLA DECISIONE
II ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché articolato in fatto e manifestamente infondato.
1. Nella fattispecie in esame risulta accertato che – in un’area di pertinenza della cascina sede dell’attività di impresa agricola svolta dal Dossi (avente ad oggetto la coltivazione di prodotti agricoli e l’allevamento di bovini) – erano disseminati materiali di vario genere costituiti, fra l’altro, da plastica, vetro, legno, carcasse di veicoli, batterie al piombo, pneumatici, rottami ferrosi di varia natura e provenienza, oli usati: il tutto a distanza inferiore a 100 metri dalla stalla dei bovini.
I materiali anzidetti erano sparsi “a macchia di leopardo”, incastrati l’uno con l’altro, e fra di essi era sorta una vegetazione spontanea di erbacce, alta e ben radicata; i metalli presentavano, inoltre, parti arrugginite.
L’analisi dei campioni prelevati ha dato conto, altresì, della presenza di idrocarburi e di solventi.
2. La Corte di merito – avendo razionalmente ritenuto che i materiali come sopra descritti non possono ritenersi prodotti dall’azienda dell’imputato – ha correttamente escluso l’esistenza di un deposito temporaneo e regolare di rifiuti, rilevando che l’abbandono degli stessi era avvenuto alla rinfusa e non per categorie omogenee, nonché in violazione delle ulteriori prescrizioni attualmente poste dall’art. 183, lett. bb), del
D.Lgs. n. 152/2006.
Trattandosi, dunque, di deposito non caratterizzato dai requisiti fissati dalla legge, potrebbero realizzarsi, secondo i casi (vedi Cass., sez. Ill, 30.12.2009, n. 49911, Manni): a) una raccolta preliminare prodromica ad un’operazione di smaltimento, sanzionata dall’art. 256, 1° comma, del D.Lgs. n. 152/2006 (già art. 51 del D. Lgs. n. 22/1997); b) una messa in riserva in attesa di recupero, anch’essa prevista dall’art. 256, 1° comma, del D.Lgs. n. 152/2006 (già art. 51, l° comma, del D.Lgs. n. 22/1997); c) un deposito incontrollato od abbandono, sanzionato, amministrativamente o penalmente, secondo i casi, dagli artt. 255 e 256, 2° comma,
D.Lgs. n. 152/2006 (già artt. 50 e 51, 2° comma, del D.Lgs. n. 22/1997), quando i rifiuti non siano destinati ad operazioni di smaltimento o di recupero; d) una discarica abusiva, sanzionata dall’art. 256, 3° comma, del D. L.vo. n. 152/2006 (già art. 51, 3° comma, del D. L.vo. n. 22/1997), quando l’abbandono risulti reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi.
Nella vicenda in esame, legittima appare l’esclusione della configurabilità sia di una raccolta preliminare, poiché essa non era stata realizzata in vista di successive operazioni di smaltimento (assolutamente vago è rimasto il riferimento, nel ricorso, a pretese contrati stipulati con imprese di smaltimento che avrebbero “declinato temporaneamente l’incarico ), sia di una messa in riserva, mancando la prova della finalizzazione a successive operazioni idi recupero.
A fronte, dunque, di un abbandono incontrollato, altrettanto legittimamente la Corte di merito ha ravvisato la sussistenza degli elementi ritenuti essenziali dalla giurisprudenza (vedi, tra le decisioni più recenti, Cass., sez, III, 24.3.2010, n. 11258, Chirizzi) per configurare una “discarica abusiva” (ai sensi dell’art. 51, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997, con previsione trasfusa nell’art. 256, 3° comma, del
D.Lgs. 3.4.2006, n. 152), essendo stati accertati: l’accumulo ripetuto e non occasionale di rifiuti in un’area determinata; la eterogeneità dell’ammasso dei materiali; la definitività dei loro abbandono; il degrado dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione.
I risultati dell’effettuato accertamento sono assolutamente compatibili anche con la definizione di “discarica” introdotta dall’art. 2, lett. g), del D.Lgs. 13.1.2003, n. 31.
La realizzazione di una discarica, inoltre, può configurarsi pure in difetto di una specifica organizzazione di persone e di mezzi (vedi Cass., sez. III: 18.4.2005, n. 1428.5, Brizzi; 8.9.2004, a 36062, Tornasoni): è solo la gestione di una discarica (quale attività autonoma successiva alla realizzazione, che può essere compiuta dallo stesso autore di quest’ultima o da altri soggetti) che richiede, infatti, l’attivazione di un’organizzazione, articolata o rudimentale, di persone e cose diretta al funzionamento della discarica medesima (vedi Cass.: Sez. III, 11.4.1997, Vasco; Sez. Unite 28.12.2004, Zaccarelli).
3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte:
– il giudizio di comparazione fra circostanze attenuanti ed aggravanti, ex art. 69 cod. pen., è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo;
– il medesimo giudizio di comparazione risulta sufficientemente motivato, quando il giudice, nell’esercizio del potere discrezionale a lui demandato, scelga la soluzione dell’equivalenza, anziché della prevalenza delle attenuanti, ritenendola quella più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Cass., Sez. I, 26.1.1994, n. 758);
– anche il giudice di appello – pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante – non é tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e di valore decisivo, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta confutazione (vedi Cass., Sez. VI, 4.9.1992, n. 9398);
Nella fattispecie in esame ed alla stregua dei principi anzidetti, la Corte di merito ha esercitato correttamente il potere discrezionale riconosciutole in proposito dalla legge, dando rilevanza decisiva alla entità effettiva della condotta criminosa accertata ed alla pericolosità dei materiali abbandonati (non esclusa quest’ultima, nella sua oggettività, dal riconoscimento delle attenuanti generiche).
4, Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria della stessa segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.
ROMA, 13.7.2011