Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia, Procedimento amministrativo Numero: 3112 | Data di udienza: 16 Novembre 2016

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – L. n. 124/2015 – Decorso del termine di sessanta (o trenta per la materia edilizia) dalla presentazione della SCIA – Potere di controllo e di inibizione-conformazione – Art. 21-nonies l. n. 241/1990.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Sicilia
Città: Catania
Data di pubblicazione: 30 Novembre 2016
Numero: 3112
Data di udienza: 16 Novembre 2016
Presidente: Guzzardi
Estensore: Boscarino


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – L. n. 124/2015 – Decorso del termine di sessanta (o trenta per la materia edilizia) dalla presentazione della SCIA – Potere di controllo e di inibizione-conformazione – Art. 21-nonies l. n. 241/1990.



Massima

 

TAR SICILIA, Catania, Sez. 3^ – 30 novembre 2016, n. 3112


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – L. n. 124/2015 – Decorso del termine di sessanta (o trenta per la materia edilizia) dalla presentazione della SCIA – Potere di controllo e di inibizione-conformazione – Art. 21-nonies l. n. 241/1990.

Sia prima che dopo la l. n. 124 del 2015, le regole cui è assoggettato il potere amministrativo di controllo e di inibizione- conformazione, decorsi sessanta (o trenta, in materia edilizia) giorni dalla presentazione della s.c.i.a., sono sempre e comunque quelle di cui al primo comma dell’art. 21-nonies della l. n. 241/1990; ciò in quanto il potere inibitorio originario è comunque esaurito per decorso del termine di legge, sicché detto potere — che riviva per effetto dell’autonoma iniziativa dell’Amministrazione o per effetto dell’azione sollecitatoria del terzo e, quindi, del giudice amministrativo — resta nella sfera di disponibilità dell’Amministrazione solo alle condizioni dettate dal citato art. 21-nonies(cfr. Cons. St., sez. IV, 16 aprile 2014 n. 1880; sez. VI, 22 settembre 2014 n. 4780 e 4 febbraio 2014, n. 532).

Pres. Guzzardi, Est. Boscarino – G.S. (avv.ti Rubino, Cucchiara e Di Piazza) c. Comune di Acquedolci (avv. Mangano)


Allegato


Titolo Completo

TAR SICILIA, Catania, Sez. 3^ - 30 novembre 2016, n. 3112

SENTENZA

 

TAR SICILIA, Catania, Sez. 3^ – 30 novembre 2016, n. 3112

Pubblicato il 30/11/2016

N. 03112/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00062/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 62 del 2015, proposto da:
Giuseppe Salerno, rappresentato e difeso dagli avvocati Girolamo Rubino C.F. RBNGLM58P02A089G, Leonardo Cucchiara C.F. CCCLRD73C29C352X e Paolo Di Piazza C.F. DPZPLA65T15G377T, con domicilio eletto presso l’avv. Salvatore Cittadino in Catania, via O.Scammacca,23/C;

contro

Comune di Acquedolci, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Massimiliano Mangano C.F. MNGMSM63H24G273X, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Caruso in Catania, via Monfalcone, 22;

per l’annullamento

– del provedimento del Dirigente dell’U.T.C. emesso il 5 dicembre 2014 con il quale si ordina al ricorrente la sospensione e la riduzione in pristino dei lavori realizzati all’interno della particella n. 12 del foglio di mappa n. 18 ed identificati con i fabbricati censiti in catasto al foglio di mappa 18, particelle nn. 631 e 632, in quanto eseguiti in difformità essenziale rispetto all’originaria concessione edilizia 03/2011.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Acquedolci;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2016 la dott.ssa Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente, dopo aver premesso di essere proprietario di un fondo agricolo in Contrada Nicetta del Comune di Acquedolci, espone che il Comune in data 21/03/2011 gli rilasciava la concessione edilizia num. 03/2011 per la realizzazione di un centro per lo svolgimento di attività di fruizione del territorio, valorizzazione delle tradizioni, vendita diretta dei prodotti tipici, adozione animali e raccolta diretta dei prodotti aziendali.

Il progetto prevedeva la realizzazione di due immobili ad una elevazione fuori terra destinati, uno a Box per adozione animali e l’altro ad attività annesse, con destinazione punto vendita, aula multimediale didattica ed archivi.

Con nota del 03.04.2012 prot. gen. n. 3464 la ditta Salerno comunicava l’inizio dei lavori.

Nel corso dell’esecuzione dei lavori, il ricorrente presentava, in data 07/11/2013, SCIA per diversificare l’ubicazione ( sempre nella stessa area) dei corpi di fabbrica num.2 ( uno adibito ad aula mutimediale e centro di vendita di prodotti agricoli, particella num.631, l’altro a box per adozione animali, particella num.632), attraverso una leggera traslazione degli stessi.

Il comune di Acquedolci disponeva un accertamento urbanistico, eseguito in data 19/11/2013, all’esito del quale, con relazione di servizio del 21/11/2013, i tecnici comunali rilevavano che le opere eseguite risultavano conformi al contenuto della CE num.3/2011 e della Segnalazione certificata inizio attività del 7/11/2013.

In data 17 /06/2014, il ricorrente presentava richiesta di agibilità, sulla quale, in data 5/9/2014, il tecnico comunale esprimeva parere favorevole.

Il Comune però, successivamente, e precisamente nelle date del 3/10/2014 e del 09/10/2014, chiedeva nuovi accertamenti integrativi, in esito ai quali, in data 21/11/2014 veniva rilevato che i lavori risultavano realizzati così come riportati nella originaria C.E. n. 03/2011 e con la diversa ubicazione di cui successiva SCIA prot. gen. n. 10707/2013; ma poichè la diversa localizzazione era stata effettuata prima dell’avvenuta presentazione della SCIA, quindi in difformità essenziale della originale CE num.03/2011, detta modifica non rientrava tra le attività assentibili dall’art.22 comma 2 del DPR num.380/2001.

Inoltre, veniva rilevato che lo spostamento aveva comportato una riduzione della distanza dalla strada comunale identificata in mappa Nicetta -San Pietro, da mt.20,21 (secondo le previsioni del progetto di cui alla CE num.03/2011) a mt. 11,70, così violando l’obbligo della fascia di rispetto di mt.20.

A seguito di ciò, il Dirigente dell’ UTC emetteva l’ordinanza di sospensione lavori e riduzione in pristino num.87 del 5/12/2014.

Avverso tali atti il ricorrente ha proposto il ricorso in epigrafe, lamentando:

1) Eccesso di potere per violazione e/o falsa applicazione delle norme urbanistiche, della legge regionale num.5 del 2011, dell’art.22 comma 2 del DPR num.380/2001 e del D.L. 83/2012, entrato in vigore il 26 giugno 2012, nonché del’art.19 comma 3 della legge 241 del 1990. Eccesso di potere sotto il profilo della contraddizione con atti istruttori del procedimento, carenza e/o sviamento dell’ interesse pubblico, erroneità dei presupposti di fatto e di diritto. Carenza di motivazione e contraddittorietà, difetto di istruttoria e travisamento del fatto.

Con tale censura si lamenta che erroneamente l’Amm.ne qualifica la SCIA, presentata dal ricorrente, come variante essenziale, per diversa localizzazione dei fabbricati (peraltro eseguita prima della presentazione della SCIA) e a causa della riduzione della distanza dalla strada comunale dovuta allo spostamento.

Infatti, la SCIA dev’essere presentata entro la dichiarazione di ultimazione dei lavori.

In secondo luogo, il tracciato non ha le caratteristiche minime previste dal c.d.s. per potere

essere definito strada pubblica.

2. Eccesso di potere per violazione e/o falsa applicazione del DPR num.285/92 art.2 e segg., art.26, lettera d), e) comma 2 del DPR 495/92 Reg. di attuazione delle norme del c.d.s., e dell’art.15 del REC, punto c).

Il tracciato indicato in mappa, denominato strada Nicetta – S.Pietro, in sede di presentazione della SCIA, era stato indicato correttamente dal ricorrente come strada vicinale.

In secondo luogo, i rilievi sollevati dall’Ente, nel provvedimento impugnato, essendo esclusivamente relativi al distacco dal tracciato della strada Nicetta – S. Pietro, non avrebbero dovuto interessare il manufatto adibito a ricovero animali (particella num. 632), il quale, risulta

comunque, anche per effetto della traslazione, a distanza superiore di mt. 20 dal tracciato; tuttavia l’ordinanza ordina il ripristino di tutte le opere realizzate in virtù della CE e della SCIA.

L’ordinanza quindi è illegittima, in quanto, al più avrebbe dovuto disporre la riduzione in pristino unicamente del fabbricato adibito ad aula multimediale, non di tutte le opere realizzate.

3. Sviamento dell’interesse pubblico, violazione e/o falsa applicazione delle norme di attuazione al PRG, art.26 che disciplina proprio la viabilità.

4. Illegittimità del provvedimento impugnato, violazione del procedimento amministrativo, contraddizione.

La Pubblica amministrazione, dopo aver ricevuto una SCIA, ha il compito di avviare l’attività di controllo di quanto autodichiarato dal segnalante. Al termine del controllo, se del caso, deve adottare, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento (art. 19, comma 3- prima parte), un provvedimento diretto a vietare la prosecuzione dell’attività.

Per l’attività edilizia il termine per il controllo e per l’intervento inibitorio è ridotto a 30 giorni (art. 19, comma 6-bis).

Nel caso in questione, nel termine di trenta giorni per la formazione del provvedimento tacito

l’amministrazione aveva esercitato i poteri di controllo ritenendo conformi sotto il profilo urbanistico le opere realizzate a seguito della presentazione della SCIA.

Sebbene la PA non perda i suoi poteri di autotutela, anche dopo la scadenza dei termini, gli stessi tuttavia devono essere esercitati nel rispetto del principio di certezza dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato nei confronti dell’attività amministrativa.

Nel caso di specie, nel provvedimento impugnato manca ogni valutazione in ordine all’interesse pubblico alla contrarietà dell’opera eseguita dal ricorrente.

Il Comune si è costituito in giudizio ed ha eccepito che la diversa localizzazione del fabbricato, rispetto al progetto originariamente approvato, rientra tra le variazioni essenziali così come definite dall’art. 32, lett.o) del D.P.R.n. 380/2001.

Pertanto, la suddetta modifica non rientrava tra le attività assentibili, in base all’art .22 comma 2 del DPR n. 380/2001, a mezzo SCIA.

Inoltre, il Comune eccepisce che il provvedimento impugnato è motivato anche dalla circostanza che il ricorrente ha presentato la SCIA dopo la realizzazione dei lavori e prima della loro ultimazione, ma sul punto, parte ricorrente, nonostante la chiara motivazione contenuta

nell’ordinanza impugnata, non avrebbe dedotto alcunchè, limitando ad articolare le proprie censure esclusivamente in relazione alla natura della strada comunale – a suo dire vicinale – ma non con riguardo al dato assorbente che comunque, nella fattispecie, la modifica della localizzazione di un edificio costituisce una variante essenziale, insuscettibile di essere assentita mediante SCIA.

Quanto agli altri profili, il Comune sottolinea che il ricorrente non ha addotto alcun elemento a sostegno del fatto che la strada sia privata.

Con ordinanza n.95/2015 è stata respinta la domanda di sospensione .

Il 13.10.2016 parte ricorrente ha depositato un’elaborata memoria; anche il Comune ha prodotto memoria, il 14.10.2016.

Con memoria di replica, depositata il 26.10.2016, il Comune ha –tra l’altro- eccepito che il ricorrente ha irritualmente introdotto motivi nuovi.

Anche il ricorrente ha depositato repliche, in pari data.

All’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2016 le parti hanno discusso la causa, che è stata quindi trattenuta in decisione.

DIRITTO

I. Preliminarmente , in accoglimento dell’eccezione formulata dal Comune intimato, devono essere dichiarate inammissibili le censure tardivamente ed irritualmente introdotte dal ricorrente con la memoria depositata il 14 ottobre 2016.

Contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, con tale memoria egli non si limita ad articolare in forma diversa censure tempestivamente proposte con l’atto introduttivo, ma, al contrario, tenta di ampliare il thema decidendum introducendo censure non formulate in sede di ricorso e non enucleabili dallo stesso, quali la violazione delle norme sul procedimento amministrativo con riferimento alle garanzie partecipative di cui agli articoli 8 e 9 della legge regionale numero 10 del 1991 (in particolare mancata comunicazione di avvio del procedimento), nonché la violazione dell’articolo 19 della legge numero 241 del 1990 per omessa verifica della ragionevolezza o meno del tempo già decorso dall’avvenuta formazione del provvedimento tacito, con conseguente lesione dell’affidamento ingenerato nel privato; ancora, costituiscono censure nuove quelle formulate a pagina 6 della memoria, con riferimento all’illegittimità del provvedimento impugnato perché intervenuto senza previa rimozione in autotutela del titolo abilitativo assentito mediante SCIA: tale ultima censura, non solo risulta nuova, ma addirittura si pone in contrapposizione con la prospettazione di cui al ricorso, ove (cfr. pagina 18) il ricorrente da per scontato che il provvedimento impugnato costituisca sostanzialmente un provvedimento in autotutela nel quale è però mancata la valutazione dell’interesse pubblico ulteriore.

Ancora, costituisce censura nuova quella introdotta a pagina 9 della memoria, laddove si deduce che la variazione consiste in una traslazione parziale degli edifici di progetto pari ad appena il 3% in rapporto all’area di pertinenza, questione mai sollevata nel ricorso introduttivo.

Pertanto, stante l’inammissibilità di tali nuove censure, il Collegio si limiterà ad esaminare i motivi del ricorso introduttivo.

II. Occorre prendere in esame l’ulteriore eccezione sollevata dal Comune a proposito della mancata formulazione di specifici motivi avverso parte della motivazione a supporto del provvedimento impugnato.

L’eccezione risulta fondata.

Come esposto in premesse, la motivazione dell’atto impugnato poggia su tre distinte contestazioni:

1) il fabbricato è stato ubicato in area diversa rispetto l’originaria concessione senza alcuna autorizzazione preventiva, che sarebbe stata necessaria nella forma di concessione edilizia in variante;

2) lo spostamento ha comportato una riduzione della distanza dalla strada comunale di cui in premesse, con conseguente violazione dell’obbligo di arretramento di una fascia di rispetto pari a metri 20;

3) la diversa localizzazione del fabbricato rientra tra le variazioni essenziali;

4) la diversa localizzazione è stata effettuata prima della presentazione della SCIA, con conseguente violazione dell’articolo 22 del testo unico dell’edilizia, poiché dette opere comportavano, preventivamente e prima dell’avvenuto spostamento, una nuova valutazione del progetto da parte dell’organo competente sotto il profilo della compatibilità con i parametri urbanistici e con le considerazioni sulla nuova localizzazione dell’area.

Come dedotto dal Comune, circa i profili sopra richiamati sub 1 e 4, nel ricorso introduttivo non è stata formulata alcuna censura, tale non potendosi ritenere il semplice enunciato del contenuto dell’articolo 22 del testo unico dell’edilizia.

In proposito, la giurisprudenza ha avuto occasione fin di recente di ribadire che nel processo amministrativo sono inammissibili, per genericità, le censure formulate con locuzioni generiche che si sostanziano nella mera indicazione delle fonti normative, senza specificare in modo circostanziato sotto quale profilo le stesse sarebbero state violate e senza allegare neanche un principio di prova di quanto dedotto (T.A.R. Umbria, sez. I di Perugia, 13/06/2016, n. 502) e che non è sufficiente la generica deduzione di un vizio dell’atto impugnato, ma occorre che sia precisato in concreto il profilo sotto il quale il vizio viene dedotto, indicando tutte le circostanze dalle quali possa desumersi che il vizio denunciato effettivamente sussista ( T.A.R. Lazio, sez. II Roma, 2/9/2016, n. 9514).

Ciò detto, deve trovare applicazione il principio, recentemente ribadito da T.A.R. Umbria, sez. I di Perugia, 9/9/2016, n. 597, secondo il quale nel processo amministrativo, ove l’atto impugnato sia legittimamente fondato su di una ragione di per sé sufficiente a sorreggerlo, diventano irrilevanti, per difetto di interesse, le ulteriori censure dedotte dal ricorrente avverso le altre ragioni opposte dall’Autorità emanante nella motivazione dell’atto impugnato.

L’applicazione di tale pacifico principio al caso in cui una delle ragioni a sostegno dell’atto impugnato risulti inoppugnabile, come nel caso in esame, esime il Collegio dall’esaminare le censure formulate con i motivi primo, secondo e terzo.

III. Il quarto motivo di ricorso è fondato.

Occorre premettere che con il Decreto Legge 13/05/2011, n. 70 (convertito con legge n. 106 del 12 luglio 2011), sono state apportate modifiche al Testo Unico dell’edilizia (D.P.R. 380/2001) ed alla Legge 241/90, ed è stata normata la SCIA in materia edilizia (art. 5 comma 2 punto b del DL 70/2011 che modifica l’art. 19 L. 241/90).

Le disposizioni in questione sono state oggetto di varie modifiche nel corso degli anni, in particolare con la legge 7 agosto 2015 n. 124 , che tuttavia non trova applicazione al caso oggetto di questo giudizio, svoltosi anteriormente alla sua entrata in vigore.

La disciplina relativa alla SCIA è stata recepita in Sicilia con l’art.6 della L.R. n.5/2011, che ha sostituito l’art. 22 della LR 10/1991 sulla base di quanto introdotto nell’ordinamento nazionale dalla Legge 98/2013.

Sulle questioni prospettate da parte ricorrente con il citato motivo di ricorso (illegittimità dell’atto impugnato perché carente della necessaria espressa e congrua motivazione circa l’interesse pubblico concreto ed attuale) si è recentemente espressa la giurisprudenza, ed in particolare T.A.R. Campania, sez. IV Napoli, il quale, con sent. 5/4/2016, n. 1658, dopo accurata ricostruzione del quadro normativo (cui per brevità si fa rinvio), conclude nel senso che, sia prima che dopo la l. n. 124 del 2015, le regole cui è assoggettato il potere amministrativo di controllo e di inibizione- conformazione, decorsi sessanta (o trenta, in materia edilizia) giorni dalla presentazione della s.c.i.a., sono sempre e comunque quelle di cui al primo comma dell’art. 21-nonies; ciò in quanto il potere inibitorio originario è comunque esaurito per decorso del termine di legge, sicché detto potere — che riviva per effetto dell’autonoma iniziativa dell’Amministrazione o per effetto dell’azione sollecitatoria del terzo e, quindi, del giudice amministrativo — resta nella sfera di disponibilità dell’Amministrazione solo a particolari condizioni.

Si veda anche la giurisprudenza citata in detta sentenza: Cons. St., sez. IV, 16 aprile 2014 n. 1880, che, con riferimento all’autotutela, parla di potere residuale, che presuppone un’attenta ponderazione comparativa degli interessi dei soggetti coinvolti, mentre il ripristino della legalità non è motivo di per sé solo sufficiente per l’annullamento del precedente atto; nello stesso senso anche Cons. St., sez. VI, 22 settembre 2014 n. 4780 e 4 febbraio 2014, n. 532, ove si afferma che è riconosciuto, in ogni caso, l’affidamento del privato, cui sono finalizzati i principi garantistici dell’autotutela, anche a prescindere da un vero e proprio annullamento dell’assenso tacito, che si ritenesse in precedenza formato.

Si veda altresì T.A.R. Lazio, sez. II Roma, 13/1/2014, n. 350, secondo il quale ai sensi degli art. 21 quinquies e 21 nonies l. n. 241 del 1990, il provvedimento amministrativo con cui l’amministrazione comunica l’inefficacia della s.c.i.a., siccome equivalente ad un provvedimento di revoca e/o annullamento, deve scontare i limiti e i presupposti propri che perimetrano l’esercizio del relativo potere, mediante esplicitazione delle sottese ragioni di interesse pubblico e tenendo conto degli interessi del destinatario.

Nel caso specifico, l’esercizio dell’autotutela è certamente illegittimo, poiché nell’atto impugnato non si ravvisa alcun cenno circa la sussistenza delle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale all’intervento in autotutela, prevalente sull’interesse del privato alla conservazione del titolo illegittimo; e manca altresì la necessaria considerazione degli interessi dei destinatari e ponderazione tra interessi pubblici e privati.

Tanto basta a determinare l’illegittimità del provvedimento impugnato, che, in accoglimento del ricorso, e previo assorbimento degli ulteriori profili, al cui esame parte ricorrente non mantiene alcun interesse, viene accolto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Condanna il Comune di Acquedolci a rifondere a parte ricorrente spese ed onorari di giudizio, liquidati nella misura di euro 1.500,00, oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Gabriella Guzzardi, Presidente
Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore
Giuseppa Leggio, Consigliere

L’ESTENSORE
Maria Stella Boscarino
        
IL PRESIDENTE
Gabriella Guzzardi
       
        
IL SEGRETARIO
 

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