* CAVE E MINIERE – Materia delle cave – Ricomprensione nella matera urbanistica – Art. 133, c. 1, lett. f) c.p.a. – Contestazione della sanzione per coltivazione abusiva – Giurisdizione dell’A.G.O. – Provvedimento di sospensione dei lavori estrattivi – Giurisdizione del TAR.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 13 Dicembre 2016
Numero: 5708
Data di udienza: 7 Dicembre 2016
Presidente: Pappalardo
Estensore: Cestaro
Premassima
* CAVE E MINIERE – Materia delle cave – Ricomprensione nella matera urbanistica – Art. 133, c. 1, lett. f) c.p.a. – Contestazione della sanzione per coltivazione abusiva – Giurisdizione dell’A.G.O. – Provvedimento di sospensione dei lavori estrattivi – Giurisdizione del TAR.
Massima
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 4^ – 13 dicembre 2016, n. 5708
CAVE E MINIERE – Materia delle cave – Ricomprensione nella matera urbanistica – Art. 133, c. 1, lett. f) c.p.a. – Contestazione della sanzione per coltivazione abusiva – Giurisdizione dell’A.G.O. – Provvedimento di sospensione dei lavori estrattivi – Giurisdizione del TAR.
La materia delle cave attiene, in generale, all’uso del territorio, ed è, quindi, ricompresa nella materia urbanistica per cui l’art. 133, comma I, lettera F del c.p.a. prevede la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; tuttavia, la contestazione della sanzione per la coltivazione abusiva di cave, che parte ricorrente assume non dovuta per l’asserita mancanza dei presupposti di legge, non attiene all’attività provvedimentale svolta dall’Amministrazione in sede di gestione del territorio, riguardando, invece, la contestazione della reazione prevista dall’ordinamento a comportamenti del privato assunti come illegittimi (T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 04 febbraio 2010 , n. 53; T.A.R. Veneto Venezia, sez. II, 17 dicembre 2008 , n. 3878; T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 12 maggio 2008 , n. 900; T.A.R. Basilicata Potenza, 12 luglio 2007, n. 506): sussiste di conseguenza la giurisdizione del Giudice Ordinario. Diversamente, il provvedimento con cui è ordinata la sospensione del lavori estrattivi, che presenta caratteri di indubbia autoritatività, rientra pacificamente nella giurisdizione esclusiva del G.A. ai sensi del citato art. 133 lett. f) c.p.a.
Pres. Pappalardo, Est. Cestaro – B.P.G. (avv. Vetrano) c. Regione Campania (avv. Buondonno)
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 4^ - 13 dicembre 2016, n. 5708SENTENZA
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 4^ – 13 dicembre 2016, n. 5708
Pubblicato il 13/12/2016
N. 05708/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02636/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2636 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Bruno Pietro Gallinella, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Vetrano C.F. VTRGPP60P08A509C, con domicilio eletto presso Antonio Sasso in Napoli, via Toledo, 156;
contro
Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Lidia Buondonno C.F. BNDLDI58P67F839L, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via S.Lucia,81 C/0 Avvoc.Reg.Le;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
-) dei decreti n. 6 e 7, adottati dal dirigente A.G.C. della regione Campania in data 28.02.2013, con cui si contestavano al ricorrente l’effettuazione di lavori di scavo abusivo con prelievo di materiale inerte nel fondo sito in località Limata nell’agro del comune di Cusano Mutri, si applicava la sanzione amministrativa di euro 3.479,36 (decreto n. 6) e si ordinava la sospensione dei lavori oltre alla presentazione di un progetto di ripristino dello stato dei luoghi (decreto n. 7);
-) di tutti gli atti connessi, collegati, presupposti e consequenziali;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2016 il dott. Luca Cestaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
FATTO
1.1. Il presente ricorso e il successivo ricorso per motivi aggiunti sono stati proposti da GALLINELLA Bruno Pietro avverso i decreti n. 6 e 7, adottati dal dirigente A.G.C. della regione Campania in data 28.02.2013, con cui si contestavano al ricorrente l’effettuazione di lavori di scavo abusivo con prelievo di materiale inerte nel fondo sito in località Limata nell’agro del comune di Cusano Mutri e, conseguentemente, in applicazione delle L.R. 13/1983 e 54/1985 si applicava la sanzione amministrativa di euro 3.479,36 (decreto n. 6) e si ordinava la sospensione dei lavori oltre alla presentazione di un progetto di ripristino dello stato dei luoghi (decreto n. 7).
1.2. La parte ricorrente, in particolare, censura:
Ia) il difetto di istruttoria in quanto, il terreno è stato acquistato solo in data 30.07.2009 e il presunto scavo è senz’altro precedente al suo acquisto; infatti, l’ortofoto del 2002 evidenzia la preesistenza delle depressioni che costituirebbero lo scavo sanzionato; peraltro, la zona interessata non sarebbe collocata in zona vincolata come erroneamente affermato nei provvedimenti impugnati;
Ib) la violazione dell’art. 28 L. R. 54/1985 in quanto questa norma sanziona la coltivazione abusiva delle cave e – quand’anche l’abusivo prelievo del materiale fosse ritenuto ascrivibile al ricorrente in quanto proprietario del fondo – il “caso di specie” giammai potrebbe rientrare nella fattispecie sanzionatoria in questione;
Ic) il difetto istruttorio e l’irragionevolezza in quanto non si sarebbe, comunque, individuato l’autore dei presunti scavi che non potrebbe, in mancanza di elementi specifici in tal senso, essere identificato senz’altro nel ricorrente;
II) la violazione degli artt. 3,4 e 5 della L. R. Campania n. 13/1983 in tema di garanzie per l’accertamento delle violazioni sanzionate ai sensi della L. 689/1981 in quanto non si è garantito al ricorrente alcun contraddittorio.
1.3. Conclusivamente il ricorrente chiedeva accogliersi il ricorso previa effettuazione di una CTU che dimostrasse la non ascrivibilità al ricorrente del prelievo di materiale che si è inteso sanzionare.
1.4. La regione Campania produceva una copiosa documentazione relativa all’istruttoria effettuata e insisteva nel senso che il prelievo dei materiali fosse avvenuto in costanza della titolarità del fondo da parte del ricorrente e, in particolare, dopo il 2011.
1.5. All’udienza camerale del 26.06.2013, la parte ricorrente chiedeva un rinvio e il Collegio disponeva la cancellazione della causa dal ruolo delle sospensive. Alla successiva udienza camerale del 27.11.2013, la parte ricorrente chiedeva la cancellazione della causa dal ruolo delle sospensive e il Collegio provvedeva in conformità.
1.6. All’esito dell’udienza pubblica del 09.03.2016, la evidente contraddizione delle due prospettazioni, induceva il Collegio a disporre una consulenza tecnica (ordinanza n. 01884/2016 del 15.04.2016) sui seguenti quesiti:
«-) dica il consulente se gli avvallamenti intesi quali scavi di materiali inerte fossero o meno presenti alla data in cui il ricorrente ha acquisito la proprietà del terreno (30.07.2009) e, ove possibile, in che epoca tali avvallamenti siano sorti;
-) dica il consulente se la documentazione fotografica e cartografica utilizzata dalla Regione consenta di individuare il momento in cui sono sorti gli avvallamenti di cui si discute e di misurare l’obiettiva entità dello scavo asseritamente operato dal ricorrente».
1.7. In data 19.04.2016, innanzi al giudice all’uopo delegato, si conferiva l’incarico all’ing. Enrico ROSSETTI iscritto all’albo dei consulenti presso questo T.A.R. nonché presso il Tribunale civile di Santa Maria Capua Vetere; in quella sede, la difesa di parte ricorrente chiedeva integrarsi il quesito del consulente.
1.8. La richiesta era parzialmente accolta dal Collegio che, con ordinanza n. 03670/2016 del 19.07.2016 resa all’esito dell’udienza del 06.07.2016, integrava i quesiti, aggiungendo a quelli già presenti all’atto del conferimento, i seguenti:
«-) dica il CTU se il fondo di proprietà del ricorrente sito alla località Limata del Comune di Cusano Mutri ricada in zona Z.P.S., S.I.C. e nel P.T.P. del Matese;
-) dica il CTU se l’istruttoria effettuata dalla pubblica amministrazione nel quantificare il prelievo di inerti alla base dell’adozione del provvedimento impugnato sia effettuata secondo un’istruttoria immune da evidenti vizi logici o tecnici e in base agli effettivi dati di fatto».
1.9. Le operazioni peritali, iniziate il 17.05.2016 con un sopralluogo nel terreno ove sarebbe avvenuto lo scavo abusivo, avevano luogo in contraddittorio con le parti. La sola parte ricorrente, peraltro, nominava un consulente di parte, l’arch. Raffaele Mascolo, mentre la Regione esercitava tale facoltà tardivamente solo in data 06.09.2016, ben oltre il termine previsto dalla menzionata ordinanza del 15.04.2016, ossia entro l’inizio delle operazioni peritali.
1.10. Il 10 ottobre 2016, il consulente depositava la relazione peritale in cui si dava atto delle osservazioni delle parti; all’udienza pubblica del 07.12.2016, il Collegio avvisava le parti della possibile parziale inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione e, dopo la discussione, tratteneva la causa in decisione.
DIRITTO
2.1. In via del tutto preliminare, va dichiarato il difetto di giurisdizione per quel che riguarda il decreto n. 6 del 28.02.2013 in quanto esso si limita a comminare una sanzione amministrativa pecuniaria.
2.2. Ebbene, poiché si tratta di una sanzione amministrativa comminata ai sensi della L. 689/1981 deve ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario (v. parere del CGA n. 00763/2015).
2.3. In tal senso, questa sezione (v. T.A.R. Campania, IV, Sent. n. 04780/2014 e, da essa richiamata, Sent. n. 2276/2011), chiamata a conoscere di tale potere sanzionatorio, ha più volte evidenziato che, «se è vero che la materia delle cave attiene, in generale, all’uso del territorio, ed è, quindi, ricompresa nella materia urbanistica per cui l’articolo 34 del d.lgs. 80/1998 (come novellato dall’art. 7 L. 205\2000) prima, e l’art. 133, comma I, lettera F del c.p.a. oggi, prevedono la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, è altrettanto vero che la contestazione della sanzione, che parte ricorrente assume non dovuta per l’asserita mancanza dei presupposti di legge, non attiene all’attività provvedimentale svolta dall’Amministrazione in sede di gestione del territorio, riguardando, invece, la contestazione della reazione prevista dall’ordinamento a comportamenti del privato assunti come illegittimi (T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 04 febbraio 2010 , n. 53; T.A.R. Veneto Venezia, sez. II, 17 dicembre 2008 , n. 3878; T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 12 maggio 2008 , n. 900; T.A.R. Basilicata Potenza, 12 luglio 2007, n. 506).
Il principio è affermato anche dalla Corte regolatrice della giurisdizione, la quale soggiunge inoltre che l’art. 22 bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, nel ripartire la competenza tra giudice di pace e tribunale nella materia delle opposizioni a sanzioni amministrative, presuppone che la stessa appartenga, nella sua interezza, alla giurisdizione ordinaria.
Ancora, nel caso in esame non si pone la difficoltà – alla base della previsione di giurisdizione esclusiva – di distinguere gli aspetti concernenti diritti soggettivi da quelli riguardanti interessi legittimi, poiché la situazione giuridica di chi deduce di essere stato sottoposto a sanzione in casi e modi non stabiliti dalla legge, ha consistenza di diritto soggettivo (Cass. Civ. SS.UU., n. 18040 del 02/07/2008).
In conclusione, va rilevato il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo sulla presente controversia, sussistendo la giurisdizione del Giudice Ordinario, che qui si indica ai fini di cui all’art. 11 del Codice del processo amministrativo».
3.1. La materia del contendere, innanzi a questo giudice amministrativo, va, quindi, circoscritta al decreto n. 7 con cui si ordina la sospensione dei lavori estrattivi e la presentazione di un progetto di ripristino dello stato dei luoghi.
3.2. Tale provvedimento, oltre a presentare caratteri di indubbia autoritatività, rientra pacificamente nella giurisdizione esclusiva del G.A. ai sensi dell’art. 133 lett. f) c.p.a. (è sancita la giurisdizione esclusiva del G.A. sulle «controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio»).
4.1. Nel merito, il contrasto tra le parti si basa su una opposta ricostruzione dei fatti.
4.2. Parte ricorrente, infatti, sostiene di non essere responsabile degli scavi in questione che preesistevano, quali avvallamenti del terreno, al momento in cui ha acquistato la proprietà del suolo nel 2009. Gli avvallamenti (o depressioni) risulterebbero, infatti, presenti sin dal 2002, data in cui essi sono rinvenibili su una ‘ortofoto’ ricavata da ‘google earth’. Al fine di corroborare la propria tesi, produce una perizia asseverata a firma dell’architetto Raffaele MASCOLO che afferma l’inattendibilità delle valutazioni operate dalla Regione in relazione alle caratteristiche del terreno e alle foto utilizzate, senza, fra l’altro, tener conto della irregolare formazione di acquitrini (che danno appunto luogo a delle depressioni) nel corso degli anni in funzione della diversa entità delle precipitazioni.
4.3. La Regione, per altro verso, si riferisce agli accertamenti effettuati in loco dai carabinieri di Cusano Mutri, dai tecnici comunali e da personale del Genio civile, in data 18.12.2012 e 15.01.2013, e alle ortofoto presenti sul sistema informativo territoriale (S.I.T.) per la difesa del suolo (v. relazione depositata il 25.11.2013) arrivando all’opposta conclusione che le depressioni sono di origine antropica e formate in data successiva 05.05.2011 (data dell’ultima ortofoto presente sulla banca dati SIAN – Sistema Informativo Agricolo Nazionale – e WEB GIS Difesa del suolo). Nel sopralluogo del 15.01.2013, in particolare, si rilevava la presenza di due fossi parzialmente pieni d’acqua e di cospicui accumuli di terreni e rocce da scavo (i depositi di materiali presentavano un’altezza media di 1,5 m; v. il verbale di sopralluogo depositato in data 18.06.2013).
4.4. La frontale contrapposizione delle ricostruzioni delle parti, entrambe corroborate da analisi tecniche, come si è detto, rendeva necessario l’espletamento di una C.T.U., del resto, richiesta dalla stessa parte ricorrente.
5.1. Il consulente, ing. Enrico Rossetti, nominato come indicato nel fatto ascriveva la formazione degli scavi a un periodo ben successivo all’acquisizione della proprietà del fondo da parte del ricorrente.
5.2. La ricostruzione operata in merito dal C.T.U. merita di essere riportata integralmente (cfr. la perizia depositata il 10.10.2016 e le figure ivi rappresentante): «il C.T.U., a seguito delle ricerche fotografiche e cartografiche eseguite presso il Genio Civile della Provincia di Benevento e presso il Comune di Cusano Mutri, ha potuto reperire le ortofoto dal SIAN – Sistema Informativo Agricolo Nazionale – relative agli anni 1998, 2001, 2003, 2006, 2008 e 2011 (si noti che, quanto all’ultima rilevazione, erroneamente nella consulenza si indica l’anno “2001” in luogo del “2011”), oltre all’aerofotogrammetria del Comune di Cusano Mutri relativa all’anno 2007; il sottoscritto, quindi, sulla scorta di tale documentazione, ha potuto ricostruire le variazioni che le particelle di terreno oggetto di ricorso hanno subito negli anni.
In particolare, dal confronto tra le ortofoto SIAN degli anni antecedenti il 2009 – anno di acquisto della proprietà del terreno da parte del ricorrente – con l’aerofotogrammetria dell’anno 2007, è stato possibile constatare che il terreno oggetto del ricorso presentava un unico avvallamento quasi circolare “laghetto”, del diametro di circa 22,00 metri e della superficie complessiva di circa 380,00 mq, disposto tra le particelle 595 e 597, riscontrato anche nel corso delle operazioni peritali
Il C.T.U., inoltre, dall’analisi delle ortofoto SIAN acquisite presso i Pubblici Uffici, ha potuto constatare che i terreni oggetto del ricorso presentavano quell’unico avvallamento circolare fino all’anno 2011, così come riportato nell’ortofoto SIAN dell’anno 2011 in cui l’avvallamento circolare “laghetto” risultava ricoperto da una folta vegetazione (figura 17).
Vieppiù che per verificare lo stato dei luoghi nell’anno 2012, il sottoscritto, tenuto conto dell’assenza di voli da parte del SIAN negli anni 2012 e 2013 e quindi della mancanza delle ortofoto SIAN per gli anni 2012 e 2013, si è avvalso dell’immagine aerea di Google Earth relativa al luglio dell’anno 2012, ed ha constatato la presenza di un secondo avvallamento di forma allungata da est verso ovest “fosso”, avente una lunghezza superiore a 40,00 metri (figura 18).
Il C.T.U., confrontando la posizione e la conformazione dell’avvallamento “fosso” riportato nell’immagine aerea di Google Earth del luglio del 2012 con la posizione e la conformazione relativa al fosso n.2 riscontrata dai tecnici del Genio Civile della Provincia di Benevento nel dicembre del 2012, ritiene che si tratta dello stesso avvallamento “fosso” che è stato ampliato verso est – sud/est nel periodo intercorrente dal mese di luglio 2012 al mese di dicembre 2012
Vieppiù che, analizzando l’ortofoto presente sul Geoportale del Ministero dell’Ambiente relativa al 06/06/2012 non è stato riscontrato alcun altro avvallamento oltre a quello circolare “laghetto” preesistente (figura 20).
Il sottoscritto, pertanto, dalla ricostruzione eseguita in precedenza ritiene che sul terreno oggetto del ricorso fino all’anno 2011 non esistevano avvallamenti ulteriori rispetto a quello circolare “laghetto” presente sin dall’anno 1998, mentre ha appurato con estrema certezza che è stato realizzato un’ulteriore avvallamento “fosso n.2” tra il 03/06/2012 ed il mese di luglio dell’anno 2012 ed in particolare tale avvallamento “fosso n.2” ha subito un ampliamento nel periodo intercorrente tra il mese di luglio 2012 ed il mese di dicembre 2012.
Il C.T.U., inoltre, avendo constatato nell’immagine di Google Earth del mese luglio 2012 l’assenza del “fosso n.1”, ritiene che presumibilmente tale ulteriore avvallamento sia stato realizzato nel periodo intercorrente tra il mese di luglio 2012 ed il mese di dicembre 2012 (momento dell’accertamento dei fossi da parte dei Funzionari del Genio Civile della Provincia di Benevento)».
5.3. Acclarato che gli scavi sono stati effettuati in epoca successiva al 2011, il C.T.U. conforta la metodologia utilizzata dagli enti accertatori che hanno potuto confrontare l’ortofoto del 2011 (nella quale i fossi non erano presenti) con quanto rilevato visivamente nei sopralluoghi effettuati a partire dal dicembre 2012 (par. 2.4 dell’elaborato peritale).
5.4. Gli ulteriori profili indagati dal CTU su richiesta della parte ricorrente assumono, nel presente giudizio, un rilievo alquanto marginale per cui è opportuno soffermarsi sugli stessi solo sinteticamente.
5.5.1. In primo luogo, la parte ricorrente ha chiesto che il CTU accertasse se sulla zona fossero o meno presenti dei vincoli. Va rilevato che, come esposto dal consulente (par. 2.5 della perizia), il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Cusano Mutri, al quale pur legittimamente il ricorrente ha prestato affidamento, appare inesatto nell’escludere vincoli di sorta. L’area, infatti, limitatamente a una porzione della particella 597, ricadrebbe in zona S.I.C. e Z.P.S. e, inoltre, l’intero comune di Cusano risulta essere sottoposto a vincolo paesaggistico giusto D.M. del 04.09.2000.
5.5.2. A ben vedere, peraltro, la problematica della sussistenza o meno di vincoli nell’area, non rileva rispetto alla legittimità del provvedimento impugnato che ha ordinato la sospensione dei lavori e la presentazione di un progetto di ripristino. Il presupposto del medesimo provvedimento, infatti, è la mera realizzazione di un’attività di “cava abusiva”, come meglio si dirà in seguito.
5.6. In secondo luogo, la precisa quantificazione del materiale prelevato, che il consulente stima approssimato con possibili errori sino al 15% del volume, può assumere un rilievo rispetto alla commisurazione della sanzione (questione che esorbita dalla giurisdizione di questo giudice), ma parimenti non incide sulla legittimità del provvedimento una volta che si sia appurata la sicura origine antropica degli scavi.
6.1. In proposito, va detto che il provvedimento impugnato (decreto n. 7) non appare influenzato da queste ultime due problematiche; esso si basa sull’applicazione dell’art. 26 co. 4 e dell’art. 28 della L. Reg. Campania 54/1985 che stabiliscono rispettivamente: «in ogni caso il provvedimento di sospensione è disposto quando si tratta di lavori abusivi» e «chiunque coltivi una cava senza autorizzazione o concessione è soggetto (…) qualora vi sia stata alterazione dell’ambiente, all’obbligo di provvedere al suo ripristino o, quando non sia possibile, alla ricomposizione ambientale secondo le prescrizioni dettate dal Presidente della Giunta regionale, o suo delegato, fatto salvo il potere di questa, in caso di inerzia, di provvedere d’ufficio con rivalsa delle spese a carico dell’inadempiente».
6.2. Il presupposto per l’adozione dell’unico provvedimento affidato alla cognizione di questo giudice, quindi, non è inciso dall’essere la zona sottoposta a vincoli né dalla quantità di materiale prelevato. Non è, pertanto, opportuno affrontare con ulteriore approfondimento le questioni sollevate in merito a tali due profili.
7. È, invece, necessario esaminare, da un lato, le numerose obiezioni sollevate dalla difesa della parte ricorrente nei confronti della C.T.U. sia prima della conclusione della stessa, mediante le osservazioni svolte dal proprio consulente di parte, arch. MASCOLO, sia nell’ambito più strettamente processuale, dopo la conclusione delle operazioni peritali (memoria conclusiva del 05.11.2016), e, dall’altro, le censure legate alla violazione di legge di cui ai punti sub Ib), Ic) e II).
8.1. Rispetto alle obiezioni sollevate avverso le conclusioni del CTU, va detto che la parte ricorrente incorre in una contraddizione allorché lamenta che non si sarebbe tenuta in adeguata considerazione le ortofoto ricavata da google earth dell’anno 2002 per poi contestare ‘tout court’ l’attendibilità delle foto di google earth.
8.2. Peraltro, come risulta dall’esposizione che precede, l’utilizzo di google earth operato dal consulente è stato confrontato con le rilevazioni visive e fotografiche effettuate, a partire dal dicembre del 2012, dal personale del genio civile e degli uffici comunali oltre che con le ortofoto presenti nelle banche dati pubbliche. Le conclusioni a cui addiviene il consulente, quindi, non si basano esclusivamente sulle immagine tratte da google earth, ma sono corroborate dagli elementi appena menzionati.
8.3. Il consulente, infatti, ha potuto acclarare che nessuno scavo era presente nelle ortofoto SIAN precedenti al 2011.
8.4. Pertanto, l’epoca di realizzazione degli scavi, pur indicata con maggiore precisione nella perizia (v. anche par. 3.2.5 della perizia oltre allo stralcio riportato al superiore capo 5), risulta, ed è quanto rileva in questa sede, sicuramente successiva al 2009, anno in cui il ricorrente ha acquisito la proprietà del suolo, in quanto gli stessi non erano presenti nella ortofoto SIAN e Web Gis difesa del suolo del 05.05.2011, mentre erano ben visibili all’atto dei menzionati sopralluoghi del dicembre 2012 e del gennaio 2013.
8.5. Per altro verso, la natura dei “fossi” e la presenza di depositi di materiali di scavo, a cui si è già fatto riferimento in precedenza, escludono la possibile origine naturale degli scavi. Sul punto, nel condividere le conclusioni del genio civile e, poi, del CTU, basti evidenziare la notevole profondità dei fossi in questione (v. figura 24 della perizia, riportata anche in allegato al sopralluogo del dicembre 2012 in cui il “fosso” mostra una profondità di 50 cm tra il piano di campagna e il pelo dell’acqua), la loro notevole estensione e la circostanza che si siano formati in un periodo relativamente breve ossia, anche a voler escludere le immagini di google earth, nel lasso di tempo intercorso tra il maggio 2011 (ortofoto SIAN) e il dicembre 2012 (data del primo sopralluogo).
9.1. Dato, quindi, per acclarato in punto di fatto che gli scavi siano stati effettuati successivamente all’acquisto del fondo da parte del ricorrente, occorre esaminare la tesi secondo cui non si potrebbe ascrivere senz’altro al ricorrente la violazione della normativa in tema di cave. L’autore materiale degli scavi, infatti, non sarebbe stato individuato.
9.2. Sul punto, va osservato, per un verso, che è ragionevole presumere che il proprietario sia in condizione di vigilare il proprio fondo in rapporto all’effettuazione di un ingente scavo di materiali terrosi e, per altro verso, che è comunque il proprietario del fondo ad essere in condizione di ripristinare lo status quo (o, quanto meno, di presentare il menzionato progetto di ricomposizione).
9.3. In rapporto alla descritta tipologia di escavazioni, sarebbe, quindi stato lo stesso ricorrente, quale proprietario del fondo, a dover dimostrare di non aver effettuato in prima persona lo scavo (e anche di non averlo potuto impedire); in mancanza di una simile prova, la presunzione nel senso della responsabilità del ricorrente fatta valere dall’amministrazione è del tutto ragionevole e, quindi, esente da censure in questa sede.
9.4. A tanto deve essere aggiunto che l’art. 4 della legge applicata (L. Reg. 13/1983) prevede espressamente che il procedimento possa essere svolto a carico dei soggetti obbligati in solido al pagamento della sanzione ai sensi dell’art. 6 L. 689/1981, tra i quali è compreso il proprietario dell’immobile (è, infatti, obbligato in solido al pagamento della sanzione «il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l’usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà»).
10.1. Il mancato rispetto delle garanzie procedimentali per l’applicazione della sanzione, poi, non rileva in questa sede per il descritto difetto di giurisdizione rispetto al decreto n. 6 che ha, appunto, applicato la sanzione pecuniaria.
10.2. Deve, peraltro, rilevarsi che correttamente l’ufficio procedente ha dato al ricorrente la prescritta comunicazione di avvio del procedimento amministrativo (art. 7 L. 241/1990) (n. 62378 del 25.01.2013) e, cionondimeno, il ricorrente non ha inteso prendere visione degli atti istruttori che pure gli erano stati messi a disposizione.
10.3. Inoltre, come si è detto, la violazione è stata ritualmente contestata al ricorrente in quanto proprietario del fondo ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 L. Reg Campania 12/1983 e 6 L. 689/1981 e, quindi, anche da questo punto di vista non sono ravvisabili violazioni di legge da parte dell’amministrazione procedente.
11. Da ultimo, occorre rilevare che non si può dubitare dell’applicabilità della disciplina relativa all’attività di cava – dubbio introdotto invero solo genericamente da parte del ricorrente (censura sub Ib) – in quanto gli scavi hanno consentito l’estrazione di “ghiaia con blocchi debolmente sabbiosa” (v. verbale di sopralluogo del 03.01.2013) che è compresa tra i materiali menzionati dall’art. 1 L. Reg. Campania 54/1985 («rientrano nel campo di applicazione della presente legge le attività di cava i cui lavori di coltivazione dei giacimenti sono formati da materiali classificati di seconda categoria, ai sensi del terzo comma dell’art. 2 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, industrialmente utilizzabili») essendo, peraltro, “industrialmente utilizzabile” (il dato deve ritenersi pacifico non essendo contestato dalla parte ricorrente).
12.1. Quanto precede, conduce alla declaratoria di parziale inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione come sopra indicato (capo 3) e al rigetto del ricorso per il resto, con particolare riferimento all’impugnativa del decreto n. 7 del 28.02.2013.
12.2. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza come per legge anche per quel che riguarda l’onorario e le spese sostenute dal consulente tecnico di ufficio da liquidarsi conformemente alla relativa istanza, depositata dal consulente in data 10.10.2016, che appare coerente con le attività svolte.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
-) dichiara l’inammissibilità del ricorso per quanto riguarda l’impugnativa del decreto n. 6 del 28.02.2013 per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;
-) dichiara, in merito, la giurisdizione del giudice ordinario innanzi al quale il ricorso potrà essere riassunto, con salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda, nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute (art. 11 c.p.a.);
-) respinge il ricorso per il resto;
-) condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della Regione Campania che si liquidano in euro 4.000,00 (quattromila) oltre ad accessori di legge e al contributo unificato nella misura effettivamente versata;
-) condanna il ricorrente al pagamento delle spese e dell’onorario in favore del consulente tecnico d’ufficio ing. Enrico Rossetti per la somma complessiva di euro 2.542,23, comprensiva di onorario e spese, da cui andrà detratto l’acconto già versato di euro 750,00;
-) ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Anna Pappalardo, Presidente
Michele Buonauro, Consigliere
Luca Cestaro, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Luca Cestaro
IL PRESIDENTE
Anna Pappalardo
IL SEGRETARIO