Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1151 | Data di udienza: 26 Maggio 2015

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione in presenza di plurimi vincoli gravanti sul terreno – Assenza dei validi titoli abilitativi – Preservazione della bellezza naturale – Sequestro preventivo – Effettiva sussistenza del periculum in mora DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione avverso le misura cautelari reali – Presupposti e limiti – Artt. 30, 44, c.1, lett.e), dPR n. 380/2001, 181 d.lgs. n. 42/2004 e 734 cod. pen. – Artt. 125, 321 e 616 cod. proc. pen., 25 Cost. e 7 della Cedu.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Gennaio 2016
Numero: 1151
Data di udienza: 26 Maggio 2015
Presidente: MANNINO
Estensore: GENTILI


Premassima

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione in presenza di plurimi vincoli gravanti sul terreno – Assenza dei validi titoli abilitativi – Preservazione della bellezza naturale – Sequestro preventivo – Effettiva sussistenza del periculum in mora DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione avverso le misura cautelari reali – Presupposti e limiti – Artt. 30, 44, c.1, lett.e), dPR n. 380/2001, 181 d.lgs. n. 42/2004 e 734 cod. pen. – Artt. 125, 321 e 616 cod. proc. pen., 25 Cost. e 7 della Cedu.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 14/01/2016 (Ud. 26/05/2015) Sentenza n.1151

 


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione in presenza di plurimi vincoli gravanti sul terreno – Assenza dei validi titoli abilitativi
Artt. 30, 44, c.1, lett.e), dPR n. 380/2001, 181 d.lgs. n. 42/2004 e 734 cod. pen. – Artt. 125, 321 e 616 cod. proc. pen., 25 Cost. e 7 della Cedu.

Nell’ipotesi di reato avente il carattere della contravvenzione, l’elemento soggettivo sufficiente ai fini della colpevolezza della condotta è già quello della mera colpa, condizione soggettiva che per espresso dettato legislativo è riscontrabile laddove l’evento proprio del reato per cui si procede si sia verificato a cagione, oltre che della imprudenza e negligenza (nella specie elementi questi ultimi autonomamente riscontrabili nell’avere i ricorrenti provveduto nel senso della lottizzazione pur in presenza dei plurimi vincoli gravanti sul terreno interessato dalle opere), della inosservanza da parte dell’agente di disposizioni legislative (inosservanza nel caso di specie ravvisabile, quanto meno ai limitati fini della ritenuta legittimità del provvedimento cautelare, nella realizzazione delle imponenti opere contestate in assenza dei validi titoli abilitativi).


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Preservazione della bellezza naturale – Sequestro preventivo – Effettiva sussistenza del
periculum in mora.

In tema di sequestro preventivo, in ordine alla effettiva sussistenza del periculum in mora, l’esistenza del pericolo può emergere dalla rilevanza quantitativa dell’insediamento oggetto del sequestro (nella specie l’ordinanza si riferisce a ben 52 alloggi residenziali di vario tipo e dimensione) di tal che è lecito opinare che la permanenza nella disponibilità dei ricorrenti di dette opere è idonea, non per mera postulazione ma in maniera decisamente concreta, ad incrementare il carico urbanistico in un sito che, invece, dovrebbe godere di una condizione di inviolabilità urbanistica, e per altro verso dalla circostanza, anch’essa dotata del carattere della obbiettività e non della astratta natura congetturale, che le opere siano oggetto di realizzazione, con i connessi sbancamenti ed installazioni edili, sicché la sottrazione dei terreni alla materiale disponibilità di chi tali opere stia realizzando, si configura come necessaria ed inevitabile cautela ai fini della preservazione della bellezza naturale della zona assoggettata a rigidi vincoli di immodificabilità.

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione avverso le misura cautelari reali – Presupposti e limiti.

In sede di ricorso per cassazione avverso le misura cautelari reali, in base all’inequivoco tenore dell’art. 325 cod. proc. pen., l’àdito al giudice è ammesso solamente laddove la ordinanza con la quale la misura è stata confermata sia censurata esclusivamente sotto il profilo della violazione di legge; il fatto che, invece, la censura attenga alla tenuta logica della motivazione fa sì che il relativo motivo di impugnazione debba essere dichiarato inammissibile.


(dich. inamm. il ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Agrigento del 3/10/2014) Pres. MANNINO, Rel. GENTILI Ric. CARISTIA ed altro

 

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 14/01/2016 (Ud. 26/05/2015) Sentenza n.1151

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 14/01/2016 (Ud. 26/05/2015) Sentenza n.1151

 

REPUBBLICA ITALIANA 
In nome del Popolo Italiano
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta da
 
Omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sui ricorsi proposti da:
CARISTIA Gaetano, nato a Caltagirone (Ct) il 2 marzo 1945; 
COMPARATO Sebastiano, nato a Mistretta (Me) 10 agosto 1934;
avverso la ordinanza del Tribunale di Agrigento del 3 ottobre 2014; 
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e i ricorsi introduttivi; 
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Sante SPINACI, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito, altresì, per il ricorrente Comparato l’avv. Salvatore Donato MESSINA, del foro di Palermo, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
Il Tribunale di Agrigento, con ordinanza del 3 ottobre 2014, ha rigettato la richiesta di riesame presentata da Caristia Gaetano e da Comparato Sebastiano avente ad oggetto il decreto di sequestro preventivo, emesso dal Gip di Agrigento il precedente 8 agosto 2014, relativamente ad una ampia porzione di terreno, in proprietà alla COMAER immobiliare Srl, interessata da un piano di lottizzazione a suo tempo assentito con delibera del Comune di Realmonte del 23 ottobre 2008 ed in relazione al quale erano stati rilasciati negli anni 2012 e 2013 n. 5 permessi a costruire che, tuttavia erano stati oggetto di decreto di annullamento, unitamente alla citata delibera consiliare di approvazione del piano di lottizzazione, con decreto dell’Assessore regionale al Territorio ed ambiente del 9 aprile 2014.
 
Nel rigettare la predetta istanza di riesame il Tribunale ha rilevato che i terreni in questione erano gravati da numerosi vincoli, il principale dei quali era costituito dalla esistenza di un vincolo di immodificabilità assoluta temporaneo, destinato a valere sino alla approvazione del Piano paesistico della Provincia di Agrigento, evento questo tuttora non realizzatosi, adottato ai sensi dell’art. 5 della legge regionale n. 15 del 1991.
 
In particolare il Tribunale ha ritenuto al riguardo che, sebbene detto vincolo fosse stato disposto con taluni decreti assessorili succedutisi nel tempo, esso si sarebbe stabilizzato, anche dopo che i decreti di cui sopra, a decorrere dal 1996, non sono stati più rinnovati, conformemente ai principi espressi dalla sentenza della Corte costituzionale n. 417 del 1995.
 
Hanno proposto ricorso per cassazione avverso la detta ordinanza il Caristia ed il Comparato, assistiti dai loro difensori di fiducia, i quali hanno affidato la loro impugnazione a cinque motivi.
 
Col primo di essi è dedotta la violazione e falsa applicazione della legge, in particolare si tratta degli artt. 321 e 324 cod. proc. pen., 1 della legge n.431 del 1985, 5 della legge regionale siciliana n. 15 del 1991 nonché degli artt. 30, 44, comma 1, lettera e), del dPR n. 380 del 2001, 181 d.lgs. n. 42 del 2004 e 734 cod. pen., ciò in quanto il Tribunale, per un verso, non avrebbe risposto ai motivi di ricorso formulati dai ricorrenti in sede di riesame e, per altro verso, avrebbe fondato la propria decisione sul contenuto della sentenza n. 417 del 1995 della Corte costituzionale, senza considerare che, trattandosi di una sentenza di rigetto, essa non poteva svolgere alcun ruolo al di fuori del giudizio nel corso del quale è stata sollevata la questione incidentale.
 
Col secondo motivo è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 321 cod. proc. pen., 14 della cosiddette preleggi, 1 e 2 cod. pen., 25 Cost. e 7 della Cedu, stante la violazione del principio di legalità che governa il diritto penale, consistente nella estensione della portata cronologica di una disposizione a tempo.
 
Ancora è dedotta la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen., stante la asserita carenza di motivazione della ordinanza impugnata.
 
Il ricorrente ha, altresì, lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 42, comma 4, e 47, comma 3, cod. pen., in quanto il Tribunale ha ritenuto sussistere, con riferimento al fumus commissi delicti, l’elemento soggettivo dei reati contestati, indicando come elemento di riscontro della sussistenza di questo il fatto che nel certificato di destinazione urbanistica relativo ai terreni di cui al sequestro sono indicati i numerosi vincoli su di essi gravanti, senza però considerare che tale certificato era stato rilasciato dopo che erano stati emessi anche gli altri provvedimenti autorizzatori, in ipotesi illegittimi proprio perché concessi in difformità ai vincoli di cui sopra.
 
Infine era contestata la legittimità del provvedimento impugnato, sempre sotto il profilo della violazione di legge e della omessa motivazione, con riguardo alla ritenuta configurabilità del pericolo nel ritardo, essendo questo stato illogicamente affermata in quanto gli organi amministrativi che avevano rilasciato i provvedimenti autorizzatori nei confronti della COMAER li avevano dapprima sospesi e quindi revocati, sicché, in assenza di essi, non vi era pericolo che i reati contestati giungessero ad ulteriori stadi di perpetrazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso è inammissibile.
 
Rileva la Corte la evidente infondatezza del primo motivo di impugnazione; con esso i ricorrenti si dolgono del fatto che il Tribunale di Agrigento abbia fondato la motivazione della propria ordinanza sulla base di quanto contenuto nella sentenza della Corte costituzionale n. 417 del 1995, senza tenere conto del fatto che detta sentenza, essendo una sentenza con la quale era stata rigettata la questione di legittimità costituzionale dedotta di fronte all’organo di giustizia in questione, non era idonea ad avere alcuna valenza generale in materia di interpretazione normativa.
 
L’assunto nei termini in cui esso ha formato oggetto del motivo di impugnazione è manifestamente infondato.
 
Deve, infatti, rilevare la Corte che, sebbene sia vero che a differenza delle sentenze della Corte costituzionale con le quali viene dichiarata la illegittimità costituzionale di una qualche disposizione avente forza di legge, le decisioni a contenuto interpretativo non hanno la medesima forza vincolante, tuttavia non può ad esse disconoscersi, così come ha fatto il Tribunale di Agrigento, la idoneità a fornire argomenti in base ai quali procedere alla esegesi di disposizioni giuridiche, sebbene non si tratti delle stesse disposizioni oggetto 
della questione di legittimità costituzionale definita con la sentenza interpretativa utilizzata come fonte di riferimento da altro interprete.
 
Nel caso in esame il Tribunale ha desunto da quanto affermato dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 417 del 1995 la natura non esclusivamente temporanea dei vincoli di immodificabilità disposti con provvedimento assessorile, ma la loro idoneità a permanere comunque vigenti, quale misura di salvaguardia, stante la loro funzione strumentale ad un controllo razionale, programmato e necessario del territorio, sino alla approvazione del piano paesistico.
 
Il secondo motivo di impugnazione è del tutto generico risolvendosi in una pretta petizione di principio, consistente nella indimostrata affermazione della pretesa estensione operata dal Tribunale girgentano con l’ordinanza impugnata della portata cronologica di disposizioni che, viceversa, si affermano essere solo temporanee.
 
Col terzo motivo, nonostante la intitolazione data alla censura e secondo la quale esso avrebbe ad oggetto la dedotta violazione di legge e la apparenza della motivazione, i ricorrenti si dolgono, peraltro per ragioni di fatto inammissibili in questa sede, da una parte del contenuto della perizia di parte redatta dal consulente del Pm e da altra parte della motivazione della ordinanza del Tribunale di Agrigento che, condividendo le conclusioni contenute in detta consulenza, a sua volta veicolate dalla richiesta di misura cautelare formulata dall’organo della pubblica accusa, ha confermato la ordinanza applicativa della misura.
 
Non può, a tale proposito, non ricordarsi che in sede di ricorso per cassazione avverso le misura cautelari reali, in base all’inequivoco tenore dell’art. 325 cod. proc. pen., l’àdito al giudice è ammesso solamente laddove la ordinanza con la quale la misura è stata confermata sia censurata esclusivamente sotto il profilo della violazione di legge; il fatto che, invece, nel caso ora in esame la censura attenga alla tenuta logica della motivazione fa sì che il relativo motivo di impugnazione debba essere dichiarato inammissibile.
 
Con riferimento al quarto motivo di ricorso, col quale è dedotta la violazione e falsa applicazione della legge penale per avere il Tribunale ritenuto sussistere, sotto il profilo del fumus commissi delicti, il necessario elemento soggettivo ai fini della integrazione del reato in relazione al quale sono in corso le indagini preliminari, osserva la Corte, onde rilevare la pretestuosità del motivo di censura, che nel caso in esame si procede in relazione ad ipotesi di reato aventi il carattere della contravvenzione; come è noto in relazione a tale tipo di illecito penale l’elemento soggettivo sufficiente al fini della colpevolezza della condotta è già quello della mera colpa; condizione soggettiva che, per espresso dettato legislativo è riscontrabile laddove l’evento proprio del reato per cui si procedesi sia verificato a cagione, oltre che della imprudenza e negligenza (elementi questi ultimi peraltro autonomamente riscontrabili nell’avere il ricorrenti provveduto nel senso della lottizzazione pur in presenza dei plurimi vincoli gravanti sul terreno interessato dalla opere in questione), della inosservanza da parte dell’agente di disposizioni legislative, inosservanza in questo caso certamente ravvisabile, quanto meno ai limitati fini della ritenuta legittimità del provvedimento cautelare, nella realizzazione delle imponenti opere contestate ai due ricorrenti in assenza dei validi titoli abilitativi.
 
Infine, quanto all’ultimo motivo di impugnazione, avente ad oggetto la incongrua valutazione operata dal Tribunale di Agrigento in ordine alla effettiva sussistenza del periculum in mora, osserva la Corte che esso con valutazione certamente plausibile ha fatto derivare la esistenza del pericolo per un verso dalla rilevanza quantitativa dell’insediamento oggetto del sequestro (la ordinanza, infatti, si riferisce a ben 52 alloggi residenziali di vario tipo e dimensione) di tal che è lecito opinare che la permanenza nella disponibilità dei ricorrenti di dette opere è idonea, non per mera postulazione ma in maniera decisamente concreta, ad incrementare il carico urbanistico in un sito che, invece, dovrebbe godere di una condizione di inviolabilità urbanistica, e per altro verso dalla circostanza, anch’essa dotata del carattere della obbiettività e non della astratta natura congetturale, che le opere in questione già sono oggetto di realizzazione, con i connessi sbancamenti ed installazioni edili, sicché la sottrazione dei terreni alla materiale disponibilità di chi tali opere stia realizzandosi pone come necessaria ed inevitabile cautela ai fini della preservazione della bellezza naturale della zona assoggettata, come detto, per tale motivo, a rigidi vincoli di immodificabilità.
 
In conclusione, essendo risultati i diversi motivi di impugnazione proposti dai ricorrenti ora inammissibili ora manifestamente infondati, il ricorso di Caristia Geatano e Comparato Sebastiano deve essere dichiarato inammissibile ed i ricorrenti debbono essere, per tale motivi, condannati, visto l’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, equitativamente determinata nella misura che segue, di euro 1000,00 ciascuno da versarsi in favore della Cassa delle ammende.

PQM
 
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 ciascuno.
 
Così deciso in Roma, il 26 maggio 2015
 

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