Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 1716 | Data di udienza: 4 Febbraio 2016

* APPALTI – Comunicazioni tra stazione appaltante e concorrenti – Art. 77, c. 5, d.lgs. n. 163/2006 – Amministrazioni tenute all’osservanza delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale – Utilizzo della posta elettronica certificata – Eterointegrazione del bando – Subprocedimento di verifica dei requisiti ex art. 48 d.lgs. n. 163/2006 – Disposizioni sulla “decertificazione” – Dispensa del concorrente dalla presentazione della documentazione richiesta – Inconfigrabilità – Ragioni.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 3 Maggio 2016
Numero: 1716
Data di udienza: 4 Febbraio 2016
Presidente: Poli
Estensore: Forlenza


Premassima

* APPALTI – Comunicazioni tra stazione appaltante e concorrenti – Art. 77, c. 5, d.lgs. n. 163/2006 – Amministrazioni tenute all’osservanza delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale – Utilizzo della posta elettronica certificata – Eterointegrazione del bando – Subprocedimento di verifica dei requisiti ex art. 48 d.lgs. n. 163/2006 – Disposizioni sulla “decertificazione” – Dispensa del concorrente dalla presentazione della documentazione richiesta – Inconfigrabilità – Ragioni.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 3 maggio 2016, n. 1716


APPALTI – Comunicazione tra stazione appaltante e concorrenti – Art. 77, c. 5, d.lgs. n. 163/2006 – Amministrazioni tenute all’osservanza delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale – Utilizzo della posta elettronica certificata – Eterointegrazione del bando.

 L’art. 77, co. 5 del d. lgs. n. 163/2006, prevede che le amministrazioni pubbliche che sono tenute all’osservanza delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (d. lgs. n. 82/2005), operano nel rispetto di tali disposizioni e delle relative norme di attuazione ed esecuzione. E’, inoltre, previsto che “in particolare, gli scambi di comunicazioni tra amministrazioni aggiudicatrici ed operatori economici deve avvenire tramite posta elettronica certificata”. Benchè, dunque, il comma 1 del medesimo art. 77 preveda, in via generale, che “tutte le comunicazioni e tutti gli scambi di informazioni tra stazioni appaltanti e operatori economici possono avvenire, a scelta delle stazioni appaltanti, mediante posta, mediante fax, per via elettronica”, o anche per telefono o “mediante una combinazione di tali mezzi”, qualora ricorra l’ipotesi di una amministrazione pubblica tenuta ad operare nel rispetto delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale, le comunicazioni stesse non possono che avvenire per il tramite di posta elettronica certificata. Si tratta, a tutta evidenza, di una normale relazione tra disposizione generale (comma 1), e disposizione speciale (comma 5), che come tale prevale sulla generale, secondo una normale regola di interpretazione della legge. D’altra parte, lo stesso comma 1 dell’art. 77, nell’indicare in via generale i mezzi utilizzabili per le comunicazioni, indica la “via elettronica ai sensi dei commi 5 e 6”, in tal modo già prevedendo la possibilità che tale forma di comunicazione – lungi dal dipendere dalla scelta volontaria dell’amministrazione esplicitata nel bando – debba essere quella obbligatoriamente seguita sia dall’amministrazione sia dagli operatori economici. Alla luce di tali presupposti normativi, può sostenersi la presenza di un fenomeno di eterointegrazione del bando, dovendo intendersi la previsione di legge cogente e dunque integrativa delle previsioni del bando, pur nelle ipotesi di suo omesso richiamo.

 (Conferma T.A.R. per la Campania – Sede staccata di Salerno – Sezione I, n. 1319 dell’8 giugno 2015) – Pres. Poli, Est. Forlenza  – I. s.r.l. e altro (avv. Caldarera) c. Ministero della Difesa (Avv. Stato)
 

APPALTI – Subprocedimento di verifica dei requisiti ex art. 48 d.lgs. n. 163/2006 – Disposizioni sulla “decertificazione” – Dispensa del concorrente dalla presentazione della documentazione richiesta – Inconfigrabilità – Ragioni.

Se è possibile affermare che, in fase di verifica ex art. 48 d.lgs. n. 163/2006, l’amministrazione ben possa procedere ad acquisire documentazione facendo ricorso agli archivi pubblici, ciò non comporta né che il concorrente sia per ciò solo dispensato – sull’asserito presupposto della applicabilità della norma sulla cd. decertificazione – dal presentare la documentazione richiestagli, né che la possibilità di cui si sia eventualmente avvalsa l’amministrazione si trasformi in un obbligo posto dalla legge a carico della medesima. Così argomentando, per un verso si snaturerebbe il subprocedimento di verifica dei requisiti dei partecipanti alle procedure di affidamento, per altro verso, si perverrebbe ad una sostanziale “abrogazione” dell’art. 48, e, in particolare, dei termini cogenti da questo imposti e delle sanzioni previste per il loro mancato rispetto. Proprio perché si tratta di un subprocedimento di verifica dei requisiti, incombe invece al concorrente procedere alla comprova dei requisiti da esso stesso dichiarati; e proprio per questo la legge prevede le sanzioni conseguenti al suo comportamento omissivo. L’amministrazione ben potrà quindi procedere alla verifica di quanto dichiarato consultando gli archivi pubblici (ex artt. 43 e 71 DPR n. 445/2000), ma certo non può sostituire la propria iniziativa di ufficio a quelli che sono precisi obblighi incombenti ai concorrenti chiamati agli adempimenti di cui al citato art. 48 (cfr. Ad. Plen. n. 10/2014)

 (Conferma T.A.R. per la Campania – Sede staccata di Salerno – Sezione I, n. 1319 dell’8 giugno 2015) – Pres. Poli, Est. Forlenza  – I. s.r.l. e altro (avv. Caldarera) c. Ministero della Difesa (Avv. Stato)
 


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ - 3 maggio 2016, n. 1716

SENTENZA


CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 3 maggio 2016, n. 1716


N. 01716/2016REG.PROV.COLL.
N. 08650/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8650 del 2015, proposto dalle società Ingegneria e Costruzioni s.r.l. eLupo Costruzioni s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, in proprio e, rispettivamente, quale mandataria (la prima) e mandante (la seconda) del costituendo r.t.i., rappresentate e difese dall’avv. Mario Caldarera, con domicilio eletto presso Mario Caldarera in Roma, Via Crescenzio, 9;


contro

Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del T.A.R. per la Campania – Sede staccata di Salerno – Sezione I, n. 1319 dell’8 giugno 2015.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2016 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Angelo Clarizia (su delega di Caldarera) e l’avvocato dello Stato Stigliano Messuti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con l’appello in esame, le società Ingegneria e costruzioni s.r.l. e Lupò Costruzioni s.r.l., ciascuna di esse in proprio e, rispettivamente, quale mandataria la prima e mandante la seconda della costituenda a.t.i. tra di loro, impugnano la sentenza del TAR per la Campania, sede staccata di Salerno, 8 giugno 2015 n. 1319.

1.1. Con tale decisione il TAR ha rigettato il ricorso proposto avverso il provvedimento – in data 24 settembre 2013 – con il quale il Ministero della difesa ha disposto l’esclusione delle attuali appellanti dalla gara per l’affidamento della progettazione esecutiva ed esecuzione lavori per la realizzazione di una palazzina da 144 posti letto per alloggi di servizio collettivi per il personale volontario presso la Caserma Berardi di Avellino.

1.2. Le imprese appellanti sono state escluse dalla gara per tardiva presentazione della documentazione di comprovazione dei requisiti di partecipazione, a loro richiesta quale ditta sorteggiata ai sensi dell’art. 48 d. lgs. n. 163/2006.

1.3. La sentenza impugnata ha affermato, in particolare che:

– “attesa la cogente formulazione dell’art. 77, co. 5, d. lgs. n. 163/2006, secondo cui “gli scambi di comunicazioni tra amministrazioni aggiudicatrici e operatori economici deve avvenire tramite posta elettronica certificata”, si produce un fenomeno di eterointegrazione del bando di gara”;

– a fronte di ciò, la sez. VI del bando di gara prevede espressamente l’obbligo ai concorrenti di indicare, tra l’altro, “l’indirizzo di posta elettronica . . . al fine delle comunicazioni inerenti le procedure di gara”;

– non può essere sostenuto che l’amministrazione avrebbe potuto procedere ad una acquisizione ufficiosa della documentazione comprovante il possesso dei requisiti (in applicazione del DPR n. 445/2000), in quanto il modus operandi della stazione appaltante rinviene il proprio fondamento proprio nell’art. 48 d. lgs. n. 163/2006, oltre che nella stessa lex specialis, di modo che “dalla mancata tempestiva produzione documentale non può che derivare l’esclusione del concorrente dalla gara”.

1.3. Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando; erronea valutazione dei presupposti di legge; errata interpretazione ed applicazione art. 77 d. lgs. n. 163/2006:; erronea applicazione del principio di eterointegrazione; violazione art. 112 c.p.c.; violazione del principio dispositivo, nonché del principio di autovincolo e tassatività delle cause di esclusione; violazione artt. 46 e 48 d. lgs. n. 163/2006; violazione e falsa applicazione del punto 11 del disciplinare di gara; violazione del principio di affidamento, dei principi di buona fede e collaborazione, e dell’art. 97 Cost.; violazione del dovere di soccorso e dei principi di trasparenza, correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa; ciò in quanto: a1) l’art. 77, co. 5, d. lgs. n. 163/2006 prevede che solo nel caso in cui l’amministrazione scelga la via elettronica, le comunicazioni devono avvenire tramite PEC, potendo invece le stazioni appaltanti liberamente scegliere tra posta, fax e via elettronica, come è avvenuto nel caso di specie poiché “nel bando di gara è presente una apposita clausola espressamente prescrittiva del fax e del telegramma”; a2) non assume alcun rilievo che nel bando fosse richiesto di indicare un indirizzo di posta elettronica ordinaria, sia perché il bando escludeva espressamente tale forma di comunicazione, sia perché “non era comunque richiesto un indirizzo PEC”; a3) è stato violato il principio di affidamento e di tassatività delle cause di esclusione;

b) error in iudicando; erronea valutazione dei presupposti di legge; mancata e/o erronea applicazione degli artt. 40, 43, 47 DPR n. 445/2000 e dell’art. 15 l. n. 186/2011; errata applicazione artt. 6bis e 48 d.lgs. n. 163/2006; errata interpretazione ed applicazione della lex specialis; violazione del principio di autovincolo e tassatività delle cause di esclusione; mancata e/o errata applicazione art. 46 d. lgs. n. 163/2006; ciò in quanto la sentenza “ritiene inapplicabile la normativa di cui al DPR n. 445/2000 nell’ambito del procedimento di comprova dei requisiti autodichiarati”.

1.4. Si è costituito in giudizio il Ministero della difesa, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

1.5. Dopo il deposito di ulteriori memorie e repliche, all’udienza pubblica di trattazione del 4 febbraio 2016, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

La presente controversia verte sul fatto che l’amministrazione appaltante ha richiesto alle ditte appellanti, in quanto sorteggiate, la documentazione di comprovazione ex art. 48 d. lgs. n. 163/2006, mediante e-mail inviata all’indirizzo di posta elettronica, e non già – come indicato al punto 11 del “disciplinare di gara per procedura aperta” – “a mezzo fax oppure telegramma”.

Dal che è conseguita l’esclusione dalla gara per non avere la concorrente fornito in tempo utile (calcolato a decorrere dalla ricezione della richiesta via mail) la documentazione richiesta.

2.1. In relazione al primo motivo di appello il collegio evidenzia che l’art. 77, co. 5 del d. lgs. n. 163/2006, prevede che le amministrazioni pubbliche che sono tenute all’osservanza delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (d. lgs. n. 82/2005), operano nel rispetto di tali disposizioni e delle relative norme di attuazione ed esecuzione. E’, inoltre, previsto che “in particolare,gli scambi di comunicazioni tra amministrazioni aggiudicatrici ed operatori economici deve avvenire tramite posta elettronica certificata”.

Benchè, dunque, il comma 1 del medesimo art. 77 preveda, in via generale, che “tutte le comunicazioni e tutti gli scambi di informazioni tra stazioni appaltanti e operatori economici possono avvenire, a scelta delle stazioni appaltanti, mediante posta, mediante fax, per via elettronica”, o anche per telefono o “mediante una combinazione di tali mezzi”, qualora ricorra l’ipotesi di una amministrazione pubblica tenuta ad operare nel rispetto delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale, le comunicazioni stesse non possono che avvenire per il tramite di posta elettronica certificata.

Si tratta, a tutta evidenza, di una normale relazione tra disposizione generale (comma 1), e disposizione speciale (comma 5), che come tale prevale sulla generale, secondo una normale regola di interpretazione della legge.

D’altra parte, lo stesso comma 1 dell’art. 77, nell’indicare in via generale i mezzi utilizzabili per le comunicazioni, indica la “via elettronica ai sensi dei commi 5 e 6”, in tal modo già prevedendo la possibilità che tale forma di comunicazione – lungi dal dipendere dalla scelta volontaria dell’amministrazione esplicitata nel bando – debba essere quella obbligatoriamente seguita sia dall’amministrazione sia dagli operatori economici.

Alla luce di tali presupposti normativi, la sentenza impugnata ha condivisibilmente affermato la presenza di un fenomeno di eterointegrazione del bando (Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2015 n. 1250), dovendo intendersi la previsione di legge cogente e dunque integrativa delle previsioni del bando, pur nelle ipotesi di suo omesso richiamo.

Nel caso di specie, peraltro, il punto VI.3 del bando di gara (pagina 8) prevede espressamente che “è obbligo del concorrente, ai fini della partecipazione alla gara, indicare il domicilio eletto per le comunicazioni, l’indirizzo di posta elettronica e il numero di fax al fine dell’invio delle comunicazioni inerenti la procedura di gara. . .”.

Né, a fronte della cogente disposizione di legge, può assumere valore dirimente quanto previsto al punto 11 del disciplinare di gara, posto che si tratta di disposizione contenuta in un atto amministrativo generale, al quale non può a tutta evidenza accordarsi alcuna possibilità di prevalere su quanto obbligatoriamente disposto dalla legge.

D’altra parte, occorre ricordare che, come sostenuto dalla giurisprudenza (Cons. Stato, sez. III, 11 luglio 2013 n. 3735; sez. V, 24 gennaio 2013 n. 439), nelle gare pubbliche il disciplinare di gara deve essere interpretato in conformità a quanto statuito dal bando, atteso che le sue disposizioni sono chiamate ad integrare, e non a modificare, quelle del bando, ed in caso di contrasto prevalgono le previsioni di quest’ultimo.

A maggior ragione dunque, come nel caso di specie, a fronte dell’assenza nel bando di previsioni espresse in ordine alle modalità di comunicazione (peraltro richiedendosi l’indirizzo di posta elettronica) e in presenza di una cogente disposizione di legge in materia, non può trovare alcuna considerazione quanto previsto dal disciplinare di gara in contrasto con la legge.

Infine, occorre ricordare, quanto alla intervenuta esclusione dalla gara, che la stessa è disposta dall’art. 48, co. 1. d. lgs. n. 163/2006, e, dunque, non è possibile invocare la violazione, nel caso di specie, del principio di tassatività delle cause di esclusione.

In definitiva, una volta accertata, per le ragioni innanzi esposte, la regolarità della richiesta della documentazione di comprovazione per via informatica, le conseguenze derivanti dalla sua mancata (o intempestiva) presentazione sono direttamente previste dalla legge (cfr., in ordine all’obbligo di escussione della cauzione a fronte della mancata prova del possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge per le gare disciplinate dal codice dei contratti pubblici ed al conseguente obbligo, d’indole comunque non lesiva, di segnalazione all’A.N.A.C., Ad. Plen. nn. 2 del 2012 e 34 del 2014, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 88, co. 2, lett. d), 99 e 120, co. 10, c.p.a.).

2.2. E’ altrettanto infondato il secondo motivo di appello (sub lett. b) dell’esposizione in fatto), con il quale si ritiene che l’amministrazione avrebbe dovuto procedere ex officio alla acquisizione della documentazione di comprovazione, ai sensi degli art. 40 (nel testo modificato dall’art. 15, l. n. 183/2011) e 43, co. 1, DPR n. 445/2000.

La parte appellante a tal fine richiama la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. V, 27 agosto 2014 n. 4359; sez. III, 26 settembre 2013 n. 4785)), che ha avuto modo di affermare che “la norma sulla cd. decertificazione (costituisce) una nuova regola generale sui rapporti tra privati e P.A.”, di modo che “non si rinvengono, quindi, ragioni per escludere che questa potesse essere applicata anche alla materia degli appalti pubblici”, ed anche al procedimento di verifica del possesso dei requisiti ex art. 48 d. lgs. n. 163/2006.

Orbene, in disparte ogni verifica in ordine alla possibilità e agli esatti termini di applicazione della disciplina di cui al DPR n. 445/2000 alle procedure di gara, ciò che occorre chiarire è che, se è possibile affermare, sulla scorta della indicata giurisprudenza, che in fase di verifica ex art. 48 l’amministrazione ben possa procedere ad acquisire documentazione facendo ricorso agli archivi pubblici (ed è questo il caso oggetto della sentenza n. 4359/2014), ciò non comporta né che il concorrente sia per ciò solo dispensato dal presentare la documentazione richiestagli, né che la possibilità di cui si sia eventualmente avvalsa l’amministrazione si trasformi in un obbligo posto dalla legge a carico della medesima.

Così argomentando, per un verso si snaturerebbe il subprocedimento di verifica dei requisiti dei partecipanti alle procedure di affidamento, per altro verso, si perverrebbe ad una sostanziale “abrogazione” dell’art. 48, e, in particolare, dei termini cogenti da questo imposti e delle sanzioni previste per il loro mancato rispetto.

Proprio perché si tratta di un subprocedimento di verifica dei requisiti, incombe al concorrente procedere alla comprova dei requisiti da esso stesso dichiarati; e proprio per questo la legge prevede le sanzioni conseguenti al suo comportamento omissivo.

L’amministrazione ben potrà procedere alla verifica di quanto dichiarato consultando gli archivi pubblici (ex artt. 43 e 71 DPR n. 445/2000), ma certo non può sostituire la propria iniziativa di ufficio a quelli che sono precisi obblighi incombenti ai concorrenti chiamati agli adempimenti di cui al citato art. 48.

In tal senso è la giurisprudenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. n. 10 del 2014 cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 88, co. 2, lett. d), 99 e 120, co. 10, c.p.a.).

3. Per le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

4. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dall’art. 26, co.1, c.p.a.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Ingegneria e costruzioni s.r.l. e Lupò costruzioni s.r.l. (n. 8650/2015 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna le appellanti, in solido, al pagamento, in favore del costituito Ministero della difesa, delle speseeonorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.000/00 (cinquemila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
Carlo Schilardi, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
             

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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