Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Internet e reati informatici Numero: 8555 | Data di udienza: 18 Novembre 2011

* DIRITTO DELL’INTERNET – Reati informatici – Danneggiamento di dati informatici – Manomissione ed alterazione dello stato di un computer – Cancellazione di files – Reato ex art. 635 bis cod. pen. – Configurabilità – Fattispecie – Artt. 61 n. 11 e 624 c.p. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Perizia tecnica – Mezzo di prova neutro – Mancato espletamento – Irrilevanza – Discrezionalità del giudice.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 5 Marzo 2012
Numero: 8555
Data di udienza: 18 Novembre 2011
Presidente: Grassi
Estensore: Bruno


Premassima

* DIRITTO DELL’INTERNET – Reati informatici – Danneggiamento di dati informatici – Manomissione ed alterazione dello stato di un computer – Cancellazione di files – Reato ex art. 635 bis cod. pen. – Configurabilità – Fattispecie – Artt. 61 n. 11 e 624 c.p. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Perizia tecnica – Mezzo di prova neutro – Mancato espletamento – Irrilevanza – Discrezionalità del giudice.



Massima

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.5^ 5 marzo 2012 (UD. 18/11/2011), Sentenza n. 8555 

DIRITTO DELL’INTERNET – Reati informatici – Danneggiamento di dati informatici – Manomissione ed alterazione dello stato di un computer – Cancellazione di files – Reato ex art. 635 bis cod. pen. – Configurabilità – Fattispecie – Artt. 61 n. 11 e 624 c.p..
 
Il reato di danneggiamento di dati informatici previsto dall’art. 635 bis cod. pen. deve ritenersi integrato anche quando la manomissione ed alterazione dello stato di un computer sono rimediabili soltanto attraverso un intervento recuperatorio postumo comunque non reintegrativo dell’originaria configurazione dell’ambiente di lavoro. In questa ipotesi, si tratta, comunque, di attività produttiva di danno, in quanto il recupero, ove possibile, comporta oneri di spesa o, comunque, l’impiego di unità di tempo lavorativo. Nella specie, il dipendente di una ditta cancellava volontariamente, mediante l’apposito comando (e dunque senza determinare la definitiva rimozione dei dati), un rilevante numero di file, impossessandosi di diversi cd rom contenenti i back-up, sottraendoli al titolare della ditta. 
 
(conferma sentenza della Corte di Appello di Catania a conferma della sentenza dl 27/11/2009 del Trib. di Catania Sez. Dist. Mascalucia) Pres. A. Grassi, Rel. P. A. Bruno
 
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Perizia tecnica – Mezzo di prova neutro – Mancato espletamento – Irrilevanza – Discrezionalità del giudice.
 
In materia processuale penale, il mancato espletamento di perizia tecnica non rileva, in quanto la perizia è mezzo di prova notoriamente neutro, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, sicché non può, per definizione, avere carattere di decisività (Cass. sez. 4, 221.2007, n. 14130).
 
(conferma sentenza della Corte di Appello di Catania a conferma della sentenza dl 27/11/2009 del Trib. di Catania Sez. Dist. Mascalucia) Pres. A. Grassi, Rel. P. A. Bruno

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.5^ 5 marzo 2012 (UD. 18/11/2011), Sentenza n. 8555

SENTENZA

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Omissis
 
ha pronunciato la seguente:
 SENTENZA
 Omissis
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Catania confermava la sentenza del 27 novembre 2009 con la quale il Tribunale di quella stessa città-sezione distaccata di Mascalucia aveva dichiarato Spina Roberto colpevole dei reati a lui ascritti (ai sensi degli artt. 61 n. 11 e 635 bis c.p. per avere cancellato, nella qualità di dipendente della ditta individuale Giuseppe Spina, una gran quantità di dati dall’hard disch del personal computer della sua postazione di lavoro ed ai sensi degli artt. 61 n. 11 e 624 c.p. per essersi impossessato di diversi cd rom contenenti i back-up successivi al 25.6.2004, sottraendoli al titolare della ditta Senna Giuseppe) e, per l’effetto, ritenuta la continuazione e con la concessione delle attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, nonché al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile, oltre consequenziali statuizioni di legge.
 
Avverso la pronuncia anzidetta, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva. 
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
 
1. – Il primo motivo d’impugnazione denuncia violazione dell’art. 606 lett. b) in relazione all’art. 635 bis c.p., sul rilievo dell’insussistenza degli estremi del contestato reato, specie alla luce della testimonianza del tecnico informatico Cimino Alberto, che aveva riferito che dopo la cancellazione i dati informatici erano stati recuperati. Contesta inoltre la valutazione dei giudici di merito in ordine alla natura dei dati cancellati, alla data dell’operazione ed al tipo di programma utilizzato per il recupero dei dati.
 
Il secondo motivo deduce violazione dello stesso art. 606 lett. e) sotto il profilo dell’apprezzamento delle risultanze di causa, segnatamente in punto di ascrivibilità del fatto all’imputato, che aveva avuto luogo sulla base di dati meramente congetturali.
 
Con i motivi nuovi parte ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 lett. b) e c) in relazione all’art. 635 bis c.p.. Contesta, in proposito, che l’affermazione di responsabilità sia stata affidata alle risultanze di una operazione tecnica affidata a persona di dubbia competenza, il Cimino Alberto, peraltro effettuata senza il contraddittorio tra le parti/benché irripetibile.
 
Il secondo motivo lamenta la mancata effettuazione di apposta perizia tecnica.
 
2. – La prima censura dubita della sussistenza degli estremi del reato ipotizzato (danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici). La ratio della doglianza risiede nell’assunto secondo cui, essendo stati recuperati i files cancellati, in esito all’intervento di un tecnico di fiducia della ditta interessata, non ricorrerebbe la fattispecie delittuosa, che postulerebbe, in una delle alternative prospettazioni, la cancellazione in senso di definitiva rimozione dei dati cancellati dalla memoria del computer.
 
La censura è destituita di fondamento, sia in linea astratta, che con riferimento alle peculiarità della fattispecie concreta.
 
Prendendo le mosse dalla dimensione fattuale, è vero che dall’istruttoria dibattimentale, attraverso l’escussione del teste che, su incarico della ditta, aveva effettuato l’operazione di recupero, risultava l’effettivo salvataggio dei files cancellati, ma è pur vero che il tecnico aveva riferito di non avere aperto gli stessi e che, solo in esito alla loro apertura, se ne sarebbe potuta verificare l’integrità. 
 
Dall’escussione di altri testi era, poi, emerso che, inutilmente, se ne era tentata l’apertura, in quanto buona parte dei files erano irrecuperabili.
 
Senonché, anche dal punto di vista meramente formale, il rilievo difensivo è infondato, in quanto il lemma cancella che figura nel dettato normativo non può essere inteso nel suo precipuo significato semantico, rappresentativo di irrecuperabile elisione, ma nella specifica accezione tecnica recepita dal dettato normativo, notoriamente introdotto in sede di ratifica di convenzione europea in tema di criminalità informatica (con legge 23 dicembre 1993, n. 547). Ebbene, nel gergo informatico l’operazione della cancellazione consiste nella rimozione da un certo ambiente di determinati dati, in via provvisoria attraverso il loro spostamento nell’apposito cestino o in via “definitiva” mediante il successivo svuotamento dello stesso. L’uso dell’inciso per evidenziare il termine “definitiva” è dovuto al fatto che neppure tale operazione può definirsi davvero tale, in quanto anche dopo lo svuotamento del cestino i files cancellati possono essere recuperati, ma solo attraverso una complessa procedura tecnica che richiede l’uso di particolari sistemi applicativi e presuppone specifiche conoscenze nel campo dell’informatica. Di talché, sembra corretto ritenere conforme allo spirito della disposizione normativa che anche la cancellazione, che non escluda la possibilità di recupero se non con l’uso — anche dispendioso — di particolari procedure, integri gli estremi oggettivi della fattispecie delittuosa. Il danneggiamento che é presupposto della previsione sostanziale, sottospecie del genus rappresentato dal reato di danneggiamento di cui all’art. 635 c.p., deve intendersi integrato dalla manomissione ed alterazione dello stato del computer, rimediabili solo con postumo intervento recuperatorio, e comunque non reintegrativo dell’originariaa configurazione dell’ambiente di lavoro.
 
Si tratta, dunque, di attività produttiva di danno, in quanto il recupero, ove possibile, comporta oneri di spesa o, comunque, l’impiego di unità di tempo lavorativo.
 
Nel caso di specie, oltretutto, non mancava neppure la componente del danneggiamento in senso fisico, in quanto i files in buona parte recuperati non potevano più essere aperti e, quindi, erano definitivamente perduti, segno evidente che la cancellazione era avvenuta con l’uso di apposito sistema di sovrascrittura.
 
La seconda censura, relativa alla riferibilità del fatto all’imputato é inammissibile, in quanto meramente reiterativa di questione già prospettata in sede di appello, in ordine alla quale la risposta del giudice a quo non può ritenersi carente od opinabile. L’ascrivibilità soggettiva non può ritenersi frutto di gratuite congetture, tenuto conto delle indirette ammissioni dello stesso imputato (che ha riferito delle forti tensioni esistenti nella realtà di lavoro e del particolare risentimento da parte sua, che lo avevano indotto alle dimissioni), dell’accertata manomissione del suo computer e, soprattutto del fatto, che l’irrecuperabilità di alcuni files “salvati” era dovuta anche all’apposizione di password, che soltanto lo Spina conosceva.
 
Il primo dei motivi nuovi dedotti dalla difesa non é pertinente, in quanto, nel caso di specie, non si è trattato di indagine tecnica disposta dall’autorità o dalla p.g. che avrebbe comportato il rispetto delle garanzie di difesa, ma di incarico conferito dalla ditta danneggiata ad un tecnico di fiducia perché procedesse al tentativo di recupero dei files cancellati.
 
Del mancato espletamento di perizia tecnica, oggetto del secondo motivo, il ricorrente non ha ragione di dolersi, posto che la perizia è mezzo di prova notoriamente neutro, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, sicché non può, per definizione, avere carattere di decisività (cfr. Cass. sez. 4, 221.2007, n. 14130, rv.236191).
 
3. — Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. 
 
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 novembre 2011.

 

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