Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 497 | Data di udienza: 21 Settembre 2016

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Certificato di agibilità – Art. 24, c. 2 d.P.R n. 380/2001 – Edifici non destinati all’uso abitativo preesistenti all’introduzione dell’obbligo – Richiesta del certificato – Necessità – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Friuli Venezia Giulia
Città: Trieste
Data di pubblicazione: 3 Novembre 2016
Numero: 497
Data di udienza: 21 Settembre 2016
Presidente: Zuballi
Estensore: Tagliasacchi


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Certificato di agibilità – Art. 24, c. 2 d.P.R n. 380/2001 – Edifici non destinati all’uso abitativo preesistenti all’introduzione dell’obbligo – Richiesta del certificato – Necessità – Esclusione.



Massima

 

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 3 novembre 2016, n. 497


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Certificato di agibilità – Art. 24, c. 2 d.P.R n. 380/2001 – Edifici non destinati all’uso abitativo preesistenti all’introduzione dell’obbligo – Richiesta del certificato – Necessità – Esclusione.

A mente degli artt. 220 e 221 R.D. n. 1265/1934 erano assoggettati a certificato di abitabilità solamente i fabbricati urbani o rurali destinati a essere abitati, mentre non lo erano i locali, quale quello di cui qui si discute, destinati al ricovero di animali. Solo successivamente è stato introdotto l’obbligo di dotare tutti gli edifici, qualunque ne sia la destinazione d’uso, del certificato di agibilità. Si tratta di un obbligo nuovo, come si evince chiaramente dalla scelta del legislatore di utilizzare il più ampio termine “agibilità” in luogo di quello di “abitabilità”, che per definizione si adatta solamente ai luoghi destinati a ospitare gli uomini. E si tratta di un obbligo che non opera retroattivamente, ma che, al contrario vale esclusivamente per gli edifici nuovi o per quelli che subiscono delle modifiche tali da giustificare una verifica delle relative condizioni di sicurezza, di igiene, di salubrità e di risparmio energetico, come del resto precisato dall’articolo 24, comma 2, D.P.R. n. 380/2001.Sicché, gli edifici preesistenti e non destinati all’uso abitativo, fino a quando non mutano la propria destinazione ovvero non sono modificati, non sono tenuti ad ottenere detto certificato.


Pres. Zuballi, Est. Tagliasacchi – B.G.D. (avv.ti Pavanini, Barna e Fornasaro) c. Comune di Pinzano al Tagliamento (avv.ti Malattia e Sbisà)


Allegato


Titolo Completo

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 3 novembre 2016, n. 497

SENTENZA

 

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 3 novembre 2016, n. 497

Pubblicato il 03/11/2016

N. 00497/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00106/2016 REG.RIC.
N. 00158/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 106 del 2016, proposto da:
Barna Giacomo Decimo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Pavanini, Aurelia Barna e Piero Fornasaro, con domicilio eletto presso lo studio del terzo, in Trieste, Largo Don Bonifacio n. 1;

contro

Comune di Pinzano al Tagliamento, rappresentato e difeso dagli avv.ti Cesare Malattia e Giuseppe Sbisà, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Trieste, via Donota n. 3;

sul ricorso numero di registro generale 158 del 2016, proposto da:
Barna Giacomo Decimo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Pavanini, Aurelia Barna e Piero Fornasaro, con domicilio eletto presso lo studio del terzo, in Trieste, Largo Don Bonifacio n. 1;

contro

Comune di Pinzano al Tagliamento non costituito in giudizio;

quanto al ricorso n. 106 del 2016:

per la dichiarazione di nullità e/o annullamento, previa sospensione dell’esecuzione

– dell’ordinanza-ingiunzione prot. n. 266, Ord. n. 1/2016, emessa dal Comune di Pinzano al Tagliamento, Servizio Tecnico, in data 20.01.2016 (a chiusura del procedimento amministrativo n. AE-2015-19), avente oggetto la presunta violazione delle norme urbanistico-edilizie per l’applicazione del comma 1, lettera c), dell’articolo 40, e i commi 2 e 3 dell’articolo 45 della L.R. 11.11.2009, n. 19 e succ. mod.;

– di tutti gli atti presupposti, consequenziali e comunque connessi a quelli come sopra indicati, ivi compresi l’avvio del procedimento prot. n. 2960 del 2. 07.2015 – Pratica n. AE-2015-1 e la Relazione del Tecnico Comunale prot. n. 4679 del 7.11.2011;

e per l’applicazione, in via subordinata,

della sanzione pecuniaria alternativa ex articolo 45 L.R. F.V.G. n. 19/2009;

e, in ogni caso, per la condanna

del Comune al risarcimento dei danni conseguenti;

quanto al ricorso n. 158 del 2016:

per la dichiarazione di nullità e/o annullamento, previa sospensione dell’esecuzione

– dell’ordinanza-ingiunzione prot. n. 266, Ord. n. 1/2016, emessa dal Comune di Pinzano al Tagliamento, Servizio Tecnico, in data 20.01.2016 (a chiusura del procedimento amministrativo n. AE-2015-19), avente oggetto la presunta violazione delle norme urbanistico-edilizie per l’applicazione del comma 1, lettera c), dell’articolo 40, e i commi 2 e 3 dell’articolo 45 della L.R. 11.11.2009, n. 19 e succ. mod.;

– di tutti gli atti presupposti, consequenziali e comunque connessi a quelli come sopra indicati, ivi compresi l’avvio del procedimento prot. n. 2960 del 2. 07.2015 – Pratica n. AE-2015-1 e la Relazione del Tecnico Comunale prot. n. 4679 del 7.11.2011;

e per l’applicazione, in via subordinata,

della sanzione pecuniaria alternativa ex articolo 45 L.R. F.V.G. n. 19/2009;

e, in ogni caso, per la condanna

del Comune al risarcimento dei danni conseguenti;

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pinzano al Tagliamento;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 settembre 2016 la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso rubricato al n. 106/2016 di R.G. il signor Giacomo Decimo Barna ha impugnato l’ordinanza-ingiunzione in epigrafe compiutamente individuata, con la quale il Comune di Pinzano al Tagliamento, accertato che il fabbricato ad uso rurale (segnatamente, ricovero del bestiame e deposito di mangimi) di sua proprietà era stato costruito su un mappale diverso da quello indicato in progetto e con un orientamento difforme da quello a suo tempo assentito, ne ordinava la demolizione giusta quanto dispongono gli articoli 40, comma 1, lettera c), e 45 L.R. F.V.G. n. 19/2009.

Il ricorrente chiede che il provvedimento impugnato, previa sospensione cautelare, sia dichiarato nullo ovvero annullato per plurimi profili di illegittimità, ovvero che, in subordine, sia applicata la sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, e che il Comune sia condannato al risarcimento del danno patito per effetto dell’esecuzione dell’ordine di demolizione.

Con il primo motivo di impugnazione viene dedotta la nullità ai sensi degli articoli 114, comma 4, lettera b); Cod. proc. amm. e 21 septies L. n. 241/1990, l’eccesso di potere per errore e travisamento dei fatti, per istruttoria carente e insufficiente, per violazione e falsa applicazione degli articoli 40, comma 1, lettera c), e 45, commi 2 e 3, L.R. n. 19/2009, la contraddittorietà, illogicità, arbitrarietà e palese insufficienza in relazione agli accertamenti pretesamente effettuati, il difetto di motivazione, la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 220 e 221 R.D. n. 1265/1934.

Sostiene il ricorrente che l’atto gravato sia contraddetto dai plurimi atti amministrativi (tutti prodotti in giudizio), con i quali sia l’Amministrazione comunale, che altre Amministrazioni pubbliche negli anni hanno sempre implicitamente riconosciuto la piena legittimità del fabbricato di cui ora si ordina la demolizione siccome abusivo.

Ritiene, inoltre, l’ordinanza di demolizione costituisca elusione del giudicato contenuto nella sentenza n. 698/2010 di questo Tribunale e della quale si è richiesta l’ottemperanza con il giudizio rubricato al n. 459/2011, e che, come tale, essa sia nulla.

Con il secondo motivo di impugnazione viene dedotta la violazione del principio del legittimo affidamento, considerato che il preteso abuso viene sanzionato a quarantatre anni di distanza dalla realizzazione del fabbricato.

Con il terzo motivo di impugnazione viene dedotta la violazione dell’articolo 2 L. n. 241/1990, l’eccesso di potere per aver concluso il procedimento oltre il termine massimo di 180 giorni, e al solo fine di non consentirne l’impugnazione prima della discussione del collegato giudizio di ottemperanza iscritto al n. 459/2011 di R.G..

Con il quarto motivo di impugnazione viene dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 40, comma 1, lettera c), e 45, commi 2 e 3, L.R. F.V.G. n. 19/2009, il travisamento e l’errore di fatto, il difetto di motivazione in relazione alla sanzione comminata.

In via subordinata, il ricorrente si duole che l’Amministrazione comunale non abbia motivato la propria scelta di applicare nel caso di specie la sanzione demolitoria in luogo di quella alternativa pecuniaria, specie tenuto conto del lungo lasso di tempo intercorso dalla realizzazione del fabbricato della cui illiceità si discute.

Con il quinto motivo di impugnazione viene dedotta la violazione dell’articolo 27 D.P.R. n. 380/2001, per omessa vigilanza da parte del Comune di Pinzano sull’attività urbanistico-edilizia svolta nel suo territorio.

Contesta il ricorrente il ritardo con il quale l’Amministrazione comunale ha accertato e sanzionato il preteso abuso edilizio, impedendogli in tal modo di beneficiare dei tre condoni edilizi approvati dal 1973 ad oggi. Conseguentemente, per il caso in cui sia costretto a demolire il fabbricato de quo per poi ricostruirlo, in quanto pienamente ammesso dalla vigente disciplina urbanistica, egli chiede di essere risarcito dall’Ente resistente delle spese da sostenere, quantificate in complessivi €uro 100.000,00.

La medesima ordinanza-ingiunzione è stata impugnata, poi, dal signor Giacomo Decimo Barna con lo strumento del ricorso per motivi aggiunti nel giudizio contraddistinto dal n. 459/2011 di R.G., promosso dal medesimo per l’ottemperanza della sentenza n. 98/2010 di questo Tribunale e per il risarcimento del danno patito.

Il Giudice, tuttavia, non ravvisando tra le due impugnazioni quelle ragioni di connessione che, ai sensi dell’articolo 43, comma 1, Cod. proc. amm., legittimano la proposizione – all’interno del medesimo giudizio – di motivi aggiunti avverso nuovi atti o provvedimenti dell’Amministrazione, con ordinanza n. 171/2016 ha disposto la separazione dei giudizi, mandando alla Segreteria per l’iscrizione al ruolo della causa introdotta con il ricorso per motivi aggiunti.

Detta causa è stata iscritta con il numero 158/2016 di R.G..

Con il ricorso introduttivo del giudizio R.G. n. 158/2016 il signor Barna deduce le medesime censure dedotte con il ricorso introduttivo del giudizio R.G. n. 106/2016.

Si è costituito nel giudizio R.G. n. 106/2016 il Comune di Pinzano al Tagliamento, difendendo la legittimità del proprio atto e concludendo per la reiezione del ricorso avversario.

Sostiene in particolare la difesa dell’Ente che l’adozione dell’atto sanzionatorio era vincolata a fronte di un immobile costruito con ubicazione e orientamento difforme da quello a suo tempo assentito, e per di più privo del certificato di abitabilità.

L’Amministrazione ha poi depositato una memoria difensiva, nella quale ha sostanzialmente ribadito le proprie tesi e ha confermato le già formulate conclusioni.

Il Comune non si è, invece costituito nel giudizio R.G. n. 158/2016.

Replica il ricorrente con memoria identica depositata nei due giudizi, chiedendo la riunione delle cause R.G. n. 106/2016 e R.G. n. 158/2016 e insistendo per l’accoglimento dei gravami.

Rinunciata da parte del ricorrente la domanda cautelare, stante la dichiarazione a verbale del difensore del Comune che l’ordinanza non sarebbe stata eseguita nelle more del giudizio, le cause sono state entrambe chiamate alla pubblica udienza del 21 settembre 2016 e in quella sede sono state introitate per essere decise.

DIRITTO

Preliminarmente, il Collegio dispone la riunione, ai sensi del combinato disposto degli articoli 39, comma 1, Cod. proc. amm., e 273, comma 1, Cod. proc. civ., dei giudizi R.G. n. 106/2016 e R.G. n. 158/2016, stante l’identità delle parti, del petitum e della causa petendi.

Invero, sottoposta al vaglio di legittimità di questo Tribunale è l’ordinanza-ingiunzione n. 1/2016 del 20.01.2016 con la quale il Comune di Pinzano al Tagliamento ha ordinato al signor Giacomo Decimo Barna la demolizione del fabbricato costruito sul mappale n. 257 del Foglio 13, in quanto realizzato con ubicazione e orientamento diversi da quelli a suo tempo assentiti.

Sono infondati i primi tre motivi di impugnazione, salvo quanto si dirà con riferimento al quarto motivo di impugnazione.

Quanto al primo e al secondo motivo, la circostanza che l’Amministrazione non si sia mai avveduta, nei plurimi atti emessi con riguardo all’immobile di cui si discute e nei quarantatre anni decorsi dalla sua costruzione, dell’abusività del medesimo non vale per sé sola a rendere illegittimo il provvedimento sanzionatorio qui gravato.

Dalla documentazione versata in atti emerge che in data 14.04.1973 era stata autorizzata l’edificazione di un fabbricato ad uso ricovero per bestiame sul mappale 87 del foglio 13 con il lato lungo con orientamento lungo la direttrice nord-sud, emerge altresì detto fabbricato è stato realizzato sul mappale 85 (da cui origina l’attuale mappale 257) e con il lato lungo ruotato lungo la direttrice est-ovest. Il manufatto risulta, dunque, non conforme al titolo abilitativo.

Ora l’allegazione di parte ricorrente, che successivamente sia stata approvata una variante al titolo edilizio che abilitava le modifiche poi effettuate e di cui probabilmente si è persa traccia in conseguenza degli eventi sismici del 1976, così da spiegare perché mai in precedenza si sia contestato alcuna irregolarità, rimane allo stato una congettura priva di riscontro.

Parimenti, la circostanza che in precedenza l’Amministrazione comunale non abbia rilevato alcuna irregolarità non vale a superare, men che mai per fatti concludenti, la difformità del fabbricato a uso stalla dal titolo edilizio.

D’altro canto, costituisce orientamento giurisprudenziale consolidato, e al quale questo Collegio senz’altro aderisce, quello per cui «anche nel caso di abuso risalente nel tempo l’ordine di demolizione di opere edilizie abusive costituisce atto dovuto, non potendo il semplice trascorrere del tempo giustificare il legittimo affidamento del contravventore, poiché il potere di ripristino dello status quo non è soggetto ad alcun termine di prescrizione, né è tacitamente rinunciabile» (così, testualmente, C.d.S, Sez. V^, sentenza n. 3435/2016).

In definitiva, il lungo lasso di tempo intercorso e l’esistenza di atti dell’Amministrazione che implicitamente presupponevano la legittimità dell’edificazione di per sé non sono preclusivi dell’esercizio da parte del Comune del potere sanzionatorio.

Quanto al terzo motivo di impugnazione, con cui si lamenta il superamento del termine di conclusione del procedimento sanzionatorio, in quanto avviato nel luglio 2015 e portato a termine nel gennaio 2016, va osservato che, in assenza di una norma che qualifichi espressamente come perentorio detto termine, ad esso va attribuita funzione meramente acceleratoria.

Tanto più che tale conclusione è coerente con l’affermata imprescrittibilità del potere di repressione degli illeciti edilizi, in quanto finalizzato alla tutela dell’interesse pubblico all’ordinato sviluppo del territorio (cfr., T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV^, sentenza n. 1823/2016).

Ne consegue che il suo superamento non determina la consumazione del potere, e non comporta l’illegittimità del provvedimento tardivamente adottato, ma solo consente l’attivazione dei rimedi contro l’inerzia dell’Amministrazione (cfr., T.A.R. Abruzzo – Pescara, sentenza n. 160/2016; T.A.R. Molise, sentenza n. 449/2015).

Nemmeno assurge a causa di illegittimità la prospettata attivazione del procedimento sanzionatorio al solo scopo di paralizzare la richiesta risarcitoria avanzata dal ricorrente nei confronti del Comune in altro giudizio (segnatamente, quello iscritto al n. 459/2011 di R.G.), come dimostrerebbe la scelta di adottare l’ordine di demolizione qui impugnato proprio a ridosso dell’udienza di discussione di detta altra causa.

Invero, trattandosi di atto vincolato, il provvedimento sanzionatorio non può essere viziato da eccesso di potere, in particolare per sviamento (cfr., T.A.R. Sardegna, Sez. II^, sentenza n. 398/2016; T.A.R. Campania – Napoli, Sez. VIII^, sentenza n. 1397/2016).

E’ di contro fondato il quarto motivo di impugnazione.

Stabilisce, infatti, l’articolo 45, comma 2, L.R. F.V.G. n. 19/2009 che in caso di intervento edilizio realizzato in assenza di permesso di costruire, in difformità da esso o con variazioni essenziali l’Autorità può applicare la sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria quando ricorra anche una sola delle seguenti condizioni:

a) che l’intervento risalga a prima della L. n. 765/1967 ovvero sia stato eseguito in conseguenza di calamità naturali per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza;

b) che gli immobili siano conformi alla disciplina urbanistica vigente o a quella vigente al momento dell’intervento edilizio e poi non siano più stati modificati;

c) che gli immobili siano in possesso del certificato di abitabilità o agibilità ovvero siano in regola, nello stato di fatto in cui si trovano all’atto dell’accertamento, con le leggi di settore applicabili, nonché con gli obblighi di natura fiscale e tributaria.

Ora risulta per tabulas che la costruzione del fabbricato a uso ricovero animali sia stato a suo tempo assentito perché conforme alla disciplina urbanistica allora vigente e non risulta che il mappale sul quale è stato realizzato il fabbricato avesse una diversa qualificazione, né risulta che nelle more sia stato sottoposto a modifiche. Sicché paiono integrati i presupposti di cui alla surrichiamata lettera b) del comma 2 dell’articolo 45 della L.R. F.V.G. n. 19/2009.

Né, d’altro canto, la difesa del Comune, per contrastare la domanda risarcitoria formulata dal ricorrente, ha sostenuto che l’attuale disciplina urbanistica non consenta di realizzare esattamente ove ora si trova un fabbricato analogo a quello per cui è causa. Sicché anche per questa via risulta soddisfatta la condizione posta dalla precitata lettera b).

Il che di per sé è sufficiente per poter applicare nel caso in esame la sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, ponendosi come alternative le ipotesi enucleate al comma 2 dell’articolo 45 della L.R. F.V.G. 6 n. 19/2009.

Nondimeno, poiché la questione è oggetto di specifica censura da parte del ricorrente, va osservato come nella fattispecie concreta risulti integrata pure l’ipotesi sub lettera c) del comma 2 dell’articolo 45 della L.R. F.V.G. n. 19/2009.

Il ricorrente non nega di non aver mai richiesto il rilascio del certificato di abitabilità per l’immobile de quo. E, tuttavia, il Collegio concorda che quando esso venne costruito non vi fosse un obbligo di verifica di salubrità dei locali.

Vero è, infatti, che all’epoca operavano gli articoli 220 e 221 R.D. n. 1265/1934, a mente dei quali erano assoggettati a certificato di abitabilità solamente i fabbricati urbani o rurali destinati a essere abitati, mentre non lo erano i locali, quale quello di cui qui si discute, destinati al ricovero di animali. Solo successivamente è stato introdotto, sia a livello statale, sia a livello regionale, l’obbligo di dotare tutti gli edifici, qualunque ne sia la destinazione d’uso, del certificato di agibilità.

Si tratta indubbiamente di un obbligo nuovo, come si evince chiaramente dalla scelta del legislatore di utilizzare il più ampio termine “agibilità” in luogo di quello di “abitabilità”, che per definizione si adatta solamente ai luoghi destinati a ospitare gli uomini.

E si tratta di un obbligo che non opera retroattivamente, ma che, al contrario vale esclusivamente per gli edifici nuovi o per quelli che subiscono delle modifiche tali da giustificare una verifica delle relative condizioni di sicurezza, di igiene, di salubrità e di risparmio energetico, come del resto precisato dall’articolo 24, comma 2, D.P.R. n. 380/2001.

Sicché, in conclusione, gli edifici, quali quelli del signor Barna, preesistenti e non destinati all’uso abitativo, fino a quando non mutano la propria destinazione ovvero non sono modificati, non sono tenuti ad ottenere detto certificato.

Ne consegue, in primo luogo, che risulta inutilizzabile l’argomento della mancata richiesta da parte dell’interessato di rilascio del certificato di abitabilità/agibilità, portato dal Comune a sostegno del provvedimento sanzionatorio adottato; e, in secondo luogo, che la circostanza non è di per sé ostativa all’applicazione della sanzione pecuniaria alternativa.

In conclusione l’Amministrazione comunale, prima di ordinare la demolizione del fabbricato, avrebbe dovuto spiegare perché ha ritenuto di non applicare la sanzione pecuniaria alternativa ex articolo 45, comma 2, L.R. F.V.G. n. 19/2009.

E, tale obbligo di motivazione è, nel caso di specie, particolarmente incisivo, tenuto conto che la sanzione dell’abuso interviene a quarantatre anni di distanza dalla sua commissione, e tenuto altresì conto che la violazione contestata è stata qualificata come variazione essenziale solamente a partire dalla entrata in vigore dell’articolo 8 L. n. 47/1985, ovverosia successivamente alla realizzazione del fabbricato medesimo (cfr., C.d.S., Sez. VI^, sentenza n. 2512/2015).

L’ordinanza-ingiunzione di demolizione impugnata viene, pertanto, annullata, per difetto di motivazione su tale specifico punto.

Non spetta, tuttavia, a questo Giudice stabilire, così come pretende il ricorrente, l’ammontare della sanzione pecuniaria alternativa, ostandovi il divieto di cui all’articolo 34, comma 2, Cod. proc. amm., di pronuncia su poteri dell’Amministrazione non ancora esercitati.

Peraltro, l’accoglimento del quarto motivo di ricorso, determina il non esame della domanda risarcitoria formulata dal ricorrente con il quinto motivo, per il caso in cui, in esecuzione del provvedimento gravato, egli fosse stato costretto a demolire il fabbricato in discussione per poi ricostruirlo identico.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), previa riunione dei sui ricorsi, come in epigrafe proposti, definitivamente pronunciando su di essi, li accoglie.

Condanna il Comune resistente a rifondere al ricorrente le spese di giudizio, che liquida in €uro 3.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Umberto Zuballi, Presidente
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Alessandra Tagliasacchi
        
IL PRESIDENTE
Umberto Zuballi
 

IL SEGRETARIO
 

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