Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 2265 | Data di udienza: 26 Marzo 2013

* DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Piano regolatore generale – Art. 1 L. n. 1187/1968 – Indicazione di vincoli a carattere storico, ambientale e paesistico – Distinzione tra forme di tutela previste dalla legislazione di settore e le scelte pianificatorie – Previsioni vincolistiche incidenti su singoli edifici.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 24 Aprile 2013
Numero: 2265
Data di udienza: 26 Marzo 2013
Presidente: Pajno
Estensore: Caringella


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Piano regolatore generale – Art. 1 L. n. 1187/1968 – Indicazione di vincoli a carattere storico, ambientale e paesistico – Distinzione tra forme di tutela previste dalla legislazione di settore e le scelte pianificatorie – Previsioni vincolistiche incidenti su singoli edifici.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ –24 aprile 2013, n. 2265


DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Piano regolatore generale – Art. 1 L. n. 1187/1968 – Indicazione di vincoli a carattere storico, ambientale e paesistico – Distinzione tra forme di tutela previste dalla legislazione di settore e le scelte pianificatorie – Previsioni vincolistiche incidenti su singoli edifici.

 L’art. 1 l. 19 novembre 1968 n. 1187, che ha esteso il contenuto del piano regolatore generale anche all’indicazione dei “vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico”, legittima l’autorità titolare del potere di pianificazione urbanistica a valutare autonomamente tali interessi e, nel rispetto dei vincoli già esistenti posti dalle amministrazioni competenti, ad imporre nuove e ulteriori limitazioni. Ne consegue che la sussistenza di competenze statali e regionali in materia di bellezze naturali non esclude che la tutela di questi stessi beni sia perseguita in sede di adozione e approvazione di un piano regolatore generale. (Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 1995, n. 781; Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 1990, n. 78). La distinzione tra le forme di tutela previste dalla legislazione di settore e le scelte pianificatorie volte alla valorizzazione di complessi edilizi di interesse culturale, storico ed ambientale non risiede nel dato quantitativo relativo all’ambito, puntuale o meno, degli oggetti interessati dalle determinazioni limitative, quanto nel dato teleologico relativo alla diversa finalità che permea le rispettive statuizioni amministrative. Alla luce del tenore del dato positivo e della ratio che lo informa, il piano regolatore generale può recare previsioni vincolistiche incidenti anche su singoli edifici, configurati in sé quali “zone”, quante volte la scelta, pur se puntuale sotto il profilo della portata, sia rivolta non alla tutela autonoma dell’immobile ex se considerato ma al soddisfacimento di esigenze urbanistiche evidenziate dal carattere qualificante che il singolo immobile assume nel contesto dell’assetto territoriale. In tale caso, infatti, non si realizza alcuna duplicazione rispetto alla sfera di azione della legislazione statale di settore in quanto il pregio del bene, pur se non sufficiente al fine di giustificare l’adozione di un provvedimento impositivo di vincolo culturale o paesaggistico in base alla considerazione atomistica delle caratteristiche del bene, viene valutato come elemento particolare valore urbanistico e può quindi, costituire oggetto di salvaguardia in sede di scelta pianificatoria. E tanto in coerenza con una nozione ampia della materia urbanistica, che valorizza la funzione di governo del territorio attraverso la disciplina, nella loro globalità, di tutti i possibili insediamenti e delle altre utilizzazioni del territorio.

(Riforma T.A.R. EMILIA-ROMAGNA, Bologna, n. 1233/2001) – Pres. Pajno, Est. Caringella – Comune di Rimini (avv.ti Fontemaggi e Fabbri) c. V.S. (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 24 aprile 2013, n. 2265

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ –24 aprile 2013, n. 2265


N. 02265/2013REG.PROV.COLL.
N. 02660/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2660 del 2002, proposto da:
Comune di Rimini, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Assunta Fontemaggi e Elena Fabbri, con domicilio eletto presso Maria Teresa Barbantini, in Roma, al viale Giulio Cesare, n. 14;

contro

Vannucci Stefano;

nei confronti di

Provincia di Rimini, Vannucci Lina Rachele;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA: SEZIONE I n. 01233/2001, resa tra le parti, concernente limitazione alla trasformazione edilizia di immobile

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Barbantini, per delega degli Avvocati Fabbri e Fontemaggi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il sig. Stefano Vannucci è comproprietario di due immobili ubicati in Rimini e costruiti in aderenza, distinti in catasto, rispettivamente, al foglio 86, mappale 66 sub 1-2-3, e al foglio 86, mappale 550. Il P.R.G. di Rimini classifica la più ampia zona nella quale tali fabbricati sono situati come “Zona B1 residenziale edificata”, nella quale sono ammessi tutti gli interventi edilizi, mentre assoggetta gli immobili del ricorrente ad una più restrittiva disciplina, che consente solo interventi di restauro e risanamento conservativo.

Contro tali previsioni limitative il signor Vannucci ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Il Comune di Rimini ha chiesto la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale. Il ricorrente si è dunque costituito in giudizio innanzi al T.A.R. Emilia Romagna, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato, in parte qua, perché viziato da violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili.

Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno accolto il ricorso.

L’appellante contesta il decisum di prime cure sulla scorta di argomentazioni ulteriormente sviluppate con apposita memoria.

All’udienza del 26 marzo 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. L’appello è fondato.

2.1. Dagli atti di causa risulta che gli edifici di cui il ricorrente è comproprietario sono classificati, in virtù della particolare simbologia “a stella” che li contraddistingue nella cartografia, quale “Zona A3: edifici o complessi isolati di interesse storico, ambientale e paesaggistico”, disciplinata dall’art.30 delle N.T.A. del P.R.G. di Rimini. Da ciò consegue che per i fabbricati in questione, insistenti in una più vasta area tipizzata “B1: zona residenziale edificata”, sono consentiti unicamente interventi di restauro e risanamento conservativo.

2.2. Il Tribunale ha posto a fondamento della decisione di accoglimento la considerazione secondo cui la previsione, in sede di pianificazione urbanistica, di vincoli di carattere culturale e ambientale su specifici edifici si sostanzia nell’illegittimo perseguimento di fini, estranei alla materia urbanistica, cui sono preordinati gli interventi delle autorità di settore originariamente previsti dalle leggi n.1089 e n.1497 del 1939, poi trasfusi nel T.U. di cui al D.Lgs. 29 ottobre 1999 n.490 e, da ultimo, nel D.Lgs. 22 gennaio 2004, n.42.

2.3. Il Consiglio reputa che le critiche rivolte dall’appellante alla tesi sostenuta dal Primo Giudice meritino condivisione.

L’art.7, n. 5, della legge 17 agosto 1942 n.1150, sostituito dalla legge 19 novembre 1968 n.1187, include tra i contenuti essenziali del piano regolatore generale, “i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico”.

Detta norma si salda con la disciplina dettata dall’art. 36 della legge regionale 7 dicembre 1978 n. 47 n. 47/1978, secondo cui il piano regolatore generale, può individuare gli edifici e i complessi edilizi di interesse culturale, storico – artistico ambientale, dettando la relativa disciplina particolareggiata secondo le categorie di intervento A1 (restauro scientifico) e A2 (restauro conservativo), delimitando le eventuali aree verdi di pertinenza o, comunque, gli spazi liberi circostanti di rispetto non edificabili e definendo le destinazioni d’ uso.

L’articolo 27 della medesima legge regionale prevede interventi di recupero del patrimonio urbanistico ed edilizio in zone che possono comprendere anche singoli immobili, complessi edilizi nonché edifici isolati ed aree.

2.2. Tanto premesso quanto alla ricognizione del dato positivo, merita condivisione l’insegnamento giurisprudenziale alla stregua del quale “l’ art. 1 l. 19 novembre 1968 n. 1187, che ha esteso il contenuto del piano regolatore generale anche all’indicazione dei “vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico”, legittima l’autorità titolare del potere di pianificazione urbanistica a valutare autonomamente tali interessi e, nel rispetto dei vincoli già esistenti posti dalle amministrazioni competenti, ad imporre nuove e ulteriori limitazioni. Ne consegue che la sussistenza di competenze statali e regionali in materia di bellezze naturali non esclude che la tutela di questi stessi beni sia perseguita in sede di adozione e approvazione di un piano regolatore generale.” (Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 1995, n. 781). Si è del pari ritenuto che “il piano regolatore generale, nell’indicare i limiti da osservare per l’edificazione nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico, può disporre che determinate aree siano sottoposte a vincoli conservativi, indipendentemente da quelli disposti dalle commissioni competenti nel perseguimento della salvaguardia delle cose di interesse storico, artistico o ambientale” (Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 1990, n. 78).

2.3. Dall’esame congiunto delle coordinate normative e giurisprudenziali passate in rassegna si ricava che la distinzione tra le forme di tutela previste dalla legislazione di settore e le scelte pianificatorie volte alla valorizzazione di complessi edilizi di interesse culturale, storico ed ambientale non risiede nel dato quantitativo relativo all’ambito, puntuale o meno, degli oggetti interessati dalle determinazioni limitative quanto nel dato teleologico relativo alla diversa finalità che permea le rispettive statuizioni amministrative.

Non è quindi condivisibile l’assunto, che sorregge la sentenza appellata, secondo cui le scelte pianificatorie dovrebbero riguardare necessariamente un ambito territoriale non definibile a priori ma comunque non riducibile a specifici fabbricati. Si deve al contrario ritenere, alla luce del tenore del dato positivo e della ratio che lo informa, che il piano regolatore generale possa recare previsioni vincolistiche incidenti su singoli edifici, configurati in sé quali “zone”, quante volte la scelta, pur se puntuale sotto il profilo della portata, sia rivolta non alla tutela autonoma dell’immobile ex se considerato ma al soddisfacimento di esigenze urbanistiche evidenziate dal carattere qualificante che il singolo immobile assume nel contesto dell’assetto territoriale. In tale caso, infatti, non si realizza alcuna duplicazione rispetto alla sfera di azione della legislazione statale di settore in quanto il pregio del bene, pur se non sufficiente al fine di giustificare l’adozione di un provvedimento impositivo di vincolo culturale o paesaggistico in base alla considerazione atomistica delle caratteristiche del bene, viene valutato come elemento particolare valore urbanistico e può quindi, costituire oggetto di salvaguardia in sede di scelta pianificatoria. E tanto in coerenza con una nozione ampia della materia urbanistica, che valorizza la funzione di governo del territorio attraverso la disciplina, nella loro globalità, di tutti i possibili insediamenti e delle altre utilizzazioni del territorio.

3. L’applicazione di tali canoni ermeneutici evidenzia l’immunità del provvedimento gravato dai vizi colti dal Primo Giudice in quanto dalla documentazione in atti si ricava che gli edifici in esame sono stati ricompresi, alla stregua degli approfondimenti tematici disposti con delibera n. 2086 del 29.12.1987, nell’ambito degli studi preliminari allo strumento urbanistico, nel novero degli immobili contraddistinti dalla speciale simbologia a stella (zona A3), tutelati con l’esclusione di modalità di intervento diverse dal restauro e dal risanamento conservativo, ferma restando la destinazione d’uso propria delle aree sulle quali insistono, in virtù della considerazione, prettamente urbanistica, del valore qualificante che detti edifici assumono nell’assetto territorio quali testimonianze di determinate epoche storiche ed elementi caratteristici dei contesti di riferimento.

4.L’appello deve essere quindi accolto, con la conseguente riforma della sentenza appellata e la reiezione del ricorso di prime cure

La particolarità del caso giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e, per l’effetto, riforma la sentenza appellata e respinge il ricorso di primo grado .

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Pajno, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere, Estensore
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
            

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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