Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto degli alimenti,
Diritto processuale penale,
Diritto venatorio e della pesca,
Fauna e Flora
Numero: 45732 |
Data di udienza: 13 Settembre 2016
* PESCA – FAUNA E FLORA – Tutela delle risorse biologiche – DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Prodotto commercializzato e conformità alla disciplina del settore – Qualifica professionale – Specifica diligenza – Mancanza della verifica delle esatte dimensioni dei tonni – Taglia inferiore alla taglia minima – Configurabilità del reato di cui all’art.7, d. lgs. n. 4/2012 – Regolamento (UE) 2015/98 – PROCEDURA PENALE – Motivazione e coerenza strutturale della decisione – Limiti del controllo del Giudice di legittimità.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 31 Ottobre 2016
Numero: 45732
Data di udienza: 13 Settembre 2016
Presidente: ROSI
Estensore: Mengoni
Premassima
* PESCA – FAUNA E FLORA – Tutela delle risorse biologiche – DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Prodotto commercializzato e conformità alla disciplina del settore – Qualifica professionale – Specifica diligenza – Mancanza della verifica delle esatte dimensioni dei tonni – Taglia inferiore alla taglia minima – Configurabilità del reato di cui all’art.7, d. lgs. n. 4/2012 – Regolamento (UE) 2015/98 – PROCEDURA PENALE – Motivazione e coerenza strutturale della decisione – Limiti del controllo del Giudice di legittimità.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 31/10/2016 (ud. 13/09/2016) Sentenza n.45732
PESCA – FAUNA E FLORA – Tutela delle risorse biologiche – DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Prodotto commercializzato e conformità alla disciplina del settore – Qualifica professionale – Specifica diligenza – Mancanza della verifica delle esatte dimensioni dei tonni – Taglia inferiore alla taglia minima – Configurabilità del reato di cui all’art.7, d. lgs. n. 4/2012 – Regolamento (UE) 2015/98.
La qualifica professionale impone un maggiore controllo sulla qualità del prodotto commercializzato, onde verificarne la conformità alla disciplina del settore; conformità pacificamente non riscontrata nel caso di specie, atteso che i tonni rossi in esame avevano una lunghezza media di 72 cm., inferiore alla minima prescritta di 115 cm. (o, ricorrendo particolari condizioni, 75 cm.), giusta art. 9, Regolamento (CE) n. 302 del 2009, sul punto confermato dal successivo Regolamento delegato (UE) 2015/98 della Commissione del 18/11/2014. Pertanto, in mancanza di verifiche, si configura la fattispecie prevista all’art.7, d. lgs. n. 4/2012.
PROCEDURA PENALE – Motivazione e coerenza strutturale della decisione – Limiti del controllo del Giudice di legittimità.
Il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione delle vicende.
(conferma sentenza del 10/6/2015 del TRIBUNALE DI BRINDISI) Pres. ROSI, Rel. MENGONI, Ric. Gioioso
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 31/10/2016 (ud. 13/09/2016) Sentenza n.45732
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 31/10/2016 (ud. 13/09/2016) Sentenza n.45732
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Gioioso Giammichele, nato a Fasano (Br) il 18/11/1955;
avverso la sentenza del 10/6/2015 del Tribunale di Brindisi;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Enrico Delehaye, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla pena; rigetto nel reso
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 10/6/2015, il Tribunale di Brindisi dichiarava Giammichele Gioioso colpevole del reato di cui all’art. 7, d. lgs. 9 gennaio 2012, n. 4 e lo condannava alla pena di duemila euro di ammenda; allo stesso – quale legale rappresentante della “Salvapesca dei Fratelli Gioioso” – era contestato di aver detenuto per la vendita novellame (14 esemplari di tonno rosso) di taglia inferiore a quanto prescritto.
2. Propone ricorso per cassazione il Gioioso, a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:
– violazione dell’art. 43 cod. pen .. La sentenza avrebbe apoditticamente affermato la responsabilità del ricorrente, quantomeno a titolo di colpa, senza considerare che lo stesso, al momento dell’accertamento, non aveva alcuna possibilità di verificare le esatte dimensioni dei tonni, in quanto imballati in casse di polistirolo; le stesse dimensioni, infatti, sarebbero emerse soltanto in occasione degli ordinativi da parte di clienti e, pertanto, dello scongelamento del prodotto;
– contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in punto di pena. Il Tribunale avrebbe riconosciuto la colpevolezza del Gioioso con riguardo al d. lgs. n. 4 del 2012, sebbene la condotta – ratione temporis – dovesse esser qualificata sub I. 14 luglio 1965, n. 963 (poi abrogata dal citato decreto), sanzionata in termini meno rigorosi, del tutto disattesi dalla sentenza impugnata;
– violazione degli artt. 62-bis, 133 cod. pen.. Il provvedimento avrebbe irrogato una pena eccessiva, peraltro senza neppure riconoscere le circostanze attenuanti generiche, pur ricorrendone i presupposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso risulta infondato.
Con riferimento alla prima doglianza, in punto di elemento soggettivo del reato, osserva il Collegio che il Tribunale – pronunciandosi al riguardo – ha affermato che «la qualifica professionale dell’imputato avrebbe dovuto imporgli un maggiore controllo sulla qualità del prodotto commercializzato, onde verificarne la conformità alla disciplina del settore»; conformità – si rileva per inciso – pacificamente non riscontrata nel caso di specie, atteso che i tonni rossi in esame avevano una lunghezza media di 72 cm., inferiore alla minima prescritta di 115 cm. (o, ricorrendo particolari condizioni, 75 cm.), giusta art. 9, Regolamento (CE) n. 302 del 2009, sul punto confermato dal successivo Regolamento delegato (UE) 2015/98 della Commissione del 18/11/2014.
Orbene, con tale logico argomento, la sentenza ha aderito al costante indirizzo ermeneutico secondo cui la qualifica assunta – come nel caso del Gioioso – comporta ex se l’impiego di una particolare cautela ed impone una specifica diligenza con riguardo a tutti i profili dai quali possa sorgere una responsabilità; d’altronde, il carattere contravvenzionale della fattispecie consente che la stessa sia addebitata anche a titolo colposo, per aver l’agente negligentemente omesso di verificare – in sede di acquisto o di ricezione della merce – che la stessa fosse rispondente (tra l’altro) alle dimensioni minime imposte dalla normativa nazionale e sovranazionale. E senza che, peraltro, possano in questa sede esser rivalutate circostanze meramente fattuali, pur diffusamente riportate nel ricorso, quali quelle relative al momento in cui il Gioioso avrebbe potuto in concreto rendersi conto della circostanza contestata (lo scongelamento del prodotto, in occasione degli ordinativi); ed invero, occorre qui ribadire che il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione delle vicende (tra le varie, Sez. 3, n. 46526 del 28/10/2015, Cargnello, Rv. 265402; Sez. 3, n. 26505 del 20/5/2015, Bruzzaniti ed altri, Rv. 264396).
Il motivo, pertanto, non può trovare accoglimento.
4. Alle medesime conclusioni, poi, perviene la Corte anche con riguardo alla seconda doglianza.
Ed invero, l’art. 8, d. lgs. n. 4 del 2012 stabilisce che la violazione dell’art. 7, comma 1, lett. a), stesso testo (di cui al caso in esame) è punita con l’arresto da due mesi a due anni o con l’ammenda da 2.000 a 12.000 euro; la medesima disposizione – per come affermato anche in sentenza – si pone in continuità normativa con gli artt. 15, lett. e), e 24, dell’abrogata L n. 963 del 1965, a mente dei quali l’illecito era sanzionato con l’arresto da un mese ad un anno o con l’ammenda da un milione (516 euro) a sei milioni di lire (3.098 euro). Un trattamento ben più lieve, quindi, del quale peraltro il Tribunale ha tenuto conto – in modo espresso – richiamando proprio la pregressa disciplina, da applicare ratione temporis (la condotta è contestata al 14/12/2011). Dal che, l’infondatezza della doglianza a mente della quale il Giudice avrebbe irrogato, in concreto, il trattamento sanzionatorio più sfavorevole; quel che non è dato affatto rilevare, atteso che la pena rientra appieno nella cornice edittale di cui alla citata L. n. 963. Una sanzione del tutto legale, dunque.
5. In ordine, di seguito, proprio all’entità di questa, rileva ancora il Collegio che la sentenza non merita la censura invocata; a fronte della “forbice” sopra menzionata, infatti, il Giudice ha applicato una sanzione pari a 2.000 euro di ammenda, quindi poco più elevata della media edittale, sì da non richiedere un particolare sforzo motivazionale e giustificarsi con il richiamo alla equità della sanzione ed ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. (per tutte, Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, Serratore, Rv. 256197).
6. Da ultimo, con riguardo alle circostanze attenuanti generiche, osserva la Corte che le stesse non erano state richieste in sede di conclusioni (come legittimamente verificato, attesa la natura della doglianza, giusta verbale del 10/6/2015); dal che, nessun obbligo di motivazione al riguardo poteva individuarsi in capo al Giudice.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2016