Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 41438 | Data di udienza: 29 Settembre 2011

* DIRITTO URBANISTICO – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Illecito edilizio – Difficoltà interpretative della norma – Errore scusabile – Presupposti – Art. 44, 1° lett. b), DPR n. 380/2001 – Realizzazione di determinati manufatti in assenza di concessione o autorizzazione – Chiusura di spazi interni con strutture precarie – Art. 20 L. Regione Sicicilia n. 4/2003 – Interpretazione  normativa – Manufatto abusivo – Responsabilità del proprietario dell’immobile – Deduzione da indizi precisi e concordanti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Novembre 2011
Numero: 41438
Data di udienza: 29 Settembre 2011
Presidente: Ferrua
Estensore: Lombardi


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Illecito edilizio – Difficoltà interpretative della norma – Errore scusabile – Presupposti – Art. 44, 1° lett. b), DPR n. 380/2001 – Realizzazione di determinati manufatti in assenza di concessione o autorizzazione – Chiusura di spazi interni con strutture precarie – Art. 20 L. Regione Sicicilia n. 4/2003 – Interpretazione  normativa – Manufatto abusivo – Responsabilità del proprietario dell’immobile – Deduzione da indizi precisi e concordanti.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE  Sez. III,  14/11/2011 (Ud. 29/09/2011) Sentenza n. 41438

 

DIRITTO URBANISTICO – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Illecito edilizio – Difficoltà interpretative della norma – Errore scusabile – Presupposti – Art. 44, 1° lett. b), DPR n. 380/2001.
 
In materia urbanistica, l’errore scusabile non può essere fondato genericamente sulle difficoltà interpretative della norma, non versandosi neppure in ipotesi di un’attività obbligata, ma posta in essere per un preciso interesse, anche di natura economica, sicché nell’incertezza i ricorrenti ben avrebbero potuto chiedere il permesso di costruire e solo in caso di diniego eseguire i lavori in base a dia. Inoltre la mera presentazione della dia esclude l’esistenza di uno specifico provvedimento della pubblica amministrazione sul quale fare affidamento.
 
(conferma sentenza in data 7.10.2010 della Corte di Appello di Catania) Pres. Ferrua, Est. Lombardi, Ric. Marino
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Realizzazione di determinati manufatti in assenza di concessione o autorizzazione – Chiusura di spazi interni con strutture precarie – Art. 20 L. Regione Sicicilia n. 4/2003 – Interpretazione  normativa.
 
L’art. 20 della legge della Regione Siciliana n. 4 del 16.4.2003 nella sua intitolazione si riferisce alla realizzazione di “opere interne”. Orbene, é stato già reiteratamente affermato che la norma citata, stante il carattere eccezionale della nozione di precarietà da essa introdotta rispetto a quella ordinariamente riferita al criterio funzionale dell’opera, non può formare oggetto di interpretazione analogica o estensiva ovvero essere applicata al di fuori dei casi in essa espressamente previsti. (Cass. sez. UI, 163.2010 n. 16492, Permisi). Quale conseguenza della necessità di procedere ad una interpretazione strettamente letterale della norma é stato, pertanto, già affermato che la stessa non consente la realizzazione, in assenza del permesso dì costruire, di manufatti in sopraelevazione di un edificio preesistente, dovendo riferirsi il concetto di sagoma al contorno orizzontale del fabbricato. E’ stato, perciò, escluso che la norma consenta la realizzazione di tettoie di copertura al di fuori degli spazi interni di un fabbricato preesistente, che ne alterano la conformazione verticale (Cass. sez. III, 15.6.2006 n. 33039, P.M. in proc. Moltisanti), ovvero di verande non suscettibili di facile rimozione (Cass. sez. III, 26.4.2007 n. 35011, Camarda).
 
(conferma sentenza in data 7.10.2010 della Corte di Appello di Catania) Pres. Ferrua, Est. Lombardi, Ric. Marino
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Manufatto abusivo – Responsabilità del proprietario dell’immobile – Deduzione da indizi precisi e concordanti.
 
In materia edilizia, la responsabilità del proprietario dell’immobile sul quale risulta realizzato il manufatto abusivo può dedursi da indizi precisi e concordanti (Cass. sez. III, 13.7.2005 n. 32856, Farzone).
 
(conferma sentenza in data 7.10.2010 della Corte di Appello di Catania) Pres. Ferrua, Est. Lombardi, Ric. Marino

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 14/11/2011 (Ud. 29/09/2011) Sentenza n. 41438

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE  Sez. III,  14/11/2011 (Ud. 29/09/2011) Sentenza n. 41438

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
III SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Signori:
 
Presidente Dott. Giuliana Ferrea
Consigliere Alfredo Teresi
          “ Maria Lombardi
        “ Amedeo Franco
        “ Luigi Marini
 
ha pronunciato la seguente:
 
SENTENZA
 
– Sui ricorsi proposti dall’Avv. Attilio Floresta, difensore di fiducia di Marino Nunzio Carmelo, n. a Catania il 15.12.1976, e di Marino Carmelo Antonio, n. a Catania il 24.6.1943, avverso la sentenza in data 7.10.2010 della Corte di Appello di Catania, con la quale, in parziale riforma di quella del Tribunale di Catania in data 14.4.2009, vennero condannati alla pena di mesi due di arresto ed € 5.000,00 di ammenda ciascuno, quali colpevoli del reato: a) di cui agli art. 110 c.p. e 44, primo comma lett. b), del DPR n. 380/2001.
– Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
– Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
– Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Giuseppe Volpe, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
– Udito il difensore degli imputati, Avv. Attilio Floresta, che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi;
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catania ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di Marino Nunzio Carmelo e Marino Carmelo Antonio in ordine al reato: a) di cui agli art. 110 c.p. e 44, primo comma lett. b), del DPR n. 380/2001, loro ascritto per avere, il primo in qualità di proprietario e committente dei lavori ed il secondo di procuratore speciale, tecnico progettista e direttore dei lavori, realizzato, senza il permesso di costruire, sul terrazzo a livello di un fabbricato un manufatto avente la superficie coperta di mq. 16, con struttura portante costituita da pilastri e travi in legno fissati al pavimento ed ai muri perimetrali mediante piastre imbullonate, con sovrastante tetto di copertura in pannelli termocoibentati; il tutto costituente intervento di ampliamento e di nuova costruzione pertinente alla unità abitativa preesistente.
 
La sentenza ha, invece, assolto, perché il fatto non sussiste, gli appellanti dalle imputazioni relative alla violazione della normativa in materia di costruzioni da realizzarsi in zona sismica e con strutture portanti metalliche e, per l’effetto, ha rideterminato la pena inflitta agli imputati nella misura precisata in epigrafe.
 
In sintesi, la Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali gli appellanti avevano dedotto la legittimità della tettoia, realizzata in base a denuncia di inizio di attività, ai sensi del disposto dell’art. 20 della legge della Regione Sicilia n. 4 del 2003, ovvero quale supporto alla installazione di un impianto fotovoltaico in base alle procedure semplificate previste dal D. Lgs n. 387 del 2003; la sentenza ha inoltre escluso la sussistenza dell’esimente dell’avere gli imputati agito in buona fede ed ha affermato il concorso di entrambi nella commissione dell’abuso edilizio. 
 
Avverso la sentenza ha proposto ricorsi il difensore degli imputati, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
 
Con il primo mezzo di annullamento, sostanzialmente comune, i ricorrenti denunciano violazione ed errata applicazione dell’art. 117 della Costituzione, dell’art. 14 lett. f) dello Statuto della Regione Siciliana; dell’art. 44 lett. b) del DPR n. 380/2001 in relazione all’art. 20 della legge regionale della Sicilia n. 4/2003, nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione.
 
In sintesi, si ribadisce che la tettoia di cui alla imputazione deve ritenersi legittimamente assentita mediante la denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 20 della citata legge della Regione Siciliana che subordina al regime semplificato della dia la costruzione di verande e altre strutture aperte almeno da un lato, che siano realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione.
 
Si osserva che la identificazione della precarietà del manufatto con la sua agevole rimovibilità ha trovato conforto in numerose pronunce della giustizia amministrativa. Nel caso in esame, inoltre, il Comune di Catania, amministrazione territoriale competente, ha riconosciuto che la tettoia di cui all’imputazione, realizzata con viti e tasselli rimovibili, rientra nella previsione normativa di cui alla disposizione citata.
 
Si aggiunge che, in ogni caso, la tettoia di cui all’imputazione doveva ritenersi legittima ai sensi del D. Lgs n. 387/2003 quale struttura di sostegno per l’installazione di pannelli fotovoltaici, e si denunciano vizi di motivazione in ordine alla valorizzazione da parte dei giudici di merito della predisposizione di impianti idrici, elettrici, sanitari e di condizionamento.
 
Con il secondo mezzo di annullamento comune si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 44 lett. b) del DPR n. 380/2001 in relazione agli art. 2 e ss. del D. Lgs n. 387/2003, nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione.
 
Si osserva che il citato D. Lgs n. 387/2003 consentiva la realizzazione di strutture di sostegno agli impianti di fonte rinnovabile senza alcuna autorizzazione. Solo con la legge finanziaria del 2008, n. 244 del 2007, è stata resa obbligatoria la denuncia di inizio attività per la installazione di impianti fotovohaici la cui produzione sia inferiore a 20,00 KW.
 
All’epoca della sua realizzazione, pertanto, la tettoia doveva qualificarsi ai sensi del D. Lgs n. 387/2003 come struttura precaria per la istallazione di un impianto fotovoltaico realizzabile senza alcuna autorizzazione.
 
Peraltro, i ricorrenti hanno provveduto alla presentazione di una denuncia di inizio attività a seguito della innovazione normativa introdotta dalla legge finanziaria del 2008, rimuovendo qualsiasi precedente profilo di irregolarità e rendendo legittima l’opera.
 
Con il terzo mezzo di annullamento comune si denuncia violazione ed errata applicazione degli art. 5 e 43 c.p., nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione.
 
Previo richiamo della sentenza della Corte Costituzionale n. 364 del 1988, che ha modificato l’art. 5 c.p., si deduce in sintesi che l’incertezza interpretativa sulla norma extrapenale costituita dall’art. 20 della L. Reg. Sic. n. 4 del 2003, anche alla luce della sua interpretazione autentica con circolare n. 2 del 5.32004 dell’assessorato regionale, da riferirsi alla identificazione del concetto di precarietà dell’opera con la sua agevole rimozione, doveva indurre i giudici di merito a riconoscere la buona fede degli imputati in ordine alla regolarità del manufatto; buona fede che trovava riscontro anche nell’affidamento in atti della pubblica amministrazione rappresentati dall’ iter amministrativo che aveva portato all’accoglimento della denuncia di inizio attività da parte del Comune di Catania.
 
Con l’ultimo mezzo di annullamento proposto dal solo ricorrente Marino Nunzio Carmelo si denuncia la violazione degli art. 110 c.p. e 44 lett. b) del DPR n. 380/2001, nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione.
 
Si osserva che il proprietario del manufatto non figura tra i soggetti individuati dall’art. 29 del Testo Unico dell’edilizia ai quali fa carico l’osservanza delle disposizioni del medesimo Testo Unico. II Marino Nunzio Carmelo, pertanto, non può essere chiamato a rispondere del fatto di cui all’imputazione per la mera qualità di proprietario dell’opera.
 
Si deduce, quindi, che l’affermazione di colpevolezza dell’imputato non trova rispondenza nelle risultanze processuali, in quanto questi ha costituito suo procuratore speciale l’ing. Marino Carmelo, non ha mai presentato al Comune di Catania alcuna richiesta relativa alla tettoia e non è stato mai presente suoi luoghi, salvo che in occasione del sequestro per la identificazione degli indagati.
 
I ricorsi non sono fondati.
 
L’art. 20 della legge della Regione Siciliana n. 4 del 16.4.2003 nella sua intitolazione si riferisce alla realizzazione di “opere interne”. La disposizione citata consente la realizzazione di determinati manufatti in assenza di concessione o autorizzazione, non considerandoli aumento di superficie utile o di volume, né modifica della sagoma della costruzione, ed, in particolare, “la chiusura di terrazze di collegamento oppure di terrazze non superiori a metri quadrati cinquanta e/o la chiusura di spazi interni con strutture precarie,…”
 
Orbene, é stato già reiteratamente affermato da questa Corte che la norma citata, stante il carattere eccezionale della nozione di precarietà da essa introdotta rispetto a quella ordinariamente riferita al criterio funzionale dell’opera, non può formare oggetto di interpretazione analogica o estensiva ovvero essere applicata al di fuori dei casi in essa espressamente previsti. (sez. UI, 163.2010 n. 16492, Permisi, RV 246771).
 
Quale conseguenza della necessità di procedere ad una interpretazione strettamente letterale della norma é stato, pertanto, già affermato da questa Corte che la stessa non consente la realizzazione, in assenza del permesso dì costruire, di manufatti in sopraelevazione di un edificio preesistente, dovendo riferirsi il concetto di sagoma al contorno orizzontale del fabbricato.
 
E’ stato, perciò, escluso che la norma consenta la realizzazione di tettoie di copertura al di fuori degli spazi interni di un fabbricato preesistente, che ne alterano la conformazione verticale (sez. III, 15.6.2006 n. 33039, P.M. in proc. Moltisanti, RV 234935), ovvero di verande non suscettibili di facile rimozione (sez. III, 26.4.2007 n. 35011, Camarda, RV 237533).
 
Alla luce dei citati principi di diritto deve essere escluso che il manufatto di cui alla contestazione rientri nel novero delle opere che ai sensi del citato art. 20 della legge regionale n. 4 del 2003 possono essere realizzate senza concessione o autorizzazione.
 
Va, poi, osservato che l’accertamento delle caratteristiche e destinazione d’uso di un manufatto costituisce questione di fatto riservata al giudice di merito e, pertanto, l’accertamento sul punto non è suscettibile di censura in sede di legittimità, allorché sia supportato da idonea motivazione. 
 
Inoltre, allorché l’opera è ancora in corso di realizzazione, tali caratteristiche possono essere desunte anche da elementi di natura indiziaria afferenti a quanto già realizzato o da altri elementi di valutazione anche estranei alla costruzione.
 
Orbene, nel caso in esame, al fine di escludere la precarietà del manufatto in corso di realizzazione, è stata valorizzata dai giudici di merito anche la predisposizione di impianti idrici, elettrici, sanitari e di condizionamento (che costituiscono opere non agevolmente rimovibili e ritenute funzionalmente connesse ad una destinazione abitativa del manufatto), nonché la coibentazione della copertura.
 
Sul punto la censura dei ricorrenti é sostanzialmente fondata su un assunto di natura fattuale (predisposizione degli impianti per la connessione alla caldaia ed altro), che non ha formato oggetto di accertamento, né è stato dedotto in sede di richieste probatarie.
 
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
 
Le deduzioni dei ricorrenti in ordine alla destinazione della tettoia a struttura di sostegno di un impianto per la produzione di energie alternative (impianto fotovoltaico) sono fondate su un assunto fattuale che é stato escluso dai giudici di merito con adeguata motivazione, immune da vizi logici, sicché le censure in punto di riferimenti normativi sono del tutto inconferenti.
 
L’inesistenza di un errore scusabile, di cui al terzo motivo di gravame, ha formato anche esso oggetto di adeguata motivazione, giuridicamente corretta.
 
L’errore scusabile non può essere fondato genericamente sulle difficoltà interpretative della norma, non versandosi neppure in ipotesi di un’attività obbligata, ma posta in essere per un preciso interesse, anche di natura economica, sicché nell’incertezza i ricorrenti ben avrebbero potuto chiedere il permesso di costruire e solo in caso di diniego eseguire i lavori in base a dia.
 
Inoltre la mera presentazione della dia esclude l’esistenza di uno specifico provvedimento della pubblica amministrazione, neppure indicato in ricorso, sul quale gli imputati abbiano fatto affidamento.
 
E’, infine, infondato l’autonomo motivo di ricorso con il quale l’imputato Marino Cannelo Antonio ha censurato l’affermazione di colpevolezza.
 
E’ noto che la responsabilità del proprietario dell’immobile sul quale risulta realizzato il manufatto abusivo può dedursi da indizi precisi e concordanti (sez. III, 13.7.2005 n. 32856, Farzone, RV 232200)
 
Orbene, la responsabilità del Marino Nunzio Cannelo, proprietario dell’opera, ha formato oggetto di adeguata motivazione, giuridicamente corretta, mediante il riferimento allo stretto legame di parentela con il coimputato Marino Nunzio, suo procuratore speciale, alla sottoscrizione di una delle dia, alla sua presenza in loco all’atto dell’accertamento.
 
Entrambi i ricorsi, pertanto, devono essere rigettati con le conseguenze di legge.
 
P.Q.M.
 
La Corte rigetta i ricorsi e condanna singolarmente i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
 
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 29.92011.

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