Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto sanitario Numero: 6319 | Data di udienza: 13 Giugno 2012
* DIRITTO SANITARIO – Misure di sostegno finanziario – Obbligo in capo allo Stato – Compatibilità ed equilibrio fra spesa sostenibile e qualità e quantità del servizio da erogare alla collettività – Regola indefettibile – Applicabilità anche al settore farmaceutico.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ quater
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 11 Luglio 2012
Numero: 6319
Data di udienza: 13 Giugno 2012
Presidente: Riggio
Estensore: Ferrari


Premassima

* DIRITTO SANITARIO – Misure di sostegno finanziario – Obbligo in capo allo Stato – Compatibilità ed equilibrio fra spesa sostenibile e qualità e quantità del servizio da erogare alla collettività – Regola indefettibile – Applicabilità anche al settore farmaceutico.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ quater – 11 luglio 2012, n. 6319

 

DIRITTO SANITARIO – Misure di sostegno finanziario – Obbligo in capo allo Stato – Compatibilità ed equilibrio fra spesa sostenibile e qualità e quantità del servizio da erogare alla collettività – Regola indefettibile – Applicabilità anche al settore farmaceutico.

 

Il settore sanitario è uno dei tanti settori di spiccato rilievo sociale nei quali lo Stato è costituzionalmente obbligato ad intervenire anche con misure di sostegno finanziario che pesano sul suo bilancio, equamente distribuendole fra gli stessi sulla base di una comparazione dei relativi bisogni riservata all’esclusiva e responsabile valutazione del legislatore e della competente Amministrazione, ma con il limite costituito dalle risorse finanziarie in atto disponibili per la copertura della relativa spesa; la sede in cui queste vengono accertate, quantificate e distribuite fra i settori interessati è il bilancio di previsione dello Stato, le cui prescrizioni costituiscono un limite invalicabile e il cui superamento, qualunque siano le cause che lo hanno determinato (aumento della richiesta da parte dell’utenza, lievitazione dei costi afferenti le prestazioni dovute, abusi, ecc.), rende doverosi interventi correttivi immediati, che s’impongono a tutti coloro che, a diverso titolo, sono presenti nello specifico settore (utenti, strutture operative, fornitori di prestazioni); pertanto, la necessità di assicurare compatibilità ed equilibrio fra spesa sostenibile e qualità e quantità del servizio da erogare alla collettività costituisce regola indefettibile, in quanto dettata a tutela dell’interesse generale, a fronte del quale l’interesse del privato (sia esso utente o fornitore del servizio) deve ritenersi, nei limiti della ragionevolezza, recessivo; questa regola s’impone anche per il settore sanitario, in esso ricomprendendo naturalmente anche il servizio farmaceutico, che è fra quelli che più pesano sul bilancio dello Stato, con continui aumenti della spesa conseguenti, in non trascurabile parte, a carenze nella gestione del servizio pubblico, specie nella parte affidata alla mano privata, e alla mancanza di adeguati controlli.

 

Pres. Riggio, Est. Ferrari – Federfarma Friuli Venezia Giulia – Unione Regionale Titolari di Farmacia del Friuli Venezia Giulia, (avv.ti Luciani ed altro) c. AIFA ed altro.


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ quater – 11 luglio 2012, n. 6319

SENTENZA

 

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ quater – 11 luglio 2012, n. 6319

 

N. 06319/2012 REG.PROV.COLL.

N. 07790/2011 REG.RIC.
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Terza Quater)
 
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 7790 del 2011, proposto da Federfarma Friuli Venezia Giulia – Unione Regionale Titolari di Farmacia del Friuli Venezia Giulia, Federfarma – Federazione Nazionale Unitaria dei Titolari di Farmacia Italiani, ciascuna in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, dalla dott.ssa Alessandra Forgiarini, titolare di farmacia, tutte rappresentate e difese dall’avv.ti Massimo Luciani e Michele Sartoretti e con questi elettivamente domiciliate presso lo studio dell’avv. Massimo Luciani in Roma, via Bocca di leone n. 78, 
 
contro
 
l’Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, in persona del Presidente pro tempore, il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, sono per legge domiciliati, 
 
la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Crucili e con questi elettivamente domiciliata in Roma, P.zza Colonna n. 355, presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione, 
per l’annullamento
 
della nota della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia n. 21798 del 7 dicembre 2010, recante “legge 30 luglio 2010, n. 122. Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. Applicazione dell’art. 11, comma 6”, nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e coordinato, anteriore e conseguente, conosciuto e non conosciuto, e della determinazione del Direttore Generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco di cui alla nota del 26 novembre 2010, avente ad oggetto “Interpretazione art. 11, comma 6, d.l. n. 78 del 2010”, nonché di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, successivo e/o comunque connesso e, in particolare, della nota del Ministero dell’economia e delle finanze n. 23392 del 12 ottobre 2010 e dei precedenti pareri del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato n. 75775 dell’8 settembre 2010 e dell’Ufficio Legislativo del Ministero dell’economia e delle finanze del 15 settembre 2010 (prot. 279/12200).
 
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, del Ministero della salute e del Ministero dell’economia e delle finanze;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 13 giugno 2012 il Consigliere Giulia Ferrari; uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
 
FATTO
 
1. Con ricorso straordinario al Capo dello Stato, trasposto in data 28 settembre 2011 in sede giurisdizionale a seguito di opposizione ex artt. 48, comma 1, c.p.a. e 10, comma 1, d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, parte ricorrente ha impugnato la nota della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia n. 21798 del 7 dicembre 2010, recante “legge 30 luglio 2010, n. 122. Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. Applicazione dell’art. 11, comma 6” e, quale atto presupposto, la determinazione del Direttore Generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco del 26 novembre 2010, avente ad oggetto “Interpretazione art. 11, comma 6, d.l. n. 78 del 2010”, nonché i pareri ministeriali in essa richiamati.
 
Premette che l’interpretazione prospettata dall’AIFA attiene alle modalità applicative dello sconto dell’1,82%. L’Agenzia afferma che a tutte le farmacie (con esclusione di quelle rurali sussidiate con fatturato annuo in regime di Servizio sanitario nazionale, al netto dell’imposta sul valore aggiunto non superiore ad € 387.324,67 e di quelle con fatturato annuo in regime di Servizio sanitario nazionale al netto dell’imposta sul valore aggiunto non superiore ad € 258.228,45) verrebbe applicato dal Servizio sanitario nazionale un ulteriore sconto dell’1,82 per cento sul prezzo di vendita al pubblico (in aggiunta a quelli già esistenti) non solo in riferimento alle ricette riguardanti i farmaci di fascia A (cioè i farmaci essenziali e quelli per le malattie croniche, rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale), così come previsto dal combinato disposto dell’art. 48, comma 32, d.l. n. 269 del 2003 e dell’art. 1, comma 40, l. n. 662 del 1996, ma anche alle ricette riguardanti l’ossigeno terapeutico e i farmaci cd. generici.
 
Con nota n. 21798 del 7 dicembre 2010, recante “L. 30 luglio 2010, n. 122. Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competività economica. Applicazione dell’art. 11, comma 6 – Farmacie”, la Regione Friuli Venezia Giulia ha aderito acriticamente all’interpretazione proposta dall’AIFA, con la conseguenza che a tutte le farmacie della Regione si applica l’ulteriore sconto dell’1,82% sul prezzo di vendita al pubblico.
 
2. Avverso la nota regionale, la nota dell’AIFA ed i pareri ministeriali sopra specificati parte ricorrente è insorta deducendo censure di incompetenza, violazione di legge e di eccesso di potere sotto diversi profili, con particolare riguardo alla erronea interpretazione dell’art. 11, comma 6, d.l. 31 maggio 2010, n. 78.
 
3. Si sono costituiti in giudizio, ma senza svolgere alcuna attività difensiva, l’Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e delle finanze.
 
4. In data 9 giugno 2012 si è costituita in giudizio la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
5. All’udienza del 13 giugno 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
 
DIRITTO
 
1. Come esposto in narrativa, con ricorso straordinario al Capo dello Stato, successivamente trasposto in sede giurisdizionale, è stata impugnata la nota della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia n. 21798 del 7 dicembre 2010, recante “legge 30 luglio 2010, n. 122. Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. Applicazione dell’art. 11, comma 6” e, quale atto presupposto, la determinazione del Direttore Generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco del 26 novembre 2010, avente ad oggetto “Interpretazione art. 11, comma 6, d.l. n. 78 del 2010”, nonché ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, successivo e/o comunque connesso e, in particolare, della nota del Ministero dell’economia e delle finanze n. 23392 del 12 ottobre 2010 e dei precedenti pareri del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato n. 75775 dell’8 settembre 2010 e dell’Ufficio Legislativo del Ministero dell’economia e delle finanze del 15 settembre 2010 (prot. 279/12200).
 
Preliminarmente il Collegio rileva che in data 9 giugno 2012 si è costituita in giudizio la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, la quale ha depositato memoria e documentazione. Il Collegio non considererà né la documentazione né la memoria versata in atti dalla Regione, perché prodotti oltre i termini di quaranta e trenta giorni previsti dall’art. 73, comma 1, c.p.a..
 
Ancora in via preliminare il Collegio rileva il difetto di legittimazione passiva del Ministero della salute, non essendo allo stesso riconducibile né la determina impugnata né i pareri alla stessa presupposti. Il Ministero della salute deve dunque essere estromesso dal giudizio.
Il Collegio ritiene invece di poter prescindere dal porsi d’ufficio la questione relativa alla tardività della trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al Capo dello Stato a seguito di atto di opposizione della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia., essendo il ricorso infondato nel merito.
 
2. Il primo motivo di ricorso, con il quale si afferma che non rientra nei poteri dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) l’interpretazione delle fonti primarie, non può essere condiviso.
 
E’ ben vero che l’interpretazione autentica delle norme di legge può essere resa solo dal Legislatore. E’ peraltro assolutamente legittimo che l’organo amministrativo competente in una materia disciplinata da una legge fornisca agli operatori del settore (nella specie, alla Regione e alle farmacie e, per esse, alle loro Federazioni regionali) quello che a suo avviso ne è il corretto ambito di applicazione.
 
3. Con il secondo motivo, parte ricorrente contesta l’erronea interpretazione data dell’art. 11, comma 6, d.l. n. 78 del 2010. Tanto deduce dalla circostanza che la norma espressamente prevede che “resta fermo quanto previsto dall’art. 48, comma 32, d.l. 30 settembre 2003, n. 269”, disposizione, quest’ultima, che esclude dallo sconto dovuto dai farmacisti al Servizio Sanitario Nazionale “l’ossigeno terapeutico e i farmaci, siano essi specialità o generici, che abbiano un prezzo corrispondente a quello di rimborso”.
 
Anche tale censura non è suscettibile di positiva valutazione.
L’art. 11, comma 6, d.l. n. 78 del 2010, nel testo vigente nel novembre 2010, prevedeva, nella parte di interesse, che “il Servizio Sanitario Nazionale, nel procedere alla corresponsione alle farmacie di quanto dovuto, trattiene ad ulteriore titolo di sconto, fermo restando quanto previsto dall’art. 48, comma 32, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, una quota pari all’1,82% sul prezzo di vendita al pubblico al netto dell’imposta sul valore aggiunto”.
L’art. 48, comma 32, d.l. n. 269 del 2003 determina l’ambito di applicazione dello sconto dovuto dai farmacisti al Servizio Sanitario Nazionale in base all’art. 1, comma 40, l. 23 dicembre 1996, n. 662.
 
Già il tenore letterale della norma conferma la correttezza dell’interpretazione che della stessa è stata data dall’AIFA. Il Legislatore ha cioè disposto che il nuovo sconto si aggiunga (“fermo restando”) e non si sostituisca a quello previsto dall’art. 48, comma 32, d.l. n. 269 del 2003, senza peraltro fare alcun riferimento a limiti oggettivi per esso previsti, con l’ovvia conseguenza che il nuovo sconto si estende senza eccezioni a tutti i medicinali, ivi compresi l’ossigeno terapeutico e i farmaci in precedenza esonerati. Aggiungasi che lo stesso comma 6, nell’alinea successivo a quello in esame, espressamente individua i casi (soggettivi) nei quali lo sconto non si applica, id est “le farmacie rurali sussidiate con fatturato annuo in regime di Servizio sanitario nazionale, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, non superiore a euro 387.324,67 e le altre farmacie con fatturato annuo in regime di Servizio sanitario nazionale, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, non superiore a euro 258.228,45”.
 
Aggiungasi ancora, ad ulteriore riprova della correttezza dell’interpretazione che della norma ha offerto l’AIFA, che la relazione al comma 6 dell’art. 11, d.l. n. 78 del 2010 ha chiarito che “la disposizione, nel rideterminare le quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico delle specialità medicinali di classe a), prevede che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) nel procedere alla corresponsione alle farmacie di quanto dovuto, trattenga ad ulteriore titolo di sconto, rispetto a quanto già previsto dalla vigente normativa, una quota pari al 3,65% sul prezzo di vendita al pubblico al netto IVA”. Con l’uso della locuzione “rispetto a quanto già previsto dalla vigente normativa” si è inteso chiarire che il nuovo sconto, applicato a tutti i medicinali (senza eccezione alcuna), si aggiunge a quello precedentemente introdotto con l’art. 48, comma 32, d.l. n. 269 del 2003.
 
Questa conclusione trova conferma anche ripercorrendo le diverse tappe della disposizione in esame e le modifiche che la stessa ha subito nel tempo.
 
Il comma 6 dell’art. 11, d.l. n. 78 del 2010 è stato infatti, in parte qua, modificato dall’art. 2, comma 36, d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito dalla l. 26 febbraio 2011, n. 10, inserendo la locuzione “rispetto a quanto già previsto dalla vigente normativa”. Il comma 6 prevede ora, nella parte di interesse, che “A decorrere dal 31 maggio 2010 il Servizio Sanitario Nazionale, nel procedere alla corresponsione alle farmacie di quanto dovuto, trattiene ad ulteriore titolo di sconto, rispetto a quanto già previsto dalla vigente normativa, una quota pari all’1,82% sul prezzo di vendita al pubblico al netto dell’imposta sul valore aggiunto”.
 
Tale novella ha recepito l’emendamento proposto dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, che aveva chiesto di sostituire le parole “fermo restando quanto previsto dall’art. 48, comma 32, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326” con le parole “rispetto a quanto già previsto dalla vigente normativa”, al dichiarato scopo di “consentire l’applicazione dello sconto dell’1,82% a favore del Servizio Sanitario Regionale su tutti i medicinali erogati dalle farmacie in regime convenzionale”.
 
L’eliminazione del richiamo all’art. 48, comma 32, d.l. n. 269 del 2003 – e, dunque, all’esclusione dell’applicazione dello sconto, dovuto dai farmacisti al Servizio Sanitario Nazionale, all’ossigeno terapeutico e ai farmaci, siano essi specialità o generici, che abbiano un prezzo corrispondente a quello di rimborso – dissipa qualsiasi dubbio in ordine alla portata generale del nuovo sconto dell’1,82% introdotto dall’art. 11, comma 6, d.l. n. 78 del 2010.
 
Importante è il riferimento, contenuto nella novella introdotta dall’art. 2, comma 36, d.l. n. 225 del 2010, alla data del 31 maggio 2010, e ciò per due ordini di motivi. In primo luogo perché tale data è quella di entrata in vigore del d.l. n. 78 del 2010, con la conseguenza che appare evidente come il comma 36 dell’art. 2, d.l. n. 225 del 2010 abbia in parte qua una portata interpretativa piuttosto che innovativa, scontrandosi in tale ultima ipotesi con l’efficacia retroattiva della disposizione; in secondo luogo perché chiarisce che lo sconto – ridotto dalla misura del 3,65% prevista dall’art. 11, comma 6, prima della conversione in legge del decreto legge a quella dell’1,82%, introdotta dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122 – si applica non dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (31 luglio 2010), ma da quella dell’entrata in vigore del decreto legge (31 maggio 2010, appunto).
 
4. Va parimenti disattesa la prima censura dedotta con il quarto motivo di ricorso.
E’ sufficiente sul punto ricordare che la nota regionale si è limitata, in parte qua, a far conoscere la determinazione assunta dall’AIFA in ordine alla corretta applicazione da dare all’art. 11, comma 6, d.l. n. 78 del 2010, con la conseguenza che la stessa non ha portata innovativa. La natura da attribuire alla nota della Regione Lazio comporta che la stessa alcuna motivazione doveva contenere, essendo sufficiente il richiamo alla determinazione AIFA che ha inteso portare a conoscenza dei destinatari.
 
5. Priva di pregio è altresì la seconda censura, anch’essa dedotta con il quarto motivo di ricorso.
 
Una volta chiarita (sub 3) l’effettiva portata dell’art. 11, comma 6, d.l. n. 78 del 2010, è evidente che la scelta di far ricadere sui farmacisti una parte del costo del Servizio Sanitario Nazionale, imponendo un ulteriore sconto obbligatorio sui farmaci, va ricondotta al legislatore e non certo all’AIFA, che si è limitata a chiarire, nella nota impugnata, il dettato normativo. Segue da ciò che parte ricorrente avrebbe dovuto al più sollevare la questione di legittimità costituzionale del cit. comma 6 dell’art. 11 per violazione del diritto alla salute (art. 32 Cost.) e alla libera attività imprenditoriale (art. 41 Cost.) sul rilievo che una siffatta pressione sui titolari di farmacia rischierebbe di compromettere il sistema capillare di esercizi distribuiti sull’intero territorio nazionale sulla base della pianta organica farmaceutica.
 
Ma parte ricorrente non solo non ha sollevato tale eccezione, ma ha addirittura affermato che la scelta così grave di ridurre i margini di redditività delle farmacie dovrebbe risultare necessariamente da previsioni normative inequivoche. Ritiene il Collegio che tale scelta è stata introdotta dal d.l. n. 78 del 2010 con una disposizione di inequivoca portata che l’AIFA si è limitata – seppure ce ne fosse stato bisogno – ad interpretare.
 
Preme peraltro precisare, per completezza espositiva, che la norma in questione, di cui il Collegio potrebbe sollevare d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dinanzi al giudice delle leggi ove ne ravvisasse i presupposti della rilevanza e della non manifesta infondatezza, non sembra violare i principi costituzionalmente garantiti della salute e della libera attività di impresa.
In via preliminare alcune considerazioni appaiono necessarie al fine di ricondurre la materia del contendere nei confini entro i quali è esperibile il sindacato del giudice amministrativo.
 
Come già evidenziato dalla Sezione (cfr. sentt. 7 maggio 2012, n. 4076; 8 febbraio 2011, n. 1239) il settore sanitario è uno dei tanti settori di spiccato rilievo sociale nei quali lo Stato è costituzionalmente obbligato ad intervenire anche con misure di sostegno finanziario che pesano sul suo bilancio, equamente distribuendole fra gli stessi sulla base di una comparazione dei relativi bisogni riservata all’esclusiva e responsabile valutazione del legislatore e della competente Amministrazione, ma con il limite costituito dalle risorse finanziarie in atto disponibili per la copertura della relativa spesa.
 
La sede in cui queste vengono accertate, quantificate e distribuite fra i settori interessati è il bilancio di previsione dello Stato, le cui prescrizioni costituiscono un limite invalicabile e il cui superamento, qualunque siano le cause che lo hanno determinato (aumento della richiesta da parte dell’utenza, lievitazione dei costi afferenti le prestazioni dovute, abusi, ecc.), rende doverosi interventi correttivi immediati, che s’impongono a tutti coloro che, a diverso titolo, sono presenti nello specifico settore (utenti, strutture operative, fornitori di prestazioni).
La necessità di assicurare compatibilità ed equilibrio fra spesa sostenibile e qualità e quantità del servizio da erogare alla collettività costituisce infatti regola indefettibile, in quanto dettata a tutela dell’interesse generale, a fronte del quale l’interesse del privato (sia esso utente o fornitore del servizio) deve ritenersi, nei limiti della ragionevolezza, recessivo.
 
Questa regola s’impone anche per il settore sanitario, in esso ricomprendendo naturalmente anche il servizio farmaceutico, che è fra quelli che più pesano sul bilancio dello Stato, con continui aumenti della spesa conseguenti, in non trascurabile parte, a carenze nella gestione del servizio pubblico, specie nella parte affidata alla mano privata, e alla mancanza di adeguati controlli.
 
La stessa Corte costituzionale è più volte intervenuta per verificare la conformità a Costituzione di alcune imposizioni nel settore sanitario che, per contenere la spesa pubblica, hanno finito per incidere sull’iniziativa economica imprenditoriale.
 
Il giudice delle leggi (28 luglio 1995, n. 416), nel valutare le linee fondamentali del sistema sanitario, ha da tempo sottolineato l’importanza del collegamento tra responsabilità e spesa, evidenziando come l’autonomia dei vari soggetti ed organi operanti nel settore debba essere correlata alle disponibilità finanziarie e non possa prescindere dalla scarsità delle risorse e dalle esigenze di risanamento del bilancio nazionale. In particolare, la Corte (23 luglio 1992, n. 356) ha ribadito che “non è pensabile poter spendere senza limite avendo riguardo soltanto ai bisogni quale ne sia la gravità e l’urgenza; è viceversa la spesa a dover essere commisurata alle effettive disponibilità finanziarie, le quali condizionano la quantità ed il livello delle prestazioni sanitarie, da determinarsi previa valutazione delle priorità e delle compatibilità e tenuto ovviamente conto delle fondamentali esigenze connesse alla tutela del diritto alla salute, certamente non compromesse con le misure ora in esame”.
Detta linea interpretativa è, d’altra parte, la sola che consente il raggiungimento dell’obiettivo di carattere primario e fondamentale del settore sanitario, che è la garanzia di quella che la sentenza n. 509 del 20 novembre 2000 della Corte costituzionale chiama “nucleo irriducibile” del diritto alla salute; obiettivo che non può essere giammai disgiunto dal completo controllo della spesa, programmata e suddivisa tra i diversi soggetti erogatori, grazie alla fissazione di volumi massimi delle prestazioni erogabili (Corte cost. 2 aprile 2009, n. 94) o, come nel caso all’esame del Collegio, di limiti massimi alla spesa farmaceutica mediante la riduzione imposta del prezzo dei medicinali.
 
Di qui la possibilità, rectius, la necessità di intervenire con determinazioni di carattere autoritativo e vincolante, e non concordato e convenzionale, per la fissazione del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario per singola istituzione o per gruppi di istituzioni, nonché per la determinazione dei preventivi annuali delle prestazioni. (Cons. Stato, Ad. Plen., 3 marzo 2008, n. 1; id., sez. V, 19 novembre 2009, n. 7236; id. 25 gennaio 2002, n. 418). Il carattere autoritativo e vincolante delle determinazioni in tema di limiti delle spese sanitarie esprime infatti la necessità che l’attività dei vari soggetti operanti nel relativo sistema si svolga nell’ambito di una pianificazione finanziaria (Cons.Stato, Ad. plen., 12 aprile 2012, n. 3), tendente a garantire la corretta gestione delle limitate risorse disponibili (Cons. Stato, sez. V, 25 gennaio 2002, n. 418).
 
Segue da ciò che dette determinazioni sono espressione di un potere discrezionale che, per la sua necessaria ampiezza, concede solo spazi limitatissimi per gli interventi annullatori e/o correttivi del giudice della legittimità, dovendo esso bilanciare interessi diversi e confliggenti, quali quelli al contenimento della spesa, quelli relativi alla pretesa degli assistiti a prestazioni sanitarie adeguate, quelli degli operatori privati, che ancora ritengono di potersi muovere anche nel sistema sanitario pubblico con la logica imprenditoriale usuale nel libero mercato, quelli dell’efficienza delle strutture pubbliche che costituiscono un pilastro del sistema sanitario nazionale, con conseguente necessità per i pubblici poteri di accentuare in una determinata fase storica l’esigenza di contenimento della spesa ed in un’altra l’esigenza di rafforzamento della tutela sanitaria, essendo l’atto in esame quello che condiziona l’esercizio del diritto sociale alla salute, compatibilizzandolo con il suo costo parimenti sociale.
L’intervento normativo del 2010 risulta giustificato alla stregua delle previsioni del secondo e del terzo comma della norma costituzionale. Il secondo e terzo comma dell’art. 41 Cost., come è noto, pongono limiti alla libertà di iniziativa economica privata stabilendo che non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale (o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana) e prevedendo altresì che il Legislatore possa indirizzare e coordinare l’attività economica privata a fini sociali mediante la predisposizione di programmi e controlli. Ciò non significa, ovviamente, che il fine sociale possa sostituire il calcolo economico come criterio direttivo per l’attività di impresa, ma sta ad indicare che quando vi siano specifici obiettivi da perseguire e la necessità di tutelare bisogni sociali aventi pari o superiore rilievo costituzionale rispetto all’autonomia di mercato, il Legislatore ben può intervenire sulle attività imprenditoriali, riducendo il margine di autonomia delle imprese ed indirizzando quindi l’attività economica a fini sociali.
 
Nella fattispecie, non vi è dubbio che l’ulteriore sconto sui farmaci, che grava sui titolari di farmacie, è giustificata da ragioni finanziarie, non potendo lo Stato far fronte all’incremento della spesa farmaceutica, ma anche da ragioni di grande rilievo sociale – tutela della salute pubblica – atteso che, in mancanza di sufficienti disponibilità economiche per far fronte alla spesa per i farmaci, se non fosse stato chiesto alle imprese farmaceutiche prima e ai farmacisti poi di ridurre il margine dei loro profitti, l’intervento finanziario sarebbe ricaduto sui soggetti più deboli, e cioè i cittadini che avevano bisogno dell’assistenza sanitaria, come era accaduto in precedenza con l’introduzione di quote di compartecipazione alla spesa per i farmaci, con la riduzione delle prestazioni sanitarie erogate, e così via.
 
La scelta del Legislatore appare dunque improntata alla tutela dei soggetti più deboli e risulta quindi giustificata, sotto questo profilo, alla stregua della previsione dell’art. 3, comma 2, Cost..
 
6. Il ricorso deve pertanto essere respinto.
 
7. In considerazione della novità della questione oggetto della controversia appare equo disporre la compensazione tra le parti costituite delle spese e degli onorari del giudizio.

P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa estromissione dal giudizio del Ministero della salute, lo respinge.
Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
Italo Riggio, Presidente
Maria Luisa De Leoni, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore
 
 
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

 

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