Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Legittimazione processuale, VIA VAS AIA Numero: 741 | Data di udienza: 19 Giugno 2014

* VIA, VAS E AIA – Opere strategiche di cui alla L. n. 443/2001 – Disciplina speciale in tema di VIA  – Anticipazione allo stadio del progetto preliminare – Difformità tra progetto preliminare e progetto definitivo – Rinnovo della VIA – Limiti – Accertamento dell’osservanza delle prescrizioni imposte in sede di VIA – Difformità di carattere marginale – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Associazioni ambientaliste – Impugnazione di atti amministrativi – Censure funzionali al soddisfacimento di interessi ambientali.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Emilia Romagna
Città: Bologna
Data di pubblicazione: 10 Luglio 2014
Numero: 741
Data di udienza: 19 Giugno 2014
Presidente: D'Alessandro
Estensore: Caso


Premassima

* VIA, VAS E AIA – Opere strategiche di cui alla L. n. 443/2001 – Disciplina speciale in tema di VIA  – Anticipazione allo stadio del progetto preliminare – Difformità tra progetto preliminare e progetto definitivo – Rinnovo della VIA – Limiti – Accertamento dell’osservanza delle prescrizioni imposte in sede di VIA – Difformità di carattere marginale – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Associazioni ambientaliste – Impugnazione di atti amministrativi – Censure funzionali al soddisfacimento di interessi ambientali.



Massima

 

TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. 1^ – 10 luglio 2014, n. 741


VIA, VAS E AIA – Opere strategiche di cui alla L. n. 443/2001 – Disciplina speciale in tema di VIA.

Le opere strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001 sono interessate da una disciplina speciale in tema di “valutazione di impatto ambientale”, che esclude il ricorso alla “valutazione ambientale strategica” (v. Cons. Stato, Sez. I, 30 giugno 2011 n. 5648),

Pres. d’Alessandro, Est.  Caso – Italia Nostra – ONLUS e altri (avv.ti Ceruti e Minotti) c. residenza del Consiglio dei Ministri e altri (Avv. Stato) e Regione Emilia Romagna (avv.ti Mastragostino e Lista)

LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE – Impugnazione di atti amministrativi – Censure funzionali al soddisfacimento di interessi ambientali.

Le associazioni ambientalistiche hanno titolo ad impugnare qualsiasi atto amministrativo, ma la specialità della loro legittimazione a ricorrere, condizionata a monte dagli scopi da esse perseguiti, consente loro unicamente la deduzione di censure funzionali al soddisfacimento di interessi ambientali e impedisce invece la proposizione di doglianze relative a violazioni di altra natura, le quali solo in via strumentale ed indiretta – e non in ragione della violazione dell’assetto normativo di tutela dell’ambiente – potrebbero semmai determinare un effetto utile ai fini della salvaguardia dei valori ambientali (v. Cons. giust. amm. Reg. Sic. 16 ottobre 2012 n. 933); pertanto, i profili di gravame devono essere attinenti alla sfera di interesse ambientale dell’associazione e, come tali, devono essere intesi al conseguimento di una utilità “direttamente rapportata” alla posizione legittimante (v. TAR Liguria, Sez. I, 29 giugno 2012 n. 905)

Pres. d’Alessandro, Est.  Caso – Italia Nostra – ONLUS e altri (avv.ti Ceruti e Minotti) c. residenza del Consiglio dei Ministri e altri (Avv. Stato) e Regione Emilia Romagna (avv.ti Mastragostino e Lista)


VIA, VAS E AIA – Opere strategiche – VIA – Anticipazione allo stadio del progetto preliminare – Difformità tra progetto preliminare e progetto definitivo – Rinnovo della VIA – Limiti – Accertamento dell’osservanza delle prescrizioni imposte in sede di VIA – Difformità di carattere marginale.

Nelle opere di interesse strategico la valutazione dell’impatto ambientale viene anticipata allo stadio del progetto preliminare: la normativa statale prevede che l’opera pubblica approvata con progetto preliminare sia nuovamente sottoposta a valutazione ambientale solo quando la differenza tra i due progetti determina una significativa variazione dell’impatto globale dell’intervento sull’ambiente (v. art. 185, comma 5, prima parte, d.lgs. n. 163/2006); allo stesso modo, in sede di accertamento dell’esatta osservanza delle prescrizioni di carattere ambientale imposte dal progetto preliminare, la competente Commissione ministeriale è chiamata ad una verifica che non può risolversi in un formale e acritico raffronto tra disposizioni e misure attuative ma investe ragionevolmente l’effettiva e concreta adeguatezza dell’elaborato progettuale rispetto alle finalità insite nelle prime, con la conseguenza che, in presenza di difformità di carattere marginale o comunque suscettibili di adeguato rimedio in sede di progettazione esecutiva, ben può la Commissione pronunciarsi positivamente ed esprimere “il proprio parere” (v. art. 185, comma 4, lett. b), d.lgs. n. 163/2006) in senso favorevole all’approvazione del progetto definitivo, senza che acquisti rilievo ostativo l’invocata previsione di cui all’ultimo periodo dell’art. 185, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006 (“…In caso di mancato adempimento dei contenuti e delle prescrizioni di cui al provvedimento di compatibilità ambientale, il citato Ministro, previa diffida a regolarizzare, fa dare notizia dell’inottemperanza in sede di Conferenza di servizi, al fine dell’eventuale rinnovo dell’istruttoria”).

Pres. d’Alessandro, Est.  Caso – Italia Nostra – ONLUS e altri (avv.ti Ceruti e Minotti) c. residenza del Consiglio dei Ministri e altri (Avv. Stato) e Regione Emilia Romagna (avv.ti Mastragostino e Lista)


Allegato


Titolo Completo

TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. 1^ - 10 luglio 2014, n. 741

SENTENZA

 

TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. 1^ – 10 luglio 2014, n. 741

N. 00741/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00782/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso n. 782 del 2012 proposto da Italia Nostra – ONLUS (in persona del Presidente Alessandra Mottola), da Legambiente – ONLUS (in persona del Presidente Luigi Vittorio Cogliati Dezza), da LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia – ONLUS (in persona del Presidente Carlo Consiglio) e da Maurizio Gibertini, Luigi Gibertini, Antonella Bompani, Franca Santini, Antonio Ruini, Cesare Ruini e Francesco Gorrieri, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Matteo Ceruti e dall’avv. Francesca Minotti, e presso quest’ultima elettivamente domiciliati in Bologna, Galleria Marconi n. 2;


contro

la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica – CIPE, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, il Ministero per i Beni e le Attività culturali, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’ANAS S.p.A., in persona dei rispettivi rappresentanti legali, difesi e rappresentati dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege;
Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Franco Mastragostino e dall’avv. Maria Chiara Lista, e presso gli stessi elettivamente domiciliata in Bologna, p.zza Aldrovandi n. 3;

per l’annullamento

della delibera CIPE n. 62/2010 del 22 luglio 2010, recante l’approvazione del progetto definitivo e conferma del finanziamento del raccordo autostradale Campogalliano-Sassuolo di collegamento tra la A 22 e la SS 467 Pedemontana (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 gennaio 2012);

della delibera CIPE n. 52/2011 del 3 agosto 2011, recante l’integrazione delle prescrizioni della delibera CIPE n. 62/2010 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 gennaio 2012);

di ogni altro atto presupposto, collegato, inerente, conseguente e derivato, ivi compresi, ove occorrer possa, il “Piano degli investimenti ANAS 2007-2011”, la verifica di ottemperanza della Commissione speciale VIA presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in data 23 luglio 2007, i verbali e gli esiti della conferenza di servizi riunitasi il 26 gennaio 2009, il parere del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 7 agosto 2008, il parere del Ministero per i Beni e le Attività culturali del 31 dicembre 2008, il parere della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Bologna, Modena e Reggio Emilia del 14 ottobre 2008, il parere della Regione Emilia-Romagna del 27 febbraio 2009, la proposta di progetto definitivo formulata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 18 giugno 2010.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica – CIPE, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, del Ministero per i Beni e le Attività culturali, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’ANAS S.p.A., nonché della Regione Emilia-Romagna;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 19 giugno 2014 i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con delibera n. 20/2005 del 18 marzo 2005 il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica – CIPE approvava il progetto preliminare della bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo di collegamento tra la A 22 e la SS 467 Pedemontana, già inclusa tra le “opere strategiche” di cui all’art. 1 della legge n. 443 del 2001. Successivamente il CIPE approvava il progetto definitivo dell’opera e confermava il finanziamento dell’intervento (v. delibb. n. 62/2010 del 22 luglio 2010 e n. 52/2011 del 3 agosto 2011).

Avverso le determinazioni relative all’approvazione del progetto definitivo dell’opera e avverso gli atti collegati proponevano ricorso straordinario al Presidente della Repubblica alcune associazioni di protezione ambientale ex art. 13 della legge n. 349 del 1986 nonché alcuni proprietari di immobili interessati dalla conseguente procedura espropriativa. Denunciavano che il “Piano degli investimenti ANAS 2007-2011”, comprendente anche il raccordo autostradale Campogalliano-Sassuolo, non era stato sottoposto a VAS ai sensi degli artt. 6 e segg. del d.lgs. n. 152 del 2006; lamentavano, ancora, che l’approvazione del progetto definitivo dell’opera era intervenuta dopo la scadenza del termine quinquennale di efficacia del vincolo preordinato all’esproprio, in violazione degli artt. 165 e 166 del d.lgs. n. 163 del 2006 e degli artt. 9 e 10 del d.P.R. n. 327 del 2001; si dolevano, inoltre, della circostanza che il progetto definitivo fosse risultato in parte inadempiente rispetto alle “prescrizioni” di carattere ambientale imposte con il progetto preliminare e che, ciò nonostante, la Commissione speciale VIA avesse attestato la “generale ottemperanza” alle disposizioni pregresse e avesse unicamente suggerito di rimediarvi in sede di redazione del progetto esecutivo, con conseguente lamentata contraddittorietà delle determinazioni conclusive e violazione dell’art. 185 del d.lgs. n. 163 del 2006; prospettavano, altresì, un’ulteriore violazione dell’art. 185 del d.lgs. n. 163 del 2006, per essere stata non solo considerata non ostativa l’inosservanza della prescrizione relativa alla galleria artificiale del sito «Colombarone», ma anche poi omessa detta prescrizione quanto meno per la fase successiva della redazione del progetto esecutivo; imputavano, inoltre, al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di avere fatto ricorso ad una conferenza di servizi limitata ad una sola seduta e quindi senza l’acquisizione in contraddittorio dei pareri dei vari enti coinvolti; prospettavano, ancora, il difetto di istruttoria e la carente motivazione dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, nonché l’incompatibilità dell’intervento con fondamentali previsioni dei locali strumenti di pianificazione paesaggistica; deducevano, poi, che la comunicazione di avvio del procedimento di approvazione del progetto definitivo, recante la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, fosse stata effettuata mediante avviso collettivo senza la necessaria indicazione dei soggetti espropriandi; facevano valere, poi, l’illegittimità costituzionale (art. 97 Cost.) della normativa che per le infrastrutture strategiche prevede la comunicazione di avvio del procedimento solo al momento dell’approvazione del progetto definitivo dell’opera, con esclusione di ogni profilo partecipativo nella pur importante fase dell’approvazione del progetto preliminare; addebitavano, infine, alla Regione Emilia-Romagna di avere espresso il proprio parere, in sede di conferenza di servizi, attraverso una nota dell’Assessore alla Mobilità e trasporti anziché a mezzo della Giunta (competente a provvedere in materia), con conseguente illegittimità del provvedimento di approvazione del progetto definitivo che a quel parere si è richiamato. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.

A séguito, poi, dell’opposizione della Regione Emilia-Romagna ex art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971, gli interessati trasponevano il ricorso straordinario in sede giurisdizionale.

Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica – CIPE, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, il Ministero per i Beni e le Attività culturali, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’ANAS S.p.A., tutti a mezzo dell’Avvocatura dello Stato. Si è costituita in giudizio anche la Regione Emilia-Romagna.

All’udienza del 19 giugno 2014, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Va preliminarmente esaminata l’eccezione di incompetenza territoriale del tribunale adito, in relazione alla circostanza che l’approvazione del progetto definitivo dell’opera pubblica in questione risulta disposta da un organo centrale dello Stato e riguarda intervento incluso nel programma delle infrastrutture strategiche ex art. 1 della legge n. 443 del 2001. Si tratterebbe, quindi, secondo questa prospettazione, di controversia rimessa alla competenza del TAR Lazio.

L’eccezione, sollevata dall’Avvocatura dello Stato, si presenta priva di fondamento.

Dalla disciplina sulla competenza territoriale degli organi di giurisdizione amministrativa di primo grado, contenuta nell’art. 13 cod.proc.amm., la giurisprudenza ha desunto che il criterio ordinario rappresentato dalla sede dell’Autorità amministrativa cui fa capo l’esercizio del potere oggetto della lite cede il passo a quello dell’efficacia spaziale nel caso in cui la potestà pubblicistica spieghi i propri effetti diretti esclusivamente nell’ambito territoriale di un tribunale periferico (v. Cons. Stato, Ad. plen., 4 febbraio 2013 n. 3). Ne consegue che, per essere nella fattispecie circoscritto il tracciato dell’opera pubblica all’àmbito territoriale dell’Emilia-Romagna, correttamente i ricorrenti hanno adito questo tribunale.

Nel merito, una prima questione è incentrata sulla mancata sottoposizione a “valutazione ambientale strategica” del piano ANAS in cui era inclusa l’opera pubblica in esame, carenza che i ricorrenti riconducono all’inosservanza della disciplina di cui all’art. 6 e segg. del d.lgs. n. 152 del 2006. Come invero la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare (v. Cons. Stato, Sez. I, 30 giugno 2011 n. 5648), le opere strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001 – quale quella in esame – sono interessate da una disciplina speciale in tema di “valutazione di impatto ambientale”, che esclude il ricorso alla “valutazione ambientale strategica”; con la conseguenza che, seppur inserita in un piano statale astrattamente ascrivibile alla fattispecie di cui all’art. 7 della legge n. 152 del 2006, l’opera oggetto della controversia resta sottratta ad un’ulteriore verifica, per essa non prevista, e comunque non risente di omissioni simili, anche se relative a piani o programmi che la riguardano ma che non possono per questo pregiudicarne l’autonoma realizzazione.

Quanto, poi, alla presunta tardiva approvazione del progetto definitivo dell’opera, che i ricorrenti denunciano perché intervenuta quando era già scaduto il termine di efficacia del vincolo preordinato all’esproprio, il Collegio deve distinguere – ai fini della legittimazione a far valere la questione – la posizione delle associazioni ambientalistiche da quella delle persone fisiche proprietarie delle aree.

Va in proposito richiamato il consolidato principio per cui le associazioni ambientalistiche hanno sì titolo ad impugnare qualsiasi atto amministrativo, ma la specialità della loro legittimazione a ricorrere, condizionata a monte dagli scopi da esse perseguiti, consente loro unicamente la deduzione di censure funzionali al soddisfacimento di interessi ambientali e impedisce invece la proposizione di doglianze relative a violazioni di altra natura, le quali solo in via strumentale ed indiretta – e non in ragione della violazione dell’assetto normativo di tutela dell’ambiente – potrebbero semmai determinare un effetto utile ai fini della salvaguardia dei valori ambientali (v. Cons. giust. amm. Reg. Sic. 16 ottobre 2012 n. 933); pertanto, i profili di gravame devono essere attinenti alla sfera di interesse ambientale dell’associazione e, come tali, devono essere intesi al conseguimento di una utilità “direttamente rapportata” alla posizione legittimante (v. TAR Liguria, Sez. I, 29 giugno 2012 n. 905). Dal che il difetto di legittimazione delle ricorrenti associazioni alla denuncia di un profilo di illegittimità che può essere fatto valere dai soli proprietari interessati dall’eventuale decadenza del vincolo preordinato all’esproprio, non trattandosi di questione che in sé attiene alla salvaguardia dell’ambiente.

Venendo, allora, all’esame di detta censura limitatamente alla posizione delle persone fisiche/proprietari che hanno promosso il ricorso, il Collegio è chiamato ad accertare se assume o meno rilevanza nel presente caso la norma transitoria di cui all’art. 4, comma 9, del decreto-legge n. 70 del 2011 (“In relazione al comma 2, lettera r), numero 4) i termini di cui al comma 7-bis dell’articolo 165 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, si applicano anche ai progetti preliminari già approvati dal CIPE alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge”), intervenuta a regolare il passaggio da un regime che assoggettava le infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale all’ordinaria durata quinquennale dei vincoli preordinati all’esproprio (v. art. 165, comma 7, d.lgs. n. 163/2006 e art. 9 d.P.R. n. 327/2001) ad un regime imperniato su regole speciali secondo quanto si evince dall’art. 165, comma 7-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, introdotto dall’art. 4, comma 2, lettera r), n. 4), del decreto-legge n. 70 del 2011 poi convertito dalla legge n. 106 del 2011 (“Per le infrastrutture il vincolo preordinato all’esproprio ha durata di sette anni, decorrenti dalla data in cui diventa efficace la delibera del CIPE che approva il progetto preliminare dell’opera. Entro tale termine, può essere approvato il progetto definitivo che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera … La disposizione del presente comma deroga alle disposizioni dell’articolo 9, commi 2, 3, e 4, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327”). Orbene, se è vero che nella fattispecie lo ius superveniens, recante l’allungamento del termine a 7 anni, è intervenuto quando erano già decorsi gli ordinari 5 anni per la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, è altresì vero che la norma transitoria in esame rivela l’inequivoca volontà del legislatore di estendere l’applicazione del nuovo regime ai procedimenti già avviati nella vigenza del precedente regime giuridico ma non ancora conclusi al momento di variazione della disciplina, con il solo limite cioè dei c.d. fatti compiuti; la circostanza, quindi, che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della delibera di approvazione del progetto definitivo sia avvenuta nell’anno 2012 e che la relativa efficacia sia stata acquisita solo in questo momento fa sì che legittimamente la difesa dell’Amministrazione statale invochi la sopraggiunta normativa (del 2011) per considerare rispettato il (nuovo) termine di durata di 7 anni del vincolo preordinato all’esproprio, termine applicabile anche al caso di specie in ragione della disciplina transitoria all’uopo prevista.

Priva di fondamento, poi, è la censura riferita al contrasto tra progetto definitivo e progetto preliminare in ragione dell’accertata inottemperanza di talune prescrizioni di rilievo ambientale cui la Commissione speciale VIA, anziché promuovere la revisione del nuovo elaborato progettuale, avrebbe illegittimamente fatto conseguire un giudizio di complessiva adeguatezza di quell’atto con il solo suggerimento di specifiche disposizioni da osservare in sede di progetto esecutivo. Se è vero – osserva il Collegio – che nelle opere di interesse strategico la valutazione dell’impatto ambientale viene anticipata allo stadio del progetto preliminare e se è fisiologico che si verifichino anche consistenti difformità tra “preliminare” e “definitivo”, la normativa statale prevede che l’opera pubblica approvata con progetto preliminare sia nuovamente sottoposta a valutazione ambientale solo quando la differenza tra i due progetti determina una significativa variazione dell’impatto globale dell’intervento sull’ambiente (v. art. 185, comma 5, prima parte, d.lgs. n. 163/2006); allo stesso modo, in sede di accertamento dell’esatta osservanza delle prescrizioni di carattere ambientale imposte dal progetto preliminare, la competente Commissione ministeriale è chiamata ad una verifica che non può risolversi in un formale e acritico raffronto tra disposizioni e misure attuative ma investe ragionevolmente l’effettiva e concreta adeguatezza dell’elaborato progettuale rispetto alle finalità insite nelle prime, con la conseguenza che, in presenza di difformità di carattere marginale o comunque suscettibili di adeguato rimedio in sede di progettazione esecutiva, ben può la Commissione pronunciarsi positivamente ed esprimere “il proprio parere” (v. art. 185, comma 4, lett. b), d.lgs. n. 163/2006) in senso favorevole all’approvazione del progetto definitivo, senza che acquisti rilievo ostativo l’invocata previsione di cui all’ultimo periodo dell’art. 185, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006 (“…In caso di mancato adempimento dei contenuti e delle prescrizioni di cui al provvedimento di compatibilità ambientale, il citato Ministro, previa diffida a regolarizzare, fa dare notizia dell’inottemperanza in sede di Conferenza di servizi, al fine dell’eventuale rinnovo dell’istruttoria”). Nella fattispecie, pertanto, a fronte di una valutazione di cui non è stata dimostrata l’illegittimità per manifesta illogicità o per travisamento dei fatti, non si presenta in sé censurabile la decisione di considerare sostanzialmente “ottemperate” le prescrizioni originarie e di rinviare taluni ulteriori adempimenti alla fase della progettazione esecutiva.

Quanto ciò detto, peraltro, vale anche per il motivo di censura relativo in modo particolare ad una delle prescrizioni “inottemperate”, ovvero a quella che riguardava la galleria artificiale del sito «Colombarone». Va ribadito, infatti, che l’Amministrazione conserva un margine di autonoma valutazione della rilevanza di singole “prescrizioni” e del loro grado di incidenza sulla complessiva sostenibilità ambientale dell’opera pubblica, sicché la circostanza che l’iniziale prescrizione sul «Colombarone» sia stata non solo disattesa in sede di progetto definitivo ma altresì trasformata in una mera raccomandazione per la fase della progettazione esecutiva (“Verificare, nel corso della progettazione esecutiva, la possibilità tecnico/economica di realizzare una galleria sottopassante il torrente Fossa, nell’ottica di meglio mantenere la continuità dell’oasi del Colombarone” e “Dovranno essere messe in atto tutte le necessarie accortezze ai fini della mitigazione delle opere, in particolare nell’Oasi naturalistica del Colombarone”), pur a fronte di un diverso suggerimento della stessa Commissione ministeriale, non costituisce un profilo di illegittimità delle determinazioni conclusive, ma si presenta piuttosto quale espressione del potere discrezionale dell’Amministrazione, la quale ben può apportare le variazioni – purché marginali – che i diversi livelli di progettazione consentono, con il solo limite della non manifesta arbitrarietà e del non travisamento dei fatti, limite il cui superamento in verità resta nella circostanza indimostrato a fronte della completezza dell’istruttoria compiuta.

Né vizia gli atti impugnati il rilievo che l’unica seduta convocata per la conferenza di servizi non avrebbe consentito l’acquisizione contestuale delle varie determinazioni, espresse in realtà in via separata dagli enti interessati e quindi sottratte – si deduce – al necessario confronto tra i vari soggetti. Sennonché – osserva il Collegio – la “conferenza di servizi” in questione non ha natura di organo collegiale, ma rappresenta una modalità di semplificazione dell’azione amministrativa finalizzata alla più celere formazione di atti complessi, cosicché il consenso di ciascuna Amministrazione coinvolta può intervenire anche in forma tacita ed anche in modo non contestuale, ovvero esprimendo valutazioni attraverso la trasmissione di note scritte, stante l’assenza di formalismo e la necessità che le forme della conferenza di servizi siano osservate nei limiti utili al raggiungimento dell’obiettivo perseguito, per non potersi far discendere automaticamente dalla inosservanza delle forme l’illegittimità dell’operato della conferenza di servizi quando lo scopo risulta comunque raggiunto. Nel caso di specie, in particolare, il confronto tra i vari enti risulta comunque svoltosi nella seduta del 26 gennaio 2009 e i successi pareri, seppur resi in modo separato, non possono che risultare il frutto di quel contraddittorio.

Quanto, ancora, alla presunta carenza di istruttoria e di motivazione dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, la doglianza muove dal presupposto che le relative determinazioni statali avrebbero del tutto omesso di dare atto dell’accertamento della conformità dell’intervento rispetto alle locali disposizioni degli strumenti di pianificazione paesaggistica, ma tralascia di considerare che non è in realtà richiesta in questa sede una puntuale e dettagliata indicazione di tutte le verifiche effettuate, dovendosi intendere che, in assenza di osservazioni al riguardo, non sono emersi profili di contrasto con i piani paesaggistici. Né, d’altra parte, i ricorrenti hanno fornito elementi che depongano per la sussistenza di incompatibilità in tal senso, giacché le genericamente invocate previsioni ostative del Piano territoriale di coordinamento provinciale risultano essere state considerate dalla relazione paesaggistica allegata al progetto definitivo dell’opera e non ritenute a ciò preclusive (“…Dal punto di vista paesaggistico si può affermare che l’intervento, realizzato prevalentemente in trincea ed interrato all’altezza dell’oasi di Colombarone, diventa dal punto di via paesaggistico, ecologico ed ambientale molto poco invasivo sul territorio. Infatti la scelta tipologica della trincea e le misure di mitigazione e compensazione previste, fanno sì che il tracciato risulti quasi del tutto invisibile sul territorio …”), tenuto conto del resto che lo stesso piano provinciale faceva riferimento all’opera viaria in questione e di essa evidentemente ammetteva la presenza sul territorio, il tutto in esito a scelte discrezionali sindacabili dal giudice amministrativo solo per manifesta illogicità o errore di fatto.

Un’ulteriore questione è incentrata sulle modalità con cui è stato comunicato l’avvio del procedimento di approvazione del progetto definitivo recante la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, ed in particolare sull’avvenuta pubblicazione dell’avviso collettivo senza la prescritta indicazione dei soggetti espropriandi. Tuttavia, per attenere a profilo non ascrivibile all’assetto normativo di tutela dell’ambiente, la censura si rivela inammissibile nella parte che riguarda la posizione delle associazioni ambientalistiche, così come si è già detto per altra doglianza che allo stesso modo può essere fatta valere solo dai proprietari delle aree interessate. L’esame della censura si rivela, pertanto, consentita solo a beneficio dei restanti ricorrenti, ma è priva di fondamento, perché per le c.d. infrastrutture strategiche si applica la norma (prima art. 4, comma 2, d.lgs. n. 190/2002 e poi art. 166, comma 2, d.lgs. n. 163/2006) secondo cui “l’avvio del procedimento di dichiarazione di pubblica utilità è comunicato dal soggetto aggiudicatore, o per esso dal concessionario o contraente generale, ai privati interessati alle attività espropriative ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni; la comunicazione è effettuata con le stesse forme previste per la partecipazione alla procedura di valutazione di impatto ambientale dall’articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377 …” e quindi con la “…pubblicazione, sul quotidiano più diffuso nella regione o provincia autonoma territorialmente interessata e su un quotidiano a diffusione nazionale, di un annuncio contenente l’indicazione dell’opera, la sua localizzazione ed una sommaria descrizione del progetto”, modalità cui l’Amministrazione si è attenuta (v. Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2014 n. 2417) non essendo ivi prevista anche l’elencazione dei proprietari, che sono d’altra parte in questo modo informati (con avviso di massa) della localizzazione dell’opera e quindi posti in condizione di individuare le aree incise dalla procedura ablativa.

Manifestamente infondata, poi, è la questione di legittimità costituzionale degli artt. 165 e 166 d.lgs. n. 163 del 2006, dedotta dai ricorrenti in relazione all’art. 97 Cost. per essere circoscritta la comunicazione di avvio del procedimento all’approvazione del progetto definitivo con esclusione della precedente fase dell’approvazione del progetto preliminare. La giurisprudenza, invero, ha già avuto modo di rilevare come la disciplina speciale in tema di infrastrutture strategiche non preveda l’avviso del procedimento di approvazione del progetto preliminare (v. Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2014 n. 2417), nella considerazione che la volontà in tal modo espressa dal legislatore è di garantire i proprietari espropriandi soltanto nella fase di approvazione del progetto definitivo, ma non anche nella fase di approvazione del progetto preliminare, perché da quest’ultimo nasce un vincolo opponibile unicamente alle pubbliche amministrazioni coinvolte, mentre è soltanto dal progetto definitivo che discendono vincoli diretti per i proprietari degli immobili coinvolti dall’opera e, quindi, sorge il diritto degli stessi proprietari ad essere avvisati per poter interloquire quanto agli effetti del progetto che comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere (così Cons. Stato, Sez. IV, 4 maggio 2012 n. 2580). La ratio che sorregge simile disciplina, nella lettura che ne è stata data dal Consiglio di Stato, esclude evidentemente un’indebita restrizione delle facoltà partecipative del privato, con conseguente insussistenza del profilo di incostituzionalità denunciato dai ricorrenti.

Né, infine, inficia gli atti impugnati la circostanza che la Regione Emilia-Romagna abbia espresso il proprio parere, in sede di conferenza di servizi, attraverso una nota dell’Assessore alla Mobilità e trasporti anziché con pronuncia della Giunta. Premesso che la normativa di cui al d.lgs. n. 163 del 2006 non individua specifiche competenze in proposito e rimette evidentemente ai rispettivi ordinamenti la determinazione degli organi deputati ad esprimere la volontà dei vari enti interessati, osserva il Collegio che l’invocato art. 46, comma 2, dello statuto regionale (“Compete in particolare alla Giunta: … e) adottare i provvedimenti per realizzare i programmi di cui all’articolo 28, comma 4, lettera d), compresi quelli concernenti l’esecuzione di opere pubbliche e l’organizzazione di servizi pubblici; …”) assegna sì alla Giunta le fondamentali scelte in fase attuativa dei programmi di opere pubbliche, ma non per questo richiede che ogni singolo passaggio procedimentale veda sempre e comunque coinvolto l’organo collegiale, anche quando si tratti solo di mere misure di completamento di decisioni già assunte. Nella fattispecie, quindi, avendo in precedenza la Giunta concorso alla localizzazione dell’opera e al giudizio di compatibilità ambientale della stessa, l’intervento del Presidente della Giunta a mezzo dell’assessore a ciò delegato non si rivela incoerente con le sue attribuzioni di responsabile delle funzioni amministrative regionali, in veste di mera attuazione di precedenti deliberati e con quel margine di autonoma valutazione tipica dei successivi livelli di progettazione delle opere pubbliche.

In conclusione, il ricorso va in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto.

La peculiarità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 19 giugno 2014, con l’intervento dei magistrati:

Carlo d’Alessandro, Presidente
Alberto Pasi, Consigliere
Italo Caso, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
      
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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