Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 28 Aprile 2016
Numero: 17425
Data di udienza: 10 Marzo 2016
Presidente: ROSI
Estensore: Scarcella
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – Prescrizione del reato edilizio – Obbligo del giudice di dichiarare estinto il reato – Principio del “favor rei” – Prescrizione, limiti e oneri probatori – Artt. 44, lett. b) e 95 d.P.R. n. 380 del 2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Manifesta infondatezza dei motivi – Inammissibilità – Preclusione di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità – Art. 129 cod. proc. pen..
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 28/04/2016 (Ud. 10/03/2016) Sentenza n.17425
DIRITTO URBANISTICO – Prescrizione del reato edilizio – Obbligo del giudice di dichiarare estinto il reato – Principio del “favor rei” – Prescrizione, limiti e oneri probatori – Artt. 44, lett. b) e 95 d.P.R. n. 380/2001.
L’obbligo del giudice di dichiarare estinto per prescrizione il reato edilizio (non ponendosi ovviamente il problema per quello antisismico, attesa la sua natura permanente: Sez. 3, n.12235 del 11/02/2014 – dep. 14/03/2014, Petrolo), sussiste solo qualora l’imputato adduca che l’opera sia stata eseguita in una specifica data ed il giudice non sia in grado – in base ad elementi specifici – di stabilire la prosecuzione dei lavori oltre tale data, ciò in quanto l’affermazione, in virtù del principio del “favor rei”, non può essere disattesa (v., tra le tante: Sez. 3, n.12783 del 06/12/1991 – dep. 18/12/1991, Porrello ed altro). Diversamente, nei casi in cui emerga un dato oggettivo ed inconfutabile (presenza di calcinacci) da cui emerge la recente esecuzione dei lavori edilizi, il principio del favor rei non può trovare applicazione. Ed infatti, anche in materia edilizia, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva della prescrizione, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione ed in particolare, trattandosi di reato edilizio, la data di esecuzione dell’opera incriminata (v., tra le tante: Sez. 3, n. 10585 del 23/05/2000 – dep. 11/10/2000, Milazzo; Sez. 3, n. 27061 del 05/03/2014 – dep.23/06/2014, Laiso).
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Manifesta infondatezza dei motivi – Inammissibilità – Preclusione di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità – Art. 129 cod. proc. pen..
L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, D. L., Rv.217266, nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso).
(dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza della Corte d’appello di PALERMO in data 10/07/2014) Pres. ROSI, Rel. SCARCELLA, Ric. Agate
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 28/04/2016 (Ud. 10/03/2016) Sentenza n.17425
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 28/04/2016 (Ud. 10/03/2016) Sentenza n.17425
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Sul ricorso proposto da: AGATE MATILDE ,n. 7/10/1965 a Vita
– avverso la sentenza della Corte d’appello di PALERMO in data 10/07/2014;
– visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
– udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P. Fimiani, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 10/07/2014, depositata in data 8/10/2014, la Corte d’appello di PALERMO confermava la sentenza del tribunale di Marsala del 5/07/2013 che aveva riconosciuto AGATE MATILDE colpevole del reato di cui all’
art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001 (capo a) e del reato di cui all’
art. 95 d.P.R. citato (capo b), accertati in data 1/09/2009.
2. Ha proposto personalmente ricorso AGATE MATILDE ,impugnando la sentenza predetta con cui deduce un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di cui all’
art. 606, lett. b), cod. proc. pen., sotto il profilo della erronea applicazione dell’art. 157 cod. pen. per intervenuta prescrizione di ambedue i reati contestati.
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene la ricorrente di aver ottenuto l’assegnazione dell’alloggio popolare in via straordinaria ed urgente per 180 gg. ed a tale data i manufatti erano già esistenti; in occasione di entrambi i sopralluoghi del 2009 e del 2011 non vi erano lavori in corso né tracce di attività edilizia recente; l’immobile, peraltro, in occasione dei due sopralluoghi era risultato identico ed i verbalizzanti non furono in grado di datare il momento di esecuzione dei lavori né indicare il soggetto che li aveva posti in essere; solo un teste (tale Riggio) aveva affermato che i lavori erano recenti ma non era stato in grado di dire quando le opere erano state realizzate; l’immobile era identico a quello dei vicini, sicché era ragionevole ipotizzare che le abitazioni fossero state modificate prima che, nell’anno 2004, vi abitasse la ricorrente; quest’ultima, quindi, non avrebbe eseguito le opere e, essendole stesse ultimate alla data del 1/09/2009, il reato si sarebbe estinto per prescrizione; la Corte d’appello, dunque, avrebbe omesso di applicare il principio del favor rei non potendosi stabilire quando i lavori fossero stati ultimati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è generico e manifestamente infondato e dev’essere dichiarato inammissibile.
4. Ed invero, la Corte d’appello affronta la questione dedotta dall’attuale ricorrente confutando l’identico primo motivo di appello, in particolare evidenziando come il teste Riggio, in sede di sopralluogo, avesse riferito di aver notato la presenza di calcinacci, circostanza questa che, secondo la Corte d’appello, costituiva prova del fatto che al momento dell’accertamento i lavori fossero ancora in corso.
5. Il motivo di ricorso è anzitutto generico, in quanto non si confronta criticamente con le argomentazioni svolte dalla Corte d’appello (dovendosi infatti ritenere inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione: Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849) che ha, sul punto, valorizzato – al fine di confutare le doglianze dell’allora appellante – il dato oggettivo ed inconfutabile costituito dalla presenza dei calcinacci al momento del sopralluogo, ciò che confermava come effettivamente i lavori fossero di recente esecuzione.
Il ricorso è, in ogni caso, manifestamente infondato poiché l’obbligo del giudice di dichiarare estinto per prescrizione il reato edilizio (non ponendosi ovviamente il problema per quello antisismico, attesa la sua natura permanente: Sez. 3, n.12235 del 11/02/2014 – dep. 14/03/2014, Petrolo, Rv. 258738), sussiste solo qualora l’imputato adduca che l’opera sia stata eseguita in una specifica data ed il giudice non sia in grado – in base ad elementi specifici – di stabilire la prosecuzione dei lavori oltre tale data, ciò in quanto l’affermazione, in virtù del principio del “favor rei”, non può essere disattesa (v., tra le tante: Sez. 3, n.12783 del 06/12/1991 – dep. 18/12/1991, Porrello ed altro, Rv. 188746). Diversamente, nei casi, come quello qui esaminato, in cui emerga un dato oggettivo ed inconfutabile (presenza di calcinacci) da cui emerge la recente esecuzione dei lavori edilizi, il principio del favor rei non può trovare applicazione. Ed infatti, anche in materia edilizia, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva della prescrizione, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione ed in particolare, trattandosi di reato edilizio, la data di esecuzione dell’opera incriminata (v., tra le tante: Sez. 3, n. 10585 del 23/05/2000 – dep. 11/10/2000, Milazzo C, Rv. 217091; Sez. 3, n. 27061 del 05/03/2014 – dep.23/06/2014, Laiso, Rv. 259181).
6. Il ricorso deve, conclusivamente, essere dichiarato inammissibile. Segue, a norma dell’
articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di somma che si stima equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00).
7. Solo per completezza, va qui ribadito il principio per cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’
art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, D. L., Rv.217266, nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso, come nel caso in esame, essendo stata la sentenza d’appello pronunciata in data 10/07/2014, prima del decorso del termine di prescrizione, maturata in data 1/09/2014).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 10 marzo 2016