Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto degli alimenti, Diritto processuale europeo, Tutela dei consumatori Numero: C-282/15 | Data di udienza:

DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Libera circolazione delle merci – Sicurezza alimentare – Principio di precauzione – Articoli da 34 a 36 TFUE – Situazione puramente interna – Normativa di uno Stato membro che vieta la produzione e l’immissione in commercio di integratori alimentari contenenti amminoacidi – Situazione in cui una deroga temporanea a tale divieto rientra nel potere discrezionale dell’autorità nazionale – Rinvio pregiudiziale – Regolamento (CE) n. 178/2002 – Principio di analisi del rischio – Regolamento (CE) n. 1925/2006 – DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – TUTELA DEI CONSUMATORI – Principio di precauzione – Probabilità di un danno reale per la salute – Adozione di misure restrittive – Livello elevato di tutela della salute – Principio di proporzionalità – GIURISPRUDENZA UE.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 19 Gennaio 2017
Numero: C-282/15
Data di udienza:
Presidente: von Danwitz
Estensore: Lycourgos


Premassima

DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Libera circolazione delle merci – Sicurezza alimentare – Principio di precauzione – Articoli da 34 a 36 TFUE – Situazione puramente interna – Normativa di uno Stato membro che vieta la produzione e l’immissione in commercio di integratori alimentari contenenti amminoacidi – Situazione in cui una deroga temporanea a tale divieto rientra nel potere discrezionale dell’autorità nazionale – Rinvio pregiudiziale – Regolamento (CE) n. 178/2002 – Principio di analisi del rischio – Regolamento (CE) n. 1925/2006 – DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – TUTELA DEI CONSUMATORI – Principio di precauzione – Probabilità di un danno reale per la salute – Adozione di misure restrittive – Livello elevato di tutela della salute – Principio di proporzionalità – GIURISPRUDENZA UE.



Massima

 




CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.4^ 19/01/2017 Sentenza C-282/15



DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Libera circolazione delle merci – Sicurezza alimentare – Principio di precauzione – Articoli da 34 a 36 TFUE – Situazione puramente interna – Normativa di uno Stato membro che vieta la produzione e l’immissione in commercio di integratori alimentari contenenti amminoacidi – Situazione in cui una deroga temporanea a tale divieto rientra nel potere discrezionale dell’autorità nazionale – Rinvio pregiudiziale – Regolamento (CE) n. 178/2002 – Principio di analisi del rischio – Regolamento (CE) n. 1925/2006.
 
Gli articoli 6 e 7 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta di produrre, trattare o immettere in commercio qualsiasi integratore alimentare contenente amminoacidi, salva deroga accordata da un’autorità nazionale che dispone al riguardo di un potere discrezionale, quando tale normativa si fonda su un’analisi del rischio che riguarda solo taluni amminoacidi, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare. In ogni caso, tali articoli devono essere interpretati nel senso che ostano a una siffatta normativa nazionale quando essa prevede che le deroghe al divieto previsto da detta legislazione possono essere accordate solo per un periodo determinato anche nel caso in cui sia dimostrata l’innocuità di una sostanza.
 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – TUTELA DEI CONSUMATORI – Principio di precauzione – Probabilità di un danno reale per la salute – Adozione di misure restrittive – Livello elevato di tutela della salute – Principio di proporzionalità – GIURISPRUDENZA UE.
 
Un’applicazione corretta del principio di precauzione presuppone, l’individuazione delle conseguenze potenzialmente negative per la salute delle sostanze o degli alimenti interessati e, una valutazione complessiva del rischio per la salute basata sui dati scientifici disponibili più affidabili e sui risultati più recenti della ricerca internazionale (v., in tal senso, sentenze del 9/09/2003, Monsanto Agricoltura Italia e a., C-236/01, EU:C:2003:431, punto 113, nonché del 28/01/2010, Commissione/Francia, C-333/08, EU:C:2010:44, punto 92). Pertanto, ove risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive, purché esse siano non discriminatorie e oggettive. Ne consegue che, in virtù dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 178/2002, uno Stato membro può, in linea di principio, adottare un regime, quale quello di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta in maniera generale e salvo deroga, l’utilizzo di amminoacidi negli alimenti, se tale regime, che costituisce in sostanza un regime di autorizzazione preventiva, è fondato, in particolare, sui principi di analisi del rischio e di precauzione, di cui agli articoli 6 e 7 di tale regolamento, come esposti ai punti da 51 a 57 della presente sentenza. Inoltre, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 178/2002, le misure adottate sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, di tale regolamento devono essere proporzionate e prevedere le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nell’Unione, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti ritenuti legittimi in funzione delle circostanze di cui trattasi. Inoltre, tali misure devono essere riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente. Un’incertezza di questo tipo, inscindibile dalla nozione di precauzione, influisce sulla portata del potere discrezionale dello Stato membro e si ripercuote quindi sulle modalità di applicazione del principio di proporzionalità. In tali circostanze, si deve riconoscere che uno Stato membro può, in forza del principio di precauzione, adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi. Tuttavia, la valutazione del rischio non può basarsi su considerazioni puramente ipotetiche.


Pres. von Danwitz, Rel. Lycourgos, Ric. Queisser Pharma GmbH & Co. KG contro Bundesrepublik Deutschland
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.4^ 19/01/2017 Sentenza C-282/15

SENTENZA

 

 

 
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.4^ 19/01/2017 Sentenza C-282/15
 
 
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
 
19 gennaio 2017 

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle merci – Articoli da 34 a 36 TFUE – Situazione puramente interna ‐ Sicurezza alimentare – Regolamento (CE) n. 178/2002 – Articolo 6 – Principio di analisi del rischio – Articolo 7 – Principio di precauzione – Regolamento (CE) n. 1925/2006 – Normativa di uno Stato membro che vieta la produzione e l’immissione in commercio di integratori alimentari contenenti amminoacidi – Situazione in cui una deroga temporanea a tale divieto rientra nel potere discrezionale dell’autorità nazionale»
 
Nella causa C-282/15,
 
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgericht Braunschweig (tribunale amministrativo di Braunschweig, Germania), con decisione del 27 maggio 2015, pervenuta in cancelleria l’11 giugno 2015, nel procedimento
 
Queisser Pharma GmbH & Co. KG
 
contro
 
Bundesrepublik Deutschland,
 
LA CORTE (Quarta Sezione),
 
composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, E. Juhász, C. Vajda, K. Jürimäe e C. Lycourgos (relatore), giudici,
 
avvocato generale: M. Bobek
 
cancelliere: K. Malacek, amministratore
 
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 maggio 2016,
 
considerate le osservazioni presentate:
 
–        per la Queisser Pharma GmbH & Co. KG, da A. Meisterernst, Rechtsanwalt;
 
–        per il governo tedesco, da T. Henze e B. Beutler, in qualità di agenti;
 
–        per la Commissione europea, da S. Grünheid e E. Manhaeve, in qualità di agenti,
 
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 luglio 2016,
 
ha pronunciato la seguente
 
Sentenza
 
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU 2002, L 31, pag. 1), del regolamento (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, sull’aggiunta di vitamine e minerali e di talune altre sostanze agli alimenti (GU 2006, L 404, pag. 26), come modificato dal regolamento (CE) n. 108/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008 (GU 2008, L 39, pag. 11) (in prosieguo: il «regolamento n. 1925/2006»), nonché degli articoli da 34 a 36 TFUE.
 
2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Queisser Pharma GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Queisser Pharma») e la Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania), in merito ad una richiesta di deroga al divieto di produrre ed immettere sul mercato un integratore alimentare contenente l’aminoacido L-istidina.
 
 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Regolamento n. 178/2002
 
3        L’articolo 1 del regolamento n. 178/2002 definisce la finalità e il campo di applicazione del medesimo nel modo seguente:
 
«1.      Il presente regolamento costituisce la base per garantire un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori in relazione agli alimenti, tenendo conto in particolare della diversità dell’offerta di alimenti, compresi i prodotti tradizionali, garantendo al contempo l’efficace funzionamento del mercato interno. Esso stabilisce principi comuni e competenze, i mezzi per assicurare un solido fondamento scientifico, procedure e meccanismi organizzativi efficienti a sostegno dell’attività decisionale nel campo della sicurezza degli alimenti e dei mangimi.
 
2.      Ai fini del paragrafo 1 il presente regolamento reca i principi generali da applicare nella Comunità e a livello nazionale in materia di alimenti e mangimi in generale, e di sicurezza degli alimenti e dei mangimi in particolare.
 
(…)».
 
4        L’articolo 3 di detto regolamento prevede quanto segue:
 
«Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
 
(…)
 
11)      “valutazione del rischio”, processo su base scientifica costituito da quattro fasi: individuazione del pericolo, caratterizzazione del pericolo, valutazione dell’esposizione al pericolo e caratterizzazione del rischio;
 
(…)».
 
5        Il capo II di detto regolamento, intitolato «Legislazione alimentare generale», comprende gli articoli da 4 a 21 del medesimo. Detto articolo 4, a sua volta intitolato «Campo di applicazione», dispone ai suoi paragrafi 2 e 3:
 
«2.      I principi enunciati negli articoli da 5 a 10 costituiscono un quadro generale di natura orizzontale al quale conformarsi nell’adozione di misure.
 
3.      I principi e le procedure esistenti in materia di legislazione alimentare sono adattati quanto prima ed entro il 1° gennaio 2007 al fine di conformarsi agli articoli da 5 a 10».
 
6        L’articolo 6 del regolamento n. 178/2002, rubricato «Analisi del rischio», così recita:
 
«1.      Ai fini del conseguimento dell’obiettivo generale di un livello elevato di tutela della vita e della salute umana, la legislazione alimentare si basa sull’analisi del rischio, tranne quando ciò non sia confacente alle circostanze o alla natura del provvedimento.
 
2.      La valutazione del rischio si basa sugli elementi scientifici a disposizione ed è svolta in modo indipendente, obiettivo e trasparente.
 
3.      La gestione del rischio tiene conto dei risultati della valutazione del rischio, e in particolare dei pareri dell’Autorità di cui all’articolo 22, nonché di altri aspetti, se pertinenti, e del principio di precauzione laddove sussistano le condizioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, allo scopo di raggiungere gli obiettivi generali in materia di legislazione alimentare di cui all’articolo 5».
 
7        L’articolo 7 di tale regolamento, intitolato «Principio di precauzione», così recita:
 
«1.      Qualora, in circostanze specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio.
 
2.      Le misure adottate sulla base del paragrafo 1 sono proporzionate e prevedono le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nella Comunità, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti, se pertinenti. Tali misure sono riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente».
 
8        L’articolo 14 del regolamento n. 178/2002, intitolato «Requisiti di sicurezza degli alimenti», così dispone:
 
«1.      Gli alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato.
 
2.      Gli alimenti sono considerati a rischio nei casi seguenti:
 
a)            se sono dannosi per la salute;
 
b)      se sono inadatti al consumo umano.
 
(…)
 
7.      Gli alimenti conformi a specifiche disposizioni comunitarie riguardanti la sicurezza alimentare sono considerati sicuri in relazione agli aspetti disciplinati dalle medesime.
 
(…)
 
9.      In assenza di specifiche disposizioni comunitarie, un alimento è considerato sicuro se è conforme alle specifiche disposizioni della legislazione alimentare nazionale dello Stato membro sul cui territorio è immesso sul mercato, purché tali disposizioni siano formulate e applicate nel rispetto del trattato [FUE], in particolare degli articoli [34 e 36] del medesimo».
 
9        L’articolo 53 di tale regolamento riguarda le misure urgenti per alimenti e mangimi di origine comunitaria o importati da un paese terzo. L’articolo 55 del regolamento n. 178/2002 riguarda il piano generale per la gestione delle crisi.
 
 Regolamento n. 1925/2006
 
10      I considerando 1 e 2 del regolamento n. 1925/2006 enunciano quanto segue:
 
«(1)      Esiste un’ampia gamma di sostanze nutritive e altri ingredienti che possono essere utilizzati nella preparazione degli alimenti, in particolare, ma non in via esclusiva, vitamine, minerali, microelementi, amminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre, varie piante e estratti di erbe. La loro aggiunta agli alimenti è disciplinata negli Stati membri da differenti norme nazionali che ostacolano la libera circolazione di tali prodotti e instaurano condizioni di concorrenza diseguali, con dirette ripercussioni sul funzionamento del mercato interno. È pertanto necessario adottare norme comunitarie che armonizzino le disposizioni nazionali relative all’aggiunta di vitamine e di minerali e di talune altre sostanze agli alimenti.
 
(2)      Il presente regolamento è inteso a disciplinare l’aggiunta di vitamine e di minerali agli alimenti, nonché l’utilizzazione di talune altre sostanze o ingredienti che contengono sostanze diverse dalle vitamine o dai minerali che sono aggiunti agli alimenti o utilizzati nella produzione di alimenti in condizioni tali da comportare un’ingestione di quantità ampiamente superiori a quelle che ci si può ragionevolmente aspettare di ingerire in condizioni normali di consumo nell’ambito di una dieta equilibrata e variata, e/o tali da rappresentare per altri motivi un rischio potenziale per i consumatori. In mancanza di norme comunitarie specifiche relative al divieto o alla limitazione dell’uso di sostanze o ingredienti che contengono sostanze diverse dalle vitamine o dai minerali, ai sensi del presente regolamento o di altre disposizioni comunitarie specifiche, possono applicarsi le pertinenti norme nazionali, fatte salve le disposizioni del trattato».
 
11      Ai termini dell’articolo 2 di tale regolamento, rubricato «Definizioni»:
 
«Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
 
(…)
 
2)      “altra sostanza”: una sostanza diversa da una vitamina o da un minerale, che ha un effetto nutrizionale o fisiologico».
 
12      L’articolo 8 di detto regolamento, intitolato «Sostanze vietate, soggette a restrizioni, o sottoposte alla sorveglianza della Comunità», prevede quanto segue:
 
«1.      Si segue la procedura di cui al presente articolo qualora una sostanza diversa dalle vitamine o dai minerali, o un ingrediente contenente una sostanza, diversa dalle vitamine o dai minerali, siano aggiunti agli alimenti o utilizzati nella produzione di alimenti in condizioni tali da comportare l’ingestione di quantità di tale sostanza ampiamente superiori a quelle che ci si può ragionevolmente aspettare di assumere in condizioni normali di consumo nell’ambito di una dieta equilibrata e varia, e/o tali da rappresentare altrimenti un rischio potenziale per i consumatori.
 
2.      Di propria iniziativa o sulla base di informazioni fornite dagli Stati membri, la Commissione può adottare una decisione volta a modificare elementi non essenziali del presente regolamento dopo che, in ogni singolo caso, l’Autorità ha valutato le informazioni disponibili e secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2, al fine di includere, se necessario, la sostanza o l’ingrediente di cui all’allegato III. In particolare:
 
a)      qualora siano individuati effetti nocivi per la salute, la sostanza e/o l’ingrediente contenente la sostanza, sono:
 
i)      inseriti nell’allegato III, parte A, e la loro aggiunta agli alimenti e la loro utilizzazione nella produzione di alimenti sono vietate; oppure
 
ii)      inseriti nell’allegato III, parte B, e la loro aggiunta agli alimenti o la loro utilizzazione nella produzione di alimenti sono consentite solo alle condizioni ivi specificate;
 
b)      qualora sia individuata la possibilità di effetti nocivi per la salute ma l’incertezza scientifica persista, la sostanza è inserita nell’allegato III, parte C.
 
(…)».
 
13      L’articolo 11 del regolamento, intitolato «Disposizioni nazionali», al suo paragrafo 2 prevede quanto segue:
 
«Se uno Stato membro, in mancanza di disposizioni comunitarie, ritiene necessario adottare una nuova disposizione legislativa:
 
a)      sull’aggiunta obbligatoria di vitamine o minerali a determinati alimenti o categorie di alimenti; oppure
 
b)      sul divieto o la restrizione dell’utilizzo di talune sostanze di altro tipo nella produzione di determinati alimenti,
 
lo notifica alla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 12».
 
 Diritto tedesco
 
14      Il Lebensmittel- und Futtermittelgesetzbuch (codice degli alimenti e dei mangimi, BGB1. 2005 I, pag. 2618), ha lo scopo di tutelare la salute umana con misure di prevenzione nel settore domestico privato o di prevenire un rischio che presentano o possono presentare tali prodotti. Il giudice del rinvio si riferisce alla versione di detto codice pubblicata il 3 giugno 2013 (BGBl. 2013 I, pag. 1426), come modificata dall’articolo 2 della legge del 5 dicembre 2014 (BGBl. 2014 I, pag. 1975) (in prosieguo: il «LFGB»).
 
15      Conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, del LFGB, quest’ultimo mira a recepire e ad attuare gli atti giuridici dell’Unione europea vertenti sui settori rientranti nel medesimo, quali il regolamento n. 178/2002.
 
16      Ai termini dell’articolo 2 del LFGB, rubricato «Definizioni»:
 
«(…)
 
2.      “Alimenti” sono considerati gli alimenti ai sensi dell’articolo 2 del regolamento [n. 178/2002].
 
3.      “Additivi alimentari” sono considerati gli additivi alimentari ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli additivi alimentari [(GU 2008, L 354, pag. 16)], da ultimo modificato dal regolamento (UE) n. 298/2014 della Commissione, del 21 marzo 2014 [(GU 2014, L 89, pag. 36)]. Sono equiparati agli additivi alimentari:
 
1)      qualsiasi sostanza abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti, con o senza valore nutritivo, la cui aggiunta intenzionale ad alimenti per uno scopo diverso da quello tecnologico nella fabbricazione o nel trattamento degli stessi, abbia o possa presumibilmente produrre l’effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti divengano, direttamente o indirettamente, componenti di tali alimenti; sono escluse le sostanze di origine naturale o chimicamente identiche alle sostanze naturali e che, secondo gli usi, sono usate principalmente a causa del loro valore nutritivo, olfattivo o gustativo per rendere il prodotto più gradevole,
 
(…)
 
3)      Amminoacidi e loro derivati,
 
(…)».
 
17      L’articolo 4 del LFGB, intitolato «Ambito di applicazione», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:
 
«Le disposizioni della presente legge
 
(…)
 
2)      per gli additivi alimentari si applicano anche alle sostanze ad essi equiparate ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, secondo periodo, o sulla base del paragrafo 3, punto 2,
 
(…)».
 
18      L’articolo 5 del LFGB, intitolato: «Divieti a tutela della salute», al suo paragrafo 1 dispone quanto segue:
 
«È vietato produrre per terzi o trattare alimenti secondo modalità che rendano il loro consumo dannoso per la salute ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera a), del regolamento [n. 178/2002]. Resta fermo
 
1)      il divieto previsto dall’articolo 14, paragrafo 1, in combinato disposto con il paragrafo 2, lettera a), del regolamento [n. 178/2002], sull’immissione in commercio di alimenti dannosi per la salute (…)
 
(…)».
 
19      L’articolo 6 del LFGB, relativo ai divieti per additivi alimentari, precisa quanto segue al suo paragrafo1:
 
«È vietato,
 
1)      nell’ambito della produzione o del trattamento di prodotti alimentari destinati alla vendita,
 
a)      utilizzare additivi alimentari non autorizzati puri o mescolati ad altri prodotti,
 
(…)
 
2)      immettere in commercio alimenti prodotti o trattati in violazione del divieto di cui al punto 1 o che violano una disciplina emanata ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 1 o 2, punti 1 o 5,
 
(…)».
 
20      In virtù dell’articolo 7 del LFGB, il Bundesministerium (Ministero federale, Germania) è autorizzato a concedere mediante regolamento deroghe ai divieti previsti all’articolo 6, paragrafo 1, del LFGB.
 
21      L’articolo 54, paragrafi 2 e 3, del LFGB ha il seguente tenore letterale:
 
«2.      Decisioni di portata generale sono adottate dal Bundesamt für Verbraucherschutz und Lebensmittelsicherheit [(Ufficio federale della protezione dei consumatori e della sicurezza alimentare, Germania)] (…), a meno che non vi ostino motivi imperativi di tutela della salute. Tali decisioni devono essere richieste da chi intenda introdurre per primo i prodotti nel paese. Nella valutazione dei rischi che un prodotto comporta per la salute, si tiene conto delle conoscenze della ricerca internazionale nonché, per gli alimenti, delle abitudini alimentari nella Repubblica federale di Germania. Le decisioni di portata generale hanno effetto, ai sensi del primo periodo, nei confronti di tutti gli importatori dei prodotti di cui trattasi provenienti da altri Stati membri delle Comunità europee o da Stati facenti parte dell’Accordo sullo Spazio economico europeo.
 
3.      La domanda dev’essere corredata da un’esatta descrizione del prodotto e dai documenti disponibili necessari per la decisione. Alla domanda deve seguire una risposta entro un termine ragionevole. Se entro ventiquattro giorni non è stata adottata una decisione definitiva in merito ad una richiesta, il richiedente dev’essere informato dei motivi del ritardo».
 
22      L’articolo 68 del LFGB così recita:
 
«1.      Nel rispetto dei criteri indicati nei paragrafi 2 e 3, possono, nel singolo caso, essere concesse su richiesta deroghe alle disposizioni della presente legge e alle discipline emanate sulla base di essa.
 
2.      Deroghe possono essere concesse soltanto per
 
1)      la produzione, il trattamento e l’immissione in commercio di determinati alimenti (…) se vi è motivo di attendersi risultati che possano assumere rilievo ai fini di una modifica o di un’integrazione delle disposizioni in materia di alimenti (…), sotto controllo ufficiale o se non è stato ancora compiuto un ravvicinamento delle normative agli atti legislativi (…) dell’Unione europea; nel farlo occorre tener adeguatamente conto degli interessi meritevoli di tutela del singolo e di tutti gli elementi che possono influire sulla condizione di concorrenza generale del settore industriale interessato,
 
(…)
 
4)      in altri casi in cui circostanze specifiche, in particolare il rischio di deterioramento di alimenti (…) lo facciano apparire opportuno per evitare oneri indebiti; (…)
 
3.      Deroghe possono essere autorizzate solo in presenza di elementi che permettono di ritenere che non sussista un pericolo per la salute umana o animale; (…)
 
4.      La concessione delle deroghe di cui al paragrafo 2, punti 1 e 3, rientra nella competenza dell’Ufficio federale per la protezione dei consumatori e la sicurezza alimentare (…). L’autorizzazione può essere accompagnata da condizioni.
 
5.      La concessione di una deroga ai sensi del paragrafo 2 deve essere limitata al massimo a tre anni. Nei casi di cui al paragrafo 2, punto 1, la deroga può essere prorogata, su richiesta, per tre volte (…), ogni volta per un periodo massimo di tre anni, nei limiti in cui le condizioni che ne hanno determinato la concessione siano ancora soddisfatte.
 
6.      L’autorizzazione a una deroga può essere revocata in qualsiasi momento per un motivo importante. Ne verrà fatta menzione nell’autorizzazione.
 
(…)».
 
 Procedimento principale e questioni pregiudiziali
 
23      La Queisser Pharma, impresa stabilita in Germania, produce un integratore alimentare denominato «Doppelherz aktiv + Eisen + Vitamin C + Histidin + Folsäure» la cui dose raccomandata fornisce quotidianamente, in particolare, 100 mg di amminoacido L-istidina e 10 mg di ferro.
 
24      Il 27 marzo 2006, la Queisser Pharma ha presentato all’Ufficio federale della protezione dei consumatori e della sicurezza alimentare (in prosieguo: l’«Ufficio») una richiesta di deroga a titolo dell’articolo 68 del LFGB per produrre e immettere sul mercato tale prodotto in quanto integratore alimentare nel territorio della Repubblica federale di Germania.
 
25      Con decisione del 2 novembre 2012, l’Ufficio si è rifiutato di accogliere tale domanda sulla base del fatto che le condizioni di concessione di una deroga a titolo dell’articolo 68 del LFGB non erano soddisfatte. Secondo l’Ufficio, a norma dell’articolo 68, paragrafo 3, del LFGB, la deroga poteva essere concessa solo in presenza di elementi di fatto tali da far ritenere che non fossero da prevedere rischi per la salute umana o animale. Orbene, anche se l’Ufficio ha considerato che la L-istidina contenuta nel prodotto di cui trattasi nel procedimento principale non presentava rischi per la salute, esso ha tuttavia espresso dubbi concernenti l’innocuità di tale prodotto a causa del fatto che il medesimo apportava quotidianamente 10 mg di ferro al metabolismo.
 
26      A seguito del rigetto del reclamo che essa aveva proposto avverso tale decisione, la Queisser Pharma ha investito il Verwaltungsgericht Braunschweig (tribunale amministrativo di Braunschweig, Germania) di un ricorso diretto a constatare che per poter produrre e immettere in commercio il prodotto controverso non è necessaria alcuna deroga a titolo dell’articolo 68, paragrafo 1, primo periodo, del LFGB.
 
27      Con decisione del 17 febbraio 2015, adottata durante il procedimento dinanzi al giudice del rinvio, l’Ufficio ha revocato la propria decisione del 2 novembre 2012 e ha accordato alla Queisser Pharma una deroga a titolo dell’articolo 68 del LFGB per un periodo di tre anni. L’Ufficio ha osservato a tal proposito che, contrariamente a quanto era stato ritenuto in quest’ultima decisione, non occorreva prendere in considerazione il ferro contenuto nel prodotto di cui trattasi nel procedimento principale in sede di esame delle condizioni poste dall’articolo 68 del LFGB. La Queisser Pharma ha, tuttavia, mantenuto il proprio ricorso dinanzi al giudice del rinvio.
 
28      A tal proposito, detto giudice sottolinea che, in virtù del diritto tedesco in materia di contenzioso amministrativo, il ricorso proposto il 22 marzo 2013 dalla Queisser Pharma resta ricevibile poiché tale società ha un interesse giuridicamente qualificato a far constatare che non era necessario sollecitare una siffatta deroga.
 
29      Il giudice del rinvio, fondandosi segnatamente sulla giurisprudenza nazionale, in particolare quella elaborata dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), pone la questione se il regime derogatorio previsto dal LFGB sia conforme al diritto dell’Unione. Infatti, secondo tale giurisprudenza, le disposizioni nazionali in materia di sicurezza alimentare devono essere conformi al diritto primario dell’Unione, segnatamente agli articoli 34 e 36 TFUE, i quali non sono riservati unicamente alle situazioni transfrontaliere, ciò che emergerebbe dal rinvio specifico a tali articoli contenuto all’articolo 14, paragrafo 9, del regolamento n. 178/2002. Orbene, il giudice del rinvio dubita della compatibilità della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale con gli articoli da 34 a 36 TFUE a causa dell’inosservanza del principio di proporzionalità.
 
30      Inoltre, il giudice del rinvio si interroga sulla conformità di una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, con il regolamento n. 178/2002 così come con il regolamento n. 1925/2006. Infatti, secondo tale giudice, si potrebbe considerare che gli articoli 6, 7 e 14 del regolamento n. 178/2002 abbiano regolamentato il settore della sicurezza alimentare in maniera esaustiva, di modo che un divieto nazionale di alimenti o ingredienti alimentari potrebbe essere pronunciato solo ove fossero soddisfatte le condizioni enunciate ai detti articoli. Parimenti, si potrebbe considerare che la procedura prevista all’articolo 8 del regolamento n. 1925/2006 disciplini in maniera esaustiva la possibilità di aggiungere amminoacidi a integratori alimentari, ciò che avrebbe l’effetto di ostacolare l’adozione di una normativa nazionale divergente.
 
31      Il giudice del rinvio si chiede pertanto se la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale sia contraria al diritto dell’Unione, in quanto, da un lato, vieta l’utilizzo di amminoacidi negli alimenti in maniera generale, a prescindere se vi siano motivi sufficienti per sospettare un rischio per la salute e, dall’altro, assoggetta a restrizioni la possibilità di ottenere una deroga.
 
32      In tale contesto il Verwaltungsgericht Braunschweig (tribunale amministrativo di Braunschweig) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
 
«1)      Se gli articoli 34, 35 e 36 TFUE in combinato disposto con l’articolo 14 del regolamento n. 178/2002, debbano essere interpretati nel senso che ostino ad una disciplina nazionale che vieti la produzione, il trattamento o l’immissione in commercio di un integratore alimentare con amminoacidi (nel caso di specie: la L-istidina) qualora non sia stata concessa al riguardo una deroga temporanea soggetta ad ulteriori presupposti di fatto e rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione nazionale.
 
2)      Se dalla collocazione logico-sistematica degli articoli 14, 6, 7, 53 e 55 del regolamento n. 178/2002 si evinca che divieti nazionali per singoli alimenti o ingredienti possono essere disposti soltanto nel rispetto delle condizioni ivi indicate, ostando ad una disciplina nazionale come quella descritta nella prima questione.
 
3)      Se l’articolo 8 del regolamento n. 1925/2006, debba essere interpretato nel senso che osti a una disciplina nazionale come quella descritta nella prima questione».

 Sulle questioni pregiudiziali
 
33      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 14, 6, 7, 53 e 55 del regolamento n. 178/2002, l’articolo 8 del regolamento n. 1925/2006 nonché gli articoli da 34 a 36 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una disciplina nazionale, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieti la produzione, il trattamento o l’immissione in commercio di un integratore alimentare con amminoacidi, salva la concessione di una deroga, solo temporanea, da parte di un’amministrazione nazionale che dispone di potere discrezionale a tal riguardo.
 
34      In via preliminare occorre rilevare che talune delle disposizioni del diritto dell’Unione cui si riferiscono le questioni pregiudiziali non si applicano nell’ambito della controversia principale.
 
35      Innanzitutto, quanto al regolamento n. 1925/2006, dal combinato disposto del considerando 1 nonché dell’articolo 1, paragrafo 1, e dell’articolo 2, paragrafo 2, di tale regolamento emerge che gli amminoacidi, in quanto possiedono un effetto nutrizionale o fisiologico e sono aggiunti ad alimenti o utilizzati nella produzione di alimenti, rientrano nell’ambito di applicazione di detto regolamento in quanto «altre sostanze», quali definite al detto articolo 2, paragrafo 2, di detto regolamento.
 
36      Tuttavia, come risulta dal considerando 2 del regolamento n. 1925/2006, in mancanza di norme dell’Unione specifiche relative al divieto o alla limitazione dell’uso di sostanze o ingredienti che contengono tali «altre sostanze», possono applicarsi le pertinenti norme nazionali, fatte salve le disposizioni del trattato. Orbene, allo stato attuale del diritto dell’Unione, gli amminoacidi non sono stati oggetto di alcun divieto o restrizione specifica, conformemente all’articolo 8 di tale regolamento, che stabilisce la procedura relativa al divieto di «altre sostanze» a livello dell’Unione.
 
37      Di conseguenza, anche se, in virtù dell’articolo 11, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1925/2006, le norme nazionali pertinenti adottate dopo l’entrata in vigore di tale regolamento devono essere notificate alla Commissione, gli Stati membri possono, in linea di principio, continuare ad applicare, segnatamente, le norme nazionali relative al divieto di utilizzo degli amminoacidi negli integratori alimentari che esistevano al momento dell’entrata in vigore di detto regolamento. Pertanto, il regolamento n. 1925/2006 non si applica nell’ambito del procedimento principale; tuttavia tale regolamento non esclude un’applicazione di altre disposizioni specifiche adottate dal legislatore dell’Unione concernenti tali «altre sostanze» o di disposizioni del Trattato.
 
38      Quanto, poi, agli articoli da 34 a 36 TFUE, emerge dalla decisione di rinvio che tutti gli elementi di tale causa sono limitati alla Repubblica federale di Germania
 
39      Come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi da 98 a 100 delle sue conclusioni, dato, da un lato, che tutti detti elementi sono limitati a un solo Stato membro (v., in tal senso, sentenze del 30 novembre 1995, Esso Española, C-134/94, EU:C:1995:414, punto 13, e del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C-268/15, EU:C:2016:874, punto 47) e, dall’altro, che le disposizioni del LFGB, di cui trattasi nel procedimento principale, non mirano a penalizzare le esportazioni rispetto al commercio interno di tale Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Gysbrechts e Santurel Inter, C-205/07, EU:C:2008:730, punto 40), gli articoli da 34 a 36 TFUE non possono essere applicati alla controversia di cui trattasi nel procedimento principale.
 
40      Il giudice del rinvio considera tuttavia che, nonostante la constatazione che tale controversia è priva di qualsiasi elemento transfrontaliero, gli articoli da 34 a 36 TFUE potrebbero essere applicabili a motivo del fatto che, secondo l’articolo 14, paragrafo 9, del regolamento n. 178/2002, in assenza di specifiche disposizioni dell’Unione, un alimento è considerato sicuro se è conforme alle specifiche disposizioni della legislazione alimentare nazionale dello Stato membro sul cui territorio è immesso sul mercato, purché tali disposizioni siano formulate e applicate nel rispetto del Trattato FUE, in particolare degli articoli 34 e 36 del medesimo.
 
41      Occorre tuttavia rilevare che, come indicato in sostanza dal governo tedesco nelle sue osservazioni scritte, un rinvio esplicito agli articoli da 34 a 36 TFUE, quale quello figurante all’articolo 14, paragrafo 9, del regolamento n. 178/2002, non può estendere l’ambito di applicazione degli articoli da 34 a 36 TFUE a una situazione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che non contiene alcun elemento che consenta di concludere che questi ultimi articoli potrebbero essere applicabili.
 
42      Infine, per quanto riguarda il regolamento n. 178/2002, gli elementi del fascicolo sottoposti alla Corte permettono di constatare che gli articoli 53 e 55 di tale regolamento, che riguardano, rispettivamente, situazioni in cui devono essere adottate misure d’urgenza nonché situazioni di gestione di crisi, non posso essere applicati nell’ambito della presente controversia.
 
43      Ne consegue che l’articolo 8 del regolamento n. 1925/2006, gli articoli da 34 a 36 TFUE nonché gli articoli 53 e 55 del regolamento n. 178/2002 non sono applicabili nell’ambito del procedimento principale e non ostano ad una legislazione nazionale quale quella di cui trattasi nel procedimento principale.
 
44      Per quanto riguarda gli articoli 6, 7 e 14 del regolamento n. 178/2002, occorre ricordare che, secondo l’articolo 14, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento, nessun alimento può essere immesso sul mercato se è a rischio, vale a dire se è dannoso per la salute e se è inadatto al consumo umano. Di conseguenza, l’immissione sul mercato di qualsiasi alimento dannoso per la salute o inadatto al consumo umano deve essere vietata.
 
45      A tal proposito, emerge dall’articolo 14, paragrafi 7 e 9, di detto regolamento che, in assenza di specifiche disposizioni dell’Unione che disciplinino la sicurezza degli alimenti, essi sono considerati sicuri se sono conformi alle specifiche disposizioni della legislazione alimentare nazionale dello Stato membro sul cui territorio sono immessi sul mercato. In una situazione siffatta, detta disposizione consente dunque a tale Stato membro di stabilire le norme che disciplinano la sicurezza degli alimenti.
 
46      Occorre ricordare, in tale contesto, che in mancanza di armonizzazione e in quanto sussistono incertezze allo stato attuale della ricerca scientifica, spetta agli Stati membri decidere del livello a cui intendono garantire la tutela della salute e della vita delle persone (v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 1983, Sandoz, 174/82, EU:C:1983:213, punto 16; del 23 settembre 2003, Commissione/Danimarca, C-192/01, EU:C:2003:492, punto 42, e del 28 gennaio 2010, Commissione/Francia, C-333/08, EU:C:2010:44, punto 85).
 
47      Tuttavia, la conformità di una normativa nazionale che disciplina la sicurezza alimentare, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, con il sistema previsto dal regolamento n. 178/2002 è subordinata al rispetto da parte della medesima dei principi generali della legislazione alimentare, segnatamente del principio di analisi del rischio e del principio di precauzione, previsti rispettivamente agli articoli 6 e 7 di tale regolamento.
 
48      Infatti, conformemente al suo articolo 1, paragrafo 2, detto regolamento reca i principi generali da applicare nell’Unione e a livello nazionale in materia di alimenti e mangimi in generale, e di sicurezza degli alimenti e dei mangimi in particolare.
 
49      Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 178/2002 dispone che i principi enunciati negli articoli da 5 a 10 di tale regolamento costituiscono un quadro generale di natura orizzontale al quale conformarsi nell’adozione di misure. Secondo l’articolo 4, paragrafo 3, di detto regolamento, i principi e le procedure esistenti in materia di legislazione alimentare sono adattati quanto prima ed entro il 1° gennaio 2007 al fine di conformarsi agli articoli da 5 a 10.
 
50      Ne consegue che la legislazione alimentare nazionale di cui trattasi nel procedimento principale che vieta, salvo previa deroga, di produrre, trattare e immettere sul mercato integratori alimentari contenenti amminoacidi deve conformarsi al quadro generale istituto da dette disposizioni del regolamento n. 178/2002.
 
51      La Corte ha dichiarato che gli articoli 6 e 7 di tale regolamento mirano a conseguire l’obiettivo generale di un livello elevato di protezione della salute (v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2010, Commissione/Francia, C-333/08, EU:C:2010:44, punto 103).
 
52      A tal proposito, emerge dall’articolo 6, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 178/2002 che la valutazione del rischio, su cui deve fondarsi la legislazione alimentare, si basa sugli elementi scientifici a disposizione ed è svolta in modo indipendente, obiettivo e trasparente.
 
53      Occorre ricordare che l’articolo 3, punto 11, di detto regolamento definisce la valutazione del rischio come un processo su base scientifica costituito da quattro fasi, vale a dire l’individuazione del pericolo, la caratterizzazione del pericolo, la valutazione dell’esposizione al pericolo e la caratterizzazione del rischio.
 
54      Quanto all’articolo 7 del regolamento n. 178/2002, relativo al principio di precauzione, emerge dal paragrafo 1 di tale articolo che, qualora, in circostanze specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che l’Unione persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio.
 
55      Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, misure provvisorie di gestione del rischio, applicate in virtù dell’articolo 7 del regolamento n. 178/2002, possono intervenire solo dopo che una valutazione delle informazioni disponibili, ai sensi dell’articolo 6 di tale regolamento, sia stata condotta e abbia rivelato incertezze scientifiche quanto ai possibili effetti dannosi per la salute di un alimento o di una sostanza incorporata in un alimento.
 
56      A tal proposito, un’applicazione corretta del principio di precauzione presuppone, in primo luogo, l’individuazione delle conseguenze potenzialmente negative per la salute delle sostanze o degli alimenti interessati e, in secondo luogo, una valutazione complessiva del rischio per la salute basata sui dati scientifici disponibili più affidabili e sui risultati più recenti della ricerca internazionale (v., in tal senso, sentenze del 9 settembre 2003, Monsanto Agricoltura Italia e a., C-236/01, EU:C:2003:431, punto 113, nonché del 28 gennaio 2010, Commissione/Francia, C-333/08, EU:C:2010:44, punto 92).
 
57      Pertanto, ove risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive, purché esse siano non discriminatorie e oggettive (sentenza del 28 gennaio 2010, Commissione/Francia, C-333/08, EU:C:2010:44, punto 93 e giurisprudenza ivi citata).
 
58      Ne consegue che, in virtù dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 178/2002, uno Stato membro può, in linea di principio, adottare un regime, quale quello di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta in maniera generale e salvo deroga, l’utilizzo di amminoacidi negli alimenti, se tale regime, che costituisce in sostanza un regime di autorizzazione preventiva, è fondato, in particolare, sui principi di analisi del rischio e di precauzione, di cui agli articoli 6 e 7 di tale regolamento, come esposti ai punti da 51 a 57 della presente sentenza.
 
59      Inoltre, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 178/2002, le misure adottate sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, di tale regolamento devono essere proporzionate e prevedere le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nell’Unione, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti ritenuti legittimi in funzione delle circostanze di cui trattasi. Inoltre, tali misure devono essere riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente.
 
60      Un’incertezza di questo tipo, inscindibile dalla nozione di precauzione, influisce sulla portata del potere discrezionale dello Stato membro e si ripercuote quindi sulle modalità di applicazione del principio di proporzionalità. In tali circostanze, si deve riconoscere che uno Stato membro può, in forza del principio di precauzione, adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi. Tuttavia, la valutazione del rischio non può basarsi su considerazioni puramente ipotetiche (sentenza del 28 gennaio 2010, Commissione/Francia, C-333/08, EU:C:2010:44, punto 91 e giurisprudenza ivi citata).
 
61      Nella fattispecie il giudice del rinvio non fornisce elementi di informazione sufficienti per constatare che il divieto di alimenti contenenti amminoacidi, previsto dal LFGB, è stato fondato sui principi generali della legislazione alimentare derivante dagli articoli 6 e 7 del regolamento n. 178/2002. Tuttavia, nelle sue osservazioni scritte presentate alla Corte, il governo tedesco sostiene che le norme nazionali relative agli amminoacidi figuranti all’articolo 6, paragrafo 1, del LFGB, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 3, secondo periodo, punto 3, del LFGB, mirano effettivamente a rimediare alla minaccia risultante per la salute dall’aggiunta di amminoacidi agli alimenti. Secondo tale governo, l’arricchimento di alimenti con amminoacidi presenta rischi per la salute, ma le conoscenze scientifiche attuali sono incomplete e non permettono ancora una valutazione definitiva di siffatti rischi.
 
62      Occorre, a tal proposito, rilevare che l’analisi della compatibilità del regime previsto dal LFGB con il regolamento n. 178/2002 spetta al giudice del rinvio. Nell’ambito di tale analisi, detto giudice deve, in primo luogo, assicurarsi che la valutazione del rischio che comporta l’utilizzo di amminoacidi negli integratori alimentari sia stata effettuata in maniera da soddisfare le condizioni menzionate ai punti 53 e 56 della presente sentenza e non si fondi su considerazioni puramente ipotetiche.
 
63      In secondo luogo, ove sia dimostrato che allo stato attuale della ricerca scientifica sussistono incertezze quanto agli effetti nocivi per la salute di talune sostanze, il potere discrezionale degli Stati membri relativo alla scelta del livello cui intendono assicurare la tutela della salute pubblica è particolarmente importante (v., in tal senso, sentenza del 29 aprile 2010, Solgar Vitamin’s France e a., C-446/08, EU:C:2010:233, punti 35 e 36). Di conseguenza, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 96 delle sue conclusioni, il fatto che, in circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, all’autorità nazionale competente sia lasciato un ampio margine discrezionale non pone di per sé problemi di compatibilità con le disposizioni del regolamento n. 178/2002.
 
64      In terzo luogo, il regime previsto dal LFGB riguarda, in maniera indifferenziata, come emerge dall’articolo 6, paragrafo 1, punto 2, del LFGB, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 3, secondo periodo, punto 3, e dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, del LFGB, tutti gli amminoacidi e loro derivati, senza distinzione quanto alle eventuali categorie o tipi di sostanze. Orbene, anche se un siffatto regime di divieto generale non è, solo per tale motivo, contrario alle disposizioni del regolamento n. 178/2002, l’analisi del rischio che alle autorità nazionali competenti spetta effettuare conformemente all’articolo 6 di tale regolamento deve comunque far risultare chiaramente quali sono gli elementi o le caratteristiche comuni delle sostanze interessate il cui rischio reale per la salute umana non può essere escluso.
 
65      Nella fattispecie, alla luce delle informazioni fornite dal governo tedesco nelle sue osservazioni scritte, e fatte salve le verifiche necessarie che il giudice del rinvio è tenuto a svolgere, l’analisi del rischio nonché l’applicazione del principio di precauzione che ne risulta sembrano riguardare solo taluni amminoacidi, ciò che sarebbe insufficiente per giustificare un sistema di autorizzazione preventiva, quale quello previsto dal LFGB, che colpisce indistintamente tutti gli amminoacidi.
 
66      Nell’ambito di tale verifica, occorre ricordare che le difficoltà pratiche di effettuare una valutazione completa del rischio per la salute degli alimenti contenenti amminoacidi, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 56 della presente sentenza, non può giustificare l’assenza di una tale valutazione completa e preliminare all’adozione di un regime di autorizzazione preventiva sistematico e non mirato (v., per analogia, sentenza del 28 gennaio 2010, Commissione/Francia, C-333/08, EU:C:2010:44, punto 103).
 
67      In quarto luogo, l’articolo 68, paragrafo 5, del LFGB dispone che le deroghe al divieto di cui all’articolo 6 del LFGB sono accordate per una durata limitata di tre anni al massimo, rinnovabile solo tre volte, ogni volta per un periodo massimo di tre anni. A tal proposito, occorre rilevare che la prima di tali disposizioni, nella parte in cui prevede siffatte restrizioni temporanee alla concessione di tali deroghe, anche nel caso in cui l’innocuità di una sostanza fosse dimostrata, costituisce una misura sproporzionata per raggiungere l’obiettivo di protezione della salute pubblica perseguito dal LFGB.
 
68      Risulta dalle considerazioni che precedono che gli articoli 6 e 7 del regolamento n. 178/2002 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta di produrre, trattare o immettere in commercio qualsiasi integratore alimentare contenente amminoacidi, salva deroga accordata da un’autorità nazionale che dispone al riguardo di un potere discrezionale, quando tale normativa si fonda su un’analisi del rischio che riguarda solo taluni amminoacidi, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare. In ogni caso, tali articoli devono essere interpretati nel senso che ostano a una siffatta normativa nazionale quando essa prevede che le deroghe al divieto previsto da detta legislazione possono essere accordate solo per un periodo determinato anche nel caso in cui sia dimostrata l’innocuità di una sostanza.

 Sulle spese
 
69      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
 
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
 
Gli articoli 6 e 7 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta di produrre, trattare o immettere in commercio qualsiasi integratore alimentare contenente amminoacidi, salva deroga accordata da un’autorità nazionale che dispone al riguardo di un potere discrezionale, quando tale normativa si fonda su un’analisi del rischio che riguarda solo taluni amminoacidi, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare. In ogni caso, tali articoli devono essere interpretati nel senso che ostano a una siffatta normativa nazionale quando essa prevede che le deroghe al divieto previsto da detta legislazione possono essere accordate solo per un periodo determinato anche nel caso in cui sia dimostrata l’innocuità di una sostanza.
 
Firme
 

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