Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Appalti Numero: 1925 | Data di udienza: 20 Marzo 2013

* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Servizio idrico – Abrogazione referendaria dell’art. 23-bis del d.l. n. 112/2008 e declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4, d.l. n. 138/2011 – Conseguenze – Scelta dell’ente locale sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali – Criteri – Servizi pubblici locali – Società in house – Controllo analogo – Nozione – Pluralità di soci pubblici – Esercizio congiunto del controllo.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 11 Aprile 2013
Numero: 1925
Data di udienza: 20 Marzo 2013
Presidente: Mastrocola
Estensore: Russo


Premassima

* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Servizio idrico – Abrogazione referendaria dell’art. 23-bis del d.l. n. 112/2008 e declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4, d.l. n. 138/2011 – Conseguenze – Scelta dell’ente locale sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali – Criteri – Servizi pubblici locali – Società in house – Controllo analogo – Nozione – Pluralità di soci pubblici – Esercizio congiunto del controllo.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 1^ – 11 aprile 2013, n. 1925


ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Servizio idrico – Abrogazione referendaria dell’art. 23-bis del d.l. n. 112/2008 e declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4, d.l. n. 138/2011 – Conseguenze – Scelta dell’ente locale sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali – Criteri.

Stante l’abrogazione referendaria dell’art. 23-bis d.l. n. 112/2008 (cfr. Corte cost. 26 gennaio 2011 n. 24) e la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4, d.l. n. 138/2011 (Corte cost. 20 luglio 2012 n.199), è venuto meno il principio, con tali disposizioni perseguito, della eccezionalità del modello in house per la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Si applica invece la disciplina comunitaria sui presupposti e condizioni per l’utilizzo della società in house (Cons. Stato, Sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762). Può pertanto ritenersi  che la scelta dell’ente locale sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali, e in particolare la opzione tra modello in house e ricorso al mercato, debba basarsi sui consueti parametri di esercizio delle scelte discrezionali, vale a dire: valutazione comparativa di tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti, individuazione del modello più efficiente ed economico, adeguata istruttoria e motivazione.


Pres. Mastrocola, Est. Russo – G. s.p.a. (avv.ti Satta, Romano e Abbamonte) c. Comune di Vitulano (avv. Zacchia)

 

APPALTI – ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Servizi pubblici locali – Società in house – Controllo analogo – Nozione – Pluralità di soci pubblici – Esercizio congiunto del controllo.

Il “controllo analogo” del soggetto pubblico sulla società in house costituisce un “potere assoluto” di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività del soggetto controllato, che si estende nel complesso sui più importanti atti di gestione di quest’ultimo, tale da configurare un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di delegazione interorganica (cfr. Commissione europea, nota del 26 giugno 2002). Nello specifico, esso deve comportare un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni più importanti e può essere attuato con poteri di direttiva, di nomina e revoca degli amministratori e con poteri di vigilanza ed ispettivi (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 25 gennaio 2005 n. 168; sez. V, 11 maggio 2007 n. 2334). In caso di pluralità di soci pubblici, il controllo analogo può essere attuato in modo congiunto, mediante deliberazione, eventualmente assunta a maggioranza. Quando più autorità pubbliche, nella loro veste di amministrazioni aggiudicatrici, istituiscono in comune un’entità incaricata di adempiere compiti di servizio pubblico ad esse spettanti, oppure quando un’autorità pubblica aderisce ad un’entità siffatta, la condizione per essere dispensate dall’obbligo di avviare una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico – ossia che le stesse devono esercitare congiuntamente sull’entità in questione un controllo analogo a quello svolto sui propri servizi – è infatti soddisfatta qualora ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale sia agli organi direttivi dell’entità suddetta (C. giust. UE, sez. III, 29 novembre 2012 C-182-11 e 183-11, Econord s.p.a.).


Pres. Mastrocola, Est. Russo – G. s.p.a. (avv.ti Satta, Romano e Abbamonte) c. Comune di Vitulano (avv. Zacchia)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 1^ - 11 aprile 2013, n. 1925

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 1^ – 11 aprile 2013, n. 1925

N. 01925/2013 REG.PROV.COLL.
N. 03849/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3849 del 2012, proposto da:
Ge.Se.Sa. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t. ing. Paolo Patrizi, rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Satta, Anna Romano e Andrea Abbamonte, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Napoli, alla via Melisurgo, 4;

contro

Comune di Vitulano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Alessia Zacchia, con domicilio eletto in Napoli, alla via G. Orsini, 30, presso lo studio dell’avv. Simona Scatola;

nei confronti di

Consorzio Acque Bacini Idrologici Beneventani (C.A.B.I.B.), in persona del legale rappresentante p.t. dott. Angelo Aceto, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Giuliano, con domicilio eletto in Napoli, alla via Morgantini, 3, presso lo studio dell’avv. Bruno Mantovani;

per l’annullamento

della deliberazione del Consiglio comunale di Vitulano n.11 del 14 giugno 2012 con cui l’ente locale ha aderito al Consorzio Acque Bacini Idrologici Beneventani per la gestione del servizio idrico integrato.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Vitulano e del Consorzio Acque Bacini Idrologici Beneventani (C.A.B.I.B.);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2013 il dott. Pierluigi Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con l’atto introduttivo del giudizio, notificato in data 27 luglio 2012 e depositato il 7 settembre 2012, la Gestione Servizi Sannio (Ge.Se.Sa.) S.p.a., società mista pubblico-privata, ha premesso che, su ricorso del Consorzio Acque Bacini Idrologici Beneventani (C.A.B.I.B.), questo T.A.R. Campania, Sezione I, con sentenza n.9468 del 28.7.2008, ha annullato la delibera con cui il Consiglio comunale di Vitulano le aveva affidato la gestione del servizio idrico integrato. La ricorrente ha esposto di aver continuato a gestire in via provvisoria il servizio nelle more delle oscillanti determinazioni dell’ente locale, che:

– in un primo momento (deliberazione n.3 del 15.4.2009), decideva di indire una gara, senza tuttavia adottare gli atti consequenziali;

– poi stabiliva di assumere la gestione diretta del servizio (deliberazione n.2 del 23.1.2012);

– successivamente optava nuovamente per l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica (deliberazione n.6 del 6.3.2012), ma anche stavolta non attuava il deliberato;

– infine, disponeva (in data 14.6.2012) di aderire al Consorzio Acque Bacini Idrologici Beneventani per assicurare la gestione in forma associata del servizio idrico integrato.

Avverso quest’ultima determinazione, reputata lesiva del proprio interesse a partecipare ad una procedura di gara pubblica onde conseguire l’affidamento del predetto servizio pubblico locale, GE.SE.SA. S.p.a. ha proposto il ricorso in trattazione, chiedendone l’annullamento sulla base dei seguenti motivi:

1-3) carenza di motivazione circa la mancata indizione di una gara pubblica per l’individuazione del gestore del servizio pubblico – contraddittorietà dell’azione amministrativa;

4) mancanza dei requisiti del controllo analogo e dell’attività prevalente per l’affidamento in house – violazione e falsa applicazione degli artt. 150 e 154 d.lgs. 152/2006, del D.M. 1.8.1996, della l. 28.9.2001, n.448 e della l. 23.12.2009, n.191 – eccesso di potere per carenza di istruttoria, erroneità dei presupposti e sviamento.

Si è costituito in resistenza il Comune di Vitulano, che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’azione, per difetto di legittimazione ad agire e carenza di interesse, concludendo comunque con richiesta di reiezione della domanda anche nel merito per l’infondatezza delle censure dedotte.

Si è costituito in giudizio anche l’intimato Consorzio Acque Bacini Idrologici Beneventani, che ha anch’esso sollevato analoghe questioni in rito circa la carenza delle condizioni dell’azione e chiesto il rigetto del gravame.

Con successiva memoria la ricorrente ha replicato alle eccezioni opposte ex adverso, insistendo per l’accoglimento della domanda.

Le parti resistenti hanno depositato memorie difensive e documenti a sostegno della legittimità dell’azione amministrativa in contestazione.

Alla pubblica udienza del 20 marzo 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. E’ controversa la legittimità della deliberazione (n.11 del 14.6.2012) con cui il Consiglio comunale di Vitulano (BN) ha aderito al Consorzio Acque Bacini Idrologici Beneventani (C.A.B.I.B.) per la gestione del servizio idrico integrato. La ricorrente GE.SE.SA. S.p.a. – che gestisce in via provvisoria il servizio – lamenta la carenza di motivazione della scelta operata dall’ente locale di provvedere mediante affidamento diretto senza lo svolgimento di una gara pubblica per l’individuazione del gestore nonché la contraddittorietà dell’atto rispetto alle precedenti deliberazioni assunte sullo stesso oggetto (n.3 del 15.4.2009, n.2 del 23.1.2012; n.6 del 6.3.2012) e sostiene, comunque, il difetto dei presupposti per l’affidamento in house al C.A.B.I.B.

2. Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esaminare le questioni sollevate in rito dalle parti resistenti in quanto il ricorso è infondato nel merito.

3. E’ noto che, a seguito di consultazione referendaria, l’art. 23-bis d.lgs. n. 112 del 2008, recante la precedente disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (fatta eccezione per quelli espressamente esclusi) è stato abrogato, realizzandosi, pertanto, l’intento referendario di «escludere l’applicazione delle norme contenute nell’art. 23-bis che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico)» (Corte cost. 26 gennaio 2011 n. 24) e di consentire, conseguentemente, l’applicazione diretta della normativa comunitaria.

E’ altresì noto che anche la sopravvenuta disciplina contenuta nell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011 – nonostante l’esclusione dal suo ambito di applicazione del servizio idrico integrato – è stata dichiarata anch’essa incostituzionale (Corte cost. 20 luglio 2012 n.199), per aver violato “il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall’art. 75 Cost., secondo quanto già riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale”.

3.1. Stante l’abrogazione referendaria dell’art. 23-bis d.l. n. 112/2008 e la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4, d.l. n. 138/2011 nonchè le ragioni del quesito referendario – ossia lasciare maggiore scelta agli enti locali sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, anche mediante internalizzazione e società in house – il Collegio condivide la conclusione cui è pervenuta una recente decisione del Consiglio di Stato (Sezione VI, 11 febbraio 2013, n. 762), secondo cui “è venuto meno il principio, con tali disposizioni perseguito, della eccezionalità del modello in house per la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Si applica invece la disciplina comunitaria sui presupposti e condizioni per l’utilizzo della società in house.” Può pertanto ritenersi “che la scelta dell’ente locale sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali, e in particolare la opzione tra modello in house e ricorso al mercato, debba basarsi sui consueti parametri di esercizio delle scelte discrezionali, vale a dire:
– valutazione comparativa di tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti;
– individuazione del modello più efficiente ed economico;
– adeguata istruttoria e motivazione.” (sentenza cit. n.762/2013)
Ne discende anche che, trattandosi di scelta discrezionale, la stessa è sindacabile se sia priva di istruttoria e motivazione, viziata da travisamento dei fatti ovvero palesemente illogica o irrazionale.

3.2. Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, il Collegio ritiene che nel caso di specie la scelta finale operata dal Comune di Vitulano sia esente dai prospettati vizi. Invero, come può leggersi nella relazione svolta dal Sindaco al Consiglio comunale a sostegno della proposta di deliberazione in discussione, l’adesione al detto consorzio – che fornisce la risorsa idrica e gestisce le reti di adduzione e si è anche impegnato “a sostituire la condotta idrica dall’intersezione della strada provinciale con via dei Mulini fino all’inizio della strada Circumvallazione” – è idonea a rendere economicamente più conveniente lo svolgimento del servizio. Infatti, la gestione in forma associata dell’attività consente di beneficiare del trattamento più favorevole riconosciuto agli enti consorziati, principalmente attraverso il dimezzamento del prezzo dell’acqua. E’ poi ragionevole l’auspicio che le sinergie derivanti da una “catena corta nel ciclo di gestione dell’acqua” ed i risparmi in termini di spesa per il comune si riflettano anche in prevedibili vantaggi in termini tariffari per l’utenza.

Non vale poi l’obiezione secondo cui l’effettuazione del servizio di fognatura, che per definizione è incluso nel servizio idrico integrato, non rientra tra gli scopi del consorzio, così come definiti dall’art. 4 del relativo statuto. Invero, ai sensi dell’ampia formulazione contenuta nel successivo art. 9 – ove si precisa, sotto la voce funzioni aggiuntive, che “Il Consorzio potrà altresì effettuare anche altri servizi, attinenti agli scopi per cui è stato costituito, in favore degli enti consorziati e di altri enti pubblici […]” – può reputarsi che anche l’attività in questione, in quanto strettamente connessa alle altre relative al ciclo integrato dell’acqua, possa essere svolta dall’organismo. Ogni dubbio al riguardo è comunque superato alla stregua del regolamento approvato dall’assemblea consortile con deliberazione n.4 del 21.6.2001 – laddove si afferma che il consorzio gestisce anche i servizi di fognatura (art. 2) e di depurazione (art. 3), conformemente alla definizione unitaria del servizio idrico integrato (art. 4) – e dello schema di convenzione allegato alla delibera comunale impugnata (artt. 1 e 8), che pure include esplicitamente le relative attività nell’ambito del complessivo servizio da svolgere.

Il lungo e travagliato iter decisionale che ha preceduto la scelta operata dal Comune di Vitulano, richiamato dalla ricorrente quale indice di contraddittorietà dell’azione amministrativa, è piuttosto utile per comprendere le ragioni che alla fine hanno prevalso a sostegno della determinazione assunta. Vero è che l’ente locale aveva in un primo momento verificato l’ipotesi di una gestione diretta ed autonoma del servizio in parola ma, come può leggersi negli atti esibiti in giudizio, l’abbandono del proposito è stato determinato da obiettive difficoltà tecniche ed economiche riscontrate dall’ente locale. In particolare, nella discussione riportata nella deliberazione consiliare n.6 del 6.3.2012, il vice sindaco ha rappresentato la sussistenza di “problemi organizzativi, di personale, necessità di ulteriori indagini, di scavo di pozzi, di esame della potabilità dell’acqua”, illustrati nell’allegata relazione redatta da tecnico all’uopo incaricato . Ivi vengono compiutamente descritte le opere necessarie per garantire l’autonomia idrica del comune e stimati i relativi costi, dei quali, tuttavia, il Consiglio comunale non ha reputato di potervi fare fronte, con scelta di merito non sindacabile in questa sede e, comunque, non manifestamente irragionevole.

4. Procedendo oltre, vanno scrutinate le censure formulate nell’ambito del quarto motivo, con le quali si assume la mancanza dei requisiti per l’affidamento del servizio in house al C.A.B.I.B., in quanto difetterebbe sia il cd. controllo analogo sia la cd. attività prevalente. A sostegno del costrutto attoreo si segnalano, quali indici per desumere l’assenza del primo presupposto, le norme statutarie che consentono anche ad enti pubblici economici di farvi parte (art. 5), che permettono di individuare i componenti del consiglio di amministrazione anche al di fuori dell’assemblea (art. 21) e che attribuiscono al consiglio di amministrazione una competenza generale (art. 23). Quanto al secondo aspetto, si rileva che il consorzio può “aprire anche propri uffici operativi e di rappresentanza in luoghi diversi da quelli della sede legale” (art. 3), avvalersi delle forme di gestione societarie previste dal codice civile (art. 8) ed “effettuare anche altri servizi, attinenti agli scopi per cui è stato costituito, in favore degli enti consorziati e di altri enti pubblici” (art. 9).

4.1. Al riguardo va premesso che secondo la giurisprudenza comunitaria il “controllo analogo” del soggetto pubblico sulla società in house costituisce un “potere assoluto” di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività del soggetto controllato, che si estende nel complesso sui più importanti atti di gestione di quest’ultimo, tale da configurare un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di delegazione interorganica (cfr. Commissione europea, nota del 26 giugno 2002). Nello specifico, esso deve comportare un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni più importanti e può essere attuato con poteri di direttiva, di nomina e revoca degli amministratori e con poteri di vigilanza ed ispettivi (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 25 gennaio 2005 n. 168; sez. V, 11 maggio 2007 n. 2334). In particolare, si è ritenuto che ove le decisioni relative alle attività di una società cooperativa intercomunale detenuta esclusivamente da autorità pubbliche – relativamente alla gestione della rete di tele distribuzione – siano adottate da organi statutari composti da rappresentanti degli organismi pubblici associati, il controllo esercitato su tali decisioni dalle autorità pubbliche può essere considerato tale da consentire loro di esercitare sulla società di cui trattasi un controllo analogo a quello che esercitano sui propri servizi (C.G.C.E., 13 novembre 2008 C-324/07, Coditel Brabant SA). La decisione da ultimo citata si è soffermata anche sulle modalità di esercizio del controllo analogo in caso di pluralità di soci pubblici, addivenendo alla conclusione secondo cui lo stesso possa essere attuato in modo congiunto, mediante deliberazione, eventualmente assunta a maggioranza. Sul punto la giurisprudenza comunitaria ha in più occasioni affermato che quando più autorità pubbliche, nella loro veste di amministrazioni aggiudicatrici, istituiscono in comune un’entità incaricata di adempiere compiti di servizio pubblico ad esse spettanti, oppure quando un’autorità pubblica aderisce ad un’entità siffatta, la condizione per essere dispensate dall’obbligo di avviare una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico – ossia che le stesse devono esercitare congiuntamente sull’entità in questione un controllo analogo a quello svolto sui propri servizi – è soddisfatta qualora ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale sia agli organi direttivi dell’entità suddetta (C. giust. UE, sez. III, 29 novembre 2012 C-182-11 e 183-11, Econord s.p.a.).

4.2. Venendo al caso di specie, il Collegio ritiene che le disposizioni statutarie del C.A.B.I.B., nel loro complesso, palesano la sussistenza dei requisiti del modello in house, in linea con le richiamate coordinate interpretative formulate dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria.

In primo luogo, deve precisarsi che, ai sensi del già evocato art. 5 dello statuto, il consorzio è a totale partecipazione pubblica, essendo esclusa l’ammissione di soggetti privati ed a nulla rilevando la circostanza della possibile partecipazione, oltre degli enti territoriali (di cui attualmente è interamente costituito), di enti pubblici economici., non essendo in discussione la natura pubblicistica di questi ultimi.

Quanto al controllo analogo, è dirimente osservare che l’assemblea – composta (art.11) dai Sindaci dei comuni associati e dai legali rappresentanti degli altri enti pubblici consorziati, in posizione sostanzialmente paritaria (essendo prevista l’attribuzione di due voti solo per i Comuni aventi una popolazione superiore a 15.000 abitanti) – ai sensi dell’art. 13 è “l’organo di indirizzo e di controllo politico amministrativo” ed esercita i principali poteri, quali quello di modifica dello statuto e del regolamento di attuazione, di nomina, revoca e sostituzione degli amministratori (a nulla rilevando, peraltro, a tali fini, che i consiglieri possano essere scelti anche tra soggetti esterni) e del collegio dei revisori, di approvazione dei regolamenti interni, di approvazione del bilancio di previsione annuale e del conto consuntivo, di determinazione delle indennità spettanti agli amministratori e di ammissione di altri enti.

A sua volta, l’art. 23 dello statuto pone specularmente il Consiglio di amministrazione in posizione chiaramente sottoposta ai poteri direttivi dell’organo assembleare, disponendo che lo stesso “1. …ha competenza generale amministrativa in attuazione degli indirizzi espressi dall’Assemblea consortile e compie tutti gli atti che non siano riservati dall’art. 13 all’Assemblea. 2. Propone atti di competenza dell’Assemblea. 3. Adotta tutti gli atti necessari per l’esecuzione delle deliberazioni dell’Assemblea.”

Quanto al secondo requisito, per fugare i dubbi paventati dalla ricorrente circa l’asserita vocazione commerciale del consorzio, è decisivo rilevare che, ai sensi dell’art.2, comma 2, dello statuto “Il Consorzio opera, senza fini di lucro, nel pubblico interesse”. Non è poi contestabile il fatto che la forma consortile si presta in special modo per garantire, in favore degli associati, la gestione del ciclo integrato delle acque, conformemente a quanto previsto all’art. 4 dello statuto. Inoltre, non è incompatibile con la prevalenza dell’attività svolta per gli enti consorziati, la facoltà del consorzio di realizzare le altre attività, di cui si fa menzione nei già citati artt. 4, comma 2, e 9, anche in favore di altri enti pubblici, stante il loro carattere sussidiario ed accessorio rispetto agli scopi assegnati allo stesso in via primaria.

5. In conclusione, alla luce di tutto quanto fin qui osservato, il ricorso va respinto.

La complessità delle questioni trattate giustifica, peraltro, la compensazione delle spese di lite e degli onorari, fatto salvo il solo contributo unificato, che resta per legge a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 20 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Cesare Mastrocola, Presidente
Pierluigi Russo, Consigliere, Estensore
Michele Buonauro, Consigliere

L’ESTENSORE 

IL PRESIDENTE
        
        
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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