Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto urbanistico - edilizia, Pubblica amministrazione Numero: 38004 | Data di udienza: 16 Maggio 2013

DIRITTO URBANISTICO – Nozione di veranda in senso tecnico-giuridico – Esigenze temporanee e contingenti con successiva rimozione – Orientamento conforme giurisprudenziale penale e amministrativo – Artt. 3, 36 e 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001Art. 184 d.Lgs. n. 42/2004 – Nozione di “pertinenza urbanistica” – Peculiarità – Rapporto di subordinazione e di servizio con una costruzione preesistente – C.d. strumentalità funzionale – Fattispecie: ampliamento di un edificio – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Rilascio del permesso di costruire in sanatoria – Attività vincolata della P.A. – Reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche – Declaratoria di estinzione – Giudice penale potere-dovere di verifica della legittimità – Effetti – Inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’estinzione del reato – art. 36 e 45 T.U.E. n. 380/2001 – Art. 5 L. 20.3.1865, n. 2248, all. E) – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Autorizzazione paesaggistica – Successiva alla realizzazione dei lavori – Interventi minori  – Valutazione postuma – Artt. 146, 167 e 181 d.Lgs. n. 42/2004 – Art. unico c. 36 L. n. 308/2004.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 17 Settembre 2013
Numero: 38004
Data di udienza: 16 Maggio 2013
Presidente: Fiale
Estensore: Carreca


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – Nozione di veranda in senso tecnico-giuridico – Esigenze temporanee e contingenti con successiva rimozione – Orientamento conforme giurisprudenziale penale e amministrativo – Artt. 3, 36 e 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001Art. 184 d.Lgs. n. 42/2004 – Nozione di “pertinenza urbanistica” – Peculiarità – Rapporto di subordinazione e di servizio con una costruzione preesistente – C.d. strumentalità funzionale – Fattispecie: ampliamento di un edificio – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Rilascio del permesso di costruire in sanatoria – Attività vincolata della P.A. – Reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche – Declaratoria di estinzione – Giudice penale potere-dovere di verifica della legittimità – Effetti – Inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’estinzione del reato – art. 36 e 45 T.U.E. n. 380/2001 – Art. 5 L. 20.3.1865, n. 2248, all. E) – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Autorizzazione paesaggistica – Successiva alla realizzazione dei lavori – Interventi minori  – Valutazione postuma – Artt. 146, 167 e 181 d.Lgs. n. 42/2004 – Art. unico c. 36 L. n. 308/2004.



Massima

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3° 17 Settembre 2013 (Ud. 16/05/2013) Sentenza n. 38004

DIRITTO URBANISTICO – Nozione di veranda in senso tecnico-giuridico – Esigenze temporanee e contingenti con successiva rimozione – Orientamento conforme giurisprudenziale penale e amministrativo – Artt. 36 e 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001Art. 184 d.Lgs. n. 42/2004.
 
Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile. Sicché, la realizzazione di una veranda, anche mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica od altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a permesso di costruire ( Cass., Sez. III: 18.9.2007, n. 35011, Camarda; 28.10.2004, D’Amelio; 27.3.2000, n. 3879, Spaventi). Il medesimo orientamento si rinviene nelle decisioni dei giudici amministrativi (vedi Cons. Stato, Sez. V: 8.4.1999, n. 394 e 22.7.1992, n. 675, nonché Cons. giust. amm. sic., Sez. riunite, 15.10.1991, n. 345).
 
(annulla con rinvio sentenza n. 1086/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del 22/06/2012) Pres. Squassoni, Est. Fiale, Ric. Carreca
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Nozione di “pertinenza urbanistica” – Peculiarità – Rapporto di subordinazione e di servizio con una costruzione preesistente – C.d. strumentalità funzionale – Fattispecie: ampliamento di un edificio.
 
La nozione di “pertinenza urbanistica” ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un’opera preordinata ad un’oggettiva esigenza di un edificio principale, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell’edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede. Il durevole rapporto di subordinazione deve instaurarsi con una costruzione preesistente e la relazione con detta costruzione deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma “di servizio”, allo scopo di renderne più agevole e funzionale l’uso (carattere di strumentalità funzionale), sicché non può ricondursi alla nozione in esame l’ampliamento di un edificio che costituisce parte di esso quale elemento che attiene all’essenza dell’immobile e lo completa affinché soddisfi ai bisogni cui è destinato (vedi Cass., Sez. III: 16.3.2010, n. 20349, Catania; 11.5.2005, Gricia; 17.1.2003, Chiappalone).
 
(annulla con rinvio sentenza n. 1086/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del 22/06/2012) Pres. Squassoni, Est. Fiale, Ric. Carreca
 
 
DIRITTO URBANISTICO – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Rilascio del permesso di costruire in sanatoria – Attività vincolata della P.A. – Reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche – Declaratoria di estinzione – Giudice penale potere-dovere di verifica della legittimità – Effetti – Inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’estinzione del reato – Art. 36 e 45 T.U.E. n. 380/2001 – Art. 5 L. 20.3.1865, n. 2248, all. E).
 
Gli artt. 36 e 45 del T.U. n. 380/2001 vanno interpretati in stretta connessione ai fini della declaratoria di estinzione dei “reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti” e il giudice penale, pertanto, ha il potere-dovere di verificare la legittimità del titolo edilizio rilasciato “in sanatoria” e di accertare che l’opera realizzata sia conforme alla normativa urbanistica. In mancanza di tale conformità, infatti, non si produce l’estinzione dei reati ed il mancato effetto estintivo non si ricollega ad una valutazione di illegittimità del provvedimento della P.A. cui consegua la disapplicazione dello stesso ex art. 5 della legge 20.3.1865, n. 2248, all. E), bensì alla effettuata verifica della inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’estinzione del reato in sede di esercizio del doveroso sindacato della legittimità del fatto estintivo incidente sulla fattispecie tipica penale (vedi Cass., Sez. III: 30.5.2000, Marinaro; 7.3.1997, n. 2256, Tessari e altro; 24.5.1996, Buratti e altro). Ai fini del corretto esercizio di tale controllo deve ricordarsi che si pone quale presupposto indispensabile, per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del T.U. n. 380/2001, la necessità che l’intervento sia “conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”. Inoltre, il rilascio del provvedimento sanante consegue ad un’attività vincolata della P.A., consistente nell’applicazione alla fattispecie concreta di previsioni legislative ed urbanistiche a formulazione compiuta e non elastica, che non lasciano all’Amministrazione medesima spazi per valutazioni di ordine discrezionale.
 
(annulla con rinvio sentenza n. 1086/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del 22/06/2012) Pres. Squassoni, Est. Fiale, Ric. Carreca
 
 
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Autorizzazione paesaggistica – Successiva alla realizzazione dei lavori – Interventi minori  – Valutazione postuma – Artt. 146, 167 e 181 d.Lgs. n. 42/2004 – Art. unico c. 36 L. n. 308/2004.
 
Il comma 36 dell’articolo unico della legge n. 308/2004 [con previsioni trasfuse nei commi i ter e quater dell’art. 181 del d.Lgs. n. 42/2004 e, successivamente, nei commi 4 e 5 dell’art. 167] – contrastando con il principio (enunciato dall’art. 146 del d.Lgs. n. 42/2004 fino dalla sua formulazione originaria) dell’impossibilità di rilascio di una autorizzazione paesaggistica successiva alla realizzazione dei lavori – ha introdotto la possibilità di una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori, all’esito della quale – pur restando ferma l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 167 del d.Lgs. n. 42/2004 – non si applicano le sanzioni penali stabilite per il reato contravvenzionale contemplato dal 1° comma dell’art. 181 dello stesso d.Lgs. n. 42/2004.
 
(annulla con rinvio sentenza n. 1086/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del 22/06/2012) Pres. Squassoni, Est. Fiale, Ric. Carreca
 
 
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Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3° 17 Settembre 2013 (Ud. 16/05/2013) Sentenza n. 38004

SENTENZA

 

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. CLAUDIA SQUASSONI – Presidente
Dott. ALDO FIALE – Consigliere Rel.
Dott. GUICLA MULLIRI – Consigliere
Dott. GIULIO SARNO – Consigliere  
Dott. LORENZO ORILIA – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da CARRECA GIUSEPPE N. IL 18/02/1958
avverso la sentenza n. 1086/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del 22/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/05/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. E.D. che ha concluso per
la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Uditi difensor Avv. Simone Failla, Sostituto processuale dell’Avv.to Vincenzo Caponnetto, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 22.6.2012, ha confermato la sentenza 13.10.2010 del Tribunale di Agrigento, che aveva affermato la responsabilità penale di Carreca Giuseppe in ordine ai reati di cui:
– all’art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001 (per avere realizzato in zona assoggettata a vincolo archeologico e paesaggistico, in assenza del prescritto permesso di costruire: una tettoia in legno di circa 10 mq., l’ampliamento di una veranda con chiusura in vetrate, la copertura in legno di un pergolato e la chiusura parziale di esso con vetrate – acc. in Agrigento il 15.5.2009);
– all’art. 184 d.Lgs. n. 42/2004 (per avere realizzato le opere anzidette in assenza del preventivo nulla osta dell’autorità preposta alla tutela del vincolo)
e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, ritenuto il concorso formale, lo aveva condannato alla pena complessiva di mesi due di arresto ed euro 25.000,00 di ammenda, ordinando il ripristino dello stato dei luoghi mediante demolizione delle opere abusive e concedendo il beneficio della sospensione condizionale.
 
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore del Carreca, il quale – sotto il profilo della violazione di legge – ha eccepito:
– la illegittimità del mancato riconoscimento della natura pertinenziale delle opere realizzate;
– l’erronea disapplicazione dell’art. 20 della legge regionale n. 4/2003;
– l’intervenuta estinzione dei reati per l’intervenuto successivo rilascio della concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del T.U. n. 380/2001 e del provvedimento dì accertata compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 181, comma 1 ter, del d.Lgs. n. 42/2004.
 
Il difensore dell’imputato, in data 7.5.2013, ha depositato “autorizzazione edilizia in sanatoria” rilasciata a Silvia Micciché, ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, dal Comune di Agrigento in data 26.9.2012, nella quale si fa riferimento ad un “accertamento di compatibilità paesaggistica” rilasciato dalla competente Soprintendenza in data 12.6.2012.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. I primi due motivi di ricorso sono infondati.
 
1.1 La nozione di “pertinenza urbanistica” [vedi, ad esempio, Cass., Sez. III: 16.10.2008, n. 42738, Fusco; 20.3.2008, n. 25113, Castriciano; 9.12.2004, Bufano; 27.11.1997, Spanò] ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un’opera preordinata ad un’oggettiva esigenza di un edificio principale, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell’edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede.
Il durevole rapporto di subordinazione deve instaurarsi con una costruzione preesistente e la relazione con detta costruzione deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma “di servizio”, allo scopo di renderne più agevole e funzionale l’uso (carattere di strumentalità funzionale), sicché non può ricondursi alla nozione in esame l’ampliamento di un edificio che – come nella vicenda che ci occupa – costituisce parte di esso quale elemento che attiene all’essenza dell’immobile e lo completa affinché soddisfi ai bisogni cui è destinato (vedi Cass., Sez. III: 16.3.2010, n. 20349, Catania; 11.5.2005, Gricia; 17.1.2003, Chiappalone).
 
1.2 La giurisprudenza di questa Corte Suprema è costantemente orientata nel senso che la realizzazione di una veranda, anche mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica od altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a permesso di costruire (vedi, tra le molteplici pronunzie, Cass., Sez. III: 18.9.2007, n. 35011, Camarda; 28.10.2004, D’Amelio; 27.3.2000, n. 3879, Spaventi).
 
Il medesimo orientamento si rinviene nelle decisioni dei giudici amministrativi (vedi Cons. Stato, Sez. V: 8.4.1999, n. 394 e 22.7.1992, n. 675, nonché Cons. giust. amm. sic., Sez. riunite, 15.10.1991, n. 345).
In particolare, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile.
 
L’art. 20 della legge 16.4.2003, n. 4 della Regione Siciliana assoggetta ad un particolare regime di asseveramento:
a) “la chiusura di terrazze di collegamento e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie”;
b) la realizzazione di verande, definite come “chiusure o strutture precarie relative a qualunque superficie esistente su balconi, terrazze e anche tra fabbricati”;
c) la realizzazione di altre strutture, comunque denominate (a titolo esemplificativo si fa riferimento a tettoie, pensiline e gazebo), che vengono assimilate alle verande, a condizione che ricadano su aree private, siano realizzate con strutture precarie e siano aperte almeno da un lato.
 
La norma in esame dispone altresì che:
aa) gli interventi dianzi descritti non sono considerati aumento di superficie utile o di volume né modifica della sagoma della costruzione;
bb) “sono da considerare strutture precarie tutte quelle realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione”.
 
Le disposizioni regionali anzidette, procedendo alla identificazione in via di  eccezione di determinate opere precarie non soggette a permesso di costruire, privilegiano il “criterio strutturale” (la circostanza che le parti di cui la costruzione si compone siano facilmente rimovibili) a discapito di quello “funzionale” (l’uso realmente precario e temporaneo cui la costruzione è destinata).
 
Tali disposizioni, pertanto, non possono essere applicate al di fuori dei casi espressamente previsti [vedi Cass., Sez. III: 25.10.2007, Giangrasso; 18.9.2007, n. 35011, Camarda; 4.10.2006, n. 33039, P.M. in proc. Moltisanti] ed in relazione alle stesse, anche nella accentuazione del riferimento alle modalità costruttive ed alla stabilità materiale dei manufatti, deve rilevarsi che non possono comunque considerarsi “realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione” le opere di ampliamento poste in essere dall’imputato nella fattispecie in esame, stabilmente incorporate ai manufatti già esistenti sì da non potersi procedere alla separazione degli elementi successivamente inseriti se non incidendo sull’integrità degli stessi.
 
Esattamente i giudici del merito hanno affermato, pertanto, che i manufatti in esame restano al di fuori dell’area di applicazione dell’art. 20 della legge regionale n. 4/2003.
 
Detti manufatti, comunque, risultano totalmente difformi da quelli autorizzati dal Comune di Agrigento in data 2.1.2007 e della competente Soprintendenza in data 18.12.2006.
 
2. Il terzo motivo di ricorso, invece, è fondato.
 
2.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, gli artt. 36 e 45 del T.U. n. 380/2001 vanno interpretati in stretta connessione ai fini della declaratoria di estinzione dei “reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti” e il giudice penale, pertanto, ha il potere-dovere di verificare la legittimità del titolo edilizio rilasciato “in sanatoria” e di accertare che l’opera realizzata sia conforme alla normativa urbanistica.
In mancanza di tale conformità, infatti, non si produce l’estinzione dei reati ed il mancato effetto estintivo non si ricollega ad una valutazione di illegittimità del provvedimento della P.A. cui consegua la disapplicazione dello stesso ex art. 5 della legge 20.3.1865, n. 2248, all. E), bensì alla effettuata verifica della inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’estinzione del reato in sede di esercizio del doveroso sindacato della legittimità del fatto estintivo incidente sulla fattispecie tipica penale (vedi Cass., Sez. III: 30.5.2000, Marinaro; 7.3.1997, n. 2256, Tessari e altro; 24.5.1996, Buratti e altro).
 
Ai fini del corretto esercizio di tale controllo deve ricordarsi che si pone quale presupposto indispensabile, per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del T.U. n. 380/2001, la necessità che l’intervento sia “conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.
 
Il rilascio del provvedimento sanante, inoltre, consegue ad un’attività vincolata della P.A., consistente nell’applicazione alla fattispecie concreta di previsioni legislative ed urbanistiche a formulazione compiuta e non elastica, che non lasciano all’Amministrazione medesima spazi per valutazioni di ordine discrezionale.
 
2.2 Il comma 36 dell’articolo unico della legge n. 308/2004 [con previsioni trasfuse nei commi i ter e quater dell’art. 181 del d.Lgs. n. 42/2004 e, successivamente, nei commi 4 e 5 dell’art. 167] – contrastando con il principio (enunciato dall’art. 146 del d.Lgs. n. 42/2004 fino dalla sua formulazione originaria) dell’impossibilità di rilascio di una autorizzazione paesaggistica successiva alla realizzazione dei lavori – ha introdotto la possibilità di una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori, all’esito della quale – pur restando ferma l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 167 del d.Lgs. n. 42/2004 – non si applicano le sanzioni penali stabilite per il reato contravvenzionale contemplato dal 1° comma dell’art. 181 dello stesso d.Lgs. n. 42/2004.
 
Si tratta, in particolare:
– dei lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
– dell’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;
– dei lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ai sensi dell’art. 3 del T.U. n. 380/2001.
 
Nei casi anzidetti la non applicabilità delle sanzioni penali è subordinata all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento, “secondo le procedure di cui al comma 1 quater” dell’art. 181 del D.Lgs. n. 42/2004, introdotto dalla legge 15.12.2004, n. 308: deve essere presentata, in particolare, apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo e detta autorità deve pronunciarsi entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine, anch’esso perentorio, di 90 giorni.
 
2.3 Nella fattispecie in esame – tenuto conto delle disposizioni normative dianzi ricordate – si impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, affinché altra Sezione della Corte di merito valuti la legittimità: sia del provvedimento edilizio rilasciato – sotto il profilo della conformità alle previsioni legislative e pianificatorie vigenti anche con riferimento al rapporto plano-volumetrico di zona fissato dallo strumento urbanistico ed all’indice di edificabilità consentito – sia dell’effettuato accertamento di compatibilità paesaggistica con riferimento al puntuale rispetto delle previsioni di cui ai commi 1 ter e quater dell’art. 181 del d.Lgs. n. 42/2004.
 
P.Q.M.
 
annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo.
 
ROMA, 16.5.2013
 
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