Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto degli alimenti Numero: 47860 | Data di udienza:

* DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Evidente cattivo stato di conservazione degli alimenti – Analisi volte ad accertare la concreta nocivita’ per la salute umana – Obbligo – Esclusione – Detenzione per la vendita presso un bar – Art. 5 e 16 L. n. 283/1962 – Responsabilità e ripartizione di competenze all’interno di strutture di ridotte dimensioni – Concetto di “detenzione” – Insussistenza dell’obbligo di etichettatura degli alimenti freschi – Prodotti privi di protezione dai fattori di insudiciamento – Evidente cattivo stato di conservazione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Dicembre 2011
Numero: 47860
Data di udienza:
Presidente: Ferrua
Estensore: Marini


Premassima

* DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Evidente cattivo stato di conservazione degli alimenti – Analisi volte ad accertare la concreta nocivita’ per la salute umana – Obbligo – Esclusione – Detenzione per la vendita presso un bar – Art. 5 e 16 L. n. 283/1962 – Responsabilità e ripartizione di competenze all’interno di strutture di ridotte dimensioni – Concetto di “detenzione” – Insussistenza dell’obbligo di etichettatura degli alimenti freschi – Prodotti privi di protezione dai fattori di insudiciamento – Evidente cattivo stato di conservazione.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^  22/12/2011 Sentenza, n. 47860 

DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Evidente  cattivo stato di conservazione degli alimenti –  Analisi volte ad accertare la concreta nocivita’ per la salute umana – Obbligo – Esclusione -Detenzione per la vendita presso un bar – Art. 5 e 16 L. n. 283/1962.
 
L’esistenza di un evidente “cattivo stato di conservazione”, consistente nella violazione delle elementari precauzioni igieniche e di quelle volte alla conservazione degli alimenti in relazione alle caratteristiche di questi, non richiede analisi volte ad accertare la concreta nocivita’ per la salute umana. Inoltre l’evidente destinazione alla vendita dei prodotti detenuti, esclude  la necessita’ della verifica e documentazione di atti di vendita dei prodotti ai consumatori. Nel caso in esame le complessive condizioni igieniche dei locali ravvisavano l’inadeguatezze non episodiche in termini di pulizia e salubrità, giungendo a un giudizio di non occasionalita’ delle violazioni e di “inosservanza di ogni piu’ elementare regola igienica”. 
 
(conferma sentenza emessa in data 22/03/2010 dal Tribunale di Napoli) Pres. Ferrua, Rel. Marini
 
 
 
DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Responsabilità e ripartizione di competenze all’interno di strutture di ridotte dimensioni – Concetto di “detenzione”- Insussistenza dell’obbligo di etichettatura degli alimenti freschi – Prodotti privi di protezione dai fattori di insudiciamento – Evidente cattivo stato di conservazione  – Art. 5 e 16 L. n. 283/1962. 
 
In materia di alimenti, la responsabilità e la ripartizione di competenze all’interno di strutture di ridotte dimensioni e il concetto di “detenzione” si riferisce non solo a chi detenga materialmente il prodotto non conforme alla legge ma anche “a tutti coloro che (della cosa) abbiano la disponibilita’ giuridica. Nella specie, la non sussistenza dell’obbligo di etichettatura per gli alimenti freschi, per i quali e’ sufficiente l’esposizione degli ingredienti all’interno del luogo di vendita è “irrilevante” ai fini dell’applicazione della Legge n. 283 del 1962, articolo 16 riguardo alla previsione delle sanzioni accessorie rispetto all’accertamento dei fatti e alla irregolarita’ delle condotte che discende dalle specifiche previsioni dell’articolo 5, sanzionate ai sensi del successivo articolo 6. Tali elementi di fatto sono stati posti a fondamento del giudizio di responsabilita’ al termine di un puntuale esame sia dell’attribuibilita’ delle violazioni al legale rappresentante della societa’ gestrice (che in un caso simile non puo’ essere esclusa invocando il principio generale della delega di responsabilita’ fissato da questa Sezione con la sentenza n. 32014 del 2007) sia dell’elemento soggettivo del reato. 
 
(conferma sentenza emessa in data 22/03/2010 dal Tribunale di Napoli) Pres. Ferrua, Rel. Marini


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 22/12/2011 Sentenza, n. 47860

SENTENZA

 

 

REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONE TERZA PENALE 
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
 
Dott. FERRUA Giuliana                              – Presidente 
Dott. SQUASSONI Claudia                         – Consigliere 
Dott. MARINI Luigi                                   – Est. Consigliere 
Dott. SARNO Giulio                                  – Consigliere 
Dott. ROSI Elisabetta                                – Consigliere 
 
ha pronunciato la seguente: 
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da:
TO. Pi. , nato a ..a.d..;
Avverso la sentenza emessa in data 22 Marzo 2010 dal Tribunale di Napoli, che lo ha condannato alla pena di 4.000,00 euro di ammenda in relazione al reato previsto dalla Legge n. 283 del 1962, artt 5 e 16.
Fatto accertato il ..a.d…
Sentita la relazione effettuata dal Consigliere Dott. Luigi Marini;
Udito il Pubblico Ministero nella persona del Cons. Dott. DE SANTIS Fausto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il Difensore, Avv. Porta Francesco Pio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
 
RILEVA
 
Con sentenza emessa in data 22 Marzo 2010, il Tribunale di Napoli ha condannato il Sig. To. , legale rappresentante della “GA. S.r.l.”, alla pena di 4.000,00 euro di ammenda perche’ responsabile del reato previsto dalla Legge n. 283 del 1962, articoli 5 e 16 per avere detenuto presso il bar sito all’interno del ..ad.. alimenti privi di indicazione degli ingredienti e privi di protezione dai fattori di insudiciamento.
 
La sentenza e’ giunta al termine di un lungo iter che ha comportato la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale e si e’ caratterizzato per l’acquisizione di ampio materiale documentale e, tra l’altro, per l’interruzione dell’esame del teste a difesa, Sig. Ga.Ga. , per l’emergere a suo carico di indizi di reita’.
 
Il Tribunale ha ritenuto provata l’esistenza di un evidente “cattivo stato di conservazione”, consistente nella violazione delle elementari precauzioni igieniche e di quelle volte alla conservazione degli alimenti in relazione alle caratteristiche di questi, che non richiedeva analisi volte ad accertare la concreta nocivita’ per la salute umana. Ha ritenuto, altresi’, che fosse evidente la destinazione alla vendita dei prodotti detenuti, escludendo in tal modo la necessita’ che si fossero verificati e documentati atti di vendita dei prodotti ai consumatori.
 
Ha ritenuto, infine, fondate le osservazioni difensive circa la non sussistenza dell’obbligo di etichettatura per gli alimenti freschi, per i quali e’ sufficiente l’esposizione degli ingredienti all’interno del luogo di vendita.
 
Avverso tale decisine il Sig. To. propone ricorso tramite il difensore, in sintesi lamentando:
 
1. vizio di motivazione ex articolo 606 c.p.p., lettera e) in relazione all’attribuzione di responsabilita’ in capo al Sig. To. pur in presenza di delega di funzioni;
 
2. errata applicazione della legge penale e di quella processuale, ex articolo 606 c.p.p., lettera b);
 
3. Vizio in procedendo ed errata formulazione del dispositivo in relazione alla Legge n. 283 del 1962, articolo 16 per contrasto con l’articolo 522 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1.
 
In particolare, il ricorrente sostiene che:
 
1) la motivazione risulta incoerente con riferimento al difetto di etichettatura, difetto che viene ritenuto non rilevante ai fini penali e che, tuttavia, viene poi posto a fondamento della condanna penale per detta condotta;
 
2) in secondo luogo, la sentenza contiene una affermazione di responsabilita’ per condotte riconducibili all’articolo 16 della Legge citata, disposizione che non introduce ipotesi di reato e contiene semplici prescrizioni amministrative;
 
3) in terzo luogo, la deposizione del Sig. Ga. , responsabile in sede della commercializzazione dei prodotti, ha prospettato una realta’ di fatto che il Tribunale ha omesso di affrontare, limitandosi (pag. 6) ad affermare che non risultano deleghe formali, mentre in atti e’ stato versato il “Piano di controllo per l’igiene degli alimenti” che reca una espressa delega in favore del Sig. Ga. ; manca, infine, in sentenza, qualsiasi esame dell’elemento psicologico del reato.
 
OSSERVA
 
Il ricorso e’ infondato e deve essere respinto.
 
Va in primo luogo rilevata la manifesta infondatezza dei primi due profili di censura sopra richiamati.
 
E’ evidente che il richiamo alla Legge n. 283 del 1962, articolo 16 ha riguardo alla previsione delle sanzioni accessorie rispetto all’accertamento dei fatti oggetto della contestazione (si veda sul punto la misura di cautela adottata come da ultimo capoverso di pagina 3), mentre la irregolarita’ delle condotte discende dalle specifiche previsioni dell’articolo 5, sanzionate ai sensi del successivo articolo 6.
 
Non sussiste dunque, anche alla luce della chiara enunciazione dei fatti operata nel capo d’imputazione, la lamentata violazione degli articoli 522 e 546 c.p.p..
 
Quanto alla censura mossa alla sentenza per essere pervenuta ad un giudizio di responsabilita’ dell’imputato a dispetto delle previsioni contenute nel “Piano di controllo per l’igiene degli alimenti” e della specifica delega in favore del Sig. Ga. , la Corte rileva che il Tribunale non ha affatto omesso di considerare tali circostanze, come dimostra la circostanza che l’esame testimoniale del Sig. Ga. sia stato sospeso proprio in relazione all’emergere di possibili profili di sua responsabilità, o meglio corresponsabilita’ per i fatti oggetto del giudizio.
 
Tale circostanza dimostra che il Tribunale ha concluso che l’eventuale omissione di attenzione e cautele da parte dell’incarico non esonera da responsabilita’ il legale rappresentante della societa’ che gestisce l’esercizio commerciale.
 
Nel caso in esame la sentenza ha esaminato le complessive condizioni igieniche dei locali ravvisando inadeguatezze non episodiche in termini di pulizia e salubrità, giungendo a un giudizio di non occasionalita’ delle violazioni e di “inosservanza di ogni piu’ elementare regola igienica”.
 
Tali elementi di fatto sono stati dal Tribunale posti a fondamento del giudizio di responsabilita’ dell’odierno ricorrente al termine di un puntuale esame sia dell’attribuibilita’ delle violazioni al legale rappresentante della societa’ gestrice (che in un caso simile non puo’ essere esclusa invocando il principio generale della delega di responsabilita’ fissato da questa Sezione con la sentenza n. 32014 del 2007, rv. 237141) sia dell’elemento soggettivo del reato (pag. 6 della motivazione).
 
Si tratta di conclusione che non contrasta coi principi fissati dalla giurisprudenza in merito alla ripartizione di competenze all’interno di strutture di ridotte dimensioni (si veda Cassazione, Sesta Sezione Penale, sentenza n. 9912 del 1975, rv. 1310124) e al concetto di “detenzione” come riferito non solo a chi detenga materialmente il prodotto non conforme alla legge ma anche “a tutti coloro che (della cosa) abbiano la disponibilita’ giuridica (Sesta Sezione Penale, sentenza n. 834 del 1987, rv. 174935).
 
Infine, quanto alla non sussistenza del profilo di illegittimita’ legato al difetto di etichettatura, la motivazione non lascia dubbi in ordine al fatto che il Tribunale ha ritenuto “irrilevante” tale profilo, cosi’ che non sussiste alcun vizio della decisione: risulta evidente dalla lettura della sentenza che per gli alimenti in questione non era necessario provvedere ad etichettatura in presenza di una tabella degli ingredienti e che nessun giudizio di responsabilita’ e’ stato formulato in ordine a tale profilo.
 
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’articolo 616 c.p.p..
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

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