Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: VIA VAS AIA Numero: C-348/15 | Data di udienza:

VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE – VIA di taluni progetti pubblici e privati – Ambito di applicazione – Nozione di “atto legislativo nazionale specifico” – Assenza di valutazione dell’impatto ambientale – Autorizzazione definitiva – Regolarizzazione legislativa a posteriori dell’assenza di valutazione dell’impatto ambientale – Principio di cooperazione – Articolo 4 TUE – Rinvio pregiudiziale – Direttiva 85/337/CEE – Direttiva 2011/92/UE.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 17 Novembre 2016
Numero: C-348/15
Data di udienza:
Presidente: Silva de Lapuerta
Estensore: Bonichot


Premassima

VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE – VIA di taluni progetti pubblici e privati – Ambito di applicazione – Nozione di “atto legislativo nazionale specifico” – Assenza di valutazione dell’impatto ambientale – Autorizzazione definitiva – Regolarizzazione legislativa a posteriori dell’assenza di valutazione dell’impatto ambientale – Principio di cooperazione – Articolo 4 TUE – Rinvio pregiudiziale – Direttiva 85/337/CEE – Direttiva 2011/92/UE.



Massima

 

 

CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.1^ 17/11/2016 sentenza C-348/15


VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE – VIA di taluni progetti pubblici e privati – Ambito di applicazione – Nozione di “atto legislativo nazionale specifico” – Assenza di valutazione dell’impatto ambientale – Autorizzazione definitiva – Regolarizzazione legislativa a posteriori dell’assenza di valutazione dell’impatto ambientale – Principio di cooperazione – Articolo 4 TUE – Rinvio pregiudiziale – Direttiva 85/337/CEE – Direttiva 2011/92/UE.
 
L’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997, deve essere interpretato nel senso che non esclude dall’ambito di applicazione di quest’ultima un progetto previsto da una disposizione normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale deve essere considerato giuridicamente autorizzato un progetto che ha formato oggetto di una decisione, adottata in violazione dell’obbligo di valutazione del suo impatto ambientale, nei confronti della quale è scaduto il termine di ricorso per annullamento. Il diritto dell’Unione osta a una siffatta disposizione normativa nella parte in cui essa prevede che una previa valutazione dell’impatto ambientale deve essere considerata realizzata per un siffatto progetto.
 
Pres. Silva de Lapuerta, Rel. Bonichot, Ric. Stadt Wiener Neustadt c. Niederösterreichische Landesregierung

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.1^ 17/11/2016 sentenza C-348/15

SENTENZA

 

 


CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.1^ 17/11/2016 sentenza C-348/15
 
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
 
17 novembre 2016
 
«Rinvio pregiudiziale – Valutazione dell’impatto ambientale di taluni progetti pubblici e privati – Direttiva 85/337/CEE – Direttiva 2011/92/UE – Ambito di applicazione – Nozione di “atto legislativo nazionale specifico” – Assenza di valutazione dell’impatto ambientale – Autorizzazione definitiva – Regolarizzazione legislativa a posteriori dell’assenza di valutazione dell’impatto ambientale – Principio di cooperazione – Articolo 4 TUE»
 
Nella causa C-348/15,
 
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), con decisione del 25 giugno 2015, pervenuta in cancelleria il 10 luglio 2015, nel procedimento
 
Stadt Wiener Neustadt
 
contro
 
Niederösterreichische Landesregierung,
 
con l’intervento di:
 
.A.S.A. Abfall Service AG,
 
LA CORTE (Prima Sezione),
 
composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, E. Regan, J.-C. Bonichot (relatore), A. Arabadjiev e S. Rodin, giudici,
 
avvocato generale: J. Kokott
 
cancelliere: A. Calot Escobar
 
vista la fase scritta del procedimento,
 
considerate le osservazioni presentate:
 
–        per la Stadt Wiener Neustadt, da E. Allinger, Rechtsanwalt;
 
–        per la .A.S.A. Abfall Service, da H. Kraemmer, Rechtsanwalt;
 
–        per la Commissione europea, da L. Pignataro-Nolin e C. Hermes, in qualità di agenti,
 
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 settembre 2016,
 
ha pronunciato la seguente
 
Sentenza
 
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 1985, L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997 (GU 1997, L 73, pag. 5) (in prosieguo: la «direttiva 85/337»), dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), nonché dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.
 
2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Stadt Wiener Neustadt (comune di Wiener Neustadt, Austria) e la Niederösterreichische Landesregierung (governo del Land di Bassa Austria) avente ad oggetto la legittimità della decisione con la quale quest’ultima ha considerato che la gestione, da parte dell’.A.S.A. Abfall Service di un impianto di trattamento di combustibili alternativi doveva essere considerata autorizzata.
 
 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione
 
3        L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 85/337, il cui contenuto è stato ripreso all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2011/92, recita:
 
«La presente direttiva si applica alla valutazione dell’impatto ambientale dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto ambientale importante».
 
4        L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 85/337, il cui contenuto è stato ripreso sostanzialmente all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2011/92, recita:
 
«Ai sensi della presente direttiva si intende per:
 
(…)
 
autorizzazione:
 
decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso.
 
(…)».
 
5        L’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337, il cui contenuto è stato ripreso sostanzialmente all’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 2011/92, così dispone:
 
«La presente direttiva non si applica ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa».
 
6        Ai termini dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 85/337:
 
«Gli [S]tati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell’articolo 4».
 
 Diritto austriaco
 
7        L’articolo 3, paragrafo 6, dell’Umweltverträglichkeitsprüfungsgesetz (UVP-G 2000) [legge sulla valutazione dell’impatto ambientale per il 2000 (UVP‑G 2000), BGBl. 697/1993], nella sua versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: l’«UVP-G 2000»), così dispone:
 
«Prima della conclusione della valutazione dell’impatto ambientale o dell’esame caso per caso non possono essere concesse autorizzazioni per progetti sottoposti a un esame di cui ai paragrafi 1, 2 o 4 e non si riconosce alcun effetto giuridico ai sensi delle disposizioni amministrative alle comunicazioni adottate prima della conclusione della valutazione dell’impatto ambientale. Le autorizzazioni concesse in violazione della presente disposizione possono essere annullate dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 3, entro un termine di tre anni».
 
8        L’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP-G 2000 recita:
 
«Le disposizioni seguenti sono applicabili al momento dell’entrata in vigore delle disposizioni riprese o aggiunte dalla legge federale pubblicata nel BGBl. I, 87/2009 nonché della fase di transizione verso la nuova situazione giuridica:
 
(…)
 
4.      I progetti la cui autorizzazione, al momento dell’entrata in vigore della legge federale BGBl. I, 87/2009, non sia esposta al pericolo di annullamento di cui all’articolo 3, paragrafo 6, sono considerati autorizzati conformemente a tale legge federale».
 
9        Risulta dalla decisione di rinvio che la versione dell’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP-G 2000, come riportata al punto 8 della presente sentenza, deriva dal Bundesgesetz, mit dem das Umweltverträglichkeitsprüfungsgesetz 2000 geändert wird (UVP‑G‑Novelle 2009) [legge federale che modifica la legge sulla valutazione dell’impatto ambientale per il 2000 (UVP‑G-Novelle 2009), BGBl. I, 87/2009], entrato in vigore il 19 agosto 2009.
 
 Fatti e questione pregiudiziale
 
10      L’.A.S.A. Abfall Service gestisce sul territorio del comune di Wiener Neustadt un impianto di trattamento di combustibili alternativi, il quale trasforma essenzialmente rifiuti plastici riducendoli in piccoli frammenti fino ad ottenere un combustibile destinato principalmente all’industria cementifera. In tale impianto viene effettuato un trattamento fisico di rifiuti non pericolosi.
 
11      Nel 1986 e nel 1993, il sindaco di tale comune ha accordato talune autorizzazioni di gestione che consentono una capacità di trattamento pari a 9 990 tonnellate/anno.
 
12      Con decisione del 10 dicembre 2002, il governatore del Land di Bassa Austria ha autorizzato l’aumento della capacità massima di trattamento a 34 000 tonnellate/anno, ai sensi della normativa sul trattamento dei rifiuti. Tale incremento di capacità avrebbe dovuto essere realizzato attraverso un potenziamento della linea esistente e la costruzione di un’ulteriore linea di trasformazione.
 
13      Tale autorizzazione è stata accordata senza che il progetto di estensione abbia formato oggetto della valutazione dell’impatto ambientale prevista dall’UVP-G 2000.
 
14      Con lettera del 30 aprile 2014, l’Umweltanwalt (mediatore per l’ambiente) del Land di Bassa Austria ha chiesto al governo di tale Land di determinare se il suddetto impianto dovesse essere sottoposto alla valutazione dell’impatto ambientale, conformemente all’UVP-G 2000.
 
15      Con decisione del 27 giugno 2014, il governo di tale Land ha risposto negativamente a tale richiesta, ritenendo che il suddetto impianto dovesse essere considerato autorizzato ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP-G 2000.
 
16      Il comune di Wiener Neustadt ha investito il Bundesverwaltungsgericht (tribunale amministrativo federale, Austria) di una domanda di annullamento di tale decisione.
 
17      Con sentenza del 25 ottobre 2012, tale giudice ha respinto il ricorso, in quanto infondato.
 
18      Il Bundesverwaltungsgericht ha infatti considerato che non occorreva esaminare se l’estensione della capacità di trattamento, come autorizzata dalla decisione del 10 dicembre 2002, avesse dovuto essere previamente sottoposta alla valutazione dell’impatto ambientale ai sensi dell’UVP-G 2000, atteso che l’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP‑G 2000 permetteva di considerare che una siffatta autorizzazione era stata ritenuta legittimamente accordata per la gestione di cui trattasi nel procedimento principale. Inoltre, tale disposizione non sarebbe contraria al diritto dell’Unione.
 
19      Il comune di Wiener Neustadt ha proposto un ricorso per Revision nei confronti di tale sentenza dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), sostenendo che l’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP-G 2000 è contrario al diritto dell’Unione. In particolare, esso considera che le condizioni in forza delle quali una normativa nazionale può escludere un progetto dal campo di applicazione della direttiva 85/337 o da quello della direttiva 2011/92 non sono soddisfatte nel procedimento principale.
 
20      Di conseguenza, il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
 
«Se il diritto dell’Unione, in particolare la direttiva 2011/92, segnatamente il suo articolo 1, paragrafo 4, o la direttiva 85/337, segnatamente il suo articolo 1, paragrafo 5, osti ad una disposizione nazionale secondo la quale i progetti soggetti all’obbligo di valutazione dell’impatto ambientale, che siano tuttavia sprovvisti di autorizzazione ai sensi dell’UVP-G 2000, ma siano provvisti solo di autorizzazioni ai sensi di singole leggi di settore [quale la Abfallwirtschaftsgesetz (legge in materia di gestione dei rifiuti)], che il 19 agosto 2009 (…), a causa del decorso del termine triennale previsto dalla normativa nazionale (articolo 3, paragrafo 6, dell’UVP-G 2000), non potevano più essere annullate, si considerano autorizzati ai sensi dell’UVP-G 2000 oppure se una siffatta normativa sia conforme ai principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento sanciti dal diritto dell’Unione».

 Sulla questione pregiudiziale
 
21      In limine, occorre rilevare che il progetto di aumentare la capacità di trattamento dell’impianto di cui trattasi nel procedimento principale, considerata la data in cui è stato autorizzato ai sensi della normativa sulla gestione dei rifiuti, vale a dire il 10 dicembre 2002, poteva rientrare nel diritto dell’Unione e, a tale titolo, formare oggetto di una valutazione del suo impatto ambientale. Diverso è il caso, invece, nelle autorizzazioni di gestione accordate nel 1986 e nel 1993, vale a dire prima dell’adesione della Repubblica d’Austria all’Unione.
 
22      Va altresì precisato che spetta al giudice del rinvio esaminare se un siffatto progetto avrebbe potuto essere sottoposto ad una valutazione del suo impatto ambientale, conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 85/337, e, eventualmente, come sostiene il gestore, se l’autorizzazione settoriale accordata con la decisione del 10 dicembre 2002 ai sensi della normativa sul trattamento dei rifiuti abbia permesso di rispettare, in pratica, le esigenze ambientali previste da tale direttiva.
 
23      Occorre infine sottolineare che, considerata la data delle decisioni di cui trattasi nel procedimento principale, non occorre far riferimento alla direttiva 2011/92.
 
24      Si deve pertanto considerare che, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, in primo luogo, se l’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 debba essere interpretato nel senso che esclude dall’ambito di applicazione di quest’ultima una disposizione normativa come l’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP‑G 2000, in forza della quale deve essere considerato giuridicamente autorizzato un progetto che ha formato oggetto di una decisione, adottata in violazione dell’obbligo di valutazione del suo impatto ambientale, nei confronti della quale è scaduto il termine di ricorso per annullamento.
 
25      Più in generale, il giudice del rinvio chiede altresì, in secondo luogo, se una siffatta disposizione normativa possa essere giustificata in diritto dell’Unione dai principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento.
 
26      Per quanto riguarda il primo aspetto della questione pregiudiziale, risulta da giurisprudenza costante della Corte che l’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 assoggetta a due condizioni l’esclusione di un progetto dall’ambito di applicazione di tale direttiva. In primo luogo, il progetto deve essere adottato nei dettagli mediante un atto legislativo specifico. In secondo luogo, gli obiettivi di tale direttiva, incluso quello della disponibilità delle informazioni, devono essere raggiunti tramite la procedura legislativa (sentenze del 16 settembre 1999, WWF e a., C‑435/97, EU:C:1999:418, punto 57, nonché del 18 ottobre 2011, Boxus e a., da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, EU:C:2011:667, punto 37).
 
27      La prima condizione comporta che l’atto legislativo presenti le stesse caratteristiche di un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 85/337. In particolare esso deve riconoscere al committente il diritto di realizzare il progetto e deve contenere, oltre a un’autorizzazione, tutti gli elementi rilevanti del progetto alla luce della valutazione dell’impatto ambientale, dopo che tali elementi sono stati presi in considerazione dal legislatore (v., in tal senso, sentenze del 16 settembre 1999, WWF e a., C‑435/97, EU:C:1999:418, punti 58 e 59, nonché del 18 ottobre 2011, Boxus e a., da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, EU:C:2011:667, punti 38 e 39). L’atto legislativo deve quindi attestare che gli obiettivi della direttiva 85/337 sono stati realizzati nel caso del progetto in questione (sentenza del 18 ottobre 2011, Boxus e a., da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, EU:C:2011:667, punto 39 nonché giurisprudenza ivi citata).
 
28      Ciò non si verifica allorché l’atto non contiene gli elementi necessari per la valutazione dell’impatto ambientale di tale progetto (v., in tal senso, sentenze del 16 settembre 1999, WWF e a., C‑435/97, EU:C:1999:418, punto 62 e del 18 ottobre 2011, Boxus e a., da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, EU:C:2011:667, punto 40).
 
29      La seconda condizione comporta che gli obiettivi della direttiva 85/337 siano raggiunti attraverso la procedura legislativa. Risulta, infatti, dall’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva che il suo obiettivo essenziale consiste nel garantire che, prima della concessione di un’autorizzazione, i progetti per i quali sia previsto un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto ambientale, «prima del rilascio dell’autorizzazione» (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2011, Boxus e a., da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, EU:C:2011:667, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).
 
30      Da ciò discende che il legislatore deve avere a sua disposizione, al momento dell’adozione del progetto, un’informazione sufficiente. A tal riguardo, le informazioni che il committente deve fornire contengono almeno una descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, progettazione e dimensione, una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare rilevanti effetti negativi, nonché i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2011, Boxus e a., da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, EU:C:2011:667, punto 43).
 
31      Se è vero che spetta al giudice nazionale determinare se tali condizioni siano state rispettate, tenendo conto sia del contenuto dell’atto legislativo adottato sia di tutta la procedura legislativa che ha condotto alla sua adozione e, in particolare, degli atti preparatori e dei dibattiti parlamentari (sentenza del 18 ottobre 2011, Boxus e a., da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, EU:C:2011:667, punto 47), sembra tuttavia che una disposizione normativa come l’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP-G 2000 non rispetti tali requisiti.
 
32      Emerge infatti dal fascicolo sottoposto alla Corte che tale disposizione non presenta, per i progetti che menziona, le stesse caratteristiche di un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 85/337.
 
33      Non appare neanche che gli obiettivi di tale direttiva possano essere raggiunti mediante l’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP-G 2000, atteso che, quando ha adottato tale disposizione, il legislatore nazionale non disponeva di informazioni sull’impatto ambientale dei progetti che essa poteva riguardare e che, in ogni caso, tale disposizione può essere applicata a progetti già realizzati.
 
34      Di conseguenza, una disposizione normativa come l’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP-G 2000, non sembra soddisfare le condizioni previste dall’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337, di modo che essa non ha potuto avere l’effetto di escludere le operazioni che essa menziona dall’ambito di applicazione di tale direttiva. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare ciò alla luce dell’insieme delle caratteristiche del diritto nazionale e dell’esatta portata che occorre assegnare alla disposizione di cui trattasi.
 
35      Quanto al secondo aspetto della questione pregiudiziale, relativo alla possibilità di giustificare in diritto dell’Unione, con i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, una disposizione normativa come quella di cui trattasi nella causa principale, occorre precisare quanto segue.
 
36      Il diritto dell’Unione non osta a che le regole nazionali consentano, in taluni casi, di regolarizzare operazioni o atti irregolari rispetto a quest’ultimo. Una siffatta possibilità è tuttavia subordinata alla condizione che essa non offra agli interessati l’occasione di aggirare le norme di diritto dell’Unione o di disapplicarle, e che rimanga quindi eccezionale (sentenza del 3 luglio 2008, Commissione/Irlanda, C-215/06, EU:C:2008:380, punto 57).
 
37      Pertanto, la Corte ha dichiarato che viola i requisiti della direttiva 85/337 una normativa che riconosce a un permesso di regolarizzazione, che può essere rilasciato anche in mancanza di qualsivoglia circostanza eccezionale, gli stessi effetti dell’autorizzazione urbanistica. Infatti, in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, i progetti per i quali è richiesta una valutazione dell’impatto ambientale devono essere individuati e formare oggetto, prima del rilascio dell’autorizzazione e di conseguenza necessariamente prima di essere realizzati, di una domanda di autorizzazione e della suddetta valutazione (sentenza del 3 luglio 2008, Commissione/Irlanda, C-215/06, EU:C:2008:380, punto 61).
 
38      Lo stesso vale per una misura normativa, come l’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP-G 2000, la quale sembra consentire, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio, senza neanche imporre una valutazione ulteriore, e al di fuori di qualsiasi circostanza eccezionale particolare, che un progetto che avrebbe dovuto formare oggetto di una valutazione dell’impatto ambientale, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 85/337, sia considerato come se fosse stato oggetto di una valutazione siffatta.
 
39      È vero che la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale riguarda i soli «progetti la cui autorizzazione non sia esposta al pericolo di annullamento» per la scadenza del termine triennale di ricorso previsto dall’articolo 3, paragrafo 6, dell’UVP-G 2000.
 
40      Tuttavia, tale sola circostanza non può modificare la conclusione che precede. Risulta certamente dalla giurisprudenza della Corte che, in mancanza di una disciplina di diritto dell’Unione in materia di ripetizione di somme indebitamente riscosse, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto dell’Unione, purché le dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività).
 
41      La Corte considera altresì che la fissazione di termini di ricorso ragionevoli nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia del singolo sia dell’amministrazione, è compatibile con il diritto dell’Unione. In particolare, essa ha dichiarato che termini del genere non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 15 aprile 2010, Barth, C-542/08, EU:C:2010:193, punto 28, e del 16 gennaio 2014, Pohl, C-429/12, EU:C:2014:12, punto 29).
 
42      Di conseguenza, il diritto dell’Unione, il quale non prevede regole relative ai termini di ricorso contro le autorizzazioni rilasciate in violazione dell’obbligo di previa valutazione dell’impatto ambientale, menzionato dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 85/337, non osta, in linea di principio, e salvo il rispetto del principio di equivalenza, alla fissazione, da parte dello Stato membro di cui trattasi, di un termine triennale di ricorso, come quello previsto dall’articolo 3, paragrafo 6, dell’UVP‑G 2000, al quale rinvia l’articolo 46, paragrafo 20, punto 4, dell’UVP‑G 2000.
 
43      Tuttavia, non sarebbe compatibile con tale direttiva una disposizione nazionale dalla quale risultasse, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio, che i progetti la cui autorizzazione non è più esposta a un ricorso giurisdizionale diretto, data la scadenza del termine di ricorso previsto dalla normativa nazionale, sono puramente e semplicemente considerati giuridicamente autorizzati sotto il profilo dell’obbligo di valutazione dell’impatto ambientale.
 
44      Come ha sostanzialmente rilevato l’avvocato generale ai paragrafi da 42 a 44 delle sue conclusioni, la direttiva 85/337 osta già in quanto tale a una disposizione di tale natura, se non altro per il fatto che quest’ultima ha l’effetto giuridico di dispensare le autorità competenti dall’obbligo di tener conto della circostanza che un progetto ai sensi di tale direttiva è stato realizzato senza che il suo impatto ambientale sia stato oggetto di valutazione e di assicurare che una siffatta valutazione sia realizzata, qualora lavori o interventi fisici legati a tale progetto richiedessero un’ulteriore autorizzazione (v., in tal senso, sentenza del 17 marzo 2011, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a., C-275/09, EU:C:2011:154, punto 37).
 
45      Risulta inoltre da una giurisprudenza consolidata della Corte che gli Stati membri sono tenuti a risarcire tutti i danni causati dall’omissione di una valutazione dell’impatto ambientale (sentenza del 7 gennaio 2004, Wells, C-201/02, EU:C:2004:12, punto 66).
 
46      A tal fine, le autorità nazionali competenti devono adottare tutti i provvedimenti, generali o particolari, atti a rimediare a tale omissione (sentenza del 7 gennaio 2004, Wells, C-201/02, EU:C:2004:12, punto 68).
 
47      A tal riguardo, va precisato che se, da un lato, in assenza di disposizioni di diritto dell’Unione, rientrano nell’ambito di applicazione del diritto nazionale i presupposti di una siffatta azione di risarcimento, in particolare quelli relativi al problema se qualsiasi illegittimità debba essere considerata colposa nonché a quelli relativi all’accertamento del nesso di causalità e se, dall’altro, come risulta da costante giurisprudenza della Corte, una siffatta azione può essere subordinata al rispetto di un certo termine, salva l’osservanza dei principi di effettività e di equivalenza, in forza del principio di effettività, tale azione deve poter essere esercitata in condizioni ragionevoli.
 
48      Risulta da quanto precede che, qualora una disposizione nazionale impedisse, allo scadere di un dato termine, qualsiasi azione di risarcimento della violazione dell’obbligo di valutazione dell’impatto ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 85/337, anche qualora non sia scaduto il termine di ricorso entro il quale il diritto nazionale limita l’azione di risarcimento, essa sarebbe, anche per tale motivo, incompatibile con il diritto dell’Unione.
 
49      Occorre quindi rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 deve essere interpretato nel senso che non esclude dall’ambito di applicazione di quest’ultima un progetto previsto da una disposizione normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale deve essere considerato giuridicamente autorizzato un progetto che ha formato oggetto di una decisione, adottata in violazione dell’obbligo di valutazione del suo impatto ambientale, nei confronti della quale è scaduto il termine di ricorso per annullamento. Il diritto dell’Unione osta a una siffatta disposizione normativa nella parte in cui essa prevede che una previa valutazione dell’impatto ambientale deve essere considerata realizzata per un siffatto progetto.

 Sulle spese
 
50      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
 
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
 
L’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997, deve essere interpretato nel senso che non esclude dall’ambito di applicazione di quest’ultima un progetto previsto da una disposizione normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale deve essere considerato giuridicamente autorizzato un progetto che ha formato oggetto di una decisione, adottata in violazione dell’obbligo di valutazione del suo impatto ambientale, nei confronti della quale è scaduto il termine di ricorso per annullamento. Il diritto dell’Unione osta a una siffatta disposizione normativa nella parte in cui essa prevede che una previa valutazione dell’impatto ambientale deve essere considerata realizzata per un siffatto progetto.
 
Firme
 

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