Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Procedimento amministrativo, VIA VAS AIA Numero: 31 | Data di udienza: 12 Dicembre 2013

* VIA, VAS E AIA – VIA – Nozione – Comparazione tra il sacrificio ambientale e l’utilità socio-economica – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Conferenza di servizi – Assunzione della decisione – Criterio delle posizioni prevalenti – Disciplina del superamento del dissenso manifestato da un’amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili – Rimessione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri – Presupposto – Espressione di posizioni prevalenti favorevoli alla realizzazione dell’intervento.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Marche
Città: Ancona
Data di pubblicazione: 9 Gennaio 2014
Numero: 31
Data di udienza: 12 Dicembre 2013
Presidente: Morri
Estensore: Aprile


Premassima

* VIA, VAS E AIA – VIA – Nozione – Comparazione tra il sacrificio ambientale e l’utilità socio-economica – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Conferenza di servizi – Assunzione della decisione – Criterio delle posizioni prevalenti – Disciplina del superamento del dissenso manifestato da un’amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili – Rimessione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri – Presupposto – Espressione di posizioni prevalenti favorevoli alla realizzazione dell’intervento.



Massima

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 9 gennaio 2014, n.31


VIA, VAS E AIA – VIA – Nozione – Comparazione tra il sacrificio ambientale e l’utilità socio-economica.

l procedimento di valutazione di impatto ambientale si sostanzia in un confronto comparato tra il sacrificio ambientale imposto dal progetto e l’utilità socio-economica dallo stesso ritraibile, tenuto conto delle alternative praticabili, fino alla c.d. “opzione zero”. Il modello procedimentale di V.I.A. vigente nel nostro ordinamento impone all’autorità procedente di esplicitare le ragioni sulla base delle quali è stata effettuata la comparazione tra i benefici dell’opera da un lato e, dall’altro, i potenziali impatti pregiudizievoli per l’ambiente da essa rivenienti, tenuto conto dei contributi istruttori acquisiti nel procedimento.


Pres. f.f. Morri, Est. Aprile – M. s.r.l. (avv.ti Bucello, Viola e Piccinini) c. Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e altri (Avv. Stato), Regione Marche (avv. De Bellis), Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche e altri (avv.ti Manuali e Iannotti)

 

VIA, VAS E AIA – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Conferenza di servizi – Assunzione della decisione – Criterio delle posizioni prevalenti – Disciplina del superamento del dissenso manifestato da un’amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili.

Il criterio dell’assunzione di una decisione in sede di conferenza di servizi è oggi, per effetto della novella introdotta dalla legge n° 15/2005 e del d.l. n° 78/2010, convertito in legge n° 122/2010, insito nella ponderazione delle posizioni prevalenti emerse dal confronto degli interessi pubblici coinvolti. La scelta legislativa del criterio decisionale delle “posizioni prevalenti” si è fondata sull’esigenza di risolvere alcune criticità determinate dalla rigida applicazione del previgente principio della decisione a maggioranza, il cui automatismo non consentiva di distinguere le posizioni espresse dalle amministrazioni chiamate a partecipare ad una conferenza di servizi, in relazione alla rilevanza dell’interesse pubblico di cui ciascuna di esse è portatrice, sia sotto il profilo del rango costituzionale dell’interesse, sia sotto il profilo del grado di coinvolgimento dello stesso nella vicenda amministrativa concreta. La medesima ratio legis ha ispirato la disciplina del superamento del dissenso espresso in seno alla conferenza di servizi, anche laddove il dissenso sia stato manifestato da un’amministrazione preposta alla tutela di “interessi sensibili”, quali la tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, la tutela del patrimonio storico-artistico, la tutela della salute e della pubblica incolumità.

Pres. f.f. Morri, Est. Aprile – M. s.r.l. (avv.ti Bucello, Viola e Piccinini) c. Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e altri (Avv. Stato), Regione Marche (avv. De Bellis), Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche e altri (avv.ti Manuali e Iannotti)

VIA, VAS E AIA – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Conferenza di servizi – Amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili – Superamento del dissenso – Rimessione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri – Presupposto – Espressione di posizioni prevalenti favorevoli alla realizzazione dell’intervento.

Il principio dell’insussistenza di alcun potere di veto, nemmeno in capo alle autorità preposte alla tutela di “interessi sensibili”, costituisce il fondamento della disciplina di cui all’art. 14-quater della legge n° 241/1990, in base alla quale il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, alla tutela del patrimonio storico-artistico, alla tutela della salute e della pubblica incolumità dev’essere motivato, pertinente e costruttivo e non può, comunque, risolversi in un elemento di per sé ostativo all’assunzione di una decisione favorevole. Il menzionato art. 14-quater contempla la procedura apprestata dall’ordinamento per il superamento del dissenso espresso da un’amministrazione preposta al perseguimento di “interessi sensibili”, mediante la rimessione della questione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri. Presupposto della rimessione della questione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri è che in seno alla conferenza di servizi siano state espresse posizioni prevalenti in senso favorevole alla realizzazione di un determinato intervento, rispetto alle quali la posizione di una delle autorità preposte alla tutela di interessi sensibili sia in contrasto. Per converso, laddove le posizioni prevalenti formatesi in seno alla conferenza di servizi siano motivatamente ostative alla realizzazione dell’impianto, il parere negativo espresso dall’autorità preposta alla tutela paesaggistica e del patrimonio storico-artistico non configura il presupposto della rimessione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, non sussistendo un contrasto di posizioni suscettibile, in considerazione del dissenso “qualificato”, di determinare un blocco decisionale, la cui soluzione debba essere demandata al Consiglio dei Ministri previa intesa con la Regione o le Regioni interessate, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, ovvero, in mancanza di intesa, nell’esercizio dei poteri sostitutivi.


Pres. f.f. Morri, Est. Aprile – M. s.r.l. (avv.ti Bucello, Viola e Piccinini) c. Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e altri (Avv. Stato), Regione Marche (avv. De Bellis), Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche e altri (avv.ti Manuali e Iannotti)


Allegato


Titolo Completo

TAR MARCHE, Sez. 1^ - 9 gennaio 2014, n.31

SENTENZA

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 9 gennaio 2014, n.31

N. 00031/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00097/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 97 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Mtre s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Bucello, Simona Viola, Alessandra Piccinini, con domicilio eletto presso l’avv. Francesca Del Borrello in Ancona, via Alberto Caucci, 10;

contro

Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali, in persona del Ministro pro tempore,
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Marche, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio dell’ Umbria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in Ancona, piazza Cavour, 29;
Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Pasquale De Bellis, con domicilio eletto presso il Servizio Legale della Regione Marche in Ancona, piazza Cavour, 23;
Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche; Comunita’ Montana Alta Umbria; Comunita’ Montana Esino-Frasassi, Comune di Fabriano;
Regione Umbria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Paola Manuali, Casimiro Iannotti, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Comitato per la Tutela di Campodiegoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Raffaela Mazzi, con domicilio eletto presso l’avv. Alberto Cucchieri in Ancona, corso Mazzini, 148;

per l’annullamento

del verbale della conferenza di servizi del 4 dicembre 2012 e degli atti di valutazione dell’impatto ambientale e paesaggistico del parco eolico di cui al progetto presentato dalla società ricorrente

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Marche, del Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali, della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria, della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Marche, della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paeaggio dell’ Umbria e della Regione Umbria;
Visto l’atto di intervento ad opponendum del Comitato per la tutela di Campodiegoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Primo Referendario Francesca Aprile nell’udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2013 e uditi per le parti i difensori, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso, principale e per motivi aggiunti, in epigrafe, è stato impugnato il verbale della conferenza di servizi del 4 dicembre 2012, concernente la valutazione di impatto ambientale del progetto per la realizzazione di un parco eolico in località “Monte della Rocca” nel Comune di Fabriano, nonché gli atti con i quali sono state espresse le valutazioni di competenza delle amministrazioni coinvolte.

Per resistere al ricorso, si è costituita in giudizio la Regione Marche, che, con memoria e documenti, ne ha eccepito l’irricevibilità, inammissibilità ed improcedibilità e ne ha domandato, comunque, il rigetto, vinte le spese.

Si è costituito in giudizio il Ministero per i Beni e le attività culturali, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Marche, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio dell’ Umbria, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, che, con memoria e documenti, ha chiesto respingersi il ricorso siccome infondato, vinte le spese.

Si è costituita, altresì, la Regione Umbria, che, con memoria e documenti, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso e ne ha domandato il rigetto, vinte le spese.

Ha svolto intervento ad opponendum il Comitato per la tutela di Campodiegoli, che ha domandato il rigetto del ricorso per infondatezza, vinte le spese.

Con ordinanza cautelare n° 99/2013, è stata fissata l’udienza pubblica per la trattazione di merito del ricorso.

Alla pubblica udienza del 12 dicembre 2013, sentiti i difensori delle parti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto per essere deciso.

DIRITTO

Preliminarmente, dev’essere esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’intervento ad opponendum svolto dal Comitato per la tutela di Campodiegoli, sollevata con memoria difensiva della società ricorrente, depositata in vista dell’udienza pubblica di discussione del ricorso.

Ai sensi dell’art. 28, secondo comma, del codice del processo amministrativo, “chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall’esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire”, con la precisazione che, in tale fattispecie, l’interveniente accetta lo stato e il grado in cui il giudizio si trova.

L’intervento adesivo dipendente non richiede la lesione di un interesse giuridicamente rilevante, potendo essere svolto per far valere un interesse di mero fatto, sul quale si riverberano indirettamente gli effetti dei provvedimenti impugnati con il ricorso giurisdizionale.

L’interveniente adesivo dipendente non può proporre un’autonoma domanda di tutela giurisdizionale, né nuovi motivi di impugnazione, non potendo ampliare il thema decidendum definito dalle domande azionate dalle parti del giudizio.

Per tali ragioni, in applicazione dei principi summenzionati e nei limiti suindicati, l’odierno intervento ad opponendum è da dichiararsi ammissibile.

Nel merito, il ricorso è infondato, il che esime il Collegio dal pronunciare sulle eccezioni sollevate dalle difese della Regione Marche e della Regione Umbria.

Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta violazione degli artt. 25 e 26 del d.lgs. n° 152/2006, violazione dell’art. 14-quater, terzo comma, della legge n° 241/1990, nonché eccesso di potere per travisamento, erroneità ed illogicità, sostenendo che “il novello comma 3 bis dell’art. 25 del codice dell’ambiente, oggi modificato dal d.lgs. n° 128/2010, conferisce esplicitamente all’Autorità competente all’adozione del provvedimento di V.I.A. una posizione di preminenza, attribuendole la possibilità di pervenire ad una conclusione favorevole anche in presenza di un parere negativo in materia ambientale”.

La doglianza è articolata, altresì, sull’asserita violazione dell’art. 14-quater, terzo comma, della legge n° 241/1990, argomentata sulla tesi che l’amministrazione procedente avrebbe dovuto esperire il meccanismo devolutivo alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, contemplato dall’invocato parametro normativo.

Le doglianze non possono trovare accoglimento.

Per ius receptum, il procedimento di valutazione di impatto ambientale si sostanzia in un confronto comparato tra il sacrificio ambientale imposto dal progetto e l’utilità socio-economica dallo stesso ritraibile, tenuto conto delle alternative praticabili, fino alla c.d. “opzione zero”.

Il modello procedimentale di V.I.A. vigente nel nostro ordinamento impone all’autorità procedente di esplicitare le ragioni sulla base delle quali è stata effettuata la comparazione tra i benefici dell’opera da un lato e, dall’altro, i potenziali impatti pregiudizievoli per l’ambiente da essa rivenienti, tenuto conto dei contributi istruttori acquisiti nel procedimento.

Nel caso di cui si controverte, l’atto impugnato, in uno agli atti dell’istruttoria procedimentale ivi richiamati, rende sufficiente contezza dei profili critici afferenti l’impatto ambientale del parco eolico individuato nel progetto presentato dalla società odierna ricorrente, nè può ritenersi che sia stata pretermessa la procedura decisionale prevista dall’art. 25 del codice dell’ambiente.

Per tali ragioni, le dedotte doglianze sono infondate.

Venendo alle doglianze con le quali si lamenta la mancata devoluzione della decisione al Consiglio dei Ministri, le stesse sono infondate per le seguenti ragioni.

Dev’essere osservato che il criterio dell’assunzione di una decisione in sede di conferenza di servizi è oggi, per effetto della novella introdotta dalla legge n° 15/2005 e del d.l. n° 78/2010, convertito in legge n° 122/2010, insito nella ponderazione delle posizioni prevalenti emerse dal confronto degli interessi pubblici coinvolti.

La scelta legislativa del criterio decisionale delle “posizioni prevalenti” si è fondata sull’esigenza di risolvere alcune criticità determinate dalla rigida applicazione del previgente principio della decisione a maggioranza, il cui automatismo non consentiva di distinguere le posizioni espresse dalle amministrazioni chiamate a partecipare ad una conferenza di servizi, in relazione alla rilevanza dell’interesse pubblico di cui ciascuna di esse è portatrice, sia sotto il profilo del rango costituzionale dell’interesse, sia sotto il profilo del grado di coinvolgimento dello stesso nella vicenda amministrativa concreta.

Altresì, il principio della decisione a maggioranza era stato dettato dal legislatore della legge n° 340/2000 in sostituzione della regola dell’unanimità, per l’impropria attribuzione che ne conseguiva di un potere di veto all’amministrazione dissenziente.

La medesima ratio legis ha ispirato la disciplina del superamento del dissenso espresso in seno alla conferenza di servizi, anche laddove il dissenso sia stato manifestato da un’amministrazione preposta alla tutela di “interessi sensibili”, quali la tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, la tutela del patrimonio storico-artistico, la tutela della salute e della pubblica incolumità.

Il principio dell’insussistenza di alcun potere di veto, nemmeno in capo alle autorità preposte alla tutela di “interessi sensibili”, costituisce il fondamento della disciplina di cui all’art. 14-quater della legge n° 241/1990, in base alla quale il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, alla tutela del patrimonio storico-artistico, alla tutela della salute e della pubblica incolumità dev’essere motivato, pertinente e costruttivo e non può, comunque, risolversi in un elemento di per sé ostativo all’assunzione di una decisione favorevole.

Il menzionato art. 14-quater contempla la procedura apprestata dall’ordinamento per il superamento del dissenso espresso da un’amministrazione preposta al perseguimento di “interessi sensibili”, mediante la rimessione della questione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Presupposto della rimessione della questione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri è che in seno alla conferenza di servizi siano state espresse posizioni prevalenti in senso favorevole alla realizzazione di un determinato intervento, rispetto alle quali la posizione di una delle autorità preposte alla tutela di interessi sensibili sia in contrasto.

Per converso, laddove le posizioni prevalenti formatesi in seno alla conferenza di servizi siano motivatamente ostative alla realizzazione dell’impianto, il parere negativo espresso dall’autorità preposta alla tutela paesaggistica e del patrimonio storico-artistico non configura il presupposto della rimessione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, non sussistendo un contrasto di posizioni suscettibile, in considerazione del dissenso “qualificato”, di determinare un blocco decisionale, la cui soluzione debba essere demandata al Consiglio dei Ministri previa intesa con la Regione o le Regioni interessate, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, ovvero, in mancanza di intesa, nell’esercizio dei poteri sostitutivi.

Diversamente opinando, ovverosia a voler ritenere sussistenti i presupposti della rimessione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri anche in fattispecie in cui le posizioni prevalenti emerse in conferenza di servizi siano ostative alla realizzazione dell’impianto, verrebbero ad essere irrimediabilmente frustrate le esigenze di semplificazione procedimentale sottese al modulo della conferenza di servizi, considerato che verrebbe ad aggiungersi una sequenza procedimentale non necessaria alla conclusione del procedimento in coerenza con le posizioni prevalenti conformi al dissenso “qualificato”, espresse dalle amministrazioni coinvolte e ponderate dall’amministrazione procedente.

Pertanto, laddove l’amministrazione procedente non intenda addivenire al superamento del dissenso espresso dall’autorità preposta alla tutela paesaggistica e del patrimonio storico-culturale, in ragione delle posizioni prevalenti emerse in seno alla conferenza di servizi, conformi a tale dissenso “qualificato”, non sussistono i presupposti per la rimessione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Quest’ultima è l’evenienza che ricorre nell’odierna controversia.

Dall’impugnato verbale della conferenza di servizi del 4 dicembre 2012 si evince che in seno alla conferenza di servizi siano emerse posizioni prevalenti in senso non favorevole alla realizzazione del parco eolico, rispetto alle quali le valutazioni espresse dall’amministrazione preposta alla tutela paesaggistica e del patrimonio storico-artistico non potevano ritenersi divergenti.

Per tali ragioni, non sussistendo una valutazione dell’amministrazione preposta alla tutela paesaggistica e del patrimonio storico-artistico di segno divergente rispetto alle posizioni prevalenti emerse nella conferenza di servizi, non era configurabile un blocco decisionale suscettibile di determinare la rimessione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’invocato art. 14-quater della legge n° 241/1990.

Pertanto, il primo motivo del ricorso principale dev’essere respinto.

Con il secondo motivo del ricorso principale, parte ricorrente insorge avverso il parere della Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche in data 3 dicembre 2012, in quanto depositato ed accluso in allegato all’impugnato verbale della conferenza di servizi del 4 dicembre 2012.

La doglianza è infondata.

La conferenza di servizi costituisce uno strumento di semplificazione procedimentale, con il quale non si è inteso modificare l’assetto delle competenze delle amministrazioni coinvolte, né imporre alle ridette amministrazioni di espletare in termini semplicistici o riduttivi le valutazioni alle medesime demandate dall’ordinamento, tanto da risolversi nell’apodittica verbalizzazione di una posizione favorevole o non favorevole alla realizzazione di un impianto sottoposto a V.I.A..

Il dato normativo letterale e sistematico non consente di ritenere che l’indizione di una conferenza di servizi possa comportare la sottrazione della competenza spettante alle amministrazioni coinvolte, non ultime le amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, ad estrinsecare le valutazioni afferenti alla compatibilità o incompatibilità dell’impianto rispetto al bene protetto, con argomentazioni compiute ed adeguatamente sviluppate nel corpo di un atto amministrativo, in particolare laddove una siffatta estrinsecazione sia richiesta dalla rilevanza degli interessi pubblici coinvolti e dall’esigenza di completezza ed esaustività delle valutazioni in ordine alle caratteristiche obiettive dell’impianto e al suo impatto sul contesto ambientale e paesaggistico.

Non si attaglia al caso di specie la ratio decidendi dell’invocata pronuncia del Consiglio di Stato n° 3039/2012, con la quale è stato stigmatizzato il superamento del dissenso “qualificato” effettuato sul rilievo della Regione, in quella sede intimata, secondo cui il Ministero avrebbe potuto al più esprimersi, in conferenza di servizi, per l’annullamento delle già rilasciate autorizzazioni paesaggistiche regionali, fattispecie estranea all’odierna controversia.

Per tali ragioni, il secondo motivo del ricorso principale dev’essere respinto per infondatezza.

Le doglianze di violazione degli artt. 136, 142, 146 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n° 42, di violazione dell’art. 12 del d.lgs. n° 387/2003, anche in relazione alle linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010, di violazione dell’art. 13 della Direttiva 2009/28/CE, nonchè di eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione e difetto di istruttoria, carenza di motivazione e violazione dell’art. 3 della legge n° 241/1990, dedotte sia con il ricorso principale sia con l’impugnativa per motivi aggiunti, sono infondate.

Per principio di diritto indiscusso, il parere di non compatibilità con il vincolo paesaggistico dev’essere motivato sulle ragioni del contrasto tra la realizzazione dell’intervento e il bene protetto dal vincolo.

Nell’odierna controversia, l’impugnato parere n° 8048 in data 3 dicembre 2012 della Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche è motivato per relationem al parere n° 1943 del 23 febbraio 2012, espresso dalla medesima amministrazione, prodotto in allegato al ricorso e da ritenersi, pertanto, reso conoscibile alla società ricorrente.

Con tale parere, sono state adeguatamente esplicitate le ragioni del contrasto tra la realizzazione dell’impianto e il bene protetto dal vincolo.

In particolare, è stato rilevato che l’impianto di cui si controverte “per dimensioni, caratteristiche materiche e impatti derivanti dalla logistica necessaria alla sua realizzazione produrrebbe pregiudizio e compromissione agli elementi specifici del paesaggio, alla porzione tutelata ai sensi dell’art. 142, lett. g), alla porzione tutelata ai sensi dell’art. 142, lett. c), al territorio circostante, prossimo all’impianto, ricco di nuclei storici, castelli, edifici ecclesiali, eremi, abbazie e viabilità storica in quanto ne altererebbe la percezione consolidata, l’uso tradizionale e le caratteristiche intrinseche, producendo una diminuzione della qualità paesaggistica dei siti predetti”.

Non sussiste, pertanto, la lamentata carenza motivazionale.

Per le medesime ragioni, non può ritenersi che sia stata pretermessa l’analisi dell’impatto visivo della realizzazione del parco eolico, secondo le linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010, né che siano stati disattesi i principi affermati dalla Direttiva 2009/28/CE.

Nemmeno può accedersi alle censure con le quali parte ricorrente si duole di un asserito vizio di motivazione in relazione alle modifiche progettuali dalla medesima proposte.

Ed infatti, con il summenzionato parere n° 1943 del 23 febbraio 2012, la Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche aveva indicato le misure di inserimento indispensabili alla conservazione dei valori espressi dai beni protetti ai sensi del d.lgs. n° 42/2004, nelle seguenti:

– riduzione del numero di aerogeneratori a parità di potenza complessiva installata;

– in subordine impianti di mini-eolico (hmax 30 mt), posti ad una quota altimetrica inferiore (evitando i crinali) e sufficientemente mitigati dalla vegetazione ad alto fusto già presente, semprechè questo non comporti taglio di alberature e modifica della viabilità esistente;

– assoluta immodificabilità della viabilità storica esistente e tutelata ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n° 42/2004.

Dalle deduzioni impugnatorie non si evince che le modifiche progettuali proposte dalla società ricorrente abbiano contemplato la riduzione del numero di aerogeneratori, né la realizzazione di impianti di mini-eolico (hmax 30 mt), posti ad una quota altimetrica inferiore (evitando i crinali) e sufficientemente mitigati dalla vegetazione ad alto fusto già presente.

Per tali ragioni, non può ritenersi affetta dalla lamentata contraddittorietà la motivazione dell’impugnato parere n° 8048 in data 3 dicembre 2012 della Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, che ha concluso per l’insussistenza di “variazioni ed innovazioni sostanziali rispetto alla prima redazione”, considerato che con la suddetta motivazione è stata estrinsecata la valutazione di insussistenza di variazioni atte a ridurre o eliminare l’impatto negativo sul contesto ambientale e paesaggistico, non incoerentemente né in contraddizione rispetto al rilievo della mancata previsione progettuale di tutte le misure di inserimento indicate nel parere n° 1943 del 23 febbraio 2012, ed in particolare della riduzione del numero di aerogeneratori, ovvero della realizzazione di impianti di mini-eolico (hmax 30 mt), posti ad una quota altimetrica inferiore (evitando i crinali) e sufficientemente mitigati dalla vegetazione ad alto fusto già presente.

Le dedotte doglianze devono, quindi, essere respinte.

Le considerazioni per le quali è stato respinto il secondo motivo del ricorso principale impongono la reiezione, altresì, del motivo articolato ai punti 3 e 3.1 del ricorso principale, con il quale è riproposta la doglianza di violazione dell’art. 14-quater della legge n° 241/1990 anche con riguardo al parere della Comunità Montana Esino-Frasassi.

Il motivo articolato al punto 3.2 del ricorso principale, con il quale si lamenta difetto assoluto di competenza della Comunità Montana Esino-Frasassi è infondato

Ai sensi dell’art. 6 della Direttiva 92/43/CEE, “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo”.

L’impugnato parere negativo è stato emanato in base al summenzionato art. 6 della Direttiva 92/43/CEE, all’art. 6 del d.P.R. n° 120/2003 e alle Linee guida regionali, per la verifica di eventuali interferenze con le aree SIC e ZPS limitrofe all’impianto, aree SIC e ZPS delle quali la Comunità Montana dell’Esino-Frasassi è ente gestore, ai sensi dell’art. 24 della L.R. n° 6/2007, di talchè, anche considerata la ricadenza dell’impianto di cui al progetto della società ricorrente sulla dorsale del Monte della Rocca, all’interno della ridetta Comunità Montana, non appare ravvisabile la lamentata incompetenza assoluta.

Le doglianze, articolate ai punti 3.3 e 3.4 del ricorso principale, con le quali si lamenta violazione dell’art. 6 del d.P.R. 12 marzo 2003 n° 120, eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità, violazione dell’art. 12 del d.lgs. n° 387/2003, violazione dell’art. 2 del D.M. 15 marzo 2012 sul Burden Sharing, sono infondate.

Le valutazioni esplicitate nel documento istruttorio, allegato all’impugnato parere negativo e che ne costituisce parte integrante, non consentono di ritenere che l’amministrazione intimata non abbia adeguatamente tenuto conto delle ripercussioni concrete sull’area derivanti dalla realizzazione dell’impianto, con particolare riguardo agli impatti sull’habitat e agli impatti sulle specie, in funzione dell’interesse pubblico alla sostenibilità ambientale dell’intervento alla cui tutela è finalizzata la valutazione di incidenza.

I dedotti profili lamentati in relazione al raggiungimento degli obiettivi di Burden Sharing sono infondati, atteso che il raggiungimento dei suddetti obiettivi non può ritenersi richiesto anche a costo di gravi ed irreversibili compromissioni del bene ambiente, che costituisce il bene protetto in via primaria in base alle disposizioni normative sul Burden Sharing invocate dalla società ricorrente.

Per tali ragioni, non ravvisandosi aspetti di illogicità, irragionevolezza o inattendibilità delle valutazioni censurate in impugnativa, il terzo motivo del ricorso principale dev’essere respinto.

Le doglianze articolate con il quarto motivo del ricorso principale, al punto 4.1, sono infondate.

Il parere della Comunità Montana Alta Umbria in data 13 agosto 2012 è stato espresso ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. 3 aprile 2006 n° 152, per la valutazione dell’impatto ambientale derivante dalla realizzazione dell’impianto di cui si controverte sull’area protetta ricadente nell’ambito territoriale di competenza della ridetta Comunità Montana Alta Umbria. Tale valutazione è stata esplicitata nel summenzionato parere in data 13 agosto 2012 con motivazioni che non presentano aspetti di illogicità, irragionevolezza o inattendibilità.

Le considerazioni per le quali sono stati respinti il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale impongono la reiezione, altresì, delle censure articolate ai punti 4.2 e 4.3 del ricorso principale, con le quali è riproposta la doglianza di violazione dell’art. 14-quater della legge n° 241/1990 anche con riguardo al dissenso espresso dalla Regione Umbria e dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Paesaggistici della Regione Umbria.

Le dedotte doglianze di eccesso di potere per carenza motivazionale avanzate avverso il parere della Soprintendenza per i Beni Culturali e Paesaggistici della Regione Umbria sono infondate, essendo state adeguatamente estrinsecate le ragioni sottese al ravvisato contrasto tra la realizzazione dell’impianto ed il contesto ambientale e paesaggistico.

Il ricorso principale dev’essere, quindi, respinto.

L’infondatezza del ricorso principale impone la reiezione delle medesime doglianze, già svolte in via principale, riproposte con l’impugnativa per motivi aggiunti anche nei confronti degli atti avverso i quali quest’ultima impugnativa è specificamente rivolta.

Sono infondate le doglianze, articolate al punto 3.3 del ricorso per motivi aggiunti, con le quali parte ricorrente muove censure avverso la competenza della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche in ordine alla tutela della strada detta “Romana Alta” o strada “dei Trocchi”, che costituisce parte integrante dell’antica viabilità storica romana.

Ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n° 42/2004, le cose mobili e immobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico sono beni culturali, sia che appartengano allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico, sia che appartengano a persone giuridiche private senza fine di lucro.

La fattispecie concreta deve sussumersi nella previsione di cui all’art. 10, primo comma, del codice dei beni culturali.

Per tale ragione, agli effetti della tutela apprestata dall’art. 10, primo comma, del codice dei beni culturali, è da ritenersi neutra la natura giuridica dell’ente alla cui sfera di amministrazione i beni culturali contemplati al primo comma del summenzionato art. 10 siano riconducibili, il che impone la reiezione delle dedotte doglianze.

Il ricorso per motivi aggiunti dev’essere, quindi, respinto per infondatezza.

Conclusivamente, il ricorso, principale e per motivi aggiunti, dev’essere respinto, perché infondato.

Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti costituite, per ragioni equitative.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, principale e per motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Gianluca Morri, Presidente FF
Tommaso Capitanio, Consigliere
Francesca Aprile, Primo Referendario, Estensore
        
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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