Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 636 | Data di udienza: 31 Gennaio 2012

* APPALTI – Giudizio di anomalia dell’offerta – Voci di prezzo eccessivamente basse – Dimostrazione, da parte dell’impresa, della presenza di altre voci sopravvalutate – Compensazione del maggior costo  – Possibilità – Ipotesi consentite – Apodittica rimodulazione delle voci di costo – Violazione della par condicio.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Febbraio 2012
Numero: 636
Data di udienza: 31 Gennaio 2012
Presidente: Volpe
Estensore: De Nictolis


Premassima

* APPALTI – Giudizio di anomalia dell’offerta – Voci di prezzo eccessivamente basse – Dimostrazione, da parte dell’impresa, della presenza di altre voci sopravvalutate – Compensazione del maggior costo  – Possibilità – Ipotesi consentite – Apodittica rimodulazione delle voci di costo – Violazione della par condicio.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 7 febbraio 2012, n. 636


APPALTI – Giudizio di anomalia dell’offerta – Voci di prezzo eccessivamente basse – Dimostrazione, da parte dell’impresa, della presenza di altre voci sopravvalutate – Compensazione del maggior costo  – Possibilità – Ipotesi consentite – Apodittica rimodulazione delle voci di costo – Violazione della par condicio.

Fermo restando il principio che in un appalto l’offerta, una volta presentata, non è suscettibile di modificazione, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti, e considerato che obiettivo della verifica di anomalia è quello di stabilire se l’offerta sia, nel suo complesso, e nel suo importo originario, affidabile o meno, il giudizio di anomalia deve essere complessivo e deve tenere conto di tutti gli elementi, sia quelli che militano a favore, sia quelli che militano contro l’attendibilità dell’offerta nel suo insieme: deve di conseguenza ritenersi possibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e dunque inattendibili, l’impresa dimostri che per converso altre voci di prezzo sono state inizialmente sopravvalutate, e che in relazione alle stesse è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio, che compensa il maggior costo di altre voci (Cons. St., sez. VI, 21 maggio 2009 n. 3146; Cons. St., sez. VI, 19 maggio 2000 n. 2908). In altri termini, ciò che si può consentire è: o una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo (rispetto alle giustificazioni già fornite), lasciando le voci di costo invariate; oppure un aggiustamento di singole voci di costo, che trovi il suo fondamento o in sopravvenienze di fatto o normative che comportino una riduzione dei costi, o in originari e comprovati errori di calcolo, o in altre ragioni plausibili. Quello che non si può invece consentire è che in sede di giustificazioni vengano apoditticamente rimodulate le voci di costo senza alcuna motivazione, con un’operazione di finanza creativa priva di pezze d’appoggio, al solo scopo di “far quadrare i conti” ossia di assicurarsi che il prezzo complessivo offerto resti immutato e si superino le contestazioni sollevate dalla stazione appaltante su alcune voci di costo.

(Riforma T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE III, n. 3685/2011) – Pres. Volpe, Est. De Nictolis – M. s.r.l. (avv. Pugliese) c. .R. s.p.a. (avv.ti Lipari e Sbrana)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 7 febbraio 2012, n. 636

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 7 febbraio 2012, n. 636

N. 00636/2012REG.PROV.COLL.
N. 04529/2011 REG.RIC.

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4529 del 2011, proposto da Maca Impresa di Servizi s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Guido Anastasio Pugliese, con domicilio eletto presso Marcello Anastasio Pugliese in Roma, via Giangiacomo Porro n. 23;

contro

Roma Multiservizi s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani e Francesca Sbrana, con domicilio eletto presso Damiano Lipani in Roma, via Vittoria Colonna, n. 40;

nei confronti di
Banca D’Italia, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefania Ceci e Antonio Baldassarre, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Banca D’Italia in Roma, via Nazionale, n. 91;
Efm s.r.l.;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE III, n. 3685/2011, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO DEI SERVIZI DI PULIZIA AMBIENTALE, PULIZIA E MANUTENZIONE TENDE DELLE FILIALI DELLA BANCA D’ITALIA

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Multiservizi s.p.a. e della Banca D’Italia;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2012 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati Pugliese, Sbrana e Ceci;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società appellante e la società appellata hanno entrambe partecipato alla gara – suddivisa in quattro lotti – indetta dalla Banca d’Italia per l’affidamento dei servizi di pulizia ambientale e di pulizia e manutenzione tende delle proprie filiali.
Entrambe presentavano offerta per il lotto n. 2 classificandosi, rispettivamente, al primo e al secondo posto della relativa graduatoria.
Poiché l’offerta della odierna appellante, aggiudicataria, era apparsa sospetta di anomalia, la stazione appaltante attivava il prescritto procedimento di verifica dell’anomalia, avvalendosi a tal fine di una società di consulenza, in esito al quale l’offerta veniva ritenuta economicamente attendibile.

2. La seconda classificata, odierna appellata, proponeva ricorso al T.a.r. Lazio – Roma, affidato ai seguenti motivi di doglianza:
1) violazione, falsa applicazione dell’art. 86, d.lgs. n. 163/2006; violazione dei principi di par condicio tra i concorrenti, imparzialità e terzietà della commissione, buon andamento, travisamento, sviamento; eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria; l’offerta aggiudicataria dovrebbe essere esclusa immediatamente senza che fosse attivato il procedimento di verifica dell’anomalia in quanto alla luce dei giustificativi prodotti era risultato un utile negativo;
2) violazione dell’art. 38, d.lgs. n.163/2006; violazione del punto III 2.1) della lex specialis di gara; violazione dei principi di par condicio tra i concorrenti, buon andamento, difetto di istruttoria, travisamento, sviamento.

3. Il T.a.r. adito, con la sentenza in epigrafe (T.a.r. Lazio – Roma, sez. III, 29 aprile 2011 n. 3685), ha ritenuto fondato e assorbente il primo motivo di ricorso, osservando che:
1) l’offerta della Ma.ca. s.r.l. evidenziava sin da principio un utile negativo pari a 6.31%;
2) nonostante tale circostanza la stazione appaltante, pur ritenendo sottostimato l’importo di utile negativo in quanto la controinteressata aveva utilizzato per calcolare il costo della manodopera le tabelle del Ministero del lavoro vigenti alla data del 1° gennaio 2009 invece di quelle vigenti a decorrere dal 1° giugno 2009, ha chiesto alla Ma.ca. s.r.l.:
2a) di indicare ai sensi dell’art. 2 del d.m. 25 febbraio 2009 gli eventuali speciali benefici di cui avrebbe goduto in materia di costo della manodopera e che portavano all’importo a tal fine indicato;
2b) di produrre ulteriori informazioni concernenti il costo dei macchinari, dei prodotti chimici da impiegare, dei materiali di consumo ed infine i costi di sicurezza specifici diversi da quelli individuati dalla stazione appaltante;
3) a seguito della produzione della richiesta documentazione, poiché risultava ancora una perdita di 30.000 euro, la resistente amministrazione, con nota del 24 giugno 2010, convocava i responsabili aziendali per acquisire ogni elemento utile ai fini della valutazione della congruità dell’offerta;
4) nel corso del suddetto incontro, tenutosi in data 6 luglio 2010, sono stati richiesti ulteriori chiarimenti in merito alle individuate criticità dell’offerta;
5) sulla base di tali ulteriori chiarimenti e della ulteriore documentazione prodotta, la stazione appaltante, ritenendo esaustiva la documentazione da ultima presentata al fine di dimostrare l’attendibilità economica dell’offerta, ha aggiudicato alla Ma.ca. s.r.l. la gara de quo;
6) la sussistenza di un utile, anche minimo, è essenziale, sicché non avrebbe potuto essere presa in considerazione una offerta che ab initio presentava un utile negativo;
7) per giustificare l’utile negativo si sono utilizzate sopravvenienze, ossia benefici contributivi cui non era stato fatto riferimento in sede di offerta nonché la successiva fruizione di un ulteriore e rilevante sconto del 20% praticato da un suo fornitore.

4. Ha proposto appello l’originaria controinteressata, cui ha aderito, con memoria, la Banca d’Italia.
Con l’appello si lamenta che:
– il T.a.r. sarebbe partito da una premessa di fatto erronea, e cioè che l’offerta, ab initio, evidenziava un utile negativo; laddove l’offerta presentava un utile positivo, azzeratosi perché la stazione appaltante ha ritenuto applicabili diverse tabelle ministeriali, peraltro di per sé non vincolanti;
– cambiate le tabelle ministeriali di riferimento per la determinazione del costo del lavoro, coerentemente si è consentito all’impresa di indicare la fruizione di eventuali benefici;
– non vi è stata una modifica dell’offerta, ma solo una rimodulazione dei costi, alla luce di sopravvenienze fattuali.

5. L’appello è fondato.
5.1. Secondo la giurisprudenza di questo Consesso, fermo restando il principio che in un appalto l’offerta, una volta presentata, non è suscettibile di modificazione, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti, considerato che obiettivo della verifica di anomalia è quello di stabilire se l’offerta sia, nel suo complesso, e nel suo importo originario, affidabile o meno, il giudizio di anomalia deve essere complessivo e deve tenere conto di tutti gli elementi, sia quelli che militano a favore, sia quelli che militano contro l’attendibilità dell’offerta nel suo insieme: deve di conseguenza ritenersi possibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e dunque inattendibili, l’impresa dimostri che per converso altre voci di prezzo sono state inizialmente sopravvalutate, e che in relazione alle stesse è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio, che compensa il maggior costo di altre voci (nella specie, si era riconosciuto che il maggior importo di alcune voci del costo della manodopera rispetto a quello indicato dall’impresa potesse essere compensato dal maggior risparmio conseguito sul prezzo dei contratti di fornitura) [Cons. St., sez. VI, 21 maggio 2009 n. 3146; Cons. St., sez. VI, 19 maggio 2000 n. 2908].
Dalla citata giurisprudenza si desume che ciò che si può consentire è:
a) o una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo (rispetto alle giustificazioni già fornite), lasciando le voci di costo invariate;
b) oppure un aggiustamento di singole voci di costo, che trovi il suo fondamento o in sopravvenienze di fatto o normative che comportino una riduzione dei costi, o in originari e comprovati errori di calcolo, o in altre ragioni plausibili.
La giurisprudenza ha infatti precisato che il subprocedimento di giustificazione dell’offerta anomala non è volto a consentire aggiustamenti dell’offerta per così dire in itinere ma mira, al contrario, a verificare la serietà di una offerta consapevolmente già formulata ed immutabile [Cons. St., sez. V, 12 marzo 2009 n. 1451].
Quello che non si può invece consentire è che in sede di giustificazioni vengano apoditticamente rimodulate le voci di costo senza alcuna motivazione, con un’operazione di finanza creativa priva di pezze d’appoggio, al solo scopo di “far quadrare i conti” ossia di assicurarsi che il prezzo complessivo offerto resti immutato e si superino le contestazioni sollevate dalla stazione appaltante su alcune voci di costo.
5.2. Nel caso di specie, l’offerta è rimasta immodificata.
Non risponde al vero la circostanza dedotta con il ricorso di primo grado e ritenuta accertata dal T.a.r., che l’offerta dell’aggiudicataria evidenziasse ab initio un utile negativo.
L’offerta, formulata il 5 giugno 2009, è stata redatta sulla base di tabelle ministeriali del costo del lavoro risalenti a gennaio 2009, anziché delle tabelle aggiornate al 1° giugno 2009.
Sulla scorta del costo del lavoro, determinato in base alle prime tabelle ministeriali, l’offerta evidenziava un utile del 2,69% (pag. 8 relazione EFM del 14 aprile 2010).
La società incaricata della verifica di anomalia, EFM, applicando le nuove tabelle, rideterminava il costo del lavoro, e così operando, rilevava che l’offerta evidenziasse un utile negativo pari a -6,31%.
Sicché l’utile negativo non emergeva dalla originaria formulazione dell’offerta, ma da una rideterminazione dei costi operata dalla stazione appaltante.
Si tratta pertanto della classica situazione in cui all’impresa vanno chieste giustificazioni.
5.3. Né può sostenersi che l’impresa andasse senz’altro esclusa, perché non è dedotto che l’utilizzo di tabelle ministeriali non aggiornate abbia comportato che nel determinare il costo del lavoro l’impresa sia scesa al di sotto dei minimi di legge inderogabili (il che avrebbe giustificato l’esclusione).
5.4. Secondo l’orientamento giurisprudenziale sopra citato, invariata l’offerta nel suo complesso, è possibile giustificarla mediante sopravvenienze normative o fattuali che riducono i costi originariamente preventivati dall’impresa.
E’ quanto si è verificato nel caso di specie, in cui l’impresa ha controdedotto che poteva avvalersi di benefici contributivi e di un congruo sconto da parte di un fornitore.
Tali sopravvenienze sono state adeguatamente vagliate dalla stazione appaltante, con motivazione logica e coerente, immune da errori di fatto, e il ricorso di primo grado non ha fornito adeguati elementi per contestare la veridicità e l’attendibilità delle giustificazioni addotte e ritenute attendibili dalla stazione appaltante.

6. Da quanto esposto consegue l’accoglimento dell’appello e, per l’effetto, il rigetto del ricorso di primo grado.
La complessità delle questioni giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio, per il doppio grado, con riforma, in parte qua, del capo della sentenza di primo grado recante condanna alle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Gabriella De Michele, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
        
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
     
        
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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