Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 12920 | Data di udienza: 17 Febbraio 2016

* DIRITTO URBANISTICO – Reati edilizi – Opere abusive – Realizzazione di un impianto sportivo in zona agricola – Violazione dell’art. 44 DPR n. 380/2001 – Art. 4, legge n. 493/1993 – Requisito della pertinenzialità e requisito della precarietà – Elementi e differenze – Violazione degli strumenti urbanistici – Offensività al bene tutelato – Verifica del Giudice di merito – PROCEDURA PENALE – Sequestro preventivo – Ricorso per cassazione – Nozione di violazione di legge – Errores in iudicando o in procedendo – Vizi della motivazione – Motivazione graficamente assente – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sindacato della Corte di Cassazione – Modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con la L. n. 46/2006 – Rivisitazione dell’iter ricostruttivo del fatto – Esclusione – Artt. 172 e 173 c.p. – Art. 28 L. n. 689/1981 – Artt. 273, 321, 325, 606 lett.b) e 616 c.p.p..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 31 Marzo 2016
Numero: 12920
Data di udienza: 17 Febbraio 2016
Presidente: Ramacci
Estensore: De Masi


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Reati edilizi – Opere abusive – Realizzazione di un impianto sportivo in zona agricola – Violazione dell’art. 44 DPR n. 380/2001 – Art. 4, legge n. 493/1993 – Requisito della pertinenzialità e requisito della precarietà – Elementi e differenze – Violazione degli strumenti urbanistici – Offensività al bene tutelato – Verifica del Giudice di merito – PROCEDURA PENALE – Sequestro preventivo – Ricorso per cassazione – Nozione di violazione di legge – Errores in iudicando o in procedendo – Vizi della motivazione – Motivazione graficamente assente – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sindacato della Corte di Cassazione – Modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con la L. n. 46/2006 – Rivisitazione dell’iter ricostruttivo del fatto – Esclusione – Artt. 172 e 173 c.p. – Art. 28 L. n. 689/1981 – Artt. 273, 321, 325, 606 lett.b) e 616 c.p.p..



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 31/03/2016 (ud. 17/02/2016) Sentenza n.12920
 

DIRITTO URBANISTICO – Reati edilizi – Opere abusive – Realizzazione di un impianto sportivo in zona agricola –  Violazione dell’art. 44 DPR n. 380/2001 – Art. 4, legge n. 493/1993.
 
In materia urbanistica, la realizzazione di un impianto sportivo in zona agricola configura la violazione dell’art. 44 lett. b), D.P.R. n. 380 del 2001, atteso che la disposizione di cui all’art. 4, legge n. 493 del 1993, (ai sensi della quale gli interventi su aree destinate ad attività sportiva senza creazione di volumetria sono subordinati alla semplice denuncia di inizio attività) trova applicazione su aree già destinate ad attività sportive e che la materia è ora esclusivamente regolata dal T.U. edilizia (Sez. 3, n. 19521 del 4/4/2013, Cacciato; Sez. 3, n. 8414 del 14/01/2005, Forleo). 
 

DIRITTO URBANISTICO – Requisito della pertinenzialità e requisito della precarietà – Elementi e differenze.
 
In materia edilizia, affinché un manufatto presenti il carattere della pertinenza, si richiede che abbia una propria individualità, che sia oggettivamente preordinato a soddisfare le esigenze di un edificio principale legittimamente edificato, che sia sfornito di autonomo valore di mercato, che abbia ridotte dimensioni, che sia insuscettibile di destinazione autonoma e che non si ponga in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, elementi non riscontrati nel caso in esame (Cass. Sez. 3, n. 25669 del 30/5/2012, Zeno). Mentre, il requisito della precarietà va individuato in relazione alla oggettiva ed intrinseca destinazione dell’opera, essendo necessario che essa soddisfi esigenze temporanee, e non esclusivamente in relazione alle caratteristiche dei materiali utilizzati per la realizzazione (Cass., Sez. 3, n. 22054 del 25/2/2009, Sez. 3, n. 996 del 26/11/2014 , Sez. 3, n. 24898 del 4/4/2003, Nagni).
 

DIRITTO URBANISTICO – Violazione degli strumenti urbanistici – Offensività al bene tutelato – Verifica del Giudice di merito.
 
In tema urbanistico, spetta al Giudice di merito verificare se la permanenza dell’opera eretta in violazione degli strumenti urbanistici vigenti sia un elemento neutro, sotto il profilo del protrarsi della offensività al bene tutelato, oppure rappresenti una compromissione degli interessi attinenti al territorio (Cass. Sez. 3, n. 24167 del 5/5/2011, Londo).


PROCEDURA PENALE – Sequestro preventivo – Ricorso per cassazione – Nozione di violazione di legge – Errores in iudicando o in procedendo – Vizi della motivazione – Motivazione graficamente assente.
 
Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso, secondo il disposto dell’art. 325 c. p. p., solo per violazione di legge. In tale nozione devono comprendersi sia gli errores in iudicando o in procedendo (inosservanza della legge penale (lett. b) dell’art. 606) nonché delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza (lett. e) dell’art. 606), sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. All’interno della violazione di legge – e precisamente dell’art. 125 c.p.p. – deve quindi essere fatta rientrare anche l’ipotesi della motivazione graficamente assente nonché della motivazione del tutto apparente, con la precisazione che il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell’art. 325, comma 1, c.p.p., può essere proposto solo per mancanza fisica della  motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero vizio logico della stessa.
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sindacato della Corte di Cassazione – Modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con la L. n. 46/2006 – Rivisitazione dell’iter ricostruttivo del fatto – Esclusione.
 
Anche a seguito della modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con la L. n. 46 del 2006, il sindacato della Corte di Cassazione attiene sempre al profilo di legittimità e che la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all’annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata. Pur di fronte alla previsione di un allargamento dell’area entro la quale deve operare, non è infatti cambiata la natura del sindacato di legittimità che non può “mai comportare una rivisitazione dell’iter ricostruttivo del fatto, attraverso una nuova operazione di valutazione complessiva delle emergenze processuali, finalizzata a individuare percorsi logici alternativi ed idonei a inficiare il convincimento espresso dal giudice di merito.
 
 
(conferma ordinanza in data 6/7/2015 del Tribunale di Firenze) Pres. RAMACCI, Rel. DE MASI, Ric. Pratesi

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 31/03/2016 (ud. 17/02/2016) Sentenza n.12920

SENTENZA

 

 
 
 
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
 
Composta dagli Ili.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Omissis 
 
ha pronunciato la seguente:
 
SENTENZA 
 
– Sul ricorso proposto da PRATESI FRANCA, nata a Firenze il 20/11/1947;
– avverso la ordinanza in data 6/7/2015 del Tribunale di Firenze;
– visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Oronzo De Masi;
– udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Paola Filippi, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso. 

RITENUTO IN FATTO
 
Con decreto in data 8/6/2015, su richiesta del P.M., il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze disponeva, nei confronti di PRATESI FRANCA, il sequestro preventivo di un campo di calcio o di calcetto, con “porte”, recinzione fissata stabilmente al suolo, panchine e casette di legno ad uso spogliatoio, realizzato dall’indagata in aperta campagna, in assenza del permesso di costruire con aggravio del carico urbanistico e con cambiamento di destinazione d’uso del terreno su cui le opere insistono, avente destinazione agricola, in relazione all’imputazione provvisoria per il reato di cui all’artt. 44 lett. b) D.P.R. 380 del 2001.
 
Il Tribunale di Firenze, con ordinanza in data 6/7/2015, rigettava l’istanza di riesame proposta dalla difesa dell’indagata e confermava il decreto di sequestro preventivo dell’immobile.
 
Avverso tale provvedimento la PRATESI, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 325 c. p. p., per violazione di legge, articolando i motivi che di seguito vengono enunciati.
 
Con un primo motivo, deduce violazione e/o errata applicazione dell’art. 273 c.p.p, in punto di sussistenza del fumus commissi delicti, nonché contraddittorietà della motivazione, travisamento delle risultanze probatorie, per non aver il Tribunale del Riesame considerato il carattere provvisorio, privo di rilevanza edilizia, delle opere realizzate senza modificazione della morfologia del terreno, in assenza di lavori di scavo o sbancamenti e che le casette di legno, costituenti pertinenze del limitrofo Centro Riabilitativo, sono destinate a ricovero o deposito di attrezzi e non già a spogliatoi.
 
Con un secondo motivo, deduce violazione e/o errata applicazione dell’art. 321 c.p.p, in punto di sussistenza del periculum in mora, per aver il Tribunale del Riesame ritenuto che dalla realizzazione del campo di calcio, con annesse panchine, recinzione e spogliatoi, derivasse un incremento del carico urbanistico, quantomeno per il maggior afflusso di persone nella zona, utilizzazione di energia elettrica, acqua, scarico di acque bianche e nere, senza fornire su quali basi si fondano le considerazioni svolte al riguardo, trattandosi di struttura utilizzata esclusivamente dagli ospiti del Centro riabilitativo “Torri”.
 
La ricorrente lamenta che l’ordinanza impugnata è frutto di una palese violazione di legge e presenta una motivazione incoerente rispetto alle risultanze probatorie, in quanto le esigenze cautelari vengono fatte discendere, automaticamente, dalla constatazione che le opere edilizie abusive sono state realizzate in area agricola, senza considerare che non si tratta di un vero e proprio campo di calcio, come erroneamente dato per assodato dal Giudice del Riesame mercè il richiamo ad una decisione di questa Corte di legittimità (n. 19521 del 2013) non pertinente, in quanto riguardante un caso niente affatto sovrapponibile a quello qui esaminato.
 
Evidenzia poi che non risulta modificata la morfologia del terreno, che non sono stati realizzati nuovi volumi, né opere di scavo o sbancamento, e neppure di livellamento dell’area, che il Tribunale del Riesame avrebbe potuto agevolmente rilevare dalle fotografie in atti, elemento probatorio invece del tutto trascurato. 
 
Evidenzia altresì che il fondo del campo, un terreno incolto, è rimasto quello originario e che su di esso sono state poggiate due “porte” prive di rilevanza edilizia, e che la zona di gioco, per nulla assimilabile ad un impianto sportivo, viene utilizzata per ampliare il ventaglio delle attività motorie offerte dal Centro socio-riabilitativo “Torri” ai ragazzi disabili ospiti della struttura.
 
Quanto alle casette in legno, peraltro di modeste dimensione (m. 2,20 x 2,85), non è stata fornita la prova che esse siano utilizzate come spogliatoi e non piuttosto come ricovero e deposito degli attrezzi per le attività motorie, mentre la recinzione metallica non è sorretta da pali in ferro cementati al suolo, essendo gli stessi poggiati su una base di plastica riempita con cemento, circostanze agevolmente rilevabili dalle fotografie in atti, ma del tutto trascurate. Violazione e/o errata applicazione dell’art. 321 c.p.p., in punto di sussistenza del periculum in mora, carenza di motivazione.
 
La ricorrente infine lamenta che l’ordinanza impugnata è frutto di violazione di legge e difetti di motivazione in quanto l’aggravio del carico urbanistico cui il Giudice del riesame fa riferimento, richiamando le argomentazioni svolte dal G.I.P. del Tribunale di Firenze, si basa su di un’affermazione apodittica, che cioè la presenza del campo sportivo determini una maggiore affluenza di persone, circostanza di cui non v’è traccia nell’accertamento svolto dalla Polizia Municipale, e comunque confutata dalle osservazioni contenute nella relazione tecnica di parte, da cui emerge che si tratta di area utilizzata esclusivamente dagli ospiti della struttura per disabili, non provvista di rete elettrica, né di acqua, così come le due casette di legno.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso è infondato.
 
Va premesso che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso, secondo il disposto dell’art. 325 c. p. p., solo per violazione di legge. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tale nozione devono comprendersi sia gli errores in iudicando o in procedendo (inosservanza della legge penale (lett. b) dell’art. 606) nonché delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza (lett. e) dell’art. 606), sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U. n.25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez.6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893).
 
All’interno della violazione di legge – e precisamente dell’art. 125 c.p.p. – deve quindi essere fatta rientrare anche l’ipotesi della motivazione graficamente assente nonché della motivazione del tutto apparente, con la precisazione che il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell’art. 325, comma 1, c.p.p., può essere proposto solo per mancanza fisica della  motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero vizio logico della stessa, Sez. 5, n. 25532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129).
 
Le censure della ricorrente, in larga parte, non tengono conto che, anche a seguito della modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con la L. n. 46 del 2006, il sindacato della Corte di Cassazione attiene sempre al profilo di legittimità e che la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all’annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata” (Sez. 6, n. 752 del 18/12/2006, dep. 16/172007, Rv. 235732).
 
Pur di fronte alla previsione di un allargamento dell’area entro la quale deve operare, non è infatti cambiata la natura del sindacato di legittimità che non può “mai comportare una rivisitazione dell’iter ricostruttivo del fatto, attraverso una nuova operazione di valutazione complessiva delle emergenze processuali, finalizzata a individuare percorsi logici alternativi ed idonei a inficiare il convincimento espresso dal giudice di merito” (Sez. 2, n. 23419 del 23/5/2007, Rv. 236893).
 
Quanto alle deduzioni della difesa della PRATESI in punto di sussistenza del fumus commissi, va ribadito il consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui la realizzazione di un impianto sportivo in zona agricola configura la violazione dell’art. 44 lett. b), D.P.R. n. 380 del 2001, atteso che la disposizione di cui all’art. 4, legge n. 493 del 1993, (ai sensi della quale gli interventi su aree destinate ad attività sportiva senza creazione di volumetria sono subordinati alla semplice denuncia di inizio attività) trova applicazione su aree già destinate ad attività sportive e che la materia è ora esclusivamente regolata dal T.U. edilizia (Sez. 3, n. 19521 del 4/4/2013, Cacciato, Rv. 255867; Sez. 3, n. 8414 del 14/01/2005, Forleo, Rv. 230975). Secondo le risultanze riportate nell’ordinanza impugnata, le opere difettano del requisito della precarietà, che – com’è pacifico – va individuato in relazione alla oggettiva ed intrinseca destinazione dell’opera, essendo necessario che essa soddisfi esigenze temporanee, e non esclusivamente in relazione alle caratteristiche dei materiali utilizzati per la realizzazione (ex multis, Sez. 3, n. 22054 del 25/2/2009, Sez. 3, n. 996 del 26/11/2014 , Sez. 3, n. 24898 del 4/4/2003, Nagni, Rv. 225380).
 
Difetta anche il requisito della pertinenzialità delle opere abusive, correttamente escluso nell’ordinanza impugnata, che quindi ha fatto buon governo del principio, costantemente affermato in questa sede, per cui in materia edilizia, affinché un manufatto presenti il carattere della pertinenza, si richiede che abbia una propria individualità, che sia oggettivamente preordinato a soddisfare le esigenze di un edificio principale legittimamente edificato, che sia sfornito di autonomo valore di mercato, che abbia ridotte dimensioni, che sia insuscettibile di destinazione autonoma e che non si ponga in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, elementi non riscontrati nel caso in esame (ex multis, Sez. 3, n. 25669 del 30/5/2012, Zeno, Rv. 253064).
 
Quanto alle esigenze cautelari, nella motivazione dell’ ordinanza, correttamente è fatto riferimento all’aggravio del carico urbanistico, in zona agricola, determinato dall’utilizzazione dell’impianto sportivo, ancorché non professionale, con valutazione di merito non suscettibile di sindacato in sede di legittimità.
 
Spetta infatti al Giudice di merito verificare se la permanenza dell’opera eretta in violazione degli strumenti urbanistici vigenti sia un elemento neutro, sotto il profilo del protrarsi della offensività al bene tutelato, oppure rappresenti una compromissione degli interessi attinenti al territorio (Sez. 3, n. 24167 del 5/5/2011, Londo, Rv. 250965).
 
Questa verifica è stata effettuata dal G.I.P. del Tribunale di Firenze e confermata dal Tribunale del Riesame, che ha concluso per l’incremento del carico urbanistico “quantomeno per il maggiore afflusso di persone in zona in dipendenza del cambiamento di destinazione d’uso” dell’are agricola.
 
Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p, la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. 
 
Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2016.
 
 
 
 
 
 

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