Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 25361 | Data di udienza: 30 Maggio 2012

* DIRITTO URBANISTICO – Assenza di titolo abilitativo – Prescrizione – Decorrenza dei termine – Principio del favor rei – Conformità delle opere – Violazioni della normativa urbanistica – Soggetti perseguibili e responsabilità – Titolare del permesso di costruire – Committente, costruttore e  direttore dei lavori – Proprietario dell’area edificata abusivamente –  Responsabilità e limiti – Artt. 29, 44, lett. c), 93, 94 e 95 d.P.R. n.380/01.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 27 Giugno 2012
Numero: 25361
Data di udienza: 30 Maggio 2012
Presidente: Petti
Estensore: Ramacci


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Assenza di titolo abilitativo – Prescrizione – Decorrenza dei termine – Principio del favor rei – Conformità delle opere – Violazioni della normativa urbanistica – Soggetti perseguibili e responsabilità – Titolare del permesso di costruire – Committente, costruttore e  direttore dei lavori – Proprietario dell’area edificata abusivamente –  Responsabilità e limiti – Artt. 29, 44, lett. c), 93, 94 e 95 d.P.R. n.380/01.



Massima

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 27 giugno 2012 (Ud. 30/05/2012) Sentenza n.  25361

DIRITTO URBANISTICO – Assenza di titolo abilitativo – Prescrizione – Decorrenza dei termine – Principio del favor rei Artt. 44, lett. c), 93, 94 e 95 d.P.R. n.380/01.
 
Pur ritenendosi effettivamente applicabile il principio del “favor rei” nel senso che, nel dubbio sulla data di decorrenza dei termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all’imputato, tale termine va applicato solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma tale incertezza deve in qualche modo risultare da dati obiettivamente valutabili e non può essere fondata su mere asserzioni dell’imputato, specie nel caso in cui, come nella fattispecie, queste vengano formulate in modo del tutto apodittico e generico.

(conferma sentenza n. 1324/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del 09/05/2011) Pres. Petti, Est. Ramacci, Ric. Raneri
 

DIRITTO URBANISTICO – Conformità delle opere – Violazioni della normativa urbanistica – Soggetti perseguibili e responsabilità – Titolare del permesso di costruire – Committente, costruttore e  direttore dei lavori – Proprietario dell’area edificata abusivamente –  Responsabilità e limiti – Art. 29, d.P.R. n.380/01.
 
Il d.P.R. n.380/01 individua nell’articolo 29, alcuni soggetti che sono ritenuti perseguibili per eventuali violazioni della normativa urbanistica. Tali soggetti, indicati nel titolare dei permesso di costruire, nel committente e nel costruttore, sono ritenuti responsabili della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano e, unitamente al direttore dei lavori, a quelle del permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo, anche se si è giunti alla conclusione che i reati urbanistici siano per lo più reati comuni, salvo alcune eccezioni e, in quanto tali, possono essere commessi da qualsiasi soggetto (Cass. Sez. III n. 8407, 28/02/2007; Cass. Sez. III n. 47083, 19/12/2007). Sicché, tra le figure contemplate dall’articolo 29 del TU dell’edilizia, quelle del titolare del permesso di costruire, del committente e del proprietario dell’area possono, in alcuni casi, essere in tutto o in parte sovrapponibili, nel senso che le diverse qualificazioni di titolare del permesso, committente e proprietario dell’area edificata abusivamente possono riguardare la stessa persona, ma ciò non sempre avviene, tanto è vero che la figura del proprietario (o comproprietario) dell’area, non formalmente committente, ha impegnato in più occasioni la giurisprudenza penale, portandola, come è noto, ad escludere che la responsabilità del proprietario dell’area abusivamente edificata possa essere ricondotta alla violazione di un generico dovere di controllo e che debba essere accertata sulla base di indizi precisi e concordanti. Inoltre, la comprovata proprietà di terzi dell’immobile o dell’area interessata dai lavori consenta di escludere la responsabilità di altri soggetti.
(conferma sentenza n. 1324/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del 09/05/2011) Pres. Petti, Est. Ramacci, Ric. Raneri

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 27 giugno 2012 (Ud. 30/05/2012) Sentenza n. 25361

SENTENZA

 

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. CIRO PETTI                                  – Presidente 
Dott. SILVIO AMORESANO                   – Consigliere 
Dott. LUIGI MARINI                                   – Consigliere 
Dott. LUCA RAMACCI                          – Consigliere  Rel.
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere 
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da RANERI GAETANO N. IL 10/06/1959
avverso la sentenza n. 1324/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del 09/05/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. M. che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 9 maggio 2011, la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza in data 22.10.2009 del Tribunale di Catania – Sezione Distaccata di Giarre appellata da Gaetano RANERI, riconoscendolo responsabile dei reati di cui agli artt. 44, lettera c), 93, 94 e 95 d.P.R. n.380/01 per la realizzazione, in assenza di titolo abilitativo, di un manufatto di mq. 56 con copertura a due falde con sovrastanti tegole portoghesi.
 
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.
 
2. Con un primo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione e la violazione di legge, rilevando che la Corte territoriale non avrebbe tenuto in considerazione il fatto che egli non era proprietario dell’immobile interessato dai lavori abusivi, del quale ha invece la esclusiva proprietà la figlia, come documentato dall’atto di compravendita e che il suo coinvolgimento era stato determinato dall’aver assistito la donna all’atto del controllo da parte della polizia locale.
 
Lamenta, dunque, che i giudici del gravame non avrebbero sufficientemente motivato sul punto, limitandosi ad osservare che l’atto di compravendita non dimostrava l’estraneità al reato.
 
3. Con un secondo motivo di ricorso rileva che, all’esito del dibattimento, non sarebbe emersa alcuna certezza circa la data di commissione del reato e che, a fronte di tale incertezza, il giudice avrebbe dovuto ritenerlo comunque prescritto in ragione del principio del favor rei.
 
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso é inammissibile.
 
Occorre preliminarmente osservare che la Corte territoriale, richiamando l’esito dell’istruzione dibattimentale svolta durante il giudizio di primo grado, ha descritto natura e consistenza degli interventi eseguiti ed evidenziato che la documentata proprietà dell’immobile da parte di altro soggetto non assume rilievo ai fini della individuazione dell’effettivo esecutore dell’opera.
 
A fronte di tale affermazione, il ricorrente articola le proprie deduzioni in ricorso quasi esclusivamente in fatto, lamentando che i giudici del gravame avrebbero dovuto giungere a diverse conclusioni a fronte della produzione documentale offerta alla loro attenzione.
 
Le considerazioni svolte dalla Corte territoriale, ancorché in modo estremamente sintetico, appaiono tuttavia corrette.
 
Il ricorrente aveva incentrato la sua difesa sul fatto di non essere proprietario dell’immobile interessato dagli interventi abusivi, ma tale condizione, come giustamente rilevato dalla Corte territoriale, non è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità per il reato urbanistico.
 
Il d.P.R. n.380/01 individua infatti, nell’articolo 29, alcuni soggetti che sono ritenuti perseguibili per eventuali violazioni della normativa urbanistica.
 
Tali soggetti, indicati nel titolare del permesso di costruire, nel committente e nel costruttore, sono ritenuti responsabili della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano e, unitamente al direttore dei lavori, a quelle del permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo, anche se si è giunti alla conclusione che i reati urbanistici siano per lo più reati comuni, salvo alcune eccezioni e, in quanto tali, possono essere commessi da qualsiasi soggetto (cfr. Sez. III n. 8407, 28 febbraio 2007; Sez. III n. 47083, 19 dicembre 2007).
 
Vero è che, tra le figure contemplate dall’articolo 29 del TU dell’edilizia, quelle del titolare del permesso di costruire, del committente e del proprietario dell’area possono, in alcuni casi, essere in tutto o in parte sovrapponibili, nel senso che le diverse qualificazioni di titolare del permesso, committente e proprietario dell’area edificata abusivamente possono riguardare la stessa persona, ma ciò non sempre avviene, tanto è vero che la figura del proprietario (o comproprietario) dell’area, non formalmente committente, ha impegnato in più occasioni la giurisprudenza penale, portandola, come è noto, ad escludere che la responsabilità del proprietario dell’area abusivamente edificata possa essere ricondotta alla violazione di un generico dovere di controllo e che debba essere accertata sulla base di indizi precisi e concordanti.
 
E’ pertanto del tutto corretto affermare, come ha fatto la Corte territoriale, che la comprovata proprietà di terzi dell’immobile o dell’area interessata dai lavori consenta di escludere la responsabilità di altri soggetti.
 
Nella fattispecie, il giudice di prime cure aveva individuato l’odierno ricorrente come responsabile degli interventi abusivi.
 
Nessuna censura può quindi muoversi, sul punto, alla decisione impugnata.
 
5. A conclusioni analoghe deve pervenirsi anche con riferimento alla questione concernente la prescrizione dei reati.
 
Con affermazione del tutto apodittica il ricorrente sostiene infatti che, non essendo emersa nel dibattimento, con assoluta certezza, la data di commissione del reato e potendosi la stessa collocare in data certamente antecedente a quella dell’accertamento, i giudici del gravame avrebbero dovuto dichiarare prescritti i reati.
 
Ciò posto, deve rilevarsi che pur ritenendosi effettivamente applicabile il principio del “favor rei” nel senso che, nel dubbio sulla data di decorrenza dei termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all’imputato, tale termine va applicato solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma tale incertezza deve in qualche modo risultare da dati obiettivamente valutabili e non può essere fondata su mere asserzioni dell’imputato, specie nel caso in cui, come nella fattispecie, queste vengano formulate in modo del tutto apodittico e generico.
 
Il giudice del merito ha evidentemente escluso ogni incertezza sulla data dalla quale calcolare l’inizio della decorrenza del termine prescrizionaie, individuandola in quella dell’accertamento, senza che dal provvedimento impugnato risultino evidenti contraddizioni o salti logici che consentano di ritenere censurabile in questa sede di legittimità la valutazione dei dati fattuali posti alla base di tele convincimento.
 
5. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso il 30.5.2012
 
 

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