Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico Numero: 44903 | Data di udienza: 17 Ottobre 2012

* ACQUE – INQUINAMENTO IDRICO – Scarico industriale – Autorizzazione scaduta – Configurabilità del reato – Condotta non inquinante – Ininfluenza – Artt. 124 e 137 c.1 D. L.vo n. 152/2006DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Oneri del ricorrente – Articolazione del ricorso – Giudice di legittimità – Esame diretto – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 16 Novembre 2012
Numero: 44903
Data di udienza: 17 Ottobre 2012
Presidente: Mannino
Estensore: Orilia


Premassima

* ACQUE – INQUINAMENTO IDRICO – Scarico industriale – Autorizzazione scaduta – Configurabilità del reato – Condotta non inquinante – Ininfluenza – Artt. 124 e 137 c.1 D. L.vo n. 152/2006DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Oneri del ricorrente – Articolazione del ricorso – Giudice di legittimità – Esame diretto – Esclusione.



Massima

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 16 Novembre 2012 (Ud. 17/10/2012) Sentenza n. 44903

ACQUE – INQUINAMENTO IDRICO – Scarico industriale – Autorizzazione scaduta – Configurabilità del reato – Condotta non inquinante – Ininfluenza – Artt. 124 e 137 c.1 D. L.vo n. 152/2006.
 
La gestione di uno scarico di acque dopo la scadenza dell’autorizzazione integra il reato di scarico di acque industriali senza autorizzazione (Cass. Sez.3, dep. 21/04/2011 – Cc. 16/03/2011 Sentenza n. 16054). Sicché, ai fini della configurazione del reato di cui al primo comma dell’art. 137 del Decreto Legislativo 3.4.2006 n. 152, non rileva né il pericolo di inquinamento nè l’asserita condotta non inquinante (il cui elemento costitutivo è il mero scarico di acque reflue industriali mentre la pericolosità delle sostanze costituisce una aggravante del reato).
 
(conferma sentenza n. 3314/2011 TRIBUNALE di MILANO, del 22/09/2011) Pres. Mannino, Est. Orilia, Ric. Sandri
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Oneri del ricorrente – Articolazione del ricorso – Giudice di legittimità – Esame diretto – Esclusione.
 
In tema di ricorso per cassazione, è onere del ricorrente, che lamenti l’omessa o travisata valutazione di specifici atti processuali, provvedere alla trascrizione in ricorso dell’integrale contenuto degli atti medesimi, nei limiti di quanto già dedotto, perché di essi è precluso al giudice di legittimità l’esame diretto, a meno che il “fumus” del vizio non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6112 12/02/2009; Cass.Sez. 1, Ordinanza n. 20344 dep. 14/06/2006).
 
(conferma sentenza n. 3314/2011 TRIBUNALE di MILANO, del 22/09/2011) Pres. Mannino, Est. Orilia, Ric. Sandri
 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 16 Novembre 2012 (Ud. 17/10/2012) Sentenza n. 44903

SENTENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
 
Dott. SAVERIO FELICE MANNINO – Presidente
Dott. RENATO GRILLO – Consigliere
Dott. SILVIO AMORESANO – Consigliere
Dott. GUICLA MULLIRI – Consigliere
Dott. LORENZO ORILIA – Consigliere Rel. 
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da SANDRI MARCO N. IL 20/02/1944
avverso la sentenza n. 3314/2011 TRIBUNALE di MILANO, del 22/09/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/10/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vincenzo Gerace che ha concluso per il rigetto del ricorso.
 
Ritenuto in fatto
 
1. Con sentenza del 22.9.2011 il Tribunale di Milano ha condannato Sandri Marco al pagamento della somma di C. 5.000,00 di ammenda ritenendolo colpevole del reato di cui agli artt. 124 e 137 comma primo del DLGS 3.4.2006 n. 152 (per avere effettuato, quale legale rappresentante di un’impresa esercente assemblaggio di manufatti in argento per conto terzi, scarico di acque reflue in Impianto fognario in assenza di rinnovo della precedente autorizzazione scaduta).
 
Ha osservato il Tribunale che l’imputato non ha contestato il fatto e che l’autorizzazione scaduta equivale alla sua mancanza ai fini della sussistenza del reato.
 
2 L’imputato ha proposto personalmente impugnazione contro la decisione deducendo quattro censure.
 
Considerato in diritto
 
1. L’impugnazione avverso una sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda e come tale inappellabile (art. 593 comma 3 cpp) va senz’altro qualificata come ricorso per cassazione per il principio del favor impugnationis e di conservazione degli atti processuali (art. 568 cpp). Nel caso di specie, quindi, il ricorso contro la sentenza del Tribunale di Milano proposto direttamente dall’imputato deve intendersi diretto a questa Corte.
 
Con la prima censura – che denunzia sostanzialmente un vizio motivazionale – lamenta il Sandri che il primo giudice non ha motivato “su buona parte delle doglianze difensive proposte dalla difesa in pubblica udienza e con la memoria e le conclusioni depositate all’udienza del 7.7.2011”. Addebita altresì al giudice di merito di non avere argomentato sull’osservazione secondo cui il mancato rinnovo dell’autorizzazione non viene tassativamente descritto come condotta penalmente rilevante (in quanto la norma punisce soltanto chi apra o effettui nuovi scarichi oppure chi continui ad effettuare e mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata); e ciò a differenza di quanto previsto dalla previgente normativa. Rileva poi che il proprio scarico non era inquinante.
 
La censura è manifestamente infondata.
 
Questa Corte ha già affermato che integra il reato di scarico di acque industriali senza autorizzazione la gestione di uno scarico di acque dopo la scadenza dell’autorizzazione (cass. Sez. 3, Sentenza n. 16054 del 16/03/2011 Cc. dep. 21/04/2011) e oggi non vi è alcuna ragione che possa indurre il Collegio a discostarsi dal detto principio dl diritto.
 
Quanto al pericolo di inquinamento e all’asserita condotta non inquinante, è sufficiente ricordare l’irrilevanza di tale aspetto ai fini della configurazione del reato di cui al primo comma dell’art. 137 del DLGS 3.4.2006 n. 152 (il cui elemento costitutivo è il mero scarico di acque reflue industriali mentre la pericolosità delle sostanze costituisce una aggravante del reato).
 
Non merita pertanto nessuna censura la sentenza impugnata che – equiparando la autorizzazione scaduta alla mancanza di autorizzazione – ha fatto applicazione di tale principio attraverso un percorso argomentativo logico e quindi incensurabile in questa sede.
 
2. Con una seconda censura il Sandri deduce la mancata motivazione sulla dedotta sussistenza di errore scusabile (dimenticanza in considerazione dei molteplici adempimenti sempre rispettati e del mancato richiamo della normativa prevista sul
rinnovo delle autorizzazioni).
 
Anche tale censura è manifestamente infondata.
 
Dall’impugnata sentenza (nella parte relativa alla trascrizione delle conclusioni delle parti) risulta solo che l’imputato aveva chiesto l’assoluzione ritenendo trattarsi di illecito amministrativo. Non vi è alcun accenno alla richiesta di assoluzione per errore incolpevole.
 
Sarebbe stato pertanto onere del ricorrente riportare esattamente le conclusioni per consentire alla Corte di Cassazione di prendere cognizione dell’eventuale omessa motivazione sulle conclusioni rassegnate all’udienza del 7.7.2011.
 
Infatti, in tema di ricorso per cassazione, è onere del ricorrente, che lamenti l’omessa o travisata valutazione di specifici atti processuali, provvedere alla trascrizione in ricorso dell’integrale contenuto degli atti medesimi, nei limiti di quanto già dedotto, perché di essi è precluso al giudice di legittimità l’esame diretto, a meno che il “fumus” del vizio non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sez. 1, Sentenza n. 6112 del 22/01/2009 Ud. dep. 12/02/2009; Sez. 1, Ordinanza n. 20344 del 18/05/2006 Cc. dep. 14/06/2006).
 
Le considerazioni svolte nel ricorso per cassazione non hanno dunque alcun rilievo al fini della ammissibilità del motivo.
 
3. Il terzo motivo è inammissibile perché investe censure sulla determinazione della pena, cioè sulla valutazione che spetta discrezionalmente al giudice di merito il quale, peraltro ha congruamente motivato nel concedere all’imputato le attenuanti generiche e nell’applicazione della sanzione pecuniaria facendo riferimento alla non particolare gravità del fatto (artt. 132 e 133 cp): nessun sindacato dunque è consentito a questa Corte.
 
4. Infine, è inammissibile per manifesta infondatezza anche il quarto ed ultimo motivo con cui si lamenta il mancato esame della richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena che – a dire del ricorrente – sarebbe stata avanzata con le conclusioni scritte depositate all’udienza del 7.7.2011.
 
Anche in tal caso rileva la Corte che dalle conclusioni riportate nell’impugnata sentenza non si rinviene nessuna richiesta di benefici di legge: valgono pertanto le stesse considerazioni svolte nell’esame del secondo motivo a cui si fa senz’altro rinvio per evidenti ragioni di sintesi espositiva.
 
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. 
 
Così deciso in Roma, il 17.10.2012.
 

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