Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Aree protette, Associazioni e comitati, Beni culturali ed ambientali, Diritto urbanistico - edilizia, Pubblica amministrazione Numero: 432 | Data di udienza: 18 Aprile 2013

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIAArtt. 3 e 10 d.P.R. n. 380/2001 – Modificazioni permanenti del suolo – Regime autorizzatorio – Realizzazione di opere di spianamento – Intervento di trasformazione del territorio – Realizzazione da parte di un ente pubblico – Obbligo di conformazione alle disposizioni urbanistiche – Delibera del consiglio o della giunta comunale – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico – Opere che debbano essere realizzate da un ente pubblico – Autorizzazione paesaggistica – Conferenza di servizi – AREE PROTETTE – SIC e ZPS – Valutazione di incidenza – Disciplina – Regione Siciliana – L.r. n. 13/2007 –  Competenze – Fattispecie – BENI CULTURALI E AMBIENTALIArt. 181 d.lgs. n. 42/2004 – Reato di pericolo astratto – Mancanza di danno attuale e concreto – Realizzazione di spazi destinati alla sosta di autovetture – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Abuso d’ufficio – Illegittimo esercizio del potere di emettere ordinanze con tingibili e urgenti – ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE – Esercizio dell’azione civile risarcitoria – Costituzione di parte civile – Danno risarcibile – Individuazione (Si ringraziano gli avv.ti Nicola Giudice e Daniela Ciancimino per la segnalazione)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Sicilia
Città: Agrigento
Data di pubblicazione: 16 Settembre 2013
Numero: 432
Data di udienza: 18 Aprile 2013
Presidente: Melisenda Giambertoni
Estensore: Minerva


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIAArtt. 3 e 10 d.P.R. n. 380/2001 – Modificazioni permanenti del suolo – Regime autorizzatorio – Realizzazione di opere di spianamento – Intervento di trasformazione del territorio – Realizzazione da parte di un ente pubblico – Obbligo di conformazione alle disposizioni urbanistiche – Delibera del consiglio o della giunta comunale – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico – Opere che debbano essere realizzate da un ente pubblico – Autorizzazione paesaggistica – Conferenza di servizi – AREE PROTETTE – SIC e ZPS – Valutazione di incidenza – Disciplina – Regione Siciliana – L.r. n. 13/2007 –  Competenze – Fattispecie – BENI CULTURALI E AMBIENTALIArt. 181 d.lgs. n. 42/2004 – Reato di pericolo astratto – Mancanza di danno attuale e concreto – Realizzazione di spazi destinati alla sosta di autovetture – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Abuso d’ufficio – Illegittimo esercizio del potere di emettere ordinanze con tingibili e urgenti – ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE – Esercizio dell’azione civile risarcitoria – Costituzione di parte civile – Danno risarcibile – Individuazione (Si ringraziano gli avv.ti Nicola Giudice e Daniela Ciancimino per la segnalazione)



Massima

 

TRIBUNALE DI AGRIGENTO, 1^ SEZIONE PENALE – 16 settembre 2013, n. 432


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Artt. 3 e 10 d.P.R. n. 380/2001 – Modificazioni permanenti del suolo – Regime autorizzatorio – Realizzazione di opere di spianamento.

In base al combinato disposto degli artt. 3 e 10 del d.P.R. n. 380/2001, sono sottoposti  al regime autorizzatorio gli interventi che, pur non consistendo in attività di edificazione in senso stretto, comportino una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad impieghi diversi da quello che gli è proprio. Con specifico riguardo alla realizzazione di opere di spianamento, è pertanto necessario che le stesse siano assentite mediante rilascio di apposito titolo abilitativo, a meno che non si tratti di opere funzionali all’esercizio di attivitià agricola (Cass. n. 2239/1998, imp. Ferdinandi).


Pres. Melisenda Giambertoni, Est. Minerva – Imp. D.R.B. e altri

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Intervento di trasformazione del territorio – Realizzazione da parte di un ente pubblico – Obbligo di conformazione alle disposizioni urbanistiche – Delibera del consiglio o della giunta comunale.

La circostanza che un intervento di trasformazione del territorio sia realizzato da un Ente pubblico non è sufficiente a renderne completamente libera l’esecuzione. In materia edilizia, infatti, anche le opere eseguite dai Comuni sono soggette all’obbligo di conformarsi alle disposizioni urbanistiche vigenti e ai relativi controlli, salvo restando che, per effetto dell’art. 7 del d.P.R. n. 380 del 2001 e della contestuale abrogazione del D.L. n. 387 del 1993 e successive modifiche, per dette opere non è richiesto il previo rilascio del permesso di costruire, cui deve ritenersi equipollente la delibera del consiglio o della giunta comunale accompagnata da un progetto riscontrato conforme alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie (Cass. n. 18900/2008, Vinci e altri)

Pres. Melisenda Giambertoni, Est. Minerva – Imp. D.R.B. e altri


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico – Opere che debbano essere realizzate da un ente pubblico – Autorizzazione paesaggistica – Conferenza di servizi.

Il vincolo paesaggistico (derivante, nella specie, dal riconoscimento del carattere di sito di notevole interesse pubblico dell’interno territorio lampedusano) comporta, ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, che ogni intervento che sui beni o sulle aree allo stesso sottoposte debba essere realizzato debba essere preventivamente autorizzato, secondo le procedure descritte dalla citata norma. Alla stregua del successivo art. 147, nel caso di opere che debbano essere realizzate da un ente pubblico, il procedimento amministrativo previsto per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è sostituito dall’indizione di una conferenza di servizi.

Pres. Melisenda Giambertoni, Est. Minerva – Imp. D.R.B. e altri


AREE PROTETTE – SIC e ZPS – Valutazione di incidenza – Disciplina – Regione Siciliana – L.r. n. 13/2007 –  Competenze – Fattispecie.

La normativa di cui al D.P.R. n. 357/1997 (di recepimento delle direttive UE 92/43 e CEE 79/409) successivamente modificato dal .D.P.R. n. 120/2003, distingue e definisce le aree sottoposte a speciale protezione in siti di importanza comunitaria e zone di speciale conservazione, dettando uno specifico regime autorizzatorio per gli interventi che debbano essere realizzati’ anche da enti pubblici in tali aree. In particolare, questi interventi sono soggetti ad una speciale procedura, denominata valutazione di incidenza, che è disciplinata dall’art. 5 del citato D.P. R. ed è simile alla valutazione di impatto ambientale, con la quale si fonde nel caso di interventi che debbano essere sottoposti ad entrambe le procedure. Anche in tal caso, la normativa prevede, infatti, che il soggetto che voglia proporre la realizzazione di un intervento all’interno di aree di rilevanza comunitaria debba predisporre uno studio, volto ad individuare e valutare gli effetti che I’intervento proposto possa avere sull’area protetta, tenuto conto degli obiettivi di conservazione della medesima. La normativa in esame contempla anche l’ipotesi in cui le aree oggetto di rilevanza comunitaria ricadano interamente o parzialmente all’interno di un’area protetta dalla legislazione nazionale, prescrivendo che in tal caso, ai fini della valutazione d’incidenza, che deve essere preventivamente acquisita dall’Autorità compente al rilascio dei titoli abilitativi, deve essere sentito anche l’ente cui è affidata la gestione dell’area protetta. Le disposizioni dettate a livello nazionale dar citato d.P.R. sono state, a  loro volta, recepite anche dal legislatore regionale siciliano: in particolare, la Legge Regionale n. 13 dell’08 maggio 2007, all’art. 1, contenente disposizioni in favore dell’esercizio di attività economiche in siti SIC e ZPS, stabilisce che le determinazioni sulle valutazioni d’incidenza, previste dall’art. 5 del d.P.R. n.357/97 sono attribuite ai Comuni, nel cui territorio insistono i siti SIC e ZPS. Le valutazioni di incidenza che interessino i siti SIC e ZPS ricadenti all’interno di parchi naturali sono di competenza dell’Ente parco. In attuazione di tali disposizioni, il Decreto Assesoriale del 30 marzo 2007 stabilisce che, quando l’intervento ricade in SIC o ZPS che ricadono in un’area naturale protetta, la valutazione d’incidenza è effettuata previo parere dell’ente gestore. Il Decreto Assessoriale 22 ottobre 2007, invece, prescrive che la valutazione d’incidenza non è rilasciata dar Comune, se tale ente coincide con I’ente proponente I’intervento soggetto a tale valutazione. In tal caso la valutazione d’incidenza e rilasciata dall’Assessorato. (fattispecie relativa d un intervento – di cui era soggetto promotore il Comune – da realizzare all’interno di SIC e ZPS, in zona di pre-riserva: in applicazione dell’indicata normativa, il Comune avrebbe dovuto acquisire il parere dell’ente gestore della riserva ed avviare la procedura di valutazione d’incidenza, di competenza dell’Assessorato regionale; i successivi interventi, ricadenti entro l’area della riserva, avrebbero invece dovuto essere sottoposti alla valutazione di incidenza di competenza dello stesso ente gestore)

Pres. Melisenda Giambertoni, Est. Minerva – Imp. D.R.B. e altri


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 181 d.lgs. n. 42/2004 – Reato di pericolo astratto – Mancanza di danno attuale e concreto – Realizzazione di spazi destinati alla sosta di autovetture.

Manifestando chiaramente la natura di fattispecie di pericolo astratto dell’ipotesi delittuosa delineata, l’art. 181, c. 1 bis del d.lgs. n. 42/2004 punisce qualsiasi tipo di lavori, eseguiti senza la prescritta autorizzazione, in relazione a beni paesaggistici. Sussiste perciò il reato anche in mancanza di un danno attuale e concreto al bene giuridico tutelato (Cass. n.6299/2013, imp. Simenon e altro) e, quindi, ad esempio, anche in caso  di realizzazione di opere meramente temporanee e rimuovibili (Cass. n.38525/2012). E’ in particolare configurabile il delitto in questione proprio nel caso di  destinazione a parcheggio di un’area sottoposta a vincolo paesaggistico che sia attuata mediante rimozione non autorizzata dall’Autorità della vegetazione e dello strato superficiale del terreno con predisposizione di spazi destinati alla sosta di autovetture  (Cass. n.28227/2011, imp. Verona).

Pres. Melisenda Giambertoni, Est. Minerva – Imp. D.R.B. e altri

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Abuso d’ufficio – Illegittimo esercizio del potere di emettere ordinanze con tingibili e urgenti.

E’ configurabile il  delitto di abuso d’ufficio a fronte dell’illegittimo esercizio del potere sindacale di emettere ordinanze con tingibili e urgenti, in assenza dei relativi presupposti.

Pres. Melisenda Giambertoni, Est. Minerva – Imp. D.R.B. e altri

ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE – Esercizio dell’azione civile risarcitoria.

Le associazione ambientaliste possono esercitare anche in sede penale, l’azione civile risarcitoria , in relazione ai pregiudizi, di natura patrimoniale e non, subiti in conseguenza delle condotte penalmente perseguite (Cass. n. 19883/2009). La salubrità dell’ambiente costituisce un bene giuridico complesso, che si caratterizza per il fatto di assumere rilevanza a diversi livelli di interesse e perciò, se lo Stato e gli Enti Locali, immedesimandosi negli stessi territori danneggiati dalle condotte illecite, sono gli esclusivi titolari dell’azione risarcitoria, volta al ristoro dei pregiudizi di natura pubblicistica, si ammette anche l’esistenza di profili di rilevanza sociale ed individuale del degrado ambientale, in relazione ai quali i rispettivi titolari hanno diritto ad ottenere tutela giurisdizionale (Cass. n. 20681/2007; Cass. n. 14828/2010)

Pres. Melisenda Giambertoni, Est. Minerva – Imp. D.R.B. e altri

ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE – Costituzione di parte civile – Danno risarcibile – Individuazione.

Il danno, di cui le associazioni ambientaliste possono richiedere il risarcimento, costituendosi parte civile nei processi penali per reati ambientali, può astrattamente configurarsi come una lesione di un diritto di natura patrimoniale (ad esempio, per i costi sostenuti nello svolgimento delle attività dirette ad impedire pregiudizio al territorio o per la propaganda) o non patrimoniale (ad esempio, attinente alla personalità del sodalizio per il discredito derivante dal mancato raggiungimento dei fini istituzionali che potrebbe indurre gli associati a privare l’ente del loro sostegno personale e finanziario) (Cass. n. 46746/2004; Cass. n. 20681/2007).

Pres. Melisenda Giambertoni, Est. Minerva – Imp. D.R.B. e altri
 


Allegato


Titolo Completo

TRIBUNALE DI AGRIGENTO, 1^ SEZIONE PENALE – 16 settembre 2013, n. 432

SENTENZA

 

TRIBUNALE DI AGRIGENTO, 1^ SEZIONE PENALE – 16 settembre 2013, n. 432

N. 432/13 R.S. Mod. 30
N. 1037/09 R.G. TRIB.
N. 3644/08 R.G.N.R.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Agrigento I Sezione Penale II Collegio, composto dai signori Magistrati:

1) Dott. Giuseppe Melisenda Giambertoni            – Presidente
2) Dott. Chiara Minerva                                        – Giudice
3) Dott. M. Alessandra Tedde                               – Giudice

Con l’intervento del Sostituto Procuratore della Repubblica Antonella Pandolfi
e con l’assistenza del Cancelliere G. Trajna
ha pronunziato, alla pubblica udienza del giorno 18/04/2013
la seguente

SENTENZA

Nel procedimento penale

CONTRO

D.R. B. nato a Pantelleria il 11/12/1968, domicilio dichiarato in Lampedusa Via Anfossi n. 5;

Libero – contumace

difeso di fiducia dall’avv. Vincenzo Caponnetto assente sostituito per delega dall’Avv.to Calogero Noto Millefiori e Avv.to Silvio Miceli di fiducia presente.
       
G. G. nato a Palermo il 23/05/1972 domicilio dichiarato in Lampedusa Via Enna n.12;

Libero — contumace   

difeso di fiducia dall’avv. Vincenzo Caponnetto assente sostituito per delega dall’Avv.to Calogero Noto Millefiori

C. S. nato a Lampedusa il 09/04/1963, domicilio dichiarato in Lampedusa Via P. Mattarella n. 13;   

Libero – presente   

difeso di fiducia dall’avv. Vincenzo Caponnetto assente sostituito per delega dall’Avv.to Calogero Noto Millefiori; e dall’avv. Dalli Cardillo di fiducia presente.


P.C.

Associazione LEGAMBIENTE in persona del legale rappresentante pro-tempore- assente Avv. Daniela Ciancimino — presente

P.P.0.0.
COMUNE DI LAMPEDUSA E LINOSA, in persona del Sindaco legale rappresentante pro-tempore;
ASSESSORATO TERRITORIO ED AMBIENTE DELLA REGIONE SICILIA , in persona del legale rapp.te Pro-tempore — assente
C. M. nata a Lampedusa il 23.10.1952 assente


IMPUTATI

dei seguenti reati:
a) del reato di cui agli artt. 110 61 n. 9 c.p., 44 lett. c) DPR 380/2001 perché, in concorso tra loro ed in particolare il D.R., Sindaco del Comune di Lampedusa e Linosa (AG), in qualità di committente dei lavori, il G., geometra in servizio presso il locale UTC, in qualità di progettista, il C. in qualità di esecutore materiale, realizzavano in Lampedusa loc. spiaggia dei Conigli, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in assenza di permesso a costruire, le opere dì seguito meglio descritte. In particolare il D.R., nella predetta qualità, emanava l’Ordinanza Sindacale contingibile ed urgente n. 2528 del 04.07.2008 avente ad oggetto la destinazione di un’area da adibire a parcheggio e punto di sosta nelle vicinanze della spiaggia dei Conigli con la quale ordinava l’occupazione dell’area catastalmente distinta al foglio 3 fino al 30.10.2008 affinché sulla part. 17, fossero collocate vasche per l’accumulo di acque e per Io carico dei reflui, sulla part. 61 di proprietà di C. M. fosse realizzato un parcheggio a raso a cielo aperto comunale ad uso gratuito, nonché sulla part. 19 fossero collocati un camion attrezzato per la vendita di bevande ed alimenti e una pedana in legno a servizio dei camion, nonché si procedesse all’apertura di un varco di muro per facilitare l’accesso al ristoro, alla creazione di zone d’ombra e di docce ad uso dei turisti, alla rimozione dell’aiuola ivi esistente per garantire una maggiore fruizione della spiaggia dei Conigli. E procedevano, quindi, a realizzare uno spianamento del terreno in oggetto e a livellarlo con del pietrisco, ad aprire un varco nel muro di destra al fine di consentire l’accesso ad un punto di ristoro costituito da un camion attrezzato per la vendita di alimenti e bevande; a rimuovere un’aiuola, ad allargare due varchi posti nel muro per consentire l’entrata e uscita degli automezzi dal parcheggio.

Con l’aggravante, per il D.R. ed il G. di aver commesso il fatto con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti alle loro pubbliche funzioni rispettivamente di Sindaco e di pubblico ufficiale in servizio presso VUTC di Lampedusa.

Reato commesso in Lampedusa (AG) in epoca successiva e prossima al 04.07.2008
N.B. : come da modifica depositata all’udienza del 22.09.2009
B) del reato di cui agli artt. 110, 61 nn. 2 e 9 c.p., 181 D. Lgs. 42/2004 perché in concorso tra loro e nelle qualità meglio descritte al precedente capo a), al fine di commettere il reato ivi descritto, realizzavano le descritte opere in zona sottoposta a vincolo paesaggistico senza la prescritta autorizzazione rilasciata dalla Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali.
Con l’aggravante, per il D.R. ed il G. di aver commesso il fatto con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti alle loro pubbliche funzioni rispettivamente di Sindaco e di pubblico ufficiale in servizio presso I’UTC di Lampedusa.
Reato commesso in Lampedusa (AG) in epoca successiva e prossima al 04.07.2008
Il D.R. anche
C) del reato di cui all’art. 323 c.p. perché, senza che il fatto costituisca più grave reato, in qualità di Sindaco del Comune di Lampedusa (AG) nello svolgimento delle sue funzioni ed in particolare emanando l’ordinanza Sindacale contingibile ed urgente n. 2528 del 04.07.2008 avente ad oggetto il contenuto meglio precisato ai precedente capo a), in violazione di norme di legge ed in particolare in violazione dell’art. 54 comma ll D. Lgs. 267/2000 ai sensi del quale il Sindaco quale ufficialedel Governo adotta provvedimenti contingibile ed urgenti “al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini” intenzionalmente procurava al Comune di Lampedusa un ingiusto vantaggio patrimoniale consistente nel maggiore afflusso turistico nella zona e procurava a C. M., proprietaria della part. 61 destinata, previa occupazione e “bonifica” del terreno, a parcheggio pubblico a raso a cielo aperto comunale, un danno ingiusto consistente nella illegittima occupazione del terreno medesimo.
Reato commesso in Lampedusa (AG) in epoca successiva e prossima al 04.07.2008
All’udienza del 03/02/2011 il P.M. procede a contestazione suppletiva nei confronti di tutti gli imputati
B) per il delitto di cui agli arti. 110, 61 nn, 2 e 9 c.p., 181, c. 1 e 1 bis, lett. a), D. Lgs. 42/2004 perché in concorso tra loro e nelle qualità meglio descritte al precedente capo a), al fine di commettere il reato ivi descritto, realizzavano le descritte opere in zona sottoposta a vincolo paesaggistico senza la prescritta autorizzazione rilasciata dalla Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali.
Con l’aggravante, per il D.R. ed il G. di aver commesso il fatto con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti inerenti alle loro pubbliche funzioni rispettivamente di Sindaco e di pubblico ufficiale in servizio presso L’UTC di Lampedusa.
Con l’aggravante di cui all’art. 181, 1 bis, lett. a), D.Lgs. 42/2004 ricadendo le opere su area che, per le sue caratteristiche paesaggistiche, è stata dichiarata di notevole interesse pubblico – in specie, nel sito di importanza comunitaria “isola di Lampedusa e Lampione” e nella zona di protezione speciale “Arcipelago delle Pelagie – Area marina e terrestre”
Reato commesso in Lampedusa (AG) in epoca successiva e prossima al 04.07.2008
Il D.R. anche
C) per il reato di cui all’art. 32:3 c.p. perché, senza che il fatto costituisca più grave reato, in qualità di Sindaco del Comune d Lampedusa (AG) nello svolgimento delle sue funzioni ed in particolare emanando l’ordinanza Sindacale contingibile ed urgente n. 2528 del 04.07.2008 avente ad oggetto il contenuto meglio precisato al precedente capo a), in violazione di norme di legge ed in particolare in violazione dell’art.. 54 commaII D. Lgs. 267/2000 ai sensi del quale il Sindaco quale ufficiale del Governo adotta provvedimenti contingibili ed urgenti “al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini” intenzionalmente.
Reato commesso in Lampedusa in epoca successiva e prossima al 04/07/2008.
All’udienza dell’11/10/2012 il P.M. chiede di procedere a correzione di errore materiale del capo di imputazione C) nel senso che dopo la parola “intenzionalmente” si modifichi come segue: procurava a C. Francesco — legale rappresentante della Ditta Onda Blu e titolare del Camion di smercio delle vivande — un ingiusto vantaggio patrimoniale collegato all’autorizzazione a sostare ed esercitare la propria attività sull’area facente capo alla particella 61 destinata, previa occupazione e “bonifica” del terreno, a parcheggio pubblico a raso a cielo aperto comunale, nonché al maggior afflusso turistico nella zona


CONCLUSIONI DELLE PARTI

Il P.M. chiede emettersi sentenza di condanna per tutti gli imputati: per l’imputato D.R. B. ne chiede la condanna riuniti i reati sotto il vincolo della continuazione considerato più grave il reato di cui al capo B) e concesse le circostanze att. generiche ne chiede la condanna ad anni uno e mesi sei di reclusione. per l’imputato G. G. concesse le circostanze att. generiche ne chiede la condanna ad anni uno di reclusione ed infine per l’imputato C. S. ne chiede la condanna concesse le circostanze att. generiche ad anni uno di reclusione;
Il difensore di P.C. avv.to Ciancimino conclude come da comparsa conclusionale e nota spese che deposita.
I difensori:
Avv.to Silvio Miceli per D.R. chiede assoluzione perché il fatto non sussiste o comunque perché il fatto non costituisce reato;
Avv.to Vincenzo Caponnetto difensore degli imputati, D.R. — G. C.:
chiede per D.R. assoluzione del reato di cui al capo a) perché il fatto non costituisce reato, o in subordine dichiararlo estinto per intervenuta autorizzazione edilizia in sanatoria, ai sensi del combinato disposto di cui adii artt. 36 e 45 del D.P.R.380/2001, dichiararsi il N.L.P. nei confronti degli imputati per il reato di cui al capo B) per intervento accertato della compatibilità paesaggistica e in subordne dichiararlo estinto per intervenuto ripristino dell’area ai sensi dell’art. 181 comma 1 quinquies.
Per G. conclude chiedendo l’assoluzione per non aver commesso il fatto ed in subordine perché non è previsto dalla legge come reato, in ulteriore subordine quanto già richiesto per l’imputato D.R. per i capi A-B della rubrica ed in ulteriore subordine la concessione delle circostanze generiche da considerare equivalenti alle contestate aggravanti, e quindi l’applicazione del minimo della pena e la concessione dei benefici di legge.
Per C. conclude associandosi alle richieste che verranno formulate dall’Avv.to Dalli Cardillo;
Avv.to Emanuele Dalli Cardillo chiede l’assoluzione dei proprio assistito perché il fatto non sussiste o perché non costituisce reato, in subordine ai sensi dell’art. 51 e dell’ad. 59 c.p.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Con decreto del 22.09.2009, all’esito dell’udienza preliminare, D.R. B., G. G. e C. S., come in atti generalizzati, venivano rinviati a giudizio, dinanzi a questo Tribunale, per rispondere, il primo, del delitto di abuso d’ufficio e tutti e tre, in concorso tra loro, delle violazioni della normativa in materia di attività edilizia e di quella posta a tutela dell’ambiente, meglio descritte in premessa.

Alla prima udienza dibattimentale, tenutasi il 26.11.2009, veniva disposta la rinnovazione della notifica dell’atto introduttivo del giudizio nei confronti degli imputati D.R. e C., mentre l’imputato G., accertatane la regolare costituzione, veniva dichiarato contumace.

Alla successiva udienza del 28.01.2010, veniva dichiarata la contumacia anche degli altri due imputati, quindi, il processo veniva rinviato ad altra data, stante l’adesione dei difensori delle parti private all’astensione dalle udienze proclamata dall’Unione Camere Penali Italiane.

All’udienza dell’08.04.2010, in assenza di questioni preliminari, il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento e procedeva all’ammissione delle prove richieste dalle parti: tutte insistevano per l’ammissione delle prove testimoniali, di cui alle rispettive liste ritualmente depositate; il P.M. ed i difensori degli imputati chiedevano l’esame di questi ultimi; il P.M. e la parte civile, già costituita, associazione Legambiente, chiedevano l’acquisizione della documentazione prodotta; la parte civile chiedeva di essere ammessa a prova contraria, mediante l’escussione del teste G., in relazione alle circostanze sulle quali avrebbe dovuto riferire il teste G. della difesa. Su quest’ultima richiesta il Tribunale si riservava di decidere.

All’udienza del 17.06.2010, venivano sentiti i testi M.F.G. ed A. A., del quale ultimo le parti consentivano anche l’acquisizione del verbale delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini.

Dopo un rinvio dovuto all’assenza dei testi, all’udienza del 20.01.2011, venivano sentiti i testi D.T. D., N. G. e C.F., del quale ultimo le parti consentivano l’acquisizione del verbale delle sommarie informazioni testimoniali rese nel corso delle indagini.

Dopo un rinvio dovuto all’adesione dei difensori delle parti private all’astensione dalle udienze proclamata dall’Unione Camere Penali Italiane, all’udienza del 03.02.2011, il P.M. procedeva a contestazione suppletiva, nei confronti degli imputati G. e C., cui erano estese le accuse, di cui al capo b) dell’imputazione, ascritte originariamente al solo D.R., nonché a modifica del capo c) dell’imputazione.

All’udienza del 14.04.2011, dinanzi ad un Collegio diversamente composto, veniva disposta la rinnovazione della notifica, nei confronti degli imputati contumaci, del verbale relativo alla modifica dei capi d’imputazione, quindi, dopo un rinvio dovuto all’ulteriore e non definitiva modifica dell’originaria composizione del Collegio giudicante, all’udienza del 06.12.2011, si procedeva al rinnovo delle attività dibattimentali fino a quel momento espletate, stante la diversa composizione del Collegio. Le parti reiteravano le medesime richieste di prova, ma non prestavano il loro consenso all’acquisizione mediante lettura dei verbali delle prove testimoniali già escusse. Il Tribunale ammetteva nuovamente tutte le prove, ad eccezione dei testi indicati dalla difesa dell’imputato D.R., ridotti a tre, a scelta tra quelli indicati nei numeri da uno a nove della relativa lista e del teste richiesto a prova contraria dalla parte civile, su cui era mantenuta la riserva in precedenza assunta.

Alla successiva udienza del 16.01.2012, stante l’ulteriore modifica della composizione del Collegio, si disponeva il rinnovo delle attività dibattimentali fino a quel momento espletate; erano confermate le richieste ed i provvedimenti già resi in ordine all’ammissione delle prove e le parti reiteravano il loro dissenso all’acquisizione mediante lettura dei verbali delle prove testimoniali già escusse. Previo consenso delle parti all’inversione dell’ordine di assunzione delle prove testimoniali, veniva rinnovato l’esame della teste di parte civile, N.G.. Con il consenso delle parti, il Tribunale acquisiva sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 785/11, prodotta dalla parte civile.

Dopo due rinvii dovuti all’adesione dei difensori delle parti private all’astensione dalle udienze proclamata dall’Ordine degli Avvocati di Agrigento ed uno disposto d’ufficio, a causa del prossimo ulteriore mutamento della composizione del Collegio giudicante, all’udienza del 03.05.2012, dinanzi ad un Collegio diversamente composto, si procedeva al rinnovo delle attività dibattimentali fino a quel momento espletate; venivano confermate le richieste ed i provvedimenti già resi in ordine all’ammissione delle prove e le parti reiteravano il loro dissenso all’acquisizione mediante lettura dei verbali delle prove testimoniali già escusse, ad eccezione di quella con la teste N.G.. Veniva, quindi, rinnovato l’esame del teste A. A..

Alla successiva udienza del 07.06.2012, le parti, pur aderendo all’astensione dalle udienze proclamata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Agrigento, prestavano il consenso all’acquisizione mediante lettura del verbale dell’esame testimoniale reso dal teste M.F.G. che, quindi, presente, veniva licenziato.

All’udienza del 04.10.2012, veniva rinnovato l’esame del teste D.T. D. e veniva sentito il teste D.M.A.M., all’esito del cui esame il Tribunale acquisiva una parte della documentazione, di cui la parte civile chiedeva la produzione. Le parti consentivano all’acquisizione mediante lettura del verbale dell’esame testimoniale reso dal teste C. F..

All’udienza dell’11.10.2012, veniva sentito il teste G.G., quindi, il P.M. procedeva ad un ulteriore modifica del capo c) dell’imputazione.

Quindi, dopo un rinvio dovuto alla necessità di rinnovare la notifica agli imputati contumaci del verbale relativo alla modifica del capo d’imputazione, all’udienza del 24.01.2013, venivano sentiti i testi D.M.B. e D. E. G.. La difesa dell’imputato D.R. dichiarava di rinunciare all’escussione del teste P.P., la cui ammissione, non opponendosi le altre parti, il Tribunale revocava. Il Tribunale revocava, altresì, l’ammissione del teste della difesa dell’imputato D.R., R. G., la cui testimonianza era ritenuta superflua, alla luce dell’istruttoria espletata, mentre, sciogliendo la riserva in precedenza assunta, ammetteva la prova contraria, richiesta dalla parte civile, con il teste G..

All’udienza del 07.02.2013, veniva sentito il teste G.D., all’esito del cui esame il Tribunale acquisiva i documenti, allegati alla relazione dallo stesso redatta.

All’udienza del 21.02.2013, le parti effettuavano produzione documentale che il Tribunale acquisiva, dichiarando, quindi, chiusa l’istruttoria dibattimentale ed utilizzabili gli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento. Veniva, poi, lasciata la parola alle parti, le quali rassegnavano ciascuna le proprie conclusioni, come da verbale, fatta eccezione per la difesa dell’imputato C..

Il processo veniva, quindi, rinviato, per completare la discussione e per eventuali repliche del P.M., all’udienza del 18.04.2013. In tale data, il Tribunale pronunciava sentenza, come da dispositivo, di cui si dava lettura alle parti, fissando il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione, atteso il carico di lavoro dell’ufficio e la complessità delle questioni trattate.

***

D.R. B., nella sua qualità di Sindaco del Comune di Lampedusa e Linosa, in data 04.07.2008, emanava l’ordinanza contingibile ed urgente n. 2528, con la quale ordinava l’occupazione dei terreni, catastalmente individuati al Fg. 3, particelle nn. 17, 19 e 61, quest’ultima di proprietà della signora C. M., ubicate nei pressi della località denominata Isola dei Conigli, per provvedere alla realizzazione di “un parcheggio a raso cielo aperto comunale ad uso gratuito”. Annesso al parcheggio, l’ordinanza prevedeva, altresì, la realizzazione di un “punto di ristoro”, mediante il “posizionamento di un camion attrezzato, nella part. 19, come rappresentato nell’allegata planimetria che è parte integrante della presente Ordinanza, igienicamente idoneo, onde poter garantire l’acquisto di bevande ed alimenti a quanti vorranno giornalmente fruire della spiaggia”. Il provvedimento disponeva, altresì, il posizionamento di vasche per l’accumulo di acqua, nella particella 17, di “una pedana in legno a servizio del camion”, nonché “l’apertura di un varco di muro per facilitare l’accesso al punto di ristoro”, la creazione di zone d’ombra e docce, “per garantire maggiore sollievo ai turisti che sostano per il passaggio del pulman di linea”, nonché la rimozione di “una piccola aiuola presente nell’area antistante la riserva naturale orientata, al fine di garantire una migliore fruibilità della spiaggia dei Conigli” e l’apposizione di nuova segnaletica stradale orizzontale e verticale.

L’ordinanza sindacale spiegava, in premessa, le ragioni di necessità ed urgenza che giustificavano l’adozione di tale provvedimento, con riferimento al traffico ed alle difficoltà di parcheggio, annualmente riscontrate, in prossimità della nota località balneare lampedusana, a causa dell’enorme afflusso di turisti. Tale situazione era ulteriormente aggravata dal traffico di mezzi pesanti e militari diretti alle basi limitrofe e, a detta del Sindaco, aveva costituito la causa di diversi incidenti stradali, anche con esiti mortali, verificatisi sulla strada che dal centro abitato conduce alla spiaggia. A rendere ancora più difficile il transito in quella zona vi era, secondo l’ordinanza in esame, anche la presenza di un camion per la vendita di alimenti e bevande, mentre, d’altra parte, la spiaggia dell’Isola dei Conigli, anche per la sua lontananza dal centro abitato, mancava di adeguate strutture a servizio dell’utenza, che il Sindaco riteneva necessario con tale intervento creare (cfr. pagg. 101 e ss. della produzione documentale effettuata dal P.M. all’udienza dell’08.04.2010).

I lavori per la realizzazione di quanto previsto nella citata ordinanza, dalla stessa affidati alla ditta individuale dell’imputato C. S., che si era resa subito disponibile ad effettuare i lavori, iniziavano, in effetti, immediatamente. Il teste M., operaio alle dipendenze del Comune di Lampedusa, ha confermato, in sede di esame dibattimentale, quanto sul punto dichiarato nel corso delle indagini, circa il fatto che già il 7 luglio 2008, quando lui ed il collega C.F. furono mandati dal Sindaco, presso l’area interessata dal nuovo parcheggio, per apporre la segnaletica verticale, i lavori per la realizzazione di tale opera erano già in corso. Il teste ha, in particolare, riferito che era già stata eliminata l’aiuola, che prima fungeva da spartitraffico, mentre la ditta di S. C. stava effettuando lavori di spianamento dell’area da adibire a parcheggio (cfr. verbale dell’udienza del 17.06.2010, teste M.F.G.).

Qualche giorno più tardi, il Sindaco D.R. emanava una nuova ordinanza contingibile ed urgente, ad integrazione di quella del 4 luglio: l’ordinanza n. 2533 del 12.07.2008. In tale provvedimento il Pubblico Ufficiale dava atto dell’ “urgenza di alimentare elettricamente il chiosco di proprietà della locale Riserva Marina”, nonché dell’opportunità di dotare il sito di luci esterne e telecamere, “in considerazione del fatto che già un primo chiosco è stato oggetto di probabile attentato incendiario e completamente distrutto mesi addietro”. L’ordinanza rilevava altresì “l’urgenza di alimentare elettricamente il chiosco “Info Point” posto all’interno dell’area di parcheggio di fronte al sito che porta alla spiaggia dell’Isola dei Conigli”. Per realizzare tali interventi, il Sindaco incaricava, quindi, la medesima ditta dell’imputato C. di effettuare uno scavo, della lunghezza di 200 m. e della profondità di 50 cm, per la posa dei cavi elettrici, nonché di apporre pozzetti di plastica, una cabina elettrica e tre pali dell’alta tensione. L’ordinanza si preoccupava anche dell’abbellimento del sito, mediante la sistemazione di piante ornamentali, lo spargimento di “brecciolino” e l’apposizione di cartelli in legno indicanti la gratuità del parcheggio (cfr. all. n. 1 della produzione documentale effettuata dalla parte civile all’udienza dell’ 08.04.2010).

Il teste D.M., dell’associazione Legambiente, costituitasi parte civile nel presente procedimento, ha riferito che dell’intenzione del Sindaco di Lampedusa di realizzare l’area di parcheggio sopra descritta, l’associazione, incaricata della gestione della Riserva Naturale Orientata (di seguito R.N.O.) dell’Isola di Lampedusa, venne a sapere quando ricevette la convocazione per una conferenza di servizi, in seno alla quale avrebbero dovuto essere espressi i pareri di competenza (cfr. verbale dell’udienza del 04.10.2012, teste D.M.A.M.).

E’ stata prodotta dalla parte civile la convocazione a cui il teste ha fatto riferimento, datata 06.06.2008, cori numero di protocollo del 09.06.2008 (cfr. all. n. 18 della produzione documentale effettuata dalla parte civile all’udienza dell ‘ 08.04.2010).

Il teste D.M., in particolare, ha ricordato che, il 09 giugno 2008 si trovava, nella sua qualità di coordinatore regionale di tutte le riserve gestite da Legambiente, ad una conferenza di servizi a Palermo, indetta per risolvere il problema dello smaltimento delle barche dei migranti, alla quale erano presenti anche l’allora Sindaco dell’isola di Lampedusa ed il capo dell’Ufficio Tecnico Comunale, ingegnere A.. In quell’occasione, ricevette una telefonata dalla sua collega N., che a quell’epoca era Direttore della R.N.O. di Lampedusa e successivamente sarebbe diventata Sindaco dell’isola, la quale lo avvisava degli intenti dell’Amministrazione Comunale. Di concerto, i due decidevano di fare una comunicazione ufficiale al Comune, avvertendo che la procedura seguita, tramite l’indizione di una conferenza i servizi, non era idonea, rispetto al tipo di intervento che si voleva realizzare, il quale per la sua ubicazione all’interno di aree oggetto di vincoli ambientali di fonte comunitaria, richiedeva una particolare procedura, volta all’acquisizione della cosiddetta valutazione d’incidenza, in aggiunta all’acquisizione del parere dell’ente gestore della contigua Riserva.

Il teste ha riferito che, dopo tale comunicazione, nulla successe per alcune settimane, quando improvvisamente l’associazione ricevette la notifica dell’ordinanza del 04 luglio 2008, il giorno stesso o quello dopo della sua emanazione. Dopo pochi giorni, il Sindaco emanava una nuova ordinanza che ampliava gli interventi già disposti e ne prevedeva degli altri, da realizzarsi, questa volta, anche all’interno dell’area adibita a R.N.O. Si trattava di interventi che avrebbero consentito l’allaccio alla rete elettrica di una struttura realizzata all’interno della Riserva con i fondi che il Ministero dell’Ambiente aveva affidato all’ente gestore.

L’associazione Legambiente, a quel punto, impugnava dinanzi al T.A.R. la seconda delle ordinanze emanate dal Sindaco di Lampedusa e questi, nelle more del procedimento davanti al Giudice amministrativo, dapprima modificava l’ordinanza relativa alla realizzazione dell’allaccio alla rete elettrica e, da ultimo, la ritirava completamente (cfr. verbale dell’udienza del 04.10.2012, teste D.M.A.M. ).

Sono in atti i provvedimenti a cui il teste ha fatto riferimento (cfr. doc. all.ti nn. 20 e 21 della produzione documentale effettuata dalla parte civile all’udienza dell’08.04.2010).

Il teste D.M. ha spiegato che esisteva un Piano di gestione del sito d’importanza comunitaria, ove è ubicata la spiaggia dell’Isola dei Conigli. Questo Piano di gestione, finanziato con fondi del Ministero dell’Ambiente ed affidato per l’esecuzione a Legambiente, prevedeva delle modalità di fruizione del sito, compatibili con le peculiarità ambientali dello stesso e finalizzate a salvaguardarne la conservazione. In particolare, il problema che si poneva in relazione a tale area protetta era quello di limitarne la fruizione da parte dei visitatori, per salvaguardare le specie animali e vegetali ivi presenti. “Il problema dell’Isola dei Conigli è decongestionare il carico di persone che ci sono, noi arriviamo ad avere anche centomila visitatori solo sulla spiaggia dei Conigli in un anno, e soprattutto decongestionare le attività commerciali. Quando nel ’95 noi siamo arrivati all’Isola dei Conigli c’erano i camion sulla spiaggia che vendevano le bibite e facevano il karaoke, i chioschi leciti e non leciti”. Negli anni precedenti l’associazione, in ciò sostenuta dal Ministero, aveva combattuto una battaglia per portare fuori dall’area destinata a R.N.O. ed in particolare dal sito dell’Isola dei Conigli, una serie di attività commerciali, prima ivi esistenti, ritenute dannose per la conservazione dell’ambiente. Con fondi del Ministero era stata, quindi, finanziata la realizzazione di una struttura in legno, ubicata all’interno della Riserva, la quale avrebbe dovuto fungere da punto d’informazione e di ristoro per i turisti, con la conseguente estromissione dall’area di altre strutture private, che prima insistevano direttamente sulla spiaggia. “Negli anni noi abbiamo progressivamente decongestionato la spiaggia, spostando sempre più fuori le strutture di servizio per due motivi: uno, perché se io in spiaggia trovo la pasta al forno, me la mangio e aumento i rifiuti, se la trovo all’inizio della strada e devo fare 700 metri a piedi, prendo solo qualche genere di prima necessità e quindi riduco la produzione dei rifiuti, seleziono il tipo di utenza, tolgo la presenza fisica di questi manufatti”. La struttura realizzata con i fondi del Ministero dell’Ambiente, volutamente allocata lontano dalla spiaggia, aveva, quindi, la strategica funzione di promuovere una diversa modalità di fruizione delle bellezze naturali della spiaggia dell’Isola dei Conigli, nel rispetto delle sue peculiarità ambientali. Tale struttura, tuttavia, nel febbraio del 2008 era stata oggetto di un attentato incendiario e la sua ricostruzione era stata poi nuovamente finanziata con fondi ministeriali (cfr. verbale dell’udienza del 04.10.2012, teste D.M.A.M.).

L’intervento che il Sindaco di Lampedusa voleva realizzare con le ordinanze del luglio 2008 si poneva, quindi, chiaramente in contrasto con gli obiettivi di tutela ambientale, perseguiti dal Ministero e che l’associazione Legambiente era incaricata di presidiare, “sia per le modalità con cui era stato realizzato, quindi la cancellazione delle preesistenze naturalistiche, sia per le finalità che aveva, che procuravano ulteriori danni anche alla Riserva per il carico antropico che portavano, per il potenziamento delle attività commerciali, perché dentro quest’area si insediarono le attività commerciali, perché le ditte erano le stesse che noi avevamo, con il Ministero e l’Area Marina Protetta, espunto dalla Riserva”. Per questo motivo il teste ha spiegato che, quand’anche fosse stato chiesto, come si doveva, il parere all’ente gestore della R.N.O., l’associazione l’avrebbe dato contrario. (cfr. verbale dell’udienza del 04.10.2012, teste D.M.A.M.).

Analoghe considerazioni, in ordine alla nocività dell’iniziativa assunta dal Sindaco D.R., per gli obiettivi di tutela ambientale perseguiti dall’associazione Legambiente, sono state esposte dalla teste N., nel corso del suo esame all’udienza dibattimentale. La teste ha spiegato che il progetto finanziato dal Ministero dell’Ambiente si chiamava proprio “progetto per la fruizione eco-compatibile della spiaggia dei Conigli” e che prevedeva anche l’adozione di un regolamento per la fruizione, per il controllo e l’organizzazione della fruizione. Questo regolamento prevede tra l’altro che nel prossimo futuro non possono accedere alla spiaggia dei Conigli più di seicento persone al giorno. Cioè che per la conservazione di questa spiaggia, per garantire la compatibilità tra l ‘ovodeposizione della Caretta Caretta, che è una specie rara, in estinzione, protetta a livello comunitario e la fruizione, la pubblica fruizione di questa spiaggia, l’obiettivo di fare in modo che queste due cose possano convivere” (cfr. verbale dell’udienza del 20.01.2011, teste N.G.). La teste ha chiarito che l’intervento che il Sindaco aveva intenzione di realizzare, soprattutto attraverso il collegamento alla rete elettrica della struttura in legno, ubicata all’interno della Riserva, si poneva chiaramente in contrasto con gli obiettivi di tutela ambientale dalla stessa teste e dal teste D.M. efficacemente descritti. Innanzitutto, il progetto del Ministero prevedeva la realizzazione di un’opera eco-compatibile, anche dal punto di vista dell’approvvigionamento elettrico, tanto che ne era prevista l’alimentazione con pannelli fotovoltaici, “quindi, non era assolutamente necessario che si elettrificasse il punto di accoglienza”. In secondo luogo, la realizzazione di un parcheggio e di un’area di ristoro ad esso annessa si presentava ancora più distonica rispetto agli obiettivi di tutela ambientale “perché, diciamo, non c’era un’esigenza… anche perché a pochi metri lo stesso C. F. ha il baretto dentro il punto di accoglienza in legno, quello alimentato dal fotovoltaico” (cfr. verbale dell’udienza del 20.01.2011, teste N.G.).

Il P.M. ha prodotto gli atti relativi all’affidamento, da parte dell’Amministrazione Comunale lampedusana, alla ditta Onda Blu di C. F. e C. S.a.s. del servizio di ristoro e di noleggio ombrelloni, complementare alle attività del Progetto di fruizione eco-compatibile della spiaggia dei Conigli a Lampedusa. Con Determinazione sindacale n. 57 del 22.06.2007, tale servizio veniva affidato alla suddetta ditta, l’unica che ne avesse fatto richiesta, nel periodo di circa dieci giorni, durante il quale era rimasto affisso il relativo avviso esplorativo. Il servizio sarebbe stato espletato “alle condizioni tutte previste nel capitolato speciale d’appalto di cui all’allegato A facente parte integrale e sostanziale della presente” (cfr. pagg. 116 e ss. della produzione documentale effettuata dal P.M. all’udienza dell ‘08.04.2010).

Il capitolato speciale d’appalto, parimenti prodotto dal P.M. (cfr. pagg. 110 e ss. della produzione documentale effettuata dal P.M. all’udienza dell’08.04.2010), specificava che oggetto dell’affidamento (art. 3) era “la gestione del servizio di ristoro, localizzato all’interno della struttura in legno sita all’ingresso della pista di accesso alla spiaggia dell’Isola dei Conigli e il noleggio di ombrelloni previsti nel progetto di fruizione eco-compatibile della spiaggia dei Conigli, per la stagione balneare 2007” . Era prevista la possibilità di rinnovo della convenzione anche per la stagione successiva, salva la rideterminazione degli oneri economici (art. 7). La ditta aggiudicataria si sarebbe dovuta, comunque, attenere, nella gestione del servizio, a quanto disposto dal “Regolamento per disciplinare la fruizione e la balneazione nelle aree di comune interesse della Riserva Naturale Orientata “Isola di Lampedusa” e dell’Area Marina Protetta “Isole Pelagie”, approvato dalla Commissione di Riserva nella seduta del 16 — 17 giugno 2006″. In effetti, dalla necessità di rendere compatibile l’afflusso turistico alla bellissima spiaggia con la tutela delle sue peculiarità naturalistiche derivavano una serie di pesanti limitazioni alla gestione del servizio di ristoro. Il capitolato speciale d’appalto stabiliva, infatti, oltre agli orari di apertura e chiusura del locale, che escludevano il funzionamento notturno dello stesso, il divieto di vendita e distribuzione di cibi e bevande in qualsiasi area della Riserva, diversa dalla struttura a ciò appositamente destinata. Presso tale struttura, tuttavia, sarebbe stato possibile vendere unicamente bevande e cibi confezionati, “con esclusione tassativa di preparazione in loco di alimenti e lavaggi di stoviglie e suppellettili, anche al fine di evitare la produzione di reflui non ammessi in sede di approvazione del progetto”. Era parimenti vietato qualsiasi uso di acqua presso il punto di ristoro e l’alimentazione elettrica di un piccolo bancone refrigerante, di cui era consentito disporre, sarebbe stata assicurata da un apposito accumulatore o pannello solare, “con il tassativo divieto dell’uso di gruppo elettrogeno”.

D’altra parte, con norma finale transitoria, il capitolato speciale d’appalto prendeva atto che ancora la struttura da adibire a punto di ristoro non era pronta, a causa del ritardo della ditta aggiudicataria dei lavori di costruzione della stessa e, pertanto, prevedeva che, nelle more, il soggetto esercente potesse esercitare “l ‘attività connessa al punto di ristoro con mezzi mobili e strutture amovibili di sua proprietà da collocare, temporaneamente e sino alla consegna del punto di ristoro, nel tratto asfaltato di strada comunale all’ingresso dell’Isola dei Conigli […] con l’unica deroga temporanea connessa all’utilizzo di un gruppo elettrogeno” (art. 10).

C. F.aveva, così, installato il suo camion, proprio in prossimità delle aree che il Sindaco D.R., nella stagione successiva, avrebbe deciso di occupare per realizzare il parcheggio e l’annesso punto di ristoro, peraltro rilevando, come si è visto, il disturbo arrecato alla circolazione dalla collocazione sulla sede stradale di tale automezzo, da lui stesso, tuttavia, in precedenza autorizzato.

Il punto di ristoro di cui all’ordinanza del 04 luglio 2008 sarebbe stato ancora gestito dal C. F., peraltro figlio della C. M., proprietaria di una delle particelle occupate, in quanto risulta documentalmente che egli ottenne il rinnovo della convenzione con il Comune di Lampedusa, per la gestione del servizio di ristoro e di noleggio degli ombrelloni presso la spiaggia dell’Isola dei Conigli, anche per l’anno 2008. Il P.M. ha prodotto, infatti, la D.I.A. presentata dalla ditta Onda blu di C. F., relativamente all’esercizio di un’attività di “negozio mobile a posto fisso” e più precisamente, di commercio al dettaglio di alimenti e bevande, per il periodo dal 10.07.2008 al 10.08.2008, nonché la ricevuta di pagamento da parte del C. della prima rata della T.O.S.A.P., in data 08.07.2008, per “pedana -4- camion” (cfr. pagg. 109 e 117 e ss. della produzione documentale effettuata dal P.M. all’udienza dell’ 08.04.2010).

D’altra parte, le prescrizioni contenute nel Capitolato Speciale d’Appalto, al fine di garantire le esigenze di tutela ambientale, sarebbero rimaste in buona parte lettera morta, considerato il fatto che, per la stagione 2007, la struttura in legno, alimentata con pannelli foto-voltaici e posta all’interno della R.N.O. non era stata ancora completata, mentre la stessa nel febbraio 2008, dopo essere stata ultimata, veniva completamente distrutta da un incendio da ignoti appiccato.

Risulta, dalla documentazione prodotta dalla parte civile, che le limitazioni, che il capitolato relativo alla convenzione di affidamento del servizio di ristoro e noleggio ombrelloni, presso la spiaggia dell’Isola dei Conigli, imponeva al soggetto aggiudicatario, derivavano direttamente dalle prescrizioni, imposte dall’ente gestore della R.N.O., all’atto della concessione del nulla osta per l’attuazione del Progetto per la fruizione eco-compatibile della Spiaggia dei Conigli, il quale prevedeva, appunto, la creazione del punto di informazione e ristoro all’interno della Riserva (cfr. nota dell’associazione Legambiente del 13 settembre 2005, nella produzione documentale effettuata dalla parte civile all’udienza dell’08.04.2010).

Effettivamente, quindi, solo qualche anno prima l’emissione dell’ordinanza di cui alle imputazioni, vi era stato un intenso rapporto tra Amministrazione Comunale ed ente gestore della R.N.O., volto a individuare le migliori modalità di contemperamento dell’esigenza di consentire l’afflusso di turisti ad una delle più belle località balneari dell’isola, con la tutela delle specie protette ivi allocate. A tale scopo, la documentazione prodotta dalla parte civile testimonia l’attivazione di una complessa procedura, che prevedeva l’acquisizione di diversi pareri, tra cui anche quello dell’ente gestore, che alla fine aveva concesso il proprio nulla osta, prescrivendo però una serie di limiti allo svolgimento di attività commerciali presso tali siti, in maniera coerente con le finalità di decongestionare gli stessi dalla presenza umana, contingentare le presenze e le attività commerciali, riducendo le fonti di produzione dei rifiuti, quali sono state espresse dai rappresentanti di Legambiente, sentiti come testimoni.

La teste N. ha riferito in ordine a tale procedura ed ha raccontato che, già in occasione della stagione estiva precedente il D.R. aveva manifestato l’intenzione di realizzare un parcheggio nei pressi della spiaggia dell’Isola dei Conigli e che su tale argomento vi erano stati diversi incontri, cui avevano partecipato il capo dell’U.T.C., ingegnere A. ed il comandante della Polizia Municipale, D.E., nel corso dei quali la stessa N. aveva espresso le ragioni di contrarietà di Legambiente alla realizzazione di questo intervento, avvertendo comunque l’Amministrazione Comunale della necessità di seguire le procedure normativamente prescritte per la realizzazione di un’opera del genere (cfr. verbale dell’udienza del 20.01.2011, teste N.G.).

L’ingegnere A., capo dell’U.T.C. di Lampedusa, è stato sentito in ordine alla genesi dell’ordinanza di cui ai capi d’imputazione. Lo stesso ha riferito che nei giorni in cui venne emanata l’ordinanza contingibile ed urgente, che disponeva in ordine alla realizzazione del parcheggio presso la spiaggia dell’Isola dei Conigli, egli non era presente a Lampedusa, perché per alcuni giorni si era recato a Palermo per impegni istituzionali. D.R. lo informò dell’intenzione di procedere attraverso l’emissione di un’ordinanza sindacale con una telefonata, in cui faceva riferimento alla necessità di risolvere le problematiche di parcheggio in quella zona. Il teste ha riferito di non aver in alcun modo partecipato al procedimento amministrativo per l’emissione di quel provvedimento, né di aver mai dato istruzioni in proposito al geometra dell’ufficio, l’odierno imputato G. G.. L’A. ha detto di aver visto l’ordinanza il giorno in cui i Carabinieri vennero in Comune per lo svolgimento delle indagini, così come all’epoca agli stessi dichiarò nel verbale di sommarie informazioni testimoniali, che è stato acquisito con il consenso delle parti (cfr. verbale dell’udienza del 17.06.2010). La planimetria, raffigurante il parcheggio realizzato presso l’Isola dei Conigli, che è in atti, quale allegato all’ordinanza del 04.07.2008, secondo quanto riferito dal teste A., è stata redatta dal geometra dell’U.T.C., l’odierno imputato G. G., il quale ricevette, in proposito, incarico verbale dal Sindaco D.R. in persona, il quale firmò l’elaborato progettuale (cfr. verbale dell’udienza del 17.06.2010, teste A.A., nonché verbale di sommarie informazioni testimoniali acquisito in quella data e verbale dell’udienza del 03.05.2012, teste A. A.) .
Il dirigente dell’U.T.C. ha, altresì, riferito che, quando D.R. lo chiamò per avvisarlo dell’intenzione di emanare l’ordinanza di cui ai capi d’imputazione, egli si limitò a raccomandargli di seguire le procedure di legge per la scelta della ditta cui affidare i lavori, ma nulla il tecnico obiettò al Sindaco, in ordine al tipo di provvedimento, con il quale quest’ultimo aveva deciso di risolvere la problematica del traffico e dei parcheggi all’Isola dei Conigli.

Questa era, in effetti, per quanto dichiarato dal teste A., una problematica che si riproponeva tutte le estati e già in passato lo stesso A. aveva avuto degli incontri con i rappresentanti dell’associazione Legambiente, in particolare con il D.M., per concordare le modalità di realizzazione di un parcheggio, senza tuttavia mai entrare nei dettagli dell’opera da realizzare (cfr. verbale dell’udienza del 17.06.2010 e 03.05.2012, teste A. A.).

L’operato del Sindaco di Lampedusa, odierno imputato, D.R. e dei soggetti che con lui collaborarono, in qualità di progettista, il G. e di esecutore materiale, il C. alla realizzazione del parcheggio e del punto di ristoro di cui all’ordinanza n. 2528 del 04 luglio 2008 è illecito sotto diversi punti di vista.

Innanzitutto, si riscontra una macroscopica violazione delle norme in materia di autorizzazioni per lo svolgimento dell’attività edilizia. Il tipo di opere realizzate, in attuazione della citata ordinanza, in prossimità della località denominata Isola dei Conigli a Lampedusa, rientra nel novero degli interventi di nuova costruzione che, in base al disposto dell’art. 10 del D.P.R. n. 380/2001, sono subordinati al rilascio di permesso a costruire. Tra gli interventi di nuova costruzione, infatti, l’art. 3 del citato T.U. annovera anche “la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato” (art. 3, lett. e.3), nonché “l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee” (art. 3, lett. e.5).

D’altra parte la giurisprudenza di legittimità, con orientamento assolutamente consolidato e costante, in materia edilizia, sottopone al regime autorizzatorio, ogni intervento che, “pur non consistendo in un’attività di edificazione in senso stretto, comporta una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio (Cass. n. 28457/2009, Rv. 244569, imp. Bonaventura). Con specifico riguardo alla realizzazione di opere di spianamento, la Suprema Corte ha avuto modo di pronunciarsi espressamente, enunciando la necessità che le stesse siano assentite mediante rilascio di apposito titolo abilitativo, a meno che non si tratti di opere funzionali all’esercizio di attività agricola (Cass. n. 2239/1998, Rv. 212043, imp. Ferdinandi).

Né la circostanza che a realizzare l’opera fosse un Ente pubblico bastava a rendere completamente libera l’esecuzione di qualsiasi intervento di trasformazione del territorio. “In materia di edilizia, anche le opere eseguite dai Comuni sono soggette all’obbligo di conformarsi alle disposizioni urbanistiche vigenti e ai relativi controlli salvo restando che, per effetto dell’art. 7 del d.P.R. n. 380 del 2001 e della contestuale abrogazione del D.L. n. 398 del 1993 e successive modifiche, per dette opere non è richiesto il previo rilascio del permesso di costruire, cui deve ritenersi equipollente, infatti, la delibera del consiglio o della giunta comunale accompagnata da un progetto riscontrato conforme alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie” (Cass. n. 18900/2008, Rv. 239918, Vinci ed altri).

Vi era, quindi, una specifica procedura che il Sindaco avrebbe dovuto seguire per la realizzazione delle opere di sistemazione delle aree site in prossimità della spiaggia dell’Isola dei Conigli.

Tali opere, proprio per la loro ubicazione, erano poi condizionate ad una serie di ulteriori preventivi assensi e nulla osta, da parte degli enti preposti alla tutela dei vincoli paesaggistici ed ambientali, insistenti su tutta l’isola di Lampedusa ed in maniera particolare nell’area circostante la spiaggia dell’Isola dei Conigli.

Con Decreto Assessoriale del 12 luglio 1983, l’intero territorio dell’isola di Lampedusa è stato dichiarato di notevole interesse pubblico.

Il successivo Decreto del medesimo organo regionale, emanato il 16 maggio 1995, istituiva la Riserva Naturale Orientata dell’isola di Lampedusa, ricadente nel territorio dell’omonimo Comune, all’interno della quale l’allegato Regolamento distingueva la zona di Riserva vera e propria, nella quale è inclusa la spiaggia dell’Isola dei Conigli, da quella circostante denominata pre — Riserva. La gestione della riserva, fin dal 1995, è stata affidata all’associazione Legambiente, che l’ha mantenuta fino ad oggi, in forza della Convenzione del 20.05.2003, che le rinnovava l’incarico, prevedendo, per il futuro, un meccanismo di rinnovo tacito (cfr. all.ti nn. 3, 4 e 5 della produzione documentale effettuata dalla parte civile all’udienza dell’ 08.04.2010).

Il riconoscimento del carattere di sito di notevole interesse pubblico comporta che il territorio lampedusano sia tutto sottoposto al vincolo paesaggistico, oggi disciplinato dal nuovo Codice dei beni culturali e dell’ambiente contenuto nel D.Lgs. n. 42/2004. Tale vincolo comporta, ai sensi dell’art. 146 del testo normativo da ultimo citato, che “i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni e delle aree allo stesso sottoposte non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione”. Ogni intervento che su tali aree o beni debba essere realizzato deve essere preventivamente autorizzato, secondo le procedure descritte dalla citata nonna. Alla stregua del successivo art. 147, nel caso di opere che debbano essere realizzate da un ente pubblico, il procedimento amministrativo previsto per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è sostituito dall’indizione di una conferenza di servizi.

L’esistenza di una zona adibita a R.N.O. comporta, altresì, l’operatività di una serie di vincoli, derivanti dalla normativa di origine comunitaria a tutela di particolari habitat naturali. Dalla documentazione prodotta dalla parte civile è possibile evincere, infatti, che l’isola di Lampedusa ricade all’interno del Sito d’Importanza Comunitaria (SIC) ITA040002 “Isola di Lampedusa e Lampione” e della Zona di Protezione Speciale (ZPS) ITA040013 “Arcipelago delle Pelagie — Area marina e terrestre”, designati dallo Stato Italiano in aderenza agli obblighi comunitari derivanti dalla Direttiva UE 92/43 e dalla Direttiva CEE 79/409. Tali Direttive, che dettano indicazioni agli Stati membri, per la tutela di zone di particolare interesse naturalistico, sono state recepite dal legislatore nazionale ed in particolare, in attuazione della prima di esse, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche è stato emanato il Regolamento contenuto nel D.P.R. n. 357/1997, successivamente modificato dal D.P.R. n. 120/2003. Tale normativa distingue e definisce le aree sottoposte a speciale protezione in siti di importanza comunitaria e zone di speciale conservazione, dettando uno specifico regime autorizzatorio per gli interventi che debbano essere realizzati, anche da enti pubblici in tali aree. In particolare, questi interventi sono soggetti ad una speciale procedura, denominata valutazione d’incidenza, che è disciplinata dall’art. 5 del citato D.P.R. ed è simile alla valutazione d’impatto ambientale, con la quale si fonde nel caso di interventi che debbano essere sottoposti ad entrambe le procedure. Anche in tal caso, la normativa prevede, infatti, che il soggetto che voglia proporre la realizzazione di un intervento all’interno di aree di rilevanza comunitaria debba predispone uno studio, volto ad individuare e valutare gli effetti che l’intervento proposto possa avere sull’area protetta, tenuto conto degli obiettivi di conservazione della medesima. La normativa in esame contempla anche l’ipotesi in cui le aree oggetto di rilevanza comunitaria ricadano interamente o parzialmente all’interno di un’area protetta dalla legislazione nazionale, prescrivendo che in tal caso, ai fini della valutazione d’incidenza, che deve essere preventivamente acquisita dall’Autorità compente al rilascio dei titoli abilitativi, debba essere sentito anche l’ente cui è affidata la gestione dell’area protetta.

Le disposizioni dettate a livello nazionale dal citato D.P.R. sono state, a loro volta, recepite anche dal legislatore regionale siciliano: in particolare, la Legge Regionale n. 13 dell’08 maggio 2007, all’art. 1, contenente disposizioni in favore dell’esercizio di attività economiche in siti SIC e ZPS, stabilisce che le determinazioni sulle valutazioni d’incidenza, previste dall’art. 5 del D.P.R. n. 357/97 sono attribuite ai Comuni, nel cui territorio insistono i siti SIC e ZPS. Le valutazioni di incidenza che interessino i siti SIC e ZPS ricadenti all’interno di parchi naturali sono di competenza dell’Ente parco. In attuazione di tali disposizioni, il Decreto Assessoriale del 30 marzo 2007 stabilisce che, quando l’intervento ricade in SIC o ZPS che ricadono in un’area naturale protetta, la valutazione d’incidenza è effettuata previo parere dell’ente gestore. Il Decreto Assessoriale 22 ottobre 2007, invece, prescrive che la valutazione d’incidenza non è rilasciata dal Comune, se tale ente coincide con l’ente proponente l’intervento soggetto a tale valutazione. In tal caso la valutazione d’incidenza è rilasciata dall’Assessorato.

Nel caso di specie, quindi, trattandosi di interventi che, per quanto riguarda il disposto dell’ordinanza del 04.07.2008, pur non ricadendo all’interno della R.N.O., bensì in zona di pre-Riserva (cfr. sul punto le planimetrie prodotte dalla parte civile all’udienza deil’08.04.2010), dovevano tuttavia essere realizzati all’interno del SIC e della ZPS sopra indicate, il Comune di Lampedusa avrebbe dovuto svolgere la procedura per la valutazione d’incidenza, acquisendo anche il parere dell’ente gestore della R.N.O. e cioè di Legambiente. Peraltro, essendo lo stesso Comune il soggetto proponente l’intervento, la valutazione d’incidenza sarebbe stata di competenza dell’Assessorato regionale. Gli interventi previsti dalle successive ordinanze emesse dal Sindaco di Lampedusa e poi ritirate, ricadendo, invece, anche all’interno dell’area della R.N.O., avrebbero dovuto essere sottoposti alla valutazione d’incidenza di competenza, in questo caso, dello stesso ente gestore della riserva.

Nessuna delle procedure prescritte tanto dalla normativa in materia edilizia, quanto da quella a tutela dei vincoli paesaggistici e comunitari insistenti sul territorio dell’isola di Lampedusa è stata osservata dal Sindaco D.R., per la realizzazione degli interventi oggetto del presente giudizio. Il complesso iter amministrativo sopra descritto, coinvolgente i vari enti competenti al rilascio dei pareri e degli assensi, funzionali a garantire la tutela dei beni paesaggistici ed ambientali è stato completamente aggirato, attraverso l’adozione di un’ordinanza che, come si dirà, costituisce un improprio ed arbitrario esercizio dei poteri che, in via eccezionale, sono attribuiti al Sindaco in veste di ufficiale di governo.

La violazione del regime autorizzatorio, prescritto in relazione all’esercizio di attività edilizia, integra la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 44 lett. c) del D.P.R. n. 380/2001, contestata a tutti e tre gli imputati, nei loro distinti ruoli di committente, progettista ed esecutore materiale, al capo a) dell’imputazione. La fattispecie in questione risulta aggravata per il D.R. dalla qualifica di pubblico ufficiale dal medesimo rivestita.

Stante il carattere contravvenzionale del reato in esame, non possono sussistere dubbi in ordine alla configurabilità dell’elemento soggettivo, in relazione a tutti gli imputati, potendo tale elemento della fattispecie consistere sia nel dolo che nella colpa.

Deve conclusivamente rilevarsi, in ordine a tale imputazione, che pur risalendo la consumazione del reato al 4 luglio 2008, non risultano ancora scaduti i relativi termini di prescrizione, che in base alla normativa attualmente in vigore sono pari a quattro anni, prorogabili fino a cinque, per effetto di eventuali effetti interruttivi. Si deve, infatti, tenere anche conto dei periodi di sospensione, dovuti a legittimo impedimento delle parti o dei loro difensori, che sono stati menzionati nel riassumere lo svolgimento del processo.

La mancata osservanza delle norme che disciplinano l’insieme delle autorizzazioni, che devono essere richieste, in base alla normativa di tutela del paesaggio e dell’ambiente comporta l’integrazione del delitto previsto dall’art. 181, comma 1 bis del D.Lgs. n. 42/2004, che detta le più gravi sanzioni penali, che sono previste, nel caso in cui interventi ricadenti su beni o aree aventi rilevanza paesaggistica siano posti in essere, senza la prescritta autorizzazione, in particolare, con riguardo a quei beni o aree che siano stati dichiarati di rilevante interesse pubblico.

Manifestando chiaramente la natura di fattispecie di pericolo astratto dell’ipotesi delittuosa delineata, la norma sopra richiamata punisce la realizzazione di qualsiasi tipo di lavori, eseguiti senza la prescritta autorizzazione, in relazione a beni paesaggistici. La giurisprudenza di legittimità, nell’interpretare tale norma, ha perciò ritenuto la sussistenza del reato, anche in mancanza di un danno attuale e concreto al bene giuridico tutelato (Cass. n. 6299/2013. Rv. 254493, imp. Simenon e altro) e, quindi, ad esempio, anche in caso di realizzazione di opere meramente temporanee e rimuovibili (Cass. n. 38525/2012, Rv. 253690). La Suprema Corte ha ritenuto in particolare configurabile il delitto in questione proprio nel casa di “destinazione a parcheggio di un’area sottoposta a vincolo paesaggistico che sia attuata mediante rimozione, non autorizzata dall’Autorità, della vegetazione e dello strato superficiale del terreno con predisposizione di spazi destinati alla sosta di autovetture”, spiegando in motivazione che tale intervento incide sull’aspetto esteriore dell’area soggetta a speciale protezione, e comporta comunque una destinazione diversa da quella originaria (Cass. n. 28227/2011, Rv. 250971, imp. Verona).

L’elemento soggettivo che caratterizza la fattispecie contestata al capo b) dell’imputazione nei confronti di tutti e tre gli imputati, trattandosi di delitto, è costituito dal dolo generico, consistente, nello specifico, nella coscienza e volontà di violare il particolare regime di autorizzazioni prescritto in relazione alla tutela del paesaggio e dell’ambiente. Non c’è dubbio che il Sindaco D.R. dovesse, innanzitutto per il suo ruolo istituzionale, essere a conoscenza delle procedure, alla cui osservanza era tenuto per la realizzazione dì qualsiasi intervento in un’area come quella prospiciente la spiaggia dell’Isola dei Conigli, sottoposta a diversi tipi di vincolo. E’ d’altra parte, emerso dall’istruttoria espletata che egli avesse la positiva cognizione del complesso dì pareri e nulla osta necessari per quel tipo di intervento, perché già in passato, personalmente o tramite i dirigenti comunali, aveva avuto modo di interloquire, con gli enti preposti alla tutela di tali vincoli, allo scopo di concordare la realizzazione di vari interventi (cfr. verbale dell’udienza del 17.06.2010 e del 03.05.2012, teste Averna Alfonso; verbale dell’udienza del 21.01.2011, teste N.G.; verbale dell’udienza del 04.10.2012, teste D.M.A.M.).

Neppure si può dubitare della sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto in questione in relazione agli altri due imputati. A prescindere dalla considerazione che può ben ritenersi un fatto notorio che l’isola di Lampedusa e, soprattutto, la spiaggia dell’Isola dei Conigli, per il fatto di ospitare la specie protetta della tartaruga Caretta Carena, che ivi va a riprodursi, sia oltre che meta di innumerevoli turisti, anche zona di particolare rilievo ambientale e faunistico, non potrebbe, comunque, addursi, quale fattore scusante, l’ignoranza delle norme che, integrando il precetto penale, prescrivono le procedure amministrative da seguire al fine realizzare qualsiasi tipo di intervento in zone vincolate alla tutela di interessi paesaggistici ed ambientali. Il G., poi, lavorando all’interno dell’U,T.C., doveva avere sicuramente cognizione del tipo di adempimenti amministrativi, necessari alla realizzazione di un tal genere di interventi, ma anche per quanto riguarda l’esecutore materiale, il C., estraneo all’Amministrazione Comunale, deve tenersi conto dell’orientamento giurisprudenziale che, in tema di efficacia scusante dell’errore sul fatto che costituisce reato, configura un vero e proprio onere di informazione a carico del singolo cittadino, prescrivendo addirittura di astenersi dall’agire, laddove non sia possibile pervenire alla conoscenza del precetto normativo.

Tali principi sono stati ribaditi dalla Suprema Corte, con specifico riguardo al reato in esame, laddove, nell’affermare il principio secondo cui “il dolo generico è elemento sufficiente ad integrare il profilo soggettivo del cosiddetto delitto paesaggistico (art. 181, comma primo-bis, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42)”, la Corte ha ritenuto sussistere l’elemento psicologico, non avendo l’imputato adempiuto al dovere di informarsi, preventivamente all’esecuzione dei lavori, anche circa l’eventuale assoggettamento a vincoli dell’area, né avendo lo stesso fornito idonea dimostrazione in tal senso (Cass. n. 48478/2011, Rv. 251635, imp. Mancini). Non si ritiene credibile quanto sostenuto dalle difese circa il fatto che gli imputati abbiano potuto pensare che la mera comunicazione dell’ordinanza sindacale ad una serie di autorità, che risultano indicate in calce al provvedimento, quali destinatarie dell’invio di una copia dello stesso, potesse equivalere all’effettiva esistenza di una favorevole determinazione da parte di tali soggetti pubblici, in ordine all’esecuzione dei lavori. Anche alla stregua di quella che viene definita “la parallela conoscenza nella sfera laica”, sarebbe stato possibile rendersi conto che l’iniziativa del Sindaco D.R. costituiva espressione di un’autonoma, estemporanea ed unilaterale presa di posizione rispetto alla problematica gestione delle aree di parcheggio e dei servizi connessi alla balneazione.

Non sembra neanche possibile, per quanto riguarda la posizione del C., esecutore materiale dei lavori, in virtù dell’affidamento degli stessi effettuato verbalmente dal Sindaco, invocare, come ha tentato di fare la difesa, l’efficacia scriminante dell’adempimento di un dovere ovvero quella scusante dell’errore sull’esistenza di un obbligo di conformarsi a quanto richiesto dal pubblico ufficiale. Il rapporto che si instaura tra la Pubblica Amministrazione committente e l’impresa privata aggiudicataria dell’appalto per la realizzazione di opere pubbliche si configura in termini squisitamente privatistici, né alcuna prova è stata offerta per dimostrare che, in termini diversi, il C. avesse potuto intendere l’incarico ricevuto dal D.R., ritenendo di essere obbligato ad eseguire quanto richiesto dal Sindaco.

Non estingue il delitto in esame l’eventuale remissione in pristino dei luoghi: in tal senso dispone il comma 1 — quinquies dell’art. 181, che riferisce l’ambito di operatività di tale causa estintiva unicamente alla fattispecie contravvenzionale, di cui al primo comma dello stesso articolo, escludendone, quindi, la fattispecie delittuosa di cui al comma 1 bis, contestata agli odierni imputati.

La rimessione in pristino dei luoghi interessati dai lavori, disposti con l’ordinanza sindacale del 04 luglio 2008, non risulta, peraltro, che nel caso di specie sia mai stata completamente effettuata. Il teste D.M., nel corso del suo esame, ha descritto il tipo di danno che è stato arrecato all’habitat naturale della località dell’Isola dei Conigli, in ragione anche delle specie vegetali ivi allocate ed ha indicato il tipo di interventi che renderebbero davvero possibile il ripristino dell’originario stato dei luoghi, ma che non sono mai stati attuati, anche perché, secondo quanto riferito dal teste, nonostante il sequestro originariamente disposto dell’area interessata dai lavori, la stessa continuò, negli anni successivi, ad essere utilizzata come parcheggio, più o meno autorizzato (cfr. verbale dell’udienza de. 04,10.2012, teste D.M.A.M.).

Al solo D.R., in relazione ai fatti fin qui descritti, quali sono emersi dall’istruttoria espletata, è stato contestato, al capo c) dell’imputazione, il delitto di abuso d’ufficio. In particolare, secondo l’ultima e definitiva versione dell’accusa folinulata dal P.M., allo stesso sarebbe ascritto di aver impropriamente utilizzato lo strumento costituito dal potere di ordinanza, di cui in qualità di Sindaco era investito, allo scopo di procurare un ingiusto profitto a C. F., titolare della ditta Onda Blu, aggiudicataria del servizio di ristoro e noleggio di ombrelloni presso la spiaggia dell’Isola dei Conigli, consistente nell’autorizzazione a sostare ed esercitare la propria attività nel parcheggio che, con i lavori disposti dall’ordinanza stessa, sarebbe stato creato e nel maggior- afflusso turistico che, a causa della realizzazione di tali infrastrutture, avrebbe interessato la zona.

L’art. 50 del D.Lgs. n. 267/2000, T.U. degli Enti Locali, attribuisce al Sindaco il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, le quali sono configurate da tale norma come uno strumento assolutamente straordinario, i cui presupposti sono rappresentati, appunto, dalla sussistenza di situazioni di emergenza, tali da richiedere un tempestivo intervento. A fronte di un’emergenza, in altri termini, è consentito al Sindaco di operare attraverso l’emanazione di un provvedimento amministrativo extra ordinem, che pur essendo idoneo ad incidere sulla sfera giuridica soggettiva del privato, tuttavia, non presenta le garanzie di imparzialità, trasparenza e partecipazione, normalmente asso:te dallo svolgimento di un regolare procedimento amministrativo. Il successivo art. 54 dello stesso T.U., nello specificare il potere d’ordinanza del Sindaco, stabilisce al quarto comma che “il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono tempestivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione”.

Nel rispetto dei limiti derivanti dal sistema delle fonti dell’ordinamento, nonché dei principi fondamentali cui lo stesso si ispira, i provvedimenti in questione manifestano la loro straordinarietà proprio perché derogano all’iter attraverso il quale si esercita normalmente il potere amministrativo. Si tratta di una deroga che si giustifica in ragione dei presupposti di tali provvedimenti che sono pacificamente individuati nell’urgenza, cioè nella indifferibilità dell’atto; nella contingibilità, ovvero nella straordinarietà, accidentalità e imprevedibilità dell’evento; nella temporaneità degli effetti del provvedimento, legata al perdurare dello stato di necessità. Nel caso di specie, l’esigenza di rilievo pubblico, che lo stesso provvedimento enuncia quale sua finalità, sarebbe costituita dalla risoluzione dei problemi di traffico e parcheggio che annualmente affliggevano l’area prospiciente alla spiaggia dell’Isola dei Conigli, a causa del concomitante afflusso di turisti e mezzi militari diretti alle vicine basi.

Tale situazione è stata, in effetti, confermata da tutti i testimoni sentiti.

E’stato, tuttavia, confermato, attraverso l’istruttoria espletata ciò che, d’altra parte, emerge dalla lettura dello stesso provvedimento sindacale, vale a dire che si trattava di una problematica ben nota alle Autorità locali, perché si riproponeva in termini sostanzialmente analoghi ogni anno, tanto che, già in occasione delle precedenti stagioni estive, la stessa Amministrazione Comunale aveva tentato di procedere alla realizzazione di un parcheggio prospiciente la strada di accesso alla tanto ambita spiaggia dell’Isola dei Conigli, concordandone la realizzazione con i rappresentanti dell’associazione Legambiente. Sennonché, questi ultimi, sentiti come testimoni in udienza, hanno spiegato efficacemente le ragioni per cui la realizzazione di un parcheggio in quella zona, a prescindere dal danno immediatamente realizzato alle specie vegetali autoctone dai lavori di spianamento e livellamento del terreno, si poneva comunque in contraddizione con gli obiettivi di gestione della Riserva, la cui realizzazione era stata affidata all’associazione Legambiente dal Ministero dell’Ambiente, che aveva investito anche dei fondi per l’attuazione di tali obiettivi, consistenti, come si è visto, principalmente nel contingentare l’afflusso di turisti e decongestionare il sito dalla presenza umana.

L’agire attraverso l’esercizio del potere di ordinanza evidentemente consentiva al Sindaco di scavalcare le complesse procedure amministrative necessarie al rilascio delle autorizzazioni prescritte dalla legge, ma soprattutto di superare il necessario, ma sicuramente negativo, parere che in proposito avrebbe espresso l’ente gestore della R.N.O.

La fattispecie di abuso d’ufficio è stata ricondotta, dall’ultima riforma che l’ha interessata nel 1997, entro più rigorosi limiti di tassatività, innanzitutto, limitando la condotta penalmente rilevante a quelle che realizzano una violazione di norme di legge o di regolamento ovvero a quelle che consistono nella violazione di un obbligo di astenersi, in presenza di una situazione di conflitto d’interessi. Il reato si configura oggi, inoltre, come reato di evento dovendo necessariamente realizzarsi una lesione del bene giuridico tutelato, consistente nel fatto che l’illegittimo operato del pubblico ufficiale si traduca nel procurare ad altri un ingiusto vantaggio di natura patrimoniale ovvero nella causazione di un danno altrettanto ingiusto. E’ infine, necessario che, sotto il profilo soggettivo, l’agente abbia intenzionalmente voluto la produzione di tali eventi.
Anche nel vigore della nuova disciplina, non vi è dubbio che la condotta tipica possa essere realizzata attraverso l’esercizio di attività amministrativa illegittima. La restrizione della condotta abusiva al solo caso di violazione di legge o regolamento esclude, tuttavia, la rilevanza di alcune delle tipologie di vizio da cui può essere affetto l’atto amministrativo e che sono tradizionalmente classificate quali violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere. Alla stregua della nuova fattispecie di abuso di d’ufficio, quest’ultima categoria di vizi dell’atto amministrativo, in quanto afferente all’esercizio di attività amministrativa discrezionale, non può implicare alcuna responsabilità penale. Diversamente, la giurisprudenza ritiene ancora oggi configurabile la fattispecie in esame nel caso di atto amministrativo viziato da violazione di legge o incompetenza.

Non c’è dubbio che il provvedimento emanato dal Sindaco di Lampedusa, con l’ordinanza contingibile ed urgente del 04.07.2008, costituisca un atto amministrativo illegittimo, in quanto viziato dalla violazione della norma che disciplina i presupposti ed i limiti dell’esercizio del potere d’ordinanza del Sindaco. Si è visto che la situazione di congestione del traffico stradale nei pressi della spiaggia dell’Isola dei Conigli, sebbene certamente temporanea, in quanto riferita al solo periodo estivo, non costituiva certamente una situazione eccezionale ed imprevedibile, in quanto si ripeteva tutte le estati per unanime riconoscimento di tutti i testi sentiti.

Invero, non sembra neanche cha sia stata raggiunta la prova dell’effettiva esistenza, nell’estate 2008, di una situazione di emergenza, tale da giustificare l’iniziativa del Sindaco di esperire un tale intervento straordinario. Il provvedimento oggetto dell’imputazione ascritta all’odierno imputato faceva, in effetti, riferimento al frequente verificarsi in quella zona di incidenti stradali, anche mortali e le difese degli imputati hanno molto insistito su tale argomento, allo scopo di giustificare la necessità di risolvere il problema con particolare urgenza. Invero, dalle stesse testimonianze acquisite risulta che due incidenti mortali si erano in effetti verificati, negli anni precedenti, in quella zona, ma in maniera del tutto indipendente dalle condizioni del traffico. Sul punto ha riferito, in particolare, i’. teste D.T., Comandante della Stazione dei Carabinieri di Lampedusa, il quale ha dichiarato che, in base agli accertamenti esperiti, risulta che un primo incidente sia avvenuto nel 2006, ma a pochi chilometri dal centro abitato di Lampedusa; l’altro, più recente, si è verificato a circa due chilometri di distanza dalla spiaggia dell’Isola dei Conigli, ma determinato dal concorso di una manovra errata di un’automobilista e dall’alta velocità tenuta da una moto (cfr. verbale dell’udienza del 20.01.2011, teste D.T. D.). In merito a quest’ultimo incidente, ha riferito anche il teste della difese D.M., il quale peraltro si è dichiarato cugino della vittima del sinistro ed ha detto che l’incidente si verificò nel maggio 2007, quindi ben prima dell’avvio della stagione estiva (cfr. verbale dell’udienza del 24.01.2013, teste D.M.B.). Anche il teste della difesa D., all’epoca dei fatti comandante della Polizia Municipale di Lampedusa, ha ammesso che l’incidente mortale verificatosi sulla strada che porta alla spiaggia dell’Isola dei Conigli, non era legato causalmente alle condizioni di traffico di quell’arteria (cfr. verbale dell’udienza del 24.01.2013, teste Desiderio Elio).

Si deve, quindi, ritenere provato che non vi fosse, nel luglio del 2008, alcuna situazione eccezionale e non altrimenti fronteggiabile, se non con la creazione in via d’urgenza di un parcheggio nei pressi della spiaggia dell’Isola dei Conigli. L’intervento realizzato, anche per il suo estendersi ad aspetti assolutamente collaterali e secondari, rispetto alla risoluzione dei problemi dì traffico e di parcheggio, quali la creazione del punto di ristoro, la sistemazione di docce per i bagnanti e dì piante decorative per abbellire il sito, avrebbe potuto tranquillamente essere, per tempo, programmato e realizzato, nel rispetto di tutte le procedure e gli adempimenti normativamente prescritti.

In situazioni di questo genere, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto la configurabilità del delitto di abuso d’ufficio, a fronte dell’illegittimo esercizio del potere sindacale di emettere ordinanze contingibili ed urgenti, in assenza dei relativi presupposti. Se da un lato si ammette che il protrarsi nel tempo di una situazione, tale mettere in pericolo gli interessi pubblici alla cui tutela il Sindaco è preposto, non esclude di per sé la legittimità del ricorso all’esercizio del potere d’ordinanza, tuttavia, la giurisprudenza ha censurato l’operato del pubblico ufficiale che ricorra all’esercizio di tale potere, nei casi in cui sarebbe stato comunque possibile risolvere il problema nel rispetto delle procedure normalmente previste. Ad esempio, in relazione al provvedimento adottato da un Sindaco per risolvere problematiche relative alla gestione dei rifiuti urbani, la Corte ha affermato il seguente principio: “commette il delitto di abuso di ufficio il Sindaco che, quale ufficiale del governo e come tale investito di un’autonoma potestà pubblica rispetto alla ordinaria competenza statale e regionale, ordini ex art. 12 d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 temporaneo a speciali forme di smaltimento di rifiuti in deroga alle disposizioni vigenti, senza che sussistano le condizioni per l’esercizio di tale potere “extra ordinem” e, comunque, ricorra una situazione di emergenza tale da non potere assicurare la tutela tempestiva della salute pubblica e dell’ambiente ed attendere il rilascio della prescritta autorizzazione, prevista dall’art. 25 dello stesso decreto presidenziale regionale, per installare e gestire una discarica di rifiuti” (Cass. n. 3882/2001, Rv. 221985, imp. Cito e altri).

Neppure la circostanza, invocata dalle difese, relativa alle modifiche che, proprio nel 2008, erano state apportate alla nonna dell’art. 54 dei D.Lgs. n. 267/2000 può valere a determinare la liceità dell’operato dell’imputato. La Corte Costituzionale, con sentenza del 7 aprile 2011, n. 115, ha infatti eliminato l’inciso, introdotto dal D.L. n. 92/2008 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito con modificazioni dall’ari:. 1, comma 1, della Legge n. 125/2008, in virtù del quale il Sindaco avrebbe potuto adottare le ordinanze in questione “anche” al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, in tal modo ripristinando i tradizionali limiti che, in ossequio ai principi costituzionali di legalità, imparzialità della Pubblica Amministrazione ed uguaglianza dei cittadini, hanno sempre caratterizzato l’esercizio del potere d’ordinanza del Sindaco. L’efficacia retroattiva ed erga omnes delle sentenze dichiarative dell’illegittimità costituzionale di una norma, pacificamente riconosciuta anche dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. SS. UU.. n. 27614/2007, Rv. 236535), non vale ad elidere i già evidenziati, ulteriori profili di illegittimità rispetto a quello degli ambiti applicativi del provvedimento contingibile ed urgente.

Rimane da esaminare l’aspetto relativo alla sussistenza, nel caso di specie, dell’evento, consistente nel conseguimento di un ingiusto profitto da parte della ditta di C. F. e dell’elemento soggettivo del delitto di abuso d’ufficio contestato all’odierno imputato D.R..

Anche in relazione quest’ultimo punto, la fattispecie incriminatrice è stata modificata in maniera rilevante dalla riforma apportata nel 1997. Mentre in passato la norma richiedeva l’accertamento di una specifica finalità perseguita dall’agente nel porre in essere la condotta abusiva, consistente nel procurare ad altri un profitto o un danno ingiusto, l’attuale formulazione configura, invece, una fattispecie a dolo generico, che però, per effetto dell’introduzione dell’avverbio “intenzionalmente”, deve manifestarsi nella sua forma più grave ed intensa. In questo modo, è stato ulteriormente ristretto l’ambito di rilevanza penale delle condotte genericamente illegittime del pubblico ufficiale: in passato era, infatti, sufficiente accertare il perseguimento di una specifica finalità, presa dì mira dall’agente, nonché l’idoneità in concreto della condotta posta in essere a realizzarla; l’attuale formulazione della norma, invece, richiede, da un lato, l’effettiva verificazione di un evento di altrui danno o di profitto, e, dall’altro, una precisa intenzione del pubblico ufficiale in ordine alla produzione di tale evento. Sotto quest’ultimo profilo, l’elaborazione giurisprudenziale, seguita alle modifiche legislative, ha certamente escluso la configurabilità del delitto in esame a titolo di dolo eventuale ed ha, invece, richiesto la positiva dimostrazione che il pubblico ufficiale abbia agito proprio per perseguire l’ingiusto danno o l’ingiusto vantaggio patrimoniale, non ritenendo neanche sufficiente che il soggetto attivo abbia agito animato dal dolo diretto ovvero che si sia solo reso conto, sia pur in termini di certezza, dei possibili esiti lesivi della propria condotta (cfr. da ultimo Cass. n. 3039/2010, Rv. 249706, imp. Marotta ed altri). D’altra parte, la stessa giurisprudenza riconosce che l’abusivo perseguimento dell’ingiusto vantaggio proprio o altrui non debba necessariamente costituire l’unico obiettivo della condotta posta in essere dal pubblico ufficiale, potendo coesistere con tale illecito scopo anche quello relativo al perseguimento dell’interesse pubblico. L’intenzionalità del dolo, secondo tale impostazione, non implicherebbe necessariamente anche l’unicità dello scopo illecito. Si è, pertanto, affermato il principio secondo cui “in tema di abuso d’ufficio, il dolo intenzionale che non è escluso dalla finalità pubblica perseguita dall’agente, non sussiste quando il soddisfacimento degli interessi pubblici prevalga sugli interessi privati, mentre è integrato qualora il fine pubblico rappresenti una mera occasione o un pretesto per occultare la commissione della condotta illecita” (cfr. da ultimo, Cass. n. 13735/2013, Rv. 254856).

Si tratta, quindi, nel caso di specie, di verificare se l’ingiusto vantaggio patrimoniale, che si assume essere stato arrecato dal Sindaco D.R. alla ditta del C. F., mediante la creazione abusiva del parcheggio e del punto di ristoro presso la spiaggia dell’Isola dei Conigli, si sia effettivamente verificato e presenti il carattere contra legem, che la norma richiede e se lo stesso sia stato voluto dal Sindaco quale obiettivo del suo operato ovvero ne abbia costituito solo una conseguenza collaterale ed accessoria ad una finalità di pubblico interesse effettivamente realizzata.

A tal fine deve rilevarsi quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale, in ordine ai pregressi rapporti intercorsi tra il C. F. e l’Amministrazione Comunale, nel periodo anteriore all’emanazione dell’ordinanza incriminata.

Il teste D.M. ha evidenziato che il C. si era da tempo insediato nella gestione dei servizi connessi alla balneazione presso la spiaggia dell’Isola dei Conigli: erano sue, infatti, le attività che l’ente gestore della Riserva riuscì faticosamente ad estromettere dall’area protetta, portandole fuori dai confini della stessa, allo scopo di ridurne l’impatto nocivo sul delicato habitat naturale della zona. Il C. si era sempre, d’altra parte, aggiudicato tutte le gare formalmente indette dal Comune per la gestione di tali servizi (cfr. verbale dell’udienza del 04.10.2012, teste D.M.A.M.).
Sono, poi, documentalmente provate le circostanze nelle quali il C.. nell’estate 2007, si era aggiudicato, quale unico interessato la gestione dei servizi presso la più accorsata delle spiagge lampedusane.

Risulta, tuttavia, dalle testimonianze acquisite che tale soggetto non era soddisfatto delle modalità con cui avrebbe dovuto svolgere la propria attività, in conformità alle prescrizioni derivanti dal progetto di fruizione eco-compatibile del sito protetto. Non gradiva, in particolar modo, il fatto di doversi accontentare dell’alimentazione elettrica a pannelli solari e di doversi limitare a svolgere la sua attività commerciale negli angusti spazi della struttura in legno realizzata con i fondi del Ministero dell’Ambiente (cfr. verbale dell’udienza del 20.01.2011, teste N.G.;verbale dell’udienza del 04.10.2012, teste D.M.A.M.).

Si è visto che la convenzione stipulata nel 2007 con il Comune di Lampedusa, nell’ottica del contemperamento delle esigenze di tutela ambientale, prevedeva limiti anche incisivi al tipo di prodotti che potevano essere preparati e venduti presso il punto di ristoro, nonché agli orari di apertura del medesimo. E se il vincolo costituito dal divieto di fonti di alimentazione elettrica, diverse dai pannelli solari, era stato in qualche modo aggirato, per l’estate del 2007, a causa della sostanziale indisponibilità della struttura in legno, permanevano, comunque, quelli relativi alla piccolezza dì quest’ultima, nonché quelli derivanti dalle altre prescrizioni del capitolato. Con l’avvento della stagione estiva 2008, essendo stata ultimata la struttura in legno, il C. avrebbe, poi, dovuto fare a meno della possibilità di svolgere la sua attività nel camion, posizionato sulla sede stradale e di avvalersi dell’ausilio di un gruppo elettrogeno per la produzione di energia.

Tanto la teste N., quanto il teste D.M. hanno riferito di specifici episodi relativi ad incontri promossi dallo stesso Sindaco D.R., nei quali costituiva oggetto di discussione il modo in cui sarebbe stato possibile soddisfare le richieste avanzate dal C. F., in ordine alle modalità di espletamento dei servizi da lui gestiti presso la spiaggia dell’Isola dei Conigli. La teste N., in particolare, ha dichiarato: “il Sindaco D.R. mi convocò nella sua stanza, alla presenza di C. F., del Direttore dell’area marina protetta, S. e della moglie del C. F., per dirmi che nonostante si fosse aggiudicato il bar, che però la struttura era piccola, che il canone era elevato, tutta una serie di cose” (cfr. verbale dell’udienza del 20.10.2011, teste N. G.) . Il teste D.M. ha raccontato, invece, di un altro incontro, successivo ai fatti per cui è processo: “Finisce l’autunno, giugno del 2010, mentre siamo ad una riunione col Sindaco di Lampedusa per altre questioni, lui, parlando dell’Isola dei Conigli, “Ma lì che dobbiamo fare per i signori C.? Devono andare all’Isola dei Conigli a vendere gli ombrelloni” (cfr. verbale dell’udienza del 04.10.2012, teste D.M.A.M.).

Non si può dubitare che l’intervento preventivato dal Sindaco D.R., con le ordinanze del luglio 2008,avrebbe arrecato dei grossi vantaggi al C. F.. A prescindere dal fatto che l’ordinanza del 12.07.200S sia stata, poi, dallo stesso Sindaco ritirata, in pendenza del giudizio amministrativo per l’annullamento della stessa, intentato da Legambiente, è evidente che dai due atti traspare l’intento del primo cittadino di Lampedusa di potenziare il servizio di ristoro esistente presso la località dell’Isola dei Conigli, trasformandolo dal piccolo bar, inserito nella struttura eco-compatibile assentita dall’ente gestore della Riserva, in un vero e proprio piccolo ristorante dotato di alimentazione elettrica ad alla tensione, di una pedana in legno ad esclusivo servizio per allocarvi tavoli e sedie, nonché di un’ampia area di parcheggio circostante e di servizi collaterali, quali docce alimentate da apposite vasche di accumulo per l’acqua. Se questo era il progetto complessivo, quale si può evincere dal combinato disposto delle due ordinanze, poco importa, per quel che riguarda l’accertamento del dolo che avrebbe animato l’illecita condotta del Sindaco, che, in concreto, il vantaggio conseguito dal C. sia stato ridotto, per effetto delle iniziative giudiziarie intraprese dall’ente gestore della Riserva. Sembra chiaro, infatti, che l’intento del Sindaco non era certamente solo quello di risolvere i problemi del traffico, realizzando un parcheggio, in quanto, rispetto a tale finalità, del tutto superflua, se non addirittura controproducente, si presentava il realizzato potenziamento del punto di ristoro. Tale iniziativa appare, invece, proprio venire incontro alle lamentele esplicitate anche in pubblico dallo stesso C..

Quest’ultimo, poi, anche a seguito dei più limitati interventi, in concreto realizzati in esecuzione dell’ordinanza del 04 luglio 2008, ha, comunque, conseguito degli indubbi vantaggi. Rispetto alle prescrizioni contenute nel capitolato disciplinante la gestione dei servizi connessi alla balneazione presso la spiaggia dell’Isola dei Conigli, il quale come si è detto imponeva delle limitazioni pesanti, ma ritenute necessarie alla tutela dei vincoli ambientali e paesaggistici insistenti su tale area, l’ordinanza del Sindaco D.R. assicurava, comunque, al C. di poter continuare a svolgere la sua attività nel camion, anziché nella struttura in legno e, quindi, dì poter usufruire dell’alimentazione elettrica, quanto meno tramite il gruppo elettrogeno, piuttosto che attraverso i pannelli foto-voltaici.

La serie di attrezzature create intorno al punto di ristoro, dal parcheggio alla pedana in legno, dal servizio di docce alle piante decorative poneva inoltre evidentemente le condizioni per un potenziamento dell’attività commerciale, la quale sarebbe stata certamente in grado di intercettare un maggior numero di turisti.

Quanto riferito dai testi D.M. e N., in ordine alla contrarietà di tali interventi rispetto agli obiettivi di tutela ambientale, connessi ai vincoli esistenti nella zona è sufficiente ad apprezzare l’ingiustizia di tale vantaggio: il maggior afflusso di turisti mentre garantiva maggiori introiti alla ditta del C., vanificava le azioni perseguite dall’associazione Legambiente per decongestionare la zona e promuovere delle forme di turismo eco-sostenibili.

Verificata la sussistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale di abuso di ufficio e richiamate le argomentazioni in precedenza svolte in ordine agli altri due reati a lui ascritti, deve essere, quindi, affermata la colpevolezza dell’imputato D.R. in ordine a tutte e tre le accuse mosse nei suoi confronti.

I tre reati, apparendo chiaramente il frutto di una deliberazione antidoverosa unitaria, devono considerarsi avvinti dal vincolo della continuazione.

Ai fini del trattamento sanzionatorio da applicare al predetto imputato, quale conseguenza del riconoscimento della sua penale responsabilità, il reato più grave deve essere individuato nella fattispecie delittuosa di cui al capo b) dell’imputazione.

All’imputato possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche, al fine di tenere conto del fatto che, sia pur in maniera illegittima ed abusiva, egli abbia cercato, comunque, anche di ovviare ad un oggettivo problema esistente sull’isola.

Tali circostanze potranno essere, nel giudizio di bilanciamento, considerate equivalenti alle contestate aggravanti, sicché la pena che si ritiene congruo irrogare è pari a quella di un anno di reclusione.

Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

La considerazione della condizione di incensurato, quale emerge dal certificato del Casellario Giudiziale, consente di formulare in termini positivi il giudizio di prognosi circa il fatto che il D.R. si asterrà in futuro dal commettere ulteriori reati, Al condannato potrà essere perciò concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena come sopra inflitta, nei termini ed alle condizioni di cui agli artt. 163 e ss. c.p.

Per quanto riguarda gli altri due imputati, G. G. e C. S., le considerazioni in precedenza svolte, in ordine alla loro colpevolezza per i reati di cui ai capi a) e b) dell’imputazione, loro ascritti, non esclude la possibilità di tenere conto del ruolo minore dagli stessi svolto nell’intera vicenda, concedendo agli stessi, per tale ragione, le circostanze attenuanti generiche.

Anche in questo caso i reati di cui gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli devono considerarsi avvinti dal vincolo della continuazione. Reato più grave è, anche in tal caso, il delitto dí cui al capo b) dell’imputazione. Le circostanze aggravanti generiche concesse potranno considerarsi prevalenti sull’aggravante che, in relazione a tale capo d’imputazione, è stata contestata in relazione all’art. 61 n. 2 c.p.

La pena alla quale si ritiene che gli imputati G. e C. debbano essere, conclusivamente, condannati per effetto del riconoscimento della loro penale responsabilità è, dunque, quella di nove mesi ciascuno di reclusione.

Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

Anche in questo caso, sussistono i presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, nei termini ed alle condizioni di cui agli artt. 163 e ss. c.p.

Alla stregua del disposto dell’art. 181, comma 2, D.Lgs. n. 42/2004, il riconoscimento della penale responsabilità di tutti e tre gli imputati, in ordine al delitto previsto da tale norma, in relazione ad interventi abusivi realizzati su beni di rilevanza paesaggistica, che siano stati riconosciuti di rilevante interesse pubblico, comporta l’applicazione della sanzione accessoria, consistente nella condanna alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi. All’adempimento di tale onere dovrà, peraltro, essere condizionata la concessione, nei confronti del C., del beneficio della sospensione condizionale della pena principale, come sopra inflitta. Tale soggetto, infatti, risulta gravato da precedenti penali ed ha già usufruito in passato una volta dello stesso beneficio.

A questo punto deve essere esaminata la richiesta risarcitoria avanzata dalla parte civile, Legambiente, nel presente procedimento. La facoltà delle associazioni ambientaliste di costituirsi parte civile nei procedimenti per reati ambientali è stata riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità, con orientamento ormai costante e pressoché indiscusso. Superata la posizione assunta con alcune pronunce minoritarie e risalenti che, interpretando in maniera restrittiva la disciplina specialistica (oggi in parte abrogata e costituita dalla Legge n. 349/1986 e dall’art. 9, comma 3, del D.Lgs. n. 267/2000), escludevano tale prerogativa, riconoscendo a questi organismi unicamente la possibilità di intervenire nel processo penale, a sostegno delle ragioni della persona offesa ed a fianco della pubblica accusa, con i poteri di cui all’art. 91 c.p.p., salva la possibilità per le stesse, ove normativamente riconosciute, di surrogarsi agli enti territoriali nell’azione, a questi ultimi spettante, per il risarcimento del danno ambientale, da tempo sì è, invece, affermato un diverso orientamento che, facendo leva sui principi generali. di matrice normativa e giurisprudenziale, in materia di risarcimento del danno, ammette che le associazione ambientaliste possano esercitare, anche in sede penale, l’azione civile risarcitoria, in relazione ai pregiudizi, di natura patrimoniale e non, subiti in conseguenza delle condotte penalmente perseguite (Cass. n. 19883/2009, Rv. 243720). In particolare, si è affermato che la salubrità dell’ambiente costituisce un bene giuridico complesso, che si caratterizza per il fatto di assumere rilevanza a diversi livelli di interesse e perciò, se lo Stato e gli Enti Locali, immedesimandosi negli stessi territori danneggiati dalle condotte illecite, sono gli esclusivi titolari dell’azione risarcitoria, volta al ristoro dei pregiudizi di natura pubblicistica, si ammette anche l’esistenza di profili di rilevanza sociale ed individuale del degrado ambientale, in relazione ai quali i rispettivi titolari hanno diritto ad ottenere tutela giurisdizionale (crf., tra molte, Cass. n. 20681/2007, Rv. 236779; Cass. n. 14828/2010, Rv. 246812). Le pronunce che, valorizzando tali aspetti de] danno ambientale, hanno riconosciuto la legittimazione a costituirsi parte civile delle associazioni ambientaliste hanno fatto leva sui risultati delle elaborazioni della giurisprudenza amministrativa in materia dì distinzione tra interessi diffusi ed interessi collettivi e di individuazione delle condizioni in presenza delle quali questi ultimi possono ottenere tutela giurisdizionale. “Non possono costituirsi parte civili le associazioni portatrici di interessi meramente diffusi – comuni a più persone e non passibili di appropriazione individuale – che non sono suscettibili di tutela giurisdizionale; al fine che rileva, necessita che le associazioni siano esponenziali di interessi ambientali concretamente individualizzati, cioè, di interessi collettivi legittimi (ex plurimis Sezione terza sentenza 33887/2006). Pertanto, non sono legittimati a costituirsi parte civile gli enti e le associazioni quando l’interesse perseguito sia quello genericamente inteso all’ambiente o, comunque, un interesse che, per essere caratterizzato da un mero collegamento con quello pubblico, resta diffuso e, come tale, non proprio del sodalizio e non risarcibile. Quando, invece, l’interesse allo ambiente non rimane una categoria astratta, ma si concretizza in una realtà storica di cui il sodalizio ha fatto il proprio scopo, esso cessa di essere comune alla generalità dei consociati. In questo caso, le associazioni sono centri di tutela e di imputazione dell’interesse collettivo all’ambiente che, in tale modo, cessa di essere diffuso e diviene soggettivizzato e personificato”. Più in particolare, sono stati individuati alcuni. requisiti, in presenza dei quali l’associazione può ritenersi legittimata in via autonoma e principale alla azione di risarcimento per il danno ambientale: affinché “una associazione possa essere considerata esponenziale di un interesse della collettività, in cui si trova il bene oggetto di protezione, necessita che abbia come fine essenziale statutario la tutela dello ambiente, sia radicata nel territorio anche attraverso sedi sociali, sia rappresentativa di un gruppo significativo di consociati, abbia dato prova di continuità del suo contributo a difesa del territorio” (Cass, n. 14828/2010, cit.). Con specifico riguardo al danno, di cui le associazioni ambientaliste possono richiedere il risarcimento, costituendosi parte civile nei processi penali per reati ambientali, le pronunce della Corte di Cassazione sopra citate hanno, in più occasioni, ribadito che lo stesso può astrattamente configurarsi come “una lesione di un diritto di natura patrimonale (ad esempio, per i costi sostenuti nello svolgimento della attività dirette ad impedire pregiudizio al territorio o per la propaganda) o non patrimoniale (ad esempio, attinente alla personalità del sodalizio per il discredito derivante dal mancato raggiungimento dei fini istituzionali che potrebbe indurre gli associati a privare Pente del loro sostegno personale e finanziario)” (Cass. n. 46746/2004; Cass. n. 20681/2007, cit.).

Nel caso di specie, l’associazione Legambiente, notoriamente una più importanti e rappresentative a livello nazionale tra quelle ambientaliste, risulta anche essere investita istituzionalmente del ruolo di ente gestore della R.N.O., rispetto alle cui finalità si sono ampiamente evidenziati, in precedenza, i profili di lesività contenuti nelle condotte poste in essere dagli imputati. Il ruolo concretamente svolto nel portare alla luce la vicenda oggetto del presente procedimento e nel promuovere l’intervento dell’Autorità giudiziaria in merito alla stessa togli ogni dubbio circa l’esistenza in concreto di un diritto della stessa associazione al risarcimento del danno apportato dalle condotte degli imputati sia rispetto ai fini statutari dell’ente sia rispetto all’immagine ed alla credibilità che l’associazione stessa può vantare quale soggetto esponenziale degli interessi ambientalistici. Deve essere, pertanto, riconosciuto il diritto della parte civile ad ottenere il risarcimento del danno di natura non patrimoniale allegato, la cui liquidazione, in base a criteri equitativi, può determinarsi nella misura dì euro 30.000,00, oltre interessi dalla data della presente decisione fino al soddisfo, al cui pagamento gli imputati devono essere condannati, in solido.

Segue per legge l’ulteriore condanna degli imputati in solido alla refusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente giudizio, da liquidarsi nella complessiva cifra di euro 6.700,00, oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge. Tale somma, essendo stata la parte civile ammessa al gratuito patrocinio, dovrà distrarsi a favore dello Stato, che le suddette spese ha anticipato, limitatamente alla somma di euro 1.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A., pari a quelle che si stima siano state sopportate dalla data in cui è intervenuta l’ammissione al predetto beneficio.


P.Q.M.

Visti ali artt. 533 e 535 c.p.p.,

DICHIARA

D.R. B. colpevole dei reati a lui ascritti e unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione, ritenuto più grave il reato di cui al capo b), previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visti gli artt. 163 e ss. c.p.
ordina che la pena rimanga sospesa neí termini ed alle condizioni di legge. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,

DICHIARA

G. G. e C. S. colpevoli dei reati loro ascritti e unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione, ritenuto più grave  il reato di cui al capo b), previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, li condanna ciascuno alla pena di nove mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visti gli artt. 163 e ss. c.p.
ordina che la pena rimanga sospesa nei termini ed alle condizioni di legge.
Subordina il predetto beneficio alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi.
Visto l’art. 181, comma 2, D.Lgs. n. 42/2004,
ordina la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese dei condannati. Ordina che copia della sentenza sia trasmessa alla Regione Sicilia ed al Comune di Lampedusa e Linosa.
Visto l’ art. 538 c.p.p.,
condanna gli imputati, in solido tra loro, al risarcimento del danno arrecato alla parte civile, che sí liquida in euro 30.000,00, oltre interessi dalla data della presente sentenza fino al saldo;
Visti gli alt, 541 c.p.p. e 110 D.P.R. 115/2002,
condanna altresì gli imputati, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 6.700,00, oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge, da distrarsi in favore dello Stato a decorrere dalla data di ammissione della parte civile al gratuito patrocinio e, dunque, limitatamente alla somma di euro 1.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A..
Visto l’art. 544 e. 3 c.p.p.,
indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione. Agrigento, 18.04.2013

IL GIUDICE ESTENSORE   
Chiara Minerva

IL PRESIDENTE
Giuseppe Melisenda Giambertoni

TRIBUNALE DI AGRIGENTO
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Agrigento, lì 16.09.2013

IL CANCELLIERE
ANTONIO COSENTINO
 

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