Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 2221 | Data di udienza: 22 Febbraio 2012

* RIFIUTI – Impianti di trattamento per rifiuti urbani – determinazione della tariffa di accesso – Esclusione della voce di costo relativa alle royalties – Illegittimità – Art. 10 dir. 31/1999/CE, art. 15 d.lgs. n. 36/2003, art. 29 l.r. Lazio n. 27/1998.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 5 Marzo 2012
Numero: 2221
Data di udienza: 22 Febbraio 2012
Presidente: Politi
Estensore: Perna


Premassima

* RIFIUTI – Impianti di trattamento per rifiuti urbani – determinazione della tariffa di accesso – Esclusione della voce di costo relativa alle royalties – Illegittimità – Art. 10 dir. 31/1999/CE, art. 15 d.lgs. n. 36/2003, art. 29 l.r. Lazio n. 27/1998.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 1^ – 5 marzo 2012, n. 2221


RIFIUTI – Impianti di trattamento per rifiuti urbani – determinazione della tariffa di accesso – Esclusione della voce di costo relativa alle royalties – Illegittimità – Art. 10 dir. 31/1999/CE, art. 15 d.lgs. n. 36/2003, art. 29 l.r. Lazio n. 27/1998.

E’ illegittima la determinazione regionale che, ai fini del calcolo per la determinazione della tariffa di accesso agli impianti di trattamento meccanico biologico per rifiuti urbani, escluda dalle voci di costo le cd. royalties (oneri per know-how e protezioni brevettali), indubbiamente pertinenti all’attività di smaltimento di rifiuti, in tal modo violando i principi ricavabili dall’art. 10 della direttiva 31/1999/CE (relativa alle discariche di rifiuti) e, conseguentemente, dall’art. 15 del d.lgs 13 gennaio 2003, n.36, di attuazione della direttiva medesima oltre che dall’art. 29 della L.R. Lazio9 luglio 1998 n. 27. La chiara indicazione che si trae dalle suddette fonti comunitarie, nazionali e regionali, è infatti quella per cui, a salvaguardia di superiori valori ambientali, i titoli autorizzativi degli impianti di smaltimento dei rifiuti devono essere dotati di una tariffa capace di coprire tutte le voci di costo.


Pres. Politi, Est. Perna – E. s.r.l. (avv. Presutti) c. Regione Lazio (Avv. Stato) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 1^ - 5 marzo 2012, n. 2221

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 1^ – 5 marzo 2012, n. 2221

N. 02221/2012 REG.PROV.COLL.
N. 03757/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3757 del 2009, proposto da:
Società E. Giovi Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Avilio Presutti, con domicilio eletto presso Avilio Presutti in Roma, p.zza San Salvatore in Lauro, 10;

contro

Regione Lazio, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissario Delegato Emergenza Ambientale Regione Lazio, non costituito;

nei confronti di

Azienda Servizi Pubblici Spa, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;

per l’annullamento

nelle parti infra indicate della determinazione della Regione Lazio- Dipartimento Territorio- Direzione Energia e Rifiuti – Area Rifiuti n. B0892 dell’11 marzo 2009, recante determinazione della tariffa di accesso agli impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani denominati “Malagrotta 1 e Malagrotta 2”; della relazione esplicativa facente parte dell’anzidetta determinazione dirigenziale; nonché, occorrendo, del decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale nella Regione. Lazio n. 15 dell’11 marzo 2005 e di ogni altro atto comunque presupposto, connesso o conseguente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2012 il cons. Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con il ricorso in epigrafe, notificato il 5 maggio e depositato l’11 maggio 2009, la società E. Giovi impugna la determinazione dirigenziale n. B0892/2009 con la quale la Regione Lazio ha stabilito la tariffa di accesso agli impianti di trattamento meccanico biologico per rifiuti urbani situati in Roma, località Malagrotta.

Essa rappresenta che tali impianti, denominati Malagrotta l e Malagrotta 2, erano sorti per ottemperare alla disposizione, originariamente contenuta nell’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 22/97 e successivamente ripresa dall’art. 7 del d.lgs. n. 36/03, in base alla quale i “rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento”; il procedimento per la fissazione della tariffa di accesso agli impianti di trattamento e valorizzazione energetica dei rifiuti veniva stabilito dal decreto n. 15/2005 del Commissario delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Lazio.

Attenendosi ad esso, la ricorrente corredava la propria istanza del 21.10.2008 di ogni necessaria giustificazione ed accompagnava il tutto con la prescritta relazione di congruità, redatta da una delle società di revisione indicate dalla Regione Lazio. Il corrispettivo stimato dalla società Giovi per coprire tutti i costi di gestione era pari ad euro 97,59.

La determinazione regionale impugnata ha invece stabilito la minor tariffa di euro 77,904 a tonnellata (nel caso in cui siano trattati rifiuti per un quantitativo massimo annuo di 468.000 tonnellate) ovvero di euro 73,879 a tonnellata (nel caso in cui il quantitativo annuo trattato sia incrementato del 10% rispetto al citato limite).

2. A dire della ricorrente, la determinazione di fissazione della tariffa sarebbe illegittima sotto distinti profili – in particolare in relazione a: costi di smaltimento e collocamento dei materiali; costo dei terreni; oneri per know-how e protezioni brevettali; spese generali – risultando complessivamente violativa dei principi di proporzionalità e logicità nonché del principio desumibile dall’art. 10 della direttiva 31/1999/CE e dall’art. 29 della L.R. 9 luglio 1998 n. 27.

Essa infatti condurrebbe all’assurdo risultato che il costo di accesso dei rifiuti di Roma agli impianti di trattamento in questione sarebbe pressoché identico a quello, imposto tre anni fa in regime commissariale, per l’ingresso nella discarica di Malagrotta del rifiuto “tal quale”, vale a dire per lo smaltimento puro e semplice; inoltre, la tariffa così determinata violerebbe le disposizioni che impongono che il corrispettivo versato agli operatori del settore sia capace di ricomprendere tutti gli oneri sopportati.

3. La ricorrente, pertanto, deducendo “una serie di illegittime decurtazioni o elisioni di altrettante voci di costo” chiede all’adito Giudice di voler “disporre l’annullamento dell’impugnato atto di determinazione nei punti corrispondenti”.

4. Si è costituita la Regione Lazio per resistere al ricorso in epigrafe, chiedendone il rigetto nel merito siccome infondato; con memoria del 1° febbraio 2012 l’Ente ha depositato la “Relazione esplicativa per la determinazione della tariffa massima di accesso agli impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani denominati Malagrotta 1 e Malagrotta 2”, resa dai competenti Uffici, che risulta allegata all’atto impugnato “costituendone parte integrante e sostanziale”.

5. Alla Pubblica Udienza del 22 febbraio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La ricorrente affida il ricorso ad una pluralità di motivi che si dirigono avverso singole e autonome – ancorché connesse – disposizioni della determinazione gravata, con la quale l’Autorità regionale ha esercitato il proprio potere regolatorio in materia di tariffe massime di accesso agli impianti, onde contestarla in parte qua e, in tali limiti, ottenerne l’annullamento.

Le censure, singolarmente e complessivamente considerate, richiedono una piena e autonoma disamina e segnano pertanto, tutte, l’oggetto del presente giudizio; ne consegue che i motivi di ricorso saranno passati in rassegna singolarmente ed integralmente secondo l’ordine impressovi dalla ricorrente, anche in vista dell’effetto conformativo che un’eventuale pronuncia di annullamento verrebbe a spiegare sulla consequenziale attività dell’Autorità in sede di riesercizio del potere.

2. Prima di passare all’esame del merito del gravame, è opportuno un breve cenno al quadro normativo di riferimento per la fissazione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani del Lazio.

2.1 La relativa procedura è stabilita dal decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Lazio 11 marzo 2005, n. 15 (di seguito: “decreto commissariale” o “decreto”), recepito dalla Regione Lazio con Delibera di Giunta Regionale 18 luglio 2008, n. 516 (di seguito: “delibera”).

In premessa (art. 1) il suindicato decreto chiarisce che la procedura per la determinazione delle tariffe “deve essere considerata come parte integrante della più generale procedura di richiesta di autorizzazione all’esercizio di impianti di gestione dei rifiuti urbani”.

Tra gli altri, sono tenuti ad attivare la procedura tutti coloro che presentano richiesta di autorizzazione all’esercizio di nuovi impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani nel territorio regionale (art. 2).

2.2 Per quanto di interesse in questa sede, la procedura è articolata nelle seguenti fasi:

1) dichiarazione a preventivo dei costi di investimento e di gestione operativa e dei dati tecnici relativi agli impianti da parte dei soggetti interessati (artt. 1 e 3);

2) attestazione della congruità dei costi dichiarati da parte di una società di revisione iscritta nell’apposito albo tenuto dalla Consob, scelta dalla Regione Lazio mediante procedura a rotazione, previo confronto con proprie informazioni relative ai costi di costruzione e gestione di impianti analoghi (artt. 1 e 4);

3) istruttoria da parte della Regione della documentazione presentata (dichiarazioni del soggetto interessato e relative relazioni della società di revisione) e determinazione della tariffa di accesso agli impianti (art. 5);

4} dichiarazione a consuntivo dei dati tecnici ed economici, certificata da una società di revisione (art. 6);

5) controllo dell’effettiva corrispondenza tra la dichiarazione presentata a consuntivo e la realtà gestionale operativa (art. 6);

6) (eventuale ) revisione tariffaria (art. 7).

3. Tanto premesso, con il primo motivo di gravame, che concerne la voce di costo “smaltimento e collocamento dei materiali in uscita”, la ricorrente rappresenta di avere indicato l’onere da sostenere per avviare il CDR (combustibile derivato dai rifiuti) prodotto a valorizzazione energetica, nella misura di euro 75 a tonnellata, pari al costo minimo attualmente praticato per l’ingresso agli impianti di termovalorizzazione di Colleferro; il provvedimento impugnato, tuttavia, riconosce la minor somma di euro 53,9 a tonnellata, pari al costo praticato da E.A.L.L. s.r.l. (società del gruppo Acea s.p.a.) per l’accesso all’impianto di termovalorizzazione di San Vittore, alla Società Ambiente Frosinone (gestore pubblico dell’impianto di trattamento di Colfelice).

3.1 L’illegittimità sarebbe evidente sotto diversi profili.

Il prezzo assunto a riferimento dal provvedimento impugnato per la rideterminazione del costo di smaltimento del CDR non sarebbe un prezzo applicabile alla ricorrente e quindi ad essa accessibile, perché l’impianto che lo pratica non sarebbe disponibile dal mercato ma dalla sola SAF, unico cliente che ne assorbirebbe l’intera capacità operativa.

Sotto altro profilo, la determinazione del costo importerebbe anche un’evidente violazione del decreto commissariale 15/2005 giacché questo, per l’ipotesi in cui siano esposti costi difformi da quelli di mercato, non prevede l’inserimento del prezzo più basso in luogo di quello indicato dalla parte ma l’inserimento di un valore pari alla “media dei costi rilevati ( … ) incrementati della media degli scarti positivi dalla stessa” (decreto commissariale 15/2005, punto 5, terzo capoverso).

Infine, vi sarebbe una palese violazione del principio recato dall’art. 10 della direttiva 31/1999/ CE e dall’art. 29 della L.R. 9 luglio 1998 n. 27, in base al quale i titoli autorizzativi degli impianti di smaltimento dei rifiuti devono essere dotati di una tariffa capace di coprire tutte le voci di costo.

3.2 Le censure meritano nel complesso positiva considerazione.

3.3 Riguardo al dato economico dichiarato dalla odierna ricorrente per “smaltimento e collocamento dei materiali in uscita”, complessivamente pari a euro 17.988, la relazione della società di revisione chiariva che “La previsione si riferisce ai costi da sostenere per lo smaltimento del CDR e corrisponde alla valorizzazione della quantità media che si ipotizza di produrre a regime (140.000 t/a), applicando il prezzo corrente praticato dal termovalorizzatore di Colleferro (euro 75/tonn.) franco impianto di produzione”; precisava altresì che “In futuro, nel momento in cui il CDR alimenterà il Gassificatore di Malgrotta e, a regime, si conosceranno i costi di gestione dello stesso, potrebbe richiedersi una rideterminazione tariffaria”.

3.4 A fronte di siffatte indicazioni, nella “Relazione esplicativa per la determinazione della tariffa massima di accesso”, allegata all’atto impugnato, si legge: “Considerata l’indeterminatezza dei costi del Gassificatore di Malagrotta ed il rinvio ai costi di un termovalorizzatore terzo, gli Uffici hanno acquisito i prezzi praticati dalla società EALL di San Vittore al gestore pubblico dell’impianto di Colfelice”. Nella stessa Relazione si precisa “che l’impianto di San Vittore, come quello di Colleferro, beneficia delle agevolazioni derivanti dal CIP6. Nel caso in questione, ferma rimanendo la possibilità di operare a consuntivo una volta determinati i costi sostenuti a tal fine dall’impianto di gassificazione limitrofo, che come gli altri beneficia di CIP6, si ritiene di poter fare riferimento a detto ultimo valore”(pag. 8) .

3.5 Osserva il Collegio che la voce di costo in esame rientra tra quelle di cui alle Tabelle 2 e 3 del decreto commissariale, rispettivamente relative a “Investimenti – principali dati tecnici di riferimento” e “Investimenti – principali dati economici di riferimento”, in entrambe collocandosi sub C3, tra i costi di chiusura, nella voce “Impianto di recupero energetico”. E infatti nel linguaggio comune, gli impianti con tecnologie per il recupero vengono indicati col nome di inceneritori con recupero energetico o, più comunemente, termovalorizzatori.

Orbene, in sede di verifica della congruità dei costi a tal fine dichiarati, la Regione, ritenuta la indeterminatezza dei costi del Gassificatore di Malagrotta e disconosciuto il riferimento della ricorrente ai costi di accesso ad essa applicabili da un termovalorizzatore terzo, riteneva di affidarsi ad un criterio comparativo, vale a dire il costo sostenuto da altro gestore (SAF) per l’accesso a diverso impianto di termovalorizzazione (San Vittore); e ciò faceva, dopo aver instaurato un rapporto di similitudine tra i due impianti di termovalorizzazione in questione – San Vittore e Colleferro – entrambi beneficiari delle agevolazioni derivanti dal CIP6; pertanto, il costo in questione veniva astrattamente determinato sulla base del prezzo praticato da altro impianto ad un gestore terzo.

3.6 Tuttavia, l’adozione di un siffatto criterio non solo non era contemplata da alcuna previsione del suindicato decreto, ma addirittura si poneva in diretto contrasto con il chiaro disposto dell’art. 5, comma 3, che per tutte le ipotesi di difformità dei costi dichiarati da quelli di mercato detta una disposizione generale e indifferenziata: “la Regione ne richiederà i motivi ai soggetti interessati: ove questi ultimi non adducano valide giustificazioni sulle difformità riscontrate, la Regione determinerà la tariffa sulla base della media dei costi rilevati con l’indagine sopra menzionata incrementati della media degli scarti positivi della stessa” (enfasi aggiunta: ndr).

3.7 Ne consegue che, ai fini in esame, il costo da assumere da parte degli Uffici non era quello praticato ad altro gestore da un altro impianto (San Vittore) – il quale si configurava come “terzo” sia riguardo al futuro Gassificatore di Malagrotta sia rispetto al termovalorizzatore di Colleferro, indicato a titolo di necessario riferimento dalla società ricorrente – bensì il costo teorico corrispondente alla media dei costi praticati dagli impianti della Regione, incrementati della media degli scarti positivi della stessa; onde il motivo in rassegna è fondato e il suo accoglimento conduce all’annullamento in parte qua della determinazione impugnata.

4. Con una seconda censura la ricorrente denuncia la violazione dei principi di proporzionalità e logicità nonché dell’art. 10 della direttiva 31/1999/CE e dell’art. 29 della L.R. n. 27/98, in relazione alla decurtazione subita dal costo dei terreni, che nella determinazione impugnata è reso pari al mero valore storico d’acquisto degli stessi, come risultante dai relativi atti (rispettivamente, del 1980 e del 1998) e fissato in euro 2.272.410,36, laddove detto costo avrebbe dovuto invece essere ragguagliato al valore di bilancio. La società denuncia altresì la incongruenza dell’affermazione, contenuta nella “Relazione esplicativa”, secondo la quale il valore delle aree avrebbe dovuto essere stimato facendo riferimento al costo delle aree agricole e non di quelle industriali, poiché, a dire della ricorrente, l’area in questione avrebbe assunto l’attuale destinazione industriale progressivamente, a seguito degli imponenti investimenti infrastrutturali sulla stessa realizzati a servizio della collettività e non per effetto di una mera attività di pianificazione urbanistica.

4.1 Si osserva in proposito che la Giovi determinava il valore del terreno “moltiplicando i mq delle aree coperte ed esterne per il costo medio di mercato dei terreni urbanizzati a destinazione industriale delle zone limitrofe pari a 180 mq”.

4.2 L’autorità regionale, come si legge nella “Relazione esplicativa”, ha considerato che “la destinazione industriale delle aree è conseguenza degli atti di autorizzazione rilasciati. Gli stessi prevedono che per la realizzazione degli interventi, ritenuti urgenti, indifferibili e di pubblica utilità, lo strumento urbanistico, ai sensi dell’art. 27 del D.Lgs. 27/98 (oggi art. 208 del D.Lgs. 152/06) acquisti la nuova destinazione (da agricolo ad industriale)” e che “il costo unitario determinato in base ai contratti forniti è comunque superiore ai costi medi dei terreni agricoli insistenti sul comune di Roma”. Ha pertanto ritenuto che “la stima effettuata dalla società, prendendo a riferimento il costo medio di mercato di terreni a destinazione industriale, non risulta in linea con l’impostazione richiamata nella DGR 516/2008; la valorizzazione riportata nella dichiarazione dei costi, qualora considerata, costituirebbe un indebito riconoscimento conseguendo da una decisione favorevole alla società da parte dell’amministrazione che ha autorizzato gli interventi. Per tale motivo, e in considerazione del valore unitario derivante dai costi richiamati nei contratti depositati, che risulta in ogni caso superiore al valore di mercato, si ritiene di dover rivedere il valore riportato nella dichiarazione considerando gli importi richiamati in questi ultimi ”.

4.3 Alla luce dei dati emergenti dall’istruttoria dei competenti Uffici, il motivo in esame appare suscettibile di accoglimento, sia pure negli stretti limiti di seguito indicati.

4.4 E’ da ritenere, infatti, che la stima effettuata dalla società non trovasse fondamento nelle disposizioni di cui al decreto commissariale e che correttamente l’autorità la rettificava; tuttavia, nemmeno il criterio seguito nell’atto impugnato, vale a dire la determinazione del costo in misura pari all’originario valore di acquisto dei terreni, senza alcun riguardo ad eventuali svalutazioni e rivalutazioni dei beni medio tempore intervenute, appariva sostenuto da una qualche indicazione del ripetuto decreto che, anzi, nel caso di difformità dei costi dichiarati da quelli di mercato, avrebbe nella specie imposto il riferimento alla media dei prezzi di mercato delle aree destinabili all’attività in questione, come corretta dalla media degli scarti (art. 5, comma 2).

4.5 In assenza di specifica prescrizione sulla valorizzazione dei terreni in questione, deve invece ritenersi che – conformemente agli assunti della ricorrente – il costo andasse individuato nel valore iscritto a quella data nel bilancio dell’impresa, quale unico dato idoneo ad esprimere in modo certo ed incontrovertibile il valore contabile del bene alla data corrente, essendo esso il risultato dell’applicazione di norme cogenti e di procedure tipizzate, circondate da numerose e consistenti garanzie.

In tali limiti, il motivo è pertanto fondato e il suo accoglimento comporta l’annullamento in parte qua della determinazione impugnata.

5. Con il terzo mezzo la Giovi deduce di aver sottoposto al vaglio della Regione anche un costo (pari ad euro 1,8 a tonnellata) relativo a oneri per know-how e protezioni brevettali da rifondere a una società che aveva realizzato l’impianto, in esecuzione di un contratto per il quale “l’impianto, fornito realizzato e avviato chiavi in mano, porta in sé know-how e protezioni brevettali il cui compenso verrà determinato successivamente anche in riferimento alla quantificazione che di detto valore verrà riconosciuta dall’Ente pubblico in sede di determinazione tariffaria”.

L’anzidetto importo (denominato royalties) è stato tuttavia depennato dalla determinazione regionale perché una tale voce non sarebbe prevista dal decreto commissariale n. 15/2005. La ricorrente deduce la violazione dello stesso decreto e delle disposizioni, comunitarie e regionali, delle quali esso costituisce applicazione (in particolare l’art. 29 della L.R. 27/1998 e l’art. 10 della direttiva 31/ 1999/ CE).

5.1 Le censure sono meritevoli di adesione.

5.2 Con riferimento alle royalties, nella relazione della società di revisione si affermava che “La voce non è esplicitamente prevista negli standard della tabella regionale per la determinazione dei costi della gestione operativa. La sua ammissibilità pertanto, sebbene rifletta rilevanti condizioni contrattuali con terzi, parrebbe, da una lettura formale della norma, incerta”.

5.3 Coerentemente, come emerge dalla “Relazione esplicativa”, “Gli Uffici hanno ritenuto detta voce non ammissibile in quanto non prevista tra quelle richiamate nelle tabelle di riferimento”, e pertanto il valore indicato dalla società ricorrente è stato portato a zero.

5.4 La soluzione seguita dall’Ente desta tuttavia perplessità perché essa illogicamente esclude dal calcolo per la determinazione della tariffa di accesso una voce di costo che esiste e risulta pertinente all’attività di smaltimento dei rifiuti, in tal modo violando i principi ricavabili dall’art. 10 della direttiva 31/1999/CE (relativa alle discariche di rifiuti) e, conseguentemente, dall’art. 15 del d.lgs 13 gennaio 2003, n.36, di attuazione della direttiva medesima oltre che dall’art. 29 della L.R. 9 luglio 1998 n. 27.

A norma dell’art. 10 della direttiva n. 31/1999, infatti, “Gli Stati membri adottano misure affinché tutti i costi derivanti dall’impianto e dall’esercizio delle discariche, nonché, per quanto possibile, quelli connessi alla costituzione della garanzia finanziaria o del suo equivalente di cui all’articolo 8, lettera a), punto iv), e i costi stimati di chiusura nonché di gestione successiva alla chiusura per un periodo di almeno trenta anni siano coperti dal prezzo applicato dal gestore per lo smaltimento di qualsiasi tipo di rifiuti”. Per l’art. 15 del decreto legislativo n. 36/2003, “Il prezzo corrispettivo per lo smaltimento in discarica deve coprire i costi di realizzazione e di esercizio dell’impianto, i costi sostenuti per la prestazione della garanzia finanziaria ed i costi stimati di chiusura, nonché i costi di gestione successiva alla chiusura per un periodo pari a quello indicato all’art. 10 comma 1, lettera i)”.

Infine, ai sensi dell’art. 29, comma 2, della legge regionale n. 27/1998, “Il provvedimento di autorizzazione all’esercizio degli impianti e delle discariche di cui al comma 1 deve contenere, tra l’altro, la determinazione delle tariffe e della quota percentuale della tariffa dovuta dagli eventuali comuni utenti al soggetto gestore dell’impianto o della discarica a favore del comune sede dell’impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa tra il dieci ed il venti per cento della tariffa.”

5.5 La chiara indicazione che si trae dalle suddette fonti comunitarie, nazionali e regionali, è quella per cui, a salvaguardia di superiori valori ambientali, i titoli autorizzativi degli impianti di smaltimento dei rifiuti devono essere dotati di una tariffa capace di coprire tutte le voci di costo.

Se così è, allora la lettura del decreto n. 15/2005, che fissa i criteri per la quantificazione della tariffa, non può che accedere ad una opzione estensiva delle voci di costo in esso contemplate, sì da ricomprendervi anche quegli oneri, esistenti, certi nell’ammontare e pertinenti all’attività di smaltimento, che non siano espressamente previsti nel suddetto decreto e che pur tuttavia siano riconducibili, per natura, ad una delle voci in esso censite.

5.6 Nel caso di specie, controvertendosi in materia di spese per know-how e brevetti acquisiti da terzi (che non sono altro che beni di terzi), il relativo costo era sussumibile sotto il codice E B8 della tabella 5, del decreto, quale “costo per godimento di beni di terzi”. L’avere escluso la voce in questione dal computo finale della tariffa per il solo fatto che essa non fosse nominativamente inclusa nelle tabelle del decreto commissariale ha comportato pertanto l’illegittimità, in parte qua, della determinazione, per violazione delle fonti normative sopra richiamate.

Il motivo è dunque fondato e il suo accoglimento determina l’annullamento, per la corrispondente parte, della determinazione gravata.

6. Con l’ultimo motivo, infine, la ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della voce “spese generali”, per la quale la “Relazione esplicativa” delle determinazione gravata stabilisce un importo pari a zero, a fronte dell’importo di euro 17.551 dichiarato dalla Giovi; deduce che nel decreto commissariale la misura delle spese generali è fissata in un massimo del 15% dell’importo dei lavori (come stabilito dal d.p.r. 554/99), e che queste operano solo per i nuovi impianti; essendo gli impianti della società ricorrente nuovi impianti, illegittimamente l’atto impugnato avrebbe disconosciuto gli importi a tale titolo dichiarati.

6.1 Le censure sono prive di pregio.

6.2 La società di revisione evidenziava che “La società ha inoltre determinato le spese generali per 17.551 migliaia di euro pari al 15% del totale degli investimenti…”.

6.3 Dalla “Relazione esplicativa” risulta che “Gli uffici, esaminato il documento allegato al Decreto n. 15//2005, e preso atto che l’investimento risulta, allo stato, interamente realizzato, hanno ritenuto di non considerare detta voce. La voce risulta, infatti, inserita al fine di garantire la copertura dei costi per gli interventi ancora da realizzare per i quali non è possibile determinare con certezza l’importo da sostenere”

6.4 Il criterio seguito dall’Amministrazione, come esplicitato nel riportato stralcio della relazione,

risulta coerente con le previsioni del decreto commissariale in tema di spese generali, che si collocano all’ultimo paragrafo del punto 9.3.2 “Calcolo degli ammortamenti”, in calce alla “Tabella 3: Investimenti – valori economici”.

E, invero, dall’esame del menzionato paragrafo le spese generali risultano una voce avente connotazione residuale, diversa e ulteriore rispetto al costo sia dei beni materiali connessi alla costruzione dell’impianto oggetto di autorizzazione, sia dei beni già esistenti al momento della richiesta di autorizzazione, sia, infine, delle attrezzature removibili.

Quella delle spese generali pertanto è una voce che si ottiene per differenza – sottraendo dal complesso degli investimenti tecnici ammortizzabili le voci di costo sopra indicate – e che esprime i costi per interventi in fase di realizzazione, cui corrisponde una spesa non definibile con certezza ex ante.

Nel caso di specie, invece, la ricorrente pretendeva di indicare a tale titolo un costo riferito ad un investimento interamente realizzato, e quindi esattamente quantificabile nell’ammontare e rientrante nelle altre categorie di beni ammortizzabili, e pertanto correttamente gli Uffici pervenivano alla rettifica in esame.

7. Per le considerazioni complessivamente svolte, il ricorso è in parte fondato e deve essere accolto nei limiti e nei sensi di cui in motivazione (parr. 3.7, 4.5 e 5.6) , con conseguente annullamento in parte qua della determinazione impugnata ed obbligo dell’Amministrazione intimata di riesercitare il potere di determinazione della tariffa conformemente ai principi e criteri enucleati con la presente decisione.

8. La difficoltà e il tecnicismo delle questioni trattate possono costituire giusta causa di compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

– accoglie il ricorso, nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla in parte qua l’atto impugnato;

– compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere
Rosa Perna, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
  
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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