* DIRITTO URBANISTICO – Direttore dei lavori – Posizione di garanzia – Esenzione di responsabilità – Art. 29 d.P.R. n. 380/2001.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ penale
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Novembre 2011
Numero: 41439
Data di udienza:
Presidente: Ferrua
Estensore: Teresi
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – Direttore dei lavori – Posizione di garanzia – Esenzione di responsabilità – Art. 29 d.P.R. n. 380/2001.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ – 14 novembre 2011, n. 41439
DIRITTO URBANISTICO – Direttore dei lavori – Posizione di garanzia – Esenzione di responsabilità – Art. 29 d.P.R. n. 380/2001.
In materia edilizia, grava sul direttore di lavori una posizione di garanzia in merito alla regolare esecuzione dei lavori, con la conseguenza che questi potra’ andare esente da responsabilita’ soltanto ottemperando agli obblighi previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 29, ovvero comunicando le violazioni accertate e rinunciando, in caso di totale difformita’ o variazione essenziale, all’incarico ricevuto (Cassazione Sezione 3 , n. 4328/2005 RV. 233302).
(Conferma sentenza della Corte di Appello di Milano del 29.11.2010) – Pres. Ferrua, Est. Teresi – Ric. Go.Lo. e altro
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ - 14 novembre 2011, n. 41439SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ – 14 novembre 2011, n. 41439
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRUA Giuliana – Presidente
Dott. TERESI Alfredo – rel. Consigliere
Dott. LOMBARDI Alfredo M. – Consigliere
Dott. FRANCO Amedeo – Consigliere
Dott. MARINI Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Go. Lo. , (…)
Ca. Lu. , (..)
avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano in data 29.11.2010 che ha confermato la condanna alla pena di mesi 4 di arresto euro 25.000,00 d’ammenda loro inflitta nel giudizio di primo grado per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articoli 142 e 181, Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c), articolo 734 c.p.;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG, Dott. VOLPE Giuseppe, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
OSSERVA
Con sentenza 29.11.2010 la Corte di Appello di Milano confermava la condanna alla pena di mesi 4 di arresto euro. 25.000,00 d’ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a Go. Lo. e a Ca. Lu. quali colpevoli dei reati di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articoli 142 e 181, Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c) (per avere, in concorso con il (non ricorrente) committente dei lavori, quali direttori dei lavori, realizzato in zona assoggettata a vincolo paesaggistico in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, lavori di disboscamento, scavo, riporto e riversamento di materiale terroso modificativi della morfologia della scarpata esistente in un’area soggetta a trasformazione per la realizzazione di 4 strutture abitative); e articolo 734 c.p. per avere, mediante la realizzazione delle suddette opere, alterato la bellezza naturale dei luoghi (in (OMESSO)).
Rilevava la corte territoriale che per la realizzazione di dette strutture, regolarmente assentite, erano stati effettuati consistenti movimentazioni di terra non autorizzati sotto il profilo ambientale.
Era stata, infatti, mutata la morfologia della scarpata ottenendo due pianori rispetto all’andamento del terreno con l’abbattimento di un bosco ceduo e con riporto di terra sopra le ceppaie degli alberi.
La qualita’ e le competenze professionali dei due imputati escludevano la dedotta buona fede.
Proponevano ricorso per cassazione gli imputati denunciando mancanza e/o contraddittorieta’ della motivazione sull’affermazione di responsabilita’ risultando, dalla deposizione del tecnico comunale Ag. , che essi avevano denunciato al Comune il movimento di terra e il riporto di terra sull’area adiacente ai fabbricati in costruzione dimostrando, con cio’, di avere percepito il carattere illecito di dette operazioni e di avere adempiuto con diligenza e esperienza ai loro doveri professionali.
Chiedevano l’annullamento della sentenza.
Il ricorso e’ manifestamente infondato perche’ censura con argomentazioni palesemente illogiche e in punto di fatto la decisione fondata, invece, su congrue argomentazioni esenti da vizi logico-giuridici, essendo stati esaminati gli elementi probatori emersi a carico degli imputati e confutata ogni obiezione difensiva.
Nel caso in esame, i giudici di merito hanno assolto l’obbligo della motivazione spiegando esaurientemente le ragioni del proprio convincimento e ritenendo infondati i rilievi difensivi in punto di esclusione della responsabilita’.
Inconsistente, infatti, e’ l’assunto secondo cui i direttori dei lavori avevano correttamente esercitato il compito di sovrintendere con continuita’ alle opere della cui esecuzione avevano assunto la responsabilita’ tecnica al punto di denunciare al Comune gli illeciti inerenti al taglio del bosco e all’alterazione della morfologia della scarpata livellata si’ da ottenere due balze, stante che tali operazioni erano strettamente funzionali alla realizzazione delle quattro strutture abitative da collocare necessariamente su terreni pianeggianti mediante l’alterazione artificiale della scarpata, che e’ una brusca rottura del profilo topografico di un terreno giacente secondo un piano inclinato.
Chiara e’, percio’, la compromissione dei predetti nella commissione dei reati strumentali alla realizzazione dei fabbricati.
Non vale, inoltre, a escludere la responsabilita’ la tardiva manifestazione di dissenso espressa al Comune perche’ “in materia edilizia grava sul direttore di lavori una posizione di garanzia in merito alla regolare esecuzione dei lavori, con la conseguenza che questi potra’ andare esente da responsabilita’ soltanto ottemperando agli obblighi previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 29 ovvero comunicando le violazioni accertate e rinunciando, in caso di totale difformita’ o variazione essenziale, all’incarico ricevuto” (Cassazione Sezione 3 , n. 4328/2005 RV. 233302).
Tenuto conto della sentenza n. 186/2000 della Corte Costituzionale e, rilevato che nella specie non sussistono elementi per ritenere che gli imputati abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa d’inammissibilita’, alla relativa declaratoria segue, ex articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento e quello del versamento in favore della cassa delle ammende della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.