Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento acustico Numero: 1296 | Data di udienza: 15 Ottobre 2014

* INQUINAMENTO ACUSTICO – Zonizzazione – Preesistenti destinazioni d’uso del territorio – Approssimazione – Parametri contenuti nell’art. 844 c.c. – Limite di tollerabilità – Immissioni che superino di 3 dB(A) la rumorosità di fondo – Differenziale ammissibile sotto il profilo amministrativo – Armonizzazione della disciplina civilistica con la tutela amministrativa – Doppia tutela – Esigenze legate alla produttività.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 26 Novembre 2014
Numero: 1296
Data di udienza: 15 Ottobre 2014
Presidente: De Zotti
Estensore: Pedron


Premassima

* INQUINAMENTO ACUSTICO – Zonizzazione – Preesistenti destinazioni d’uso del territorio – Approssimazione – Parametri contenuti nell’art. 844 c.c. – Limite di tollerabilità – Immissioni che superino di 3 dB(A) la rumorosità di fondo – Differenziale ammissibile sotto il profilo amministrativo – Armonizzazione della disciplina civilistica con la tutela amministrativa – Doppia tutela – Esigenze legate alla produttività.



Massima

 

TAR LOMBARDIA , Brescia, Sez. 1^ – 26 novembre 2014, n. 1296


INQUINAMENTO ACUSTICO – Zonizzazione – Preesistenti destinazioni d’uso del territorio – Approssimazione.

La zonizzazione acustica deve essere effettuata tenendo conto delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio (v. art. 4 comma 1-a della legge 447/1995). Non è quindi consentita una pianificazione manipolativa, che crei un’erronea impressione di omogeneità tra aree destinate a usi inconciliabili. D’altra parte, è intrinseco e inevitabile in tutte le scelte pianificatorie un certo grado di approssimazione, in quanto le specificità di ogni singola porzione del territorio finirebbero altrimenti per rendere impossibile la composizione di un quadro d’insieme regolato a livello amministrativo.


Pres. De Zotti, Est. Pedron – M.T.P.  e altri (avv.ti Murru e Balestreri) c.. Comune di Casalmorano (avv. Bezzi)

INQUINAMENTO ACUSTICO – Zonizzazione – Parametri contenuti nell’art. 844 c.c. – Limite di tollerabilità – Immissioni che superino di 3 dB(A) la rumorosità di fondo – Differenziale ammissibile sotto il profilo amministrativo – Armonizzazione della disciplina civilistica con la tutela amministrativa – Doppia tutela – Esigenze legate alla produttività.

Utilizzando i parametri contenuti nell’art. 844 del codice civile,  in tema di immissioni eccedenti la normale tollerabilità, il giudice ordinario può disapplicare la zonizzazione acustica e imporre adempimenti più severi per tutelare la tranquillità e il riposo delle persone (v. Cass. civ. Sez. II 6 novembre 2013 n. 25019). Per dare applicazione a tale norma, la giurisprudenza ordinaria considera non tollerabili le immissioni sonore di una specifica sorgente che superino di 3 dB(A) la rumorosità di fondo. La disciplina stabilita per finalità amministrative, e specificamente per la zonizzazione acustica, prevede invece limiti meno restrittivi. In primo luogo, il differenziale ammissibile (inteso ex art. 2 comma 3-b della legge 447/1995 come differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale e il rumore residuo, quest’ultimo misurato con le stesse modalità del rumore ambientale una volta escluse le specifiche sorgenti disturbanti) è pari a 5 dB(A) durante il giorno (06.00-22.00) e a 3 dB(A) per il periodo notturno (22.00-06.00), come specificato nell’art. 4 comma 1 del DPCM 14 novembre 1997. Inoltre, i limiti differenziali non si applicano se il ricettore del rumore si trova nella classe VI, e neppure quando il rumore ambientale sia da considerare trascurabile ai sensi dell’art. 4 comma 2 del DPCM 14 novembre 1997.  Il legislatore si è posto il problema di armonizzare la tutela amministrativa e quella civilistica, ma solo per particolari tipologie di sorgenti disturbanti. L’art. 6-ter del DL 30 dicembre 2008 n. 208 fa coincidere la normale tollerabilità civilistica con i parametri amministrativi riferiti ai settori che hanno una speciale regolazione. Tra le norme che stabiliscono i suddetti parametri rientrano quelle dei regolamenti di esecuzione previsti dall’art. 11 della legge 447/1995 (traffico ferroviario, traffico veicolare, attività motoristiche) e quelle contenute nel DM 11 dicembre 1996 (impianti a ciclo produttivo continuo). Al di fuori di questi e simili casi, l’esistenza di una doppia tutela, amministrativa e civilistica, lascia aperta la possibilità che i limiti alla rumorosità posti dalla zonizzazione acustica non siano sufficienti a contenere le immissioni entro la soglia della normale tollerabilità. Peraltro, vi sono principi e indicazioni normative che consentono di ridurre il divario tra le valutazioni amministrative e quelle civilistiche. In particolare, come nella zonizzazione acustica occorre assicurare protezione alle attività produttive esistenti, se conformi alla destinazione urbanistica, così l’art. 844 comma 2 del codice civile impone di tenere conto delle esigenze della produzione, e permette di considerare favorevolmente la priorità di un determinato uso, anche quando si tratti di un uso produttivo (il criterio della priorità dell’uso è ribadito dal citato art. 6-ter del DL 208/2008). Reciprocamente, sul lato amministrativo, è necessario che la pianificazione cerchi di prevenire le situazioni di conflitto tra i privati relative al diritto alla salute, bilanciando il criterio della destinazione d’uso prevalente in una determinata area con adeguate analisi circa il rischio di immissioni superiori alla normale tollerabilità.

Pres. De Zotti, Est. Pedron – M.T.P.  e altri (avv.ti Murru e Balestreri) c. Comune di Casalmorano (avv. Bezzi)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA , Brescia, Sez. 1^ - 26 novembre 2014, n. 1296

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA , Brescia, Sez. 1^ – 26 novembre 2014, n. 1296

N. 01296/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00059/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 59 del 2014, proposto da:
MARIA TERESA PEDRAZZINI, PAOLO ALBERTO MONDINI, GIUSEPPE MONDINI, rappresentati e difesi dagli avv. Giovanni Luca Murru e Adolfo Mario Balestreri, con domicilio presso il secondo in Brescia, via Saffi 15;

contro

COMUNE DI CASALMORANO, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Bezzi, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via Diaz 13/C;

nei confronti di

AZZINI SPA, rappresentata e difesa dall’avv. Laura Oliari, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;

per l’annullamento

– della deliberazione consiliare n. 36 del 10 ottobre 2013, con la quale è stato approvato il piano di zonizzazione acustica del territorio comunale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Casalmorano e di Azzini spa;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2014 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente Maria Teresa Pedrazzini è proprietaria di una villetta situata nel Comune di Casalmorano in via Caduti sul Lavoro. Oltre alla proprietaria, nell’immobile abitano gli altri ricorrenti, Paolo Alberto Mondini e Giuseppe Mondini. Il PGT classifica il fabbricato e l’area pertinenziale all’interno della zona E2 (agricola di salvaguardia).

2. La villetta è stata realizzata nel 1992 quale residenza dell’imprenditore agricolo. Nelle immediate vicinanze si trova il (preesistente) sito produttivo della controinteressata Azzini spa, la quale realizza serbatoi in acciaio per lo stoccaggio e la miscelazione dei liquidi. Le strutture del sito produttivo sono state ampliate nel 2010, e si è così ulteriormente ridotta la distanza rispetto alla proprietà dei ricorrenti.

3. Nell’edificio dei ricorrenti non viene svolta attualmente alcuna attività agricola, e neppure sussiste un qualche collegamento con la coltivazione dei limitrofi fondi di proprietà, che sono lavorati da terzi (v. doc. 13 dei ricorrenti – comunicazione all’ARPA del 14 agosto 2013). In particolare, la ricorrente Maria Teresa Pedrazzini, che aveva in passato la qualifica di piccolo imprenditore agricolo, ha chiesto la cancellazione dal registro delle imprese ancora nel 2007 (v. doc. 15 del Comune), e si è poi iscritta nuovamente nel 2012 (v. doc. 8-9 dei ricorrenti), senza peraltro chiedere il riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale (v. doc. 16 del Comune – comunicazione della Provincia di Cremona del 3 ottobre 2013).

4. Il Comune con deliberazione consiliare n. 36 del 10 ottobre 2013 ha approvato il piano di zonizzazione acustica del territorio, collocando l’edificio dei ricorrenti nella classe VI del DPCM 14 novembre 1997 (aree esclusivamente industriali) assieme all’azienda della controinteressata. In questo modo l’edificio è stato completamente assimilato alle strutture industriali situate a breve distanza. In precedenza, l’edificio era collocato nella classe IV (aree di intensa attività umana), il terreno agricolo circostante nella classe III (aree di tipo misto), e l’azienda della controinteressata nella classe V (aree prevalentemente industriali).

5. La nuova pianificazione del Comune è intervenuta su un contesto già segnato da una controversia di vicinato tra i ricorrenti e l’azienda controinteressata. I primi si erano infatti rivolti al giudice ordinario chiedendo la cessazione delle immissioni rumorose, in quanto non tollerabili in un ambiente abitativo.

6. Tale controversia è stata composta dall’ordinanza collegiale ex art. 700 cpc emessa il 27 agosto 2013 dal Tribunale di Cremona (in sede di reclamo contro l’ordinanza monocratica del 16 maggio 2013). La predetta ordinanza collegiale ha accertato, previa CTU (v. relazione dell’ing. Sergio Serafin del 28 febbraio 2013), il superamento sia del differenziale diurno di cui all’art. 4 del DPCM 14 novembre 1997, pari a 5 dB(A) [rumore ambientale meno rumore residuo], sia del differenziale pari a 3 dB(A) utilizzato dalla giurisprudenza ordinaria per stabilire la normale tollerabilità ex art. 844 del codice civile [rumore specifico della sorgente meno rumore di fondo]. Le principali sorgenti di rumore sono state individuate nelle lavorazioni svolte nel capannone più vicino all’abitazione (molatura, martellatura, impianti di aspirazione) e nella movimentazione delle merci nel piazzale. Su questi presupposti l’ordinanza ha stabilito che, tenuto conto dell’anteriorità dell’insediamento dell’impresa Azzini spa, la tutela privatistica data dal differenziale pari a 3 dB(A) deve essere applicata soltanto nelle fasce orarie normalmente dedicate al riposo, mentre nelle fasce orarie propriamente lavorative (08.00-12.30 e 14.30-19.00 dal lunedì al venerdì, 08.00-12.30 il sabato) deve essere applicato il meno restrittivo differenziale diurno di natura pubblicistica pari a 5 dB(A). Non è stato invece confermato l’obbligo di insonorizzazione imposto inizialmente dall’ordinanza monocratica del 16 maggio 2013, essendo indifferente il modo in cui l’impresa si organizza per rispettare i limiti differenziali delle immissioni.

7. Il Comune con ordinanza del sindaco n. 6 del 5 giugno 2013 si era adeguato alla pronuncia monocratica del 16 maggio 2013 imponendo interventi di insonorizzazione, ma (in accoglimento di un’espressa richiesta della controinteressata) ha anche concesso in via provvisoria la deroga al differenziale pari a 5 dB(A) nelle fasce orarie propriamente lavorative (fermo l’obbligo di rispettare i limiti assoluti). La controinteressata con DIA depositata il 13 giugno 2013 ha avviato la posa di una barriera fonoassorbente verso la proprietà dei ricorrenti.

8. Contro la zonizzazione acustica contenuta nella deliberazione consiliare n. 36/2013, per la parte che riguarda l’edificio sopra descritto, i ricorrenti hanno presentato impugnazione con atto notificato il 27 dicembre 2013 e depositato il 15 gennaio 2014. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) violazione degli art. 4 e 6 della legge 26 ottobre 1995 n. 447, nonché della DGR 12 luglio 2002 n. 7/9776, in quanto gli edifici residenziali non possono rientrare nella classe VI, ad eccezione delle abitazioni dei custodi e dei titolari delle aziende, mentre le aree agricole potrebbero ricadere in tale classe solo se ospitassero insediamenti zootecnici rilevanti o impianti di trasformazione dei prodotti agricoli; (ii) sviamento e difetto di motivazione, in quanto la nuova zonizzazione acustica è stata introdotta a pochi mesi di distanza dalla precedente senza che vi sia stato nel frattempo alcun cambiamento nella situazione dei luoghi; (iii) irragionevolezza, in quanto la nuova zonizzazione tutela le esigenze della produzione omettendo di considerare i rischi per la salute derivanti dall’esposizione ai rumori.

9. Il Comune e la controinteressata si sono costituiti in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

10. Questo TAR con ordinanza n. 75 del 7 febbraio 2014 ha parzialmente accolto la domanda cautelare, stralciando provvisoriamente l’edificio dei ricorrenti dalla classe VI.

11. Sulla base della suddetta ordinanza cautelare il Comune, con deliberazione giuntale n. 16 del 28 febbraio 2014, ha dato inizio alla procedura di revisione della zonizzazione acustica, e ha affidato al dirigente del Servizio Urbanistica il compito di definire un eventuale piano di risanamento acustico a carico della controinteressata. A sua volta, il dirigente, con determinazione n. 64 del 28 aprile 2014, ha conferito all’ing. Massimiliano Ferrari l’incarico relativo all’aggiornamento del piano di zonizzazione acustica.

12. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.

Circa l’interesse alla decisione di merito

13. Nonostante le iniziative assunte dal Comune dopo la pronuncia cautelare di questo TAR, si ritiene che sussista ancora un interesse alla decisione del merito del ricorso, quantomeno sotto due profili. Da un lato, è necessario dare stabilità alla pronuncia cautelare, in modo da consentire all’amministrazione di operare in un quadro giuridico definito, non essendovi attualmente un accordo tra le parti che possa sostituire l’accertamento del giudice. Dall’altro, è necessario esaminare con maggiore dettaglio i rapporti tra i soggetti coinvolti, e i limiti delle reciproche aspettative, per consentire all’amministrazione di dare più facilmente attuazione alla pronuncia e ai suoi effetti conformativi.

Sul rapporto tra zonizzazione acustica e art. 844 del codice civile

14. La zonizzazione acustica deve essere effettuata tenendo conto delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio (v. art. 4 comma 1-a della legge 447/1995). Non è quindi consentita una pianificazione manipolativa, che crei un’erronea impressione di omogeneità tra aree destinate a usi inconciliabili. D’altra parte, è intrinseco e inevitabile in tutte le scelte pianificatorie un certo grado di approssimazione, in quanto le specificità di ogni singola porzione del territorio finirebbero altrimenti per rendere impossibile la composizione di un quadro d’insieme regolato a livello amministrativo.

15. Nelle approssimazioni pianificatorie rischia però, talvolta, di essere compromesso il diritto alla salute dei soggetti che subiscono le immissioni rumorose provenienti dagli edifici situati nelle vicinanze. A questo rischio offre un rimedio la disciplina sulle immissioni eccedenti la normale tollerabilità di cui all’art. 844 del codice civile. Utilizzando i parametri contenuti in questa norma, il giudice ordinario può disapplicare la zonizzazione acustica e imporre adempimenti più severi per tutelare la tranquillità e il riposo delle persone (v. Cass. civ. Sez. II 6 novembre 2013 n. 25019). Come si è potuto osservare anche negli antefatti del caso in esame, per dare applicazione all’art. 844 del codice civile la giurisprudenza ordinaria considera non tollerabili le immissioni sonore di una specifica sorgente che superino di 3 dB(A) la rumorosità di fondo.

16. La disciplina stabilita per finalità amministrative, e specificamente per la zonizzazione acustica, prevede limiti meno restrittivi. In primo luogo, il differenziale ammissibile (inteso ex art. 2 comma 3-b della legge 447/1995 come differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale e il rumore residuo, quest’ultimo misurato con le stesse modalità del rumore ambientale una volta escluse le specifiche sorgenti disturbanti) è pari a 5 dB(A) durante il giorno (06.00-22.00) e a 3 dB(A) per il periodo notturno (22.00-06.00), come specificato nell’art. 4 comma 1 del DPCM 14 novembre 1997. Inoltre, i limiti differenziali non si applicano se il ricettore del rumore si trova nella classe VI, e neppure quando il rumore ambientale sia da considerare trascurabile ai sensi dell’art. 4 comma 2 del DPCM 14 novembre 1997. Vi sono poi ulteriori fattispecie integralmente escluse dall’applicazione dei limiti differenziali (v. il comma 3 del citato art. 4 del DPCM 14 novembre 1997).

17. Il legislatore si è posto il problema di armonizzare la tutela amministrativa e quella civilistica, ma solo per particolari tipologie di sorgenti disturbanti. L’art. 6-ter del DL 30 dicembre 2008 n. 208 (“[n]ell’accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell’articolo 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso”) fa coincidere la normale tollerabilità civilistica con i parametri amministrativi riferiti ai settori che hanno una speciale regolazione. Tra le norme che stabiliscono i suddetti parametri rientrano quelle dei regolamenti di esecuzione previsti dall’art. 11 della legge 447/1995 (traffico ferroviario, traffico veicolare, attività motoristiche) e quelle contenute nel DM 11 dicembre 1996 (impianti a ciclo produttivo continuo). Al di fuori di questi e simili casi, l’esistenza di una doppia tutela, amministrativa e civilistica, lascia aperta la possibilità che i limiti alla rumorosità posti dalla zonizzazione acustica non siano sufficienti a contenere le immissioni entro la soglia della normale tollerabilità.

18. Peraltro, vi sono principi e indicazioni normative che consentono di ridurre il divario tra le valutazioni amministrative e quelle civilistiche. In particolare, come nella zonizzazione acustica occorre assicurare protezione alle attività produttive esistenti, se conformi alla destinazione urbanistica, così l’art. 844 comma 2 del codice civile impone di tenere conto delle esigenze della produzione, e permette di considerare favorevolmente la priorità di un determinato uso, anche quando si tratti di un uso produttivo (il criterio della priorità dell’uso è ribadito dal citato art. 6-ter del DL 208/2008). Reciprocamente, sul lato amministrativo, è necessario che la pianificazione cerchi di prevenire le situazioni di conflitto tra i privati relative al diritto alla salute, bilanciando il criterio della destinazione d’uso prevalente in una determinata area con adeguate analisi circa il rischio di immissioni superiori alla normale tollerabilità.

Sulla classificazione dell’edificio dei ricorrenti

19. Passando al caso concreto, si ritiene che l’inserimento dell’edificio dei ricorrenti nella classe VI contraddica in due modi le considerazioni svolte ai punti precedenti, in quanto (a) non tiene correttamente conto delle destinazioni d’uso, e (b) sottovaluta il problema della tutela della salute con riferimento al rischio di immissioni eccedenti la normale tollerabilità.

20. Sotto il primo profilo, si osserva che l’edificio dove abitano i ricorrenti è in zona agricola, ed è stato costruito grazie alla normativa di favore che consente agli imprenditori agricoli di realizzare fabbricati residenziali al servizio del fondo. La circostanza che la coltivazione dei terreni non sia più svolta dai ricorrenti, dei quali uno solo mantiene l’iscrizione nel registro delle imprese ma è comunque privo della qualifica di imprenditore agricolo professionale, non ha particolari conseguenze sul ricorso. Non si pone infatti un problema di incompatibilità con la destinazione urbanistica, non essendo in discussione l’esistenza al momento dell’edificazione di un valido titolo edilizio, e non può neppure sorgere una contraddizione tra la richiesta di passare a una classe inferiore e la rumorosità dell’attività agricola, che in realtà non è insediata presso l’abitazione.

21. D’altra parte, l’attività agricola svolta da terzi sui terreni dei ricorrenti comporta certamente un livello di rumorosità superiore a quello di un normale ambiente abitativo, ma non abbastanza elevato da consentire una piena assimilazione all’attività produttiva di tipo industriale, come quella della controinteressata. Tale equiparazione potrebbe risultare ammissibile solo se le lavorazioni agricole avessero a loro volta carattere industriale, il che normalmente si verifica non per la coltivazione del fondo ma per le operazioni di trasformazione dei prodotti, o in presenza di grandi allevamenti.

22. Per quanto riguarda il rischio di immissioni eccedenti la normale tollerabilità, la scelta di inserire l’abitazione dei ricorrenti nella classe VI si rivela irragionevole, in quanto fa venir meno la tutela costituita dal differenziale di natura pubblicistica previsto dall’art. 4 comma 1 del DPCM 14 novembre 1997. Non essendo obbligatorio nella classe VI il rispetto del suddetto differenziale, non vi sono neppure le garanzie minime necessarie per contenere i picchi di rumorosità molesta derivanti dall’attività produttiva. Questa mancanza di protezione potrebbe essere tollerabile (comunque non oltre certi limiti, dovendo comunque essere salvaguardato il diritto alla salute) quando vi sia una deliberata assunzione di rischio, come nel caso delle abitazioni dei custodi e dei titolari delle aziende (v. punto 6 della DGR 12 luglio 2002 n. 7/9776). Non è però possibile arrivare alle medesime conclusioni quando le abitazioni aggregate alla classe VI appartengano a soggetti estranei all’attività produttiva di tipo industriale.

23. Nello specifico, il Comune avrebbe poi dovuto tenere presente che i rapporti tra i ricorrenti e la controinteressata erano stati regolati sul piano civilistico dal Tribunale di Cremona con l’ordinanza del 27 agosto 2013, la quale, benché emessa in un procedimento cautelare, è idonea a mantenere effetti a tempo indefinito ai sensi dell’art. 669-octies comma 6 cpc. Il vincolo contenuto nell’ordinanza riguarda solo le parti private, ma indirettamente, in quanto definisce lo stato giuridico dei luoghi, si riflette anche sulla pianificazione comunale, che deve prenderne atto per descrivere correttamente l’oggetto della zonizzazione.

24. Il confine che separa la proprietà dei ricorrenti da quella della controinteressata è pertanto anche un confine naturale tra due diverse classi della zonizzazione acustica. L’azienda della controinteressata è del tutto coerente con la classe VI, in quanto si tratta di un sito industriale perfettamente distinto dalle aree agricole circostanti. Non è ragionevole che tale sito venga collocato in una classe inferiore della zonizzazione acustica mediante l’aggiunta di aree non destinate alla produzione industriale, perché in questo modo risulterebbero frammiste le destinazioni urbanistiche e verrebbe data una rappresentazione artificiale dello stato dei luoghi. Una volta riconosciuta la classe VI al sito industriale, occorre invece graduare le aree circostanti.

25. Normalmente, la transizione verso classi di minore rumorosità deve evitare la formazione di salti. D’altra parte, occorre comunque prendere come riferimento la situazione reale dei luoghi. Il conflitto tra queste differenti esigenze può essere risolto analizzando in concreto le relazioni che intercorrono tra l’area posta nella classe di rumorosità superiore e le aree circostanti. Nel caso in esame sembrano rilevanti due aspetti: (a) l’anteriorità dell’uso industriale; (b) la viabilità che collega le due zone. Poiché l’attività produttiva era preesistente, i soggetti che hanno deciso di avvicinarsi alla stessa per realizzare la propria abitazione hanno anche accettato di avvicinarsi a una determinata classe di rumorosità. Essendo normale e legittimo che le aziende cerchino di aumentare nel tempo il proprio livello di produzione, i soggetti che si sono avvicinati non possono chiedere che la pianificazione comunale blocchi lo sviluppo produttivo. Se poi una delle sorgenti disturbanti è la movimentazione delle merci, occorre valutare se questo rumore sia caratteristico anche della viabilità che conduce al sito produttivo, specificamente quando tale viabilità attraversi anche l’area dove si trova l’edificio residenziale.

26. Ne consegue che, ferma restando la possibilità di analisi più approfondite da parte dell’amministrazione, vi sono le condizioni per attribuire all’edificio dei ricorrenti la classe V. Questa collocazione non elide la tutela del diritto alla salute già conseguita dai ricorrenti davanti al giudice ordinario, e sopra descritta, ma costituisce il presupposto per ottenere protezione anche sul piano amministrativo per effetto dell’applicazione del differenziale ex art. 4 comma 1 del DPCM 14 novembre 1997.

27. Ancora per quanto riguarda i rapporti tra la classe VI e la classe V, i ricorrenti possono chiedere che sia ultimata e mantenuta la barriera fonoassorbente posta verso la loro proprietà, come presidio oggettivo contro i picchi di rumorosità. A sua volta, la controinteressata può chiedere, con riferimento alle fasce orarie propriamente lavorative, per le quali il giudice ordinario ha escluso la tutela privatistica rappresentata dal differenziale pari a 3 dB(A), che il Comune autorizzi deroghe provvisorie ai sensi dell’art. 6 comma 1-h della legge 447/1995, come è già avvenuto in passato. Essendo noto al Comune l’interesse oppositivo dei ricorrenti, i provvedimenti di deroga dovranno essere comunicati anche a tali soggetti per consentire verifiche e controlli.

Conclusioni

28. Il ricorso deve quindi essere accolto parzialmente, nel senso che, se non appare fondata la richiesta dei ricorrenti di ritornare direttamente alla previgente zonizzazione acustica (classi IV e III), deve però essere dichiarata l’illegittimità sia della collocazione dell’edificio dei ricorrenti in classe VI sia dell’assimilazione di tale edificio al complesso produttivo della controinteressata con perdita del differenziale ex art. 4 comma 1 del DPCM 14 novembre 1997.

29. A tale pronuncia conseguono gli effetti conformativi sopra descritti, in particolare per quanto riguarda le garanzie che devono essere riconosciute alle parti private.

30. La complessità delle valutazioni relative all’attribuzione delle classi di rumorosità induce all’integrale compensazione delle spese di giudizio.

31. Il contributo unificato è a carico del Comune ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis.1 del DPR 30 maggio 2002 n. 115.
 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando:

(a) accoglie parzialmente il ricorso, come precisato in motivazione;

(b) compensa integralmente le spese di giudizio;

(c) pone il contributo unificato a carico del Comune.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente
Mario Mosconi, Consigliere
Mauro Pedron, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE 

IL PRESIDENTE
  

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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