Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 4646 | Data di udienza: 9 Dicembre 2015

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Sequestro preventivo per reati paesaggistici – Struttura abusiva e requisito dell’attualità del pericolo – Reati urbanistici e paesaggistici – Sequestro preventivo – Profilo del periculum in moraArtt. 44 lett. e) 64, 65, 71, 72, 93 e 95 D.P.R. 380/2001Artt. 136, 146 e 181, c.1 bis D.Lgs. n. 42/2004DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo – Ricorso per cassazione per violazione di legge – Elementi della Violazione di legge – Artt. 125, 321, 325, 606 e 616 cod. proc. pen..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 5 Febbraio 2016
Numero: 4646
Data di udienza: 9 Dicembre 2015
Presidente: Fiale
Estensore: Di Stasi


Premassima

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Sequestro preventivo per reati paesaggistici – Struttura abusiva e requisito dell’attualità del pericolo – Reati urbanistici e paesaggistici – Sequestro preventivo – Profilo del periculum in moraArtt. 44 lett. e) 64, 65, 71, 72, 93 e 95 D.P.R. 380/2001Artt. 136, 146 e 181, c.1 bis D.Lgs. n. 42/2004DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo – Ricorso per cassazione per violazione di legge – Elementi della Violazione di legge – Artt. 125, 321, 325, 606 e 616 cod. proc. pen..



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 05/02/2016 (Ud. 09/12/2015) Sentenza n.4646


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Sequestro preventivo per reati paesaggistici – Struttura abusiva e requisito dell’attualità del pericolo – Art. 136, 146 e 181 d.lgs. 42/2004.
 
In tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell’attualità del pericolo, indipendentemente dall’essere l’edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio e all’equilibrio ambientale, a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio e dall’incremento del carico urbanistico, perdura in stretta connessione con l’utilizzazione della costruzione ultimata, (Cass. sez. 3, 5954 del 2015, Chiacchiaro, n. 42363 del 18.9.2013, Colicchio, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro di un manufatto costituente ampliamento di un edificio già abitato dal medesimo nucleo familiare; conf. sez. 3, n. 24539 del 20.3.2013, Chiantone; sez. 2, n. 23681 del 14.5.2008, Cristallo; sez. 3, n. 30932 del 19.5.2009, Tortora). In questo contesto, si è evidenziato come qualunque lavoro eseguito senza autorizzazione, in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, possa costituire un’offesa al bene giuridico protetto rappresentato dall’armonia paesaggistica e come, di fronte ad un’opera ultimata, vi sia il requisito della concretezza e dell’attualità cautelare, che sussiste proprio perché l’offesa al territorio è destinata in tal modo a perdurare ed a consolidarsi, (Cass. sez. 3, n. 43880 del 30.9.2004, Macino). Nella specie, sussisteva, anche, un aggravio del carico urbanistico, discendente dalla realizzazione di opere di ampliamento di precedenti strutture a servizio dell’azienda agricola.
 
 
DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Opere abusive – Reati urbanistici e paesaggistici – Sequestro preventivo – Profilo del periculum in mora Art. 44 lett. e) D.P.R. 380/2001Art. 181, c.1 bis D.Lgs. n. 42/2004.
 
Il vincolo cautelare reale del sequestro preventivo, può essere imposto sia in relazione al reato edilizio di cui all’art. 44 lett. e) D.P.R. 380/2001 che in relazione alla violazione paesaggistica sanzionata dal art. 181, comma 1 bis D.Lgs. n. 42 del 2004. Pertanto, in relazione al profilo del periculum in mora, quanto alla prima contestazione, andava valutato se si prospettasse l’esigenza di impedire le conseguenze del reato, consistenti in un aggravamento del cd. carico urbanistico, derivante dalla utilizzazione degli immobili anche dopo il loro completamento, e, quanto alla seconda contestazione, se permanesse la lesione del bene paesaggistico determinata dalla realizzazione dell’edificio senza la previa autorizzazione della autorità competente (Cass. sez. 3, n. 1262 del 25.9.2012, dep. il 10.1.2013, Righi ed altri).
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo – Ricorso per cassazione per violazione di legge – Elementi della Violazione di legge – Art. 125, 325 e 606 cod. proc. pen..
 
Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso, secondo il disposto dell’art. 325 cod. proc. pen. solo per violazione di legge. In tale nozione devono comprendersi sia gli errores in iudicando o in procedendo (inosservanza della legge penale (lett. b) dell’art. 606) nonché delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza (lett. e) dell’art. 606), sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Cass. Sez. U. n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua; Cass. Sez.U. n.25932 del 29/05/2008, Ivanov; da ultimo, Sez.6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele). All’interno della violazione di legge e, precisamente dell’art. 125 c.p.p., deve, quindi, essere fatta rientrare anche l’ipotesi della motivazione graficamente assente nonché della motivazione del tutto apparente. Va, poi, ribadito che il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell’art. 325, comma 1 cod. proc. pen., può essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza dì motivazione apparente, ma non per mero vizio logico della stessa, (Cass. Sez. 5, n. 25532 del 25/06/2010, Angelini). 


(conferma ordinanza del 25.9.2015 del Tribunale del riesame di Salerno) Pres. FIALE Rel. DI STASI Ric. COLANGELO
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 05/02/2016 (Ud. 09/12/2015) Sentenza n.4646

SENTENZA

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 05/02/2016 (Ud. 09/12/2015) Sentenza n.4646

 
 
REPUBBLICA ITALIANA 
In nome del Popolo Italiano
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta da
 
Omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da: COLANGELODAVIDE, nato a Frosinone il 5.7.1984
– avverso l’ordinanza del 25.9.2015 del Tribunale del riesame di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
– udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa Paola Filippi, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con decreto in data 24.8.2015, su richiesta del PM, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, disponeva nei confronti di Colangelo Davide, il sequestro preventivo, in relazione all’imputazione provvisoria per i reati di cui agli artt. 44 lett. e) D.P.R. 380/2001, 181 comma 1 bis d.lgs. 42/2004 (nonché dei connessi reati di cui agli artt. 64 e 71, 65 e 72, 93 e 95 d.P.R. 380/2001) perché, in assenza del permesso di costruire e senza l’autorizzazione paesaggistica prescritta dall’art. 146 d.lgs. 42/2004, realizzava, con aggravio del carico urbanistico le seguenti opere: struttura in acciaio con sovrastante telo in pvc sul lato nord-est dell’azienda zootecnica di circa m. 20x 20 adibita a fienile, strada in calcestruzzo a servizio dei paddock scoperti utilizzata come corsia di alimentazione sul lato est dell’azienda zootecnica di circa m 71,20 x 6,25; paddock scoperto realizzato con elementi in calcestruzzo armato e recinzione ferro sul lato est dell’azienda zootecnica di circa m. 71,20 x 10,05; ampliamento dei paddock e della corsia di alimentazione degli stessi realizzato sul lato nord dell’azienda zootecnica con muri in calcestruzzo armato e ringhiere di ferro e con struttura verticale portante in acciaio con sovrastante copertura con pannelli coibentati a due falde di circa m. 7,80 x 35,70; ampliamento di un paddock “attesa mungitura” realizzato sul lato ovest dell’azienda zootecnica con muri in calcestruzzo armato e ringhiere di ferro di circa m. 19,20 x 6,65; tettoia realizzata sul lato ovest dell’azienda zootecnica con struttura verticale portante in acciaio con sovrastante copertura con pannelli coibentati ad unica falda di circa m. 7,20 x 6,65.
 
Il Tribunale del riesame di Salerno con ordinanza in data 25.9.2015 rigettava l’istanza di riesame proposta dalla difesa di Colangelo Davide e confermava il decreto di sequestro preventivo.
 
2. Avverso tale provvedimento Colangelo Davide, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione ex art. 325 cod. proc. pen. per violazione di legge, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. Att. Cod. proc. pen.
 
Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) e lett. e) in relazione all’art. 321 cod. proc. pen. – Illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alle esigenze cautelari ed al requisito del periculum- Difetto di motivazione anche in ordine alle possibili conseguenze dannose dell’ipotizzato reato, sul piano edilizio urbanistico e su quello paesaggistico.
 
Il ricorrente lamenta che l’ordinanza impugnata sia frutto di una palese violazione di legge e presenti una motivazione apparente, in quanto le esigenze cautelari vengono fatte discendere automaticamente dalla constatazione che le opere edilizie abusive sono state realizzate in area sottoposta a vincolo paesaggistico, in quanto dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 136 d.lgs. 42/2004, indipendentemente dall’effettivo aggravio del carico urbanistico e dall’effettivo danno al paesaggio.
 
In particolare, deduce che la pronuncia è stata improntata su considerazioni di mero stile, sganciate dalla realtà fattuale e prive di riferimento alle caratteristiche della zona su cui insistono i manufatti ed ai profili dell’aggravio del carico urbanistico del territorio e del deterioramento dell’ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico.
 
Aggiunge che i manufatti insistono in zona E1 “agricola di pianura” e sono destinati al ricovero degli animali e del bestiame e che le opere sono ultimate.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, va rigettato.
 
2. Va premesso che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso, secondo il disposto dell’art. 325 cod. proc. pen. solo per violazione di legge. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, in tale nozione devono comprendersi sia gli errores in iudicando o in procedendo (inosservanza della legge penale (lett. b) dell’art. 606) nonché delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza (lett. e) dell’art. 606), sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710; Sez.U, n.25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; da ultimo, Sez.6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893). All’interno della violazione di legge e, precisamente dell’art. 125 c.p.p., deve, quindi, essere fatta rientrare anche l’ipotesi della motivazione graficamente assente nonché della motivazione del tutto apparente.
 
Va, poi, ribadito che il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell’art. 325, comma 1 cod. proc. pen., può essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza dì motivazione apparente, ma non per mero vizio logico della stessa, Sez. 5, n. 25532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129). 
 
Alla luce dei principi suesposti, il ricorso proposto è ammissibile, in quanto si deduce che l’ordinanza impugnata sia viziata da violazione di legge con riferimento al presupposto delle esigenze cautelari richiesto dall’art. 321 cod. proc. pen. per difetto di motivazione in ordine ai requisiti della concretezza ed attualità del periculum.
 
3. Ciò posto, va rilevato che il vincolo cautelare reale in esame è stato imposto sia in relazione al reato edilizio di cui all’art. 44 lett. e) D.P.R. 380/2001 che in relazione alla violazione paesaggistica sanzionata dal art. 181, comma 1 bis D.Lgs. n. 42 del 2004.
 
Pertanto, in relazione al profilo del periculum in mora, quanto alla prima contestazione, andava valutato se si prospettasse l’esigenza di impedire le conseguenze del reato, consistenti in un aggravamento del cd. carico urbanistico, derivante dalla utilizzazione degli immobili anche dopo il loro completamento, e, quanto alla seconda contestazione, se permanesse la lesione del bene paesaggistico determinata dalla realizzazione dell’edificio senza la previa autorizzazione della autorità competente (cfr. sul punto questa sez. 3, n. 1262 del 25.9.2012, dep. il 10.1.2013, Righi ed altri, rv. 254145).
 
Nel provvedimento impugnato, diversamente da quanto si deduce in ricorso, il Tribunale ha argomentato adeguatamente in ordine alla sussistenza del periculum in moraI Giudici salernitani hanno ritenuto la sussistenza del periculum in mora, dando rilievo prevalente alla circostanza che le opere edilizie abusive sono state realizzate in area sottoposta a vincolo paesaggistico, in quanto dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 136 d.lgs. 42/2004, ed affermato che il rischio di offesa al territorio e all’equilibrio ambientale prescinde dall’effettivo danno al paesaggio e dall’incremento del carico urbanistico e perdura in stretta connessione con l’utilizzazione della costruzione ultimata.
 
Tale motivazione è conforme al principio di diritto affermato dalla Giurisprudenza di questa Corte Suprema assolutamente prevalente – che il Collegio condivide e che va ribadito- secondo cui, nelle fattispecie di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell’attualità del pericolo, indipendentemente dall’essere l’edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio e all’equilibrio ambientale, a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio e dall’incremento del carico urbanistico, perdura in stretta connessione con l’utilizzazione della costruzione ultimata, (così, in ultimo, questa sez. 3, 5954 del 2015, Chiacchiaro, n. 42363 del 18.9.2013, Colicchio,rv. 42363, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro di un manufatto costituente ampliamento di un edificio già abitato dal medesimo nucleo familiare; conf. sez. 3, n. 24539 del 20.3.2013, Chiantone, rv. 255560; sez. 2, n. 23681 del 14.5.2008, Cristallo, rv. 240621; sez. 3, n. 30932 del 19.5.2009, Tortora, rv. 245207). Già in altra pronuncia, più risalente, si è, peraltro, evidenziato come qualunque lavoro eseguito senza autorizzazione, in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, possa costituire un’offesa al bene giuridico protetto rappresentato dall’armonia paesaggistica e come, di fronte ad un’opera ultimata, vi sia il requisito della concretezza e dell’attualità cautelare, che sussiste proprio perché l’offesa al territorio è destinata in tal modo a perdurare ed a consolidarsi, (così questa sez. 3, n. 43880 del 30.9.2004, Macino, rv. 230184).
 
I Giudici salernitani hanno, peraltro, evidenziato anche come, nella specie, sussista, altresì, un effettivo aggravio del carico urbanistico, discendente dal contenuto dell’accertamento effettuato in data 9.12.2014 presso l’azienda zootecnica bufalina del ricorrente – riportato nel corpo della ordinanza – che evidenzia la realizzazione di opere di ampliamento di precedenti strutture a servizio dell’azienda agricola.
 
A fronte di una motivazione siffatta, non può ritenersi che sussista la lamentata violazione di legge.
 
4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
Così deciso 9/12/2015
 
 

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