* APPALTI – Informativa prefettizia – Rischio di inquinamento mafioso – Superamento – Decorso di un considerevole lasso di tempo – Sufficienza – Esclusione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 11 Novembre 2011
Numero: 5296
Data di udienza:
Presidente: Guida
Estensore: Dell'Olio
Premassima
* APPALTI – Informativa prefettizia – Rischio di inquinamento mafioso – Superamento – Decorso di un considerevole lasso di tempo – Sufficienza – Esclusione.
Massima
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 1^ – 11 novembre 2011, n. 5296
APPALTI – Informativa prefettizia – Rischio di inquinamento mafioso – Superamento – Decorso di un considerevole lasso di tempo – Sufficienza – Esclusione.
Il rischio di inquinamento mafioso si può considerare superato non tanto e non solo per il trascorrere di un considerevole lasso di tempo dall’ultima verifica effettuata senza che sia emersa alcuna evenienza negativa, quanto anche per il sopraggiungere di fatti positivi, idonei a dar conto di un nuovo e consolidato operare dei soggetti a cui è stato ricollegato il pericolo, che persuasivamente e fattivamente dimostri l’inattendibilità della situazione rilevata in precedenza (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 giugno 2007 n. 3126 e 28 febbraio 2006 n. 851). Il predetto criterio subisce un temperamento solo nel caso in cui gli elementi di fatto, raccolti dalle forze di polizia, siano talmente risalenti nel tempo da non poter essere più considerati intrinsecamente idonei a supportare il giudizio di pericolo, anche per effetto di sopravvenienze quali la cessazione dell’attività imprenditoriale o l’esaurimento di determinati fenomeni organizzativi criminali (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. I, 18 maggio 2005 n. 6504).
Pres. Guida, Est. Dell’Olio – E. s.r.l. (avv. D’Angiolella) c. Prefettura – U.T.G. di Caserta (Avv. Stato) e altri (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 1^ - 11 novembre 2011, n. 5296SENTENZA
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 1^ – 11 novembre 2011, n. 5296
N. 05296/2011 REG.PROV.COLL.
N. 05301/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5301 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
EURO STRADE S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Luigi M. D’Angiolella, con il quale è elettivamente domiciliata in Napoli al Viale Gramsci n. 16;
contro
– PREFETTURA – U.T.G. DI CASERTA, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la quale è domiciliata per legge in Napoli alla Via A. Diaz n. 11;
– STAZIONE UNICA APPALTANTE DELLA PROVINCIA DI CASERTA, non costituta;
– COMUNE DI CARINOLA, non costituito;
– MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE e MINISTERO DELLA DIFESA, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
– quanto al ricorso introduttivo:
a) dell’informativa della Prefettura di Caserta prot. n. 22/2010/SUAP/12b.16/ANT/AREA 1^ del 13 settembre 2010, recante la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa a carico della società ricorrente;
b) della nota della Stazione Unica Appaltante della Provincia di Caserta prot. n. 2121/SAU del 14 settembre 2010, recante la trasmissione della suddetta informativa;
c) dei provvedimenti della Prefettura di Caserta con cui si è dato riscontro alla richiesta di certificazione antimafia, nell’ambito della procedura in oggetto;
d) di ogni altro atto o provvedimento preordinato, connesso e conseguente, comunque lesivo del diritto della ricorrente, comprese le indagini istruttorie se ed in quanto esistenti;
– quanto al ricorso per motivi aggiunti:
e) degli atti impugnati con il ricorso introduttivo;
f) della nota della Questura di Caserta Cat. Q.2.2/D.P.A./SAUP/2010 del 5 luglio 2010, delle note del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta n. 0245158/3-3 di prot. “P” del 9 luglio 2010 e n. 0245158/3-4 di prot. “P” del 21 luglio 2010, della nota della Guardia di Finanza di Caserta prot. n. 0370818/10 del 2 luglio 2010, della nota della Direzione Investigativa Antimafia di Napoli n. 125/NA/I/H7 di prot. 6226 del 16 luglio 2010 e del verbale del nucleo investigativo interforze presso la Stazione Unica Appaltante (S.U.A.) della Provincia di Caserta del 13 settembre 2010;
g) per quanto occorra, delle note della S.U.A. della Provincia di Caserta prot. n. 1602/SAU del 20 luglio 2010, prot. n. 1279/SUA del 10 giugno 2010 e prot. n. 1236/SUA del 7 giugno 2010;
h) di ogni altro atto o provvedimento preordinato, connesso e conseguente, comunque lesivo del diritto della ricorrente, comprese le indagini istruttorie se ed in quanto esistenti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 marzo 2011 il dott. Carlo Dell’Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente impugna, anche mediante la proposizione di motivi aggiunti, gli atti in epigrafe indicati e lamenta essenzialmente l’illegittimità dell’informativa prefettizia interdittiva del 13 settembre 2010, emessa a suo carico in occasione dell’affidamento dei lavori di sistemazione e ripristino della funzionalità di una strada rurale appartenente al Comune di Carinola, adducendo una serie di ragioni attinenti alla violazione dell’art. 24 della Costituzione, alla violazione della normativa in tema di informazioni antimafia e della legge sul procedimento amministrativo, nonché all’eccesso di potere sotto svariati profili.
Resiste la Prefettura di Caserta, eccependo l’infondatezza del ricorso.
Dopo l’espletamento di incombenti istruttori, l’istanza cautelare è stata respinta da questo Tribunale con ordinanza n. 2537 del 1° dicembre 2010, confermata in appello dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 201 del 21 gennaio 2011.
Gli altri soggetti intimati non si sono costituiti.
La causa è stata trattenuta per la decisione all’udienza pubblica del 23 marzo 2011.
2. È opportuno precisare, in punto di fatto, che la gravata informativa prefettizia poggia essenzialmente su cinque gruppi di circostanze ritenute significative del pericolo di infiltrazioni mafiose (cfr. nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta n. 0245158/3-4 di prot. “P” del 21 luglio 2010 e verbale del nucleo investigativo interforze presso la S.U.A. della Provincia di Caserta del 13 settembre 2010, entrambi richiamati in parte motiva):
a) l’amministratore e socio unico della EURO STRADE S.r.l. è genero di personaggio destinatario di provvedimento interdittivo antimafia nell’ambito della società COREM S.r.l., successivamente indagato in quanto ritenuto responsabile di turbata libertà degli incanti al fine di favorire il clan camorristico dei Casalesi. L’indagine investigativa in cui costui è stato coinvolto, denominata Normandia 1, ha consentito nel corso del 2010 l’arresto di 17 persone in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere, in relazione ad un procedimento penale che ha interessato 73 persone tra affiliati e fiancheggiatori della citata organizzazione criminale;
b) il medesimo è legato da vincoli di parentela, per il tramite della madre che ne è la cugina, con noto esponente di spicco del clan in parola;
c) la EURO STRADE risulta aver stipulato nel 2006 un contratto di appalto pubblico in ATI con la ditta individuale Maisto Raffaele, il cui titolare, monitorato nell’ambito della menzionata indagine investigativa, è risultato essere elemento di filtro tra un affiliato al predetto clan e le società COREM ed EURO STRADE stessa, come si rileva da alcune intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate mentre tale titolare conversava con adepti della citata organizzazione malavitosa, i quali avevano interesse ad orientare in proprio favore l’esito di una gara svoltasi presso il Comune di Piana di Monte Verna nel settembre 2005;
d) il predetto amministratore unico è stato controllato nel gennaio 2005 in compagnia di soggetto gravato da precedenti per porto e detenzione abusiva di armi, furto ed altro, mentre nel successivo mese di febbraio è stato controllato in compagnia di altro soggetto con precedenti per estorsione, rapina ed associazione mafiosa;
e) nell’ambito della EURO STRADE ha ricoperto la carica di socio e di responsabile tecnico un soggetto che nel gennaio 2007 è stato controllato in compagnia di due personaggi rispettivamente gravati da precedenti per gioco d’azzardo (con proposizione nell’anno 1976 della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.) e da precedenti per reati contro la famiglia.
3. Ciò premesso, si può dare ingresso al vaglio delle censure articolate in gravame.
Con una prima censura, parte ricorrente si duole della carenza motivazionale da cui sarebbe affetta la gravata interdittiva, che non consentirebbe di cogliere gli elementi di controindicazione accertati nello specifico, nemmeno considerando gli atti della serie procedimentale, le cui argomentazioni non sono state richiamate ed espressamente fatte proprie dall’autorità prefettizia emanante.
La censura non convince.
L’autorità prefettizia ha assolto congruamente il proprio onere motivazionale, facendo riferimento per relationem ai rapporti informativi delle forze di polizia ed al verbale conclusivo del nucleo investigativo interforze del 13 settembre 2010.
Si osserva che non può essere lamentata la mancata disponibilità di tali fonti informative. Infatti, il concetto di disponibilità, di cui all’art. 3 della legge n. 241/1990, comporta non che l’atto amministrativo menzionato per relationem debba essere unito imprescindibilmente al documento o che il suo contenuto debba essere riportato testualmente nel corpo motivazionale, bensì che esso sia reso disponibile a norma di legge, vale a dire che possa essere acquisito utilizzando il procedimento di accesso ai documenti amministrativi, laddove concretamente esperibile.
In sostanza, detto obbligo determina che la motivazione per relationem del provvedimento debba essere portata nella sfera di conoscibilità legale del destinatario, con la conseguenza che in tale ipotesi è sufficiente che siano espressamente indicati gli estremi o la tipologia dell’atto richiamato, mentre non è necessario che lo stesso sia allegato o riprodotto, dovendo essere messo a disposizione ed esibito ad istanza di parte (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 21 febbraio 2002 n. 1002).
3.1 Con altra censura, la ricorrente stigmatizza la scarsa attualità degli elementi indizianti posti a fondamento dell’interdittiva e, comunque, la non riconducibilità degli stessi a provvedimenti giudiziari di carattere penale.
La doglianza non ha pregio.
Si nota, innanzitutto, che l’attualità degli elementi indizianti, da cui trarre la sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa, permane fino all’intervento di fatti nuovi, ulteriori rispetto ad una precedente valutazione di presenza di tentativi siffatti, che evidenzino il venir meno della situazione di pericolo; in altri termini, il rischio di inquinamento mafioso si può considerare superato non tanto e non solo per il trascorrere di un considerevole lasso di tempo dall’ultima verifica effettuata senza che sia emersa alcuna evenienza negativa, quanto anche per il sopraggiungere di fatti positivi, idonei a dar conto di un nuovo e consolidato operare dei soggetti a cui è stato ricollegato il pericolo, che persuasivamente e fattivamente dimostri l’inattendibilità della situazione rilevata in precedenza (orientamento ormai diffuso in giurisprudenza: cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. V, 12 giugno 2007 n. 3126 e 28 febbraio 2006 n. 851).
Il predetto criterio subisce un temperamento solo nel caso in cui gli elementi di fatto, raccolti dalle forze di polizia, siano talmente risalenti nel tempo da non poter essere più considerati intrinsecamente idonei a supportare il giudizio di pericolo, anche per effetto di sopravvenienze quali la cessazione dell’attività imprenditoriale o l’esaurimento di determinati fenomeni organizzativi criminali (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. I, 18 maggio 2005 n. 6504). Orbene, nel caso di specie, persiste l’attualità degli accertamenti di polizia effettuati sulla posizione della ricorrente non solo perché non sono emersi eventi nuovi di segno contrario, valutabili da parte dell’autorità prefettizia, ma anche perché tali elementi indizianti si collocano in un periodo temporale non remoto (al massimo circa 5 anni addietro), in relazione ad un contesto criminale che non ha perso la sua forza intimidatrice.
In secondo luogo, quanto alla dedotta assenza di provvedimenti giudiziari che diano conto di responsabilità penali, il Collegio osserva, mutuando al riguardo le parole del massimo giudice amministrativo, che la norma introduttiva dell’informativa prefettizia “si spiega nella logica di una anticipazione della soglia di difesa sociale ai fini di una tutela avanzata nel campo del contrasto della criminalità organizzata, in guisa da prescindere da soglie di rilevanza probatorie tipiche del diritto penale, per cercare di cogliere l’affidabilità dell’impresa affidataria dei lavori complessivamente intesa. (…) E tanto specie se si pone mente alla circostanza prima rimarcata che le cautele antimafia non obbediscono a finalità di accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto alla quale sono per legge rilevanti fatti e vicende anche solo sintomatici ed indiziari, al di là dell’individuazione di responsabilità penali.” (così Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 maggio 2006 n. 2867).
3.2 La ricorrente evidenzia anche la contraddittorietà tra la gravata informativa e quella precedente del 2008, avente contenuto liberatorio, essendo queste fondate sugli stessi elementi, come si evincerebbe dalla stessa nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta del 9 luglio 2010, nella quale tale organo riferisce di non disporre “di nuovi elementi informativi sul conto della società, dell’amministratore in oggetto e familiari conviventi”.
L’assunto non coglie nel segno.
Non si ravvisa alcuna contraddittorietà tra le due informative, se solo si pone mente alla circostanza che l’interdittiva in questione trae in gran parte spunto dagli esiti di un’indagine investigativa (Normandia 1) che ha avuto il suo concreto sviluppo solo nel 2010, allorquando si è definitivamente delineato il quadro delle responsabilità penali individuate dagli organi inquirenti, consentendo anche di procedere agli arresti dei soggetti pericolosi. Ne discende che nel 2008, all’epoca dell’emanazione della precedente informativa, tali elementi non erano ancora emersi, con la conseguenza che risulta smentita in fatto la pretesa identità tra le due situazioni sostanziali.
Né può deporre in senso favorevole alla tesi attorea la citata nota del Comando dei Carabinieri, poiché la stessa risulta superata da quella successiva del 21 luglio 2010, avente ben altro tenore ed emanata presumibilmente dopo aver acquisito gli ultimi aggiornamenti sui risultati dell’indagine investigativa di cui sopra.
3.3 Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa attorea, non può essere colta alcuna contraddittorietà tra la gravata informativa e la licenza di porto di fucile rilasciata nel luglio 2005 in favore dell’amministratore unico della EURO STRADE, giacché tale licenza, al pari dell’informativa liberatoria del 2008, prescinde dall’acquisizione di alcuni elementi venuti in essere solo nel 2010.
3.4 La ricorrente deduce che gli elementi indizianti individuati dall’autorità prefettizia sono smentiti dai negativi certificati dei carichi pendenti e del casellario giudiziale posseduti dall’amministratore unico, dalla sua coniuge e dal direttore tecnico, con conseguente difetto di istruttoria.
La doglianza non può essere condivisa.
Il Collegio si limita ad osservare che, a termini dell’art. 10, comma 7, del d.P.R. n. 252/1998, le informative antimafia possono ben fondarsi su accertamenti che prescindono dalle notizie di carattere processuale destinate a confluire nelle certificazioni in parola, e che danno conto di situazioni di pericolo infiltrativo poste anche al di sotto del penalmente rilevante, come già è stato accennato e come sarà meglio precisato nel prosieguo della trattazione.
3.5 Con ulteriore censura, parte ricorrente deduce la contraddittorietà e l’errore istruttorio in cui sarebbe incorsa la Prefettura di Caserta nell’emanare la gravata informativa, non avendo tenuto conto dei rapporti informativi forniti dagli organi investigativi diversi dai Carabinieri, nei quali si riferiva che non emergevano elementi di riscontro ai fini della normativa antimafia.
Anche tale doglianza non convince.
I rapporti informativi in parola sono poco significativi, non solo perché non hanno sconfessato gli accertamenti positivi effettuati dai Carabinieri (riportati nella nota del 21 luglio 2010), con cui non si pongono in contraddizione, ma anche perché sono stati oggetto di specifica valutazione in sede di riunione del nucleo investigativo interforze, unitamente all’altro materiale probatorio, ed evidentemente ritenuti recessivi rispetto ai più preganti elementi indiziari apportati dall’Arma.
4. Con altra articolata censura vengono lamentati la carenza dei presupposti, il difetto di istruttoria e di motivazione, sulla scorta dell’assunto che l’autorità prefettizia avrebbe addotto elementi di controindicazione privi di univocità, insufficienti a far palesare la sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa. Le critiche attoree tendono ad evidenziare nel percorso valutativo della Prefettura le seguenti anomalie: a) il legame di parentela esistente con soggetti coinvolti in procedimenti penali per associazione mafiosa o, comunque, affiliati ad un’organizzazione criminale non può rappresentare indizio di contiguità mafiosa, in assenza di ulteriori elementi insussistenti nel caso di specie, quali frequentazioni e/o rapporti commerciali o lavorativi; b) la società ricorrente ha intrattenuto con la ditta individuale Maisto Raffaele un mero rapporto di collaborazione limitato nel tempo, costituito dall’esecuzione nel 2006 di un appalto pubblico nella forma organizzativa dell’ATI, in occasione del quale la stessa ricorrente ha potuto appurare la moralità professionale dell’impresa prescelta, acquisendo le negative certificazioni penali e le altrettanto negative certificazioni camerali antimafia; c) il titolare della citata ditta individuale non risulta indagato, né imputato, né tantomeno astretto da misura cautelativa nell’ambito del procedimento penale originatosi in virtù dell’indagine Normandia 1; d) nelle intercettazioni telefoniche ed ambientali emerge che EURO STRADE non ha mai partecipato ad alcuna gara indetta dal Comune di Piana di Monte Verna né è citato il nome dell’amministratore unico; inoltre, la semplice citazione della denominazione “EURO STRADE” da parte di soggetti malavitosi non implica che la società ricorrente debba considerarsi permeabile ai voleri della criminalità organizzata ed, infine, esistono in Campania ben altre sei ditte con la stessa denominazione di cui sopra, con la conseguenza che è lecito dubitare che nelle intercettazioni si faccia riferimento proprio alla ricorrente; e) è mancata la necessaria cautela nell’utilizzo delle informazioni di polizia.
4.1 Pure tale complessa censura non merita condivisione.
La giurisprudenza che si è occupata della materia, condivisa da questo Collegio (cfr. per tutte TAR Campania Napoli, Sez. I, 8 novembre 2005 n. 18714), ha avuto modo di sottolineare che i tratti caratterizzanti l’istituto dell’informativa prefettizia, di cui agli artt. 4 del d.lgs. n. 490/1994 e 10 del d.P.R. n. 252/1998, ruotano intorno ai seguenti concetti:
– si tratta di una tipica misura cautelare di polizia, preventiva e interdittiva, che si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia di natura giurisdizionale e che prescinde dall’accertamento in sede penale di uno o più reati connessi all’associazione di tipo mafioso; non occorre né la prova di fatti di reato, né la prova dell’effettiva infiltrazione mafiosa nell’impresa, né la prova del reale condizionamento delle scelte dell’impresa da parte di associazioni o soggetti mafiosi;
– è sufficiente il “tentativo di infiltrazione” avente lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa, anche se tale scopo non si è in concreto realizzato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 maggio 2005 n. 2796 e 13 ottobre 2003 n. 6187);
– tale scelta è coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendo fermarsi alla soglia dell’intimidazione, dell’influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite;
– la formulazione generica, più sociologica che giuridica, del tentativo di infiltrazione mafiosa rilevante ai fini del diritto comporta l’attribuzione al Prefetto di un ampio margine di accertamento e di apprezzamento;
– l’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto genera, di conseguenza, che la valutazione prefettizia è sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2867/2006 cit. e n. 1979/2003).
Si è ritenuto inoltre, con riguardo alle informative di cui all’art. 10, comma 7, lettera c), del d.P.R. n. 252/1998 (tra le quali rientra quella di specie), che, essendo fondate la medesima su valutazioni discrezionali non ancorate a presupposti tipizzati, i tentativi di infiltrazione mafiosa possono essere desunti anche da parametri non predeterminati normativamente; tuttavia, onde evitare il travalicamento in uno “stato di polizia” e per salvaguardare i principi di legalità e di certezza del diritto, si è precisato che non possono reputarsi sufficienti fattispecie fondate sul semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale, occorrendo l’individuazione di idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o collegamenti con la criminalità organizzata (cfr. TAR Sicilia Palermo, Sez. III, 13 gennaio 2006 n. 38; TAR Campania Napoli, Sez. I, 19 gennaio 2004 n. 115).
In particolare, con riferimento agli elementi di fatto idonei a sorreggere l’impianto probatorio delle informative de quibus, la giurisprudenza ha sottolineato che in tali ipotesi il Prefetto, anziché limitarsi a riscontrare la sussistenza di specifici elementi (come avviene per gli accertamenti eseguiti ai sensi dell’art. 10, comma 7, lettere a) e b), del d.P.R. n. 252/1998), deve effettuare la propria valutazione sulla scorta di uno specifico quadro indiziario, ove assumono rilievo preponderante i fattori induttivi della non manifesta infondatezza che i comportamenti e le scelte dell’imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali nelle funzioni della pubblica amministrazione; pertanto, si può ravvisare l’emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé e per sé privi dell’assoluta certezza – quali una condanna non irrevocabile, l’irrogazione di misure cautelari, collegamenti parentali, cointeressenze societarie e/o frequentazioni con soggetti malavitosi, dichiarazioni di pentiti – ma che, nel loro insieme, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata per la presenza, nei centri decisionali, di soggetti legati ad organizzazioni mafiose (cfr. C.G.A. Sicilia, 24 novembre 2009 n. 1129; Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 agosto 2006 n. 4737; Consiglio di Stato, Sez. V, 3 ottobre 2005 n. 5247; TAR Lazio Roma, Sez. II, 9 novembre 2005 n. 10892).
4.2 Orbene, calando i superiori orientamenti giurisprudenziali al caso concreto, deve essere sconfessata la tesi della ricorrente volta ad evidenziare gli errori istruttori e motivazionali da cui sarebbe inficiata la gravata informativa prefettizia.
Al contrario, le valutazioni della Prefettura di Caserta risultano sorrette da un quadro indiziario sufficientemente preciso e concordante, che non trae forza da semplici sospetti o congetture ma risulta ben tratteggiato nel verbale del nucleo investigativo interforze del 13 maggio 2010 e nella nota informativa del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta del 21 luglio 2010.
Nel dettaglio, si presenta correttamente argomentata, da parte dell’autorità prefettizia e di quella di polizia, la sussistenza degli elementi di fatto da cui sono stati desunti i tentativi di infiltrazione mafiosa, atteso che nel caso di specie gli accertamenti condotti sulla ricorrente, pur non facendo palesare situazioni di effettiva e conclamata infiltrazione mafiosa, hanno dato conto della presenza di circostanze poste alla soglia, giuridicamente rilevante, dell’influenza e del condizionamento latente dell’attività d’impresa da parte delle organizzazioni criminali.
4.3 Al riguardo assumono valore pregnante, come fattori di controindicazione ai fini antimafia, il rapporto di parentela esistente, dal lato sia della famiglia di origine sia di quella acquisita, tra l’amministratore unico ed individui ritenuti contigui od organici alle consorterie criminali, nonché il dato incontrovertibile che il titolare della ditta individuale Maisto Raffaele abbia potuto fungere, in occasione dell’espletamento di una pubblica gara, da elemento di collegamento tra gli interessi di un clan camorristico e quelli della società ricorrente, facendo con ciò trasparire che il rapporto fra le due imprese non era limitato ad una mera compartecipazione nell’esecuzione di un appalto.
Osserva il Collegio che, pur dovendo ribadirsi che il mero vincolo parentale non può essere da solo indice di contiguità mafiosa, il pericolo infiltrativo potrebbe comunque essere tratto da una situazione, come quella di specie, di intrecci familiari in più direzioni, anche in considerazione della specifica situazione politico-sociale dell’area geografica in cui opera la società ricorrente e del suo coinvolgimento nelle dinamiche di controllo della criminalità organizzata, sebbene per il tramite di altra ditta (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 2 ottobre 2006 n. 5753).
Quanto al rapporto tra la società ricorrente e la ditta individuale Maisto Raffaele, le risultanze delle intercettazioni telefoniche ed ambientali militano nel senso, già sopra accennato, che la relazione fra le due imprese sia andata ben al di là della occasionale compartecipazione ad un appalto, e si sia tradotta piuttosto in una sorta di connivenza soggiacente agli interessi delle consorterie criminali.
4.4 Il fatto pacifico che il titolare della ditta individuale Maisto Raffaele non risulti coinvolto nel procedimento penale relativo all’operazione Normandia 1, non esclude la significatività della sua condotta ai fini del pericolo di infiltrazioni mafiose, prescindendosi in materia di informazioni antimafia, come già notato, dal raggiungimento della soglia di rilievo penale.
Inoltre, proprio la circostanza che la società ricorrente non abbia partecipato alla gara indetta dal Comune di Piana di Monte Verna, può essere indice del suo allontanamento “pilotato” dalla procedura selettiva al fine di consentire alle imprese camorristiche di conseguire l’affidamento, come si evince dal complessivo tenore delle citate intercettazioni.
Né assume valore indicativo a favore delle tesi attoree la mancata espressa citazione, nel corpo delle intercettazioni, del nome dell’amministratore unico, bastando l’avvenuta menzione della denominazione della società ricorrente per rendere esplicito il suo coinvolgimento nel disegno camorristico di turbativa della gara. Tale menzione costituisce indizio sufficiente, atteso il ruolo rivestito nella vicenda dal titolare della ditta individuale Maisto Raffaele, per inferire una forma di soggiacenza della società ricorrente ai condizionamenti della criminalità organizzata.
Infine, è ragionevole presumere, con una certa attendibilità, che il riferimento ad “EURO STRADE” contenuto nelle intercettazioni riguardi proprio la società ricorrente, dal momento tale citazione è accostata all’impresa COREM, di cui è titolare il suocero dell’amministratore unico.
Tutto quanto sopra esposto esclude che all’autorità prefettizia possa essere imputata mancanza di cautela nell’utilizzo delle informazioni di polizia.
5. Le considerazioni sopra svolte rivestono ruolo assorbente nell’individuazione del pericolo di infiltrazioni mafiose e rendono ininfluenti le contestazioni attoree volte a sminuire la rilevanza indiziante delle rimanenti circostanze addotte dalle informazioni di polizia (frequentazioni sospette dell’amministratore unico e dell’ex socio e responsabile tecnico). Infatti, soccorre in merito il fondamentale principio giurisprudenziale secondo il quale, laddove una determinazione amministrativa di segno negativo tragga forza da una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali sia di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse passi indenne alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall’annullamento (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 luglio 2010 n. 4243; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 settembre 2004 n. 6301).
6. In conclusione, resistendo gli atti impugnati a tutte le censure prospettate, il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, deve essere respinto per infondatezza.
Sussistono giusti e particolari motivi, in virtù della delicatezza e della complessità della vicenda contenziosa, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nelle camere di consiglio dei giorni 23 marzo e 24 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Guida, Presidente
Fabio Donadono, Consigliere
Carlo Dell’Olio, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/11/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)