Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1979 | Data di udienza: 6 Ottobre 2016

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Cessione a terzi dell’immobile abusivo – Ordine di demolizione – Effetti – Natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio – Revoca dell’ordine – Presupposti – Conservazione delle opere in funzione di interessi pubblici ritenuti prevalenti sugli interessi urbanistici – Inottemperanza all’ordine di demolizione – Revoca di diritto dei benefici – Giudice dell’esecuzione – Acquisizione al patrimonio comunale – Effetti – Artt. 31, 44, c.1, lett. c), 71, 72, 93-94 del d.p.r. n. 380/2001 – Giurisprudenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 17 Gennaio 2017
Numero: 1979
Data di udienza: 6 Ottobre 2016
Presidente: FIALE
Estensore: RENOLDI


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Cessione a terzi dell’immobile abusivo – Ordine di demolizione – Effetti – Natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio – Revoca dell’ordine – Presupposti – Conservazione delle opere in funzione di interessi pubblici ritenuti prevalenti sugli interessi urbanistici – Inottemperanza all’ordine di demolizione – Revoca di diritto dei benefici – Giudice dell’esecuzione – Acquisizione al patrimonio comunale – Effetti – Artt. 31, 44, c.1, lett. c), 71, 72, 93-94 del d.p.r. n. 380/2001 – Giurisprudenza.



Massima

 

 



CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 17/01/2017 (Ud. 06/10/2016) Sentenza n.1979


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Cessione a terzi dell’immobile abusivo – Ordine di demolizione – Effetti – Natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio – Revoca dell’ordine – Presupposti – Conservazione delle opere in funzione di interessi pubblici ritenuti prevalenti sugli interessi urbanistici – Inottemperanza all’ordine di demolizione – Revoca di diritto dei benefici – Giudice dell’esecuzione – Acquisizione al patrimonio comunale – Effetti – Artt. 31, 44, c.1, lett. c), 71, 72, 93-94 del d.p.r. n. 380/2001 – Giurisprudenza.
 
L’ordine di demolizione di un immobile abusivamente realizzato ha natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio. Ne consegue che la sua esecuzione non è preclusa dall’intervenuta cessione a terzi del medesimo, ricadendo direttamente sul soggetto che è in rapporto con il bene a prescindere dagli atti traslativi intercorsi  ivi compreso che colui il quale abbia acquistato l’immobile all’esito della procedura esecutiva e sia, pertanto, estraneo all’abuso, il quale potrà al limite rivalersi nei confronti dell’esecutato. Tale principio opera anche nel caso in cui l’avente causa sia il comune nel cui territorio insiste l’immobile, il quale abbia acquistato al proprio patrimonio la titolarità sul bene proprio a seguito della inottemperanza all’ordinanza amministrativa di demolizione, potendo l’ordine giudiziale di demolizione essere revocato unicamente nel caso in cui siano emanati ai sensi dell’art. 31, commi 3 e 5, del D.P.R. n. 380 del 2001, da parte dell’ente pubblico cui è affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili, quali in particolare la deliberazione, da parte del consiglio comunale, della conservazione delle opere in funzione di interessi pubblici ritenuti prevalenti sugli interessi urbanistici. Infatti, accedendo alla tesi secondo cui l’acquisizione dell’immobile abusivo al patrimonio comunale impedirebbe l’esecuzione dell’ordine di demolizione impartito dal giudice, si arriverebbe alla inaccettabile elusione dello spirito e della portata normativa della disciplina voluta dal legislatore, perché il procedimento giurisdizionale, pensato per completare e rafforzare l’apparato sanzionatorio tradizionalmente affidato al procedimento amministrativo, finirebbe per essere ostacolato proprio dallo svolgimento di quest’ultimo. Ne consegue, che il mancato adempimento, entro il termine fissato, dell’obbligo di demolizione dell’immobile abusivo cui sia stata subordinata la concessione del beneficio di cui all’art. 163 cod. pen., determina la revoca di diritto del beneficio, senza che al giudice dell’esecuzione sia attribuita alcuna discrezionalità al riguardo, avendo il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena previsto dall’art. 168, comma 1, cod. pen. natura dichiarativa e richiedendo al giudice una attività ricognitiva del mancato assolvimento della condizione di adempimento. 
 
 
(dich. inammissibilità il ricorso avverso ordinanza del 30/11/2015 del TRIBUNALE DI TRAPANI) Pres. FIALE, Rel. RENOLDI, Ric. Badamo
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 17/01/2017 (Ud. 06/10/2016) Sentenza n.1979

SENTENZA

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 17/01/2017 (Ud. 06/10/2016) Sentenza n.1979

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da Badamo Maria, nata a Castellammare del Golfo in data 8/11/1930, avverso l’ordinanza del 30/11/2015 del Tribunale di Trapani;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore generale dott. Stefano Tocci, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza in data 12/06/2012 il Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, condannò Maria Badamo alla pena di cinque mesi di arresto e di 26.000,00 euro di ammenda in relazione ai reati di cui agli artt. 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004, 44, comma 1, lett. c), 71, 72, 93-94 del d.p.r. n. 380 del 2001. Con lo stesso provvedimento l’esecuzione della pena fu condizionalmente sospesa, subordinatamente alla demolizione delle opere abusivamente realizzate entro il termine di 90 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.
 
2. A seguito della mancata esecuzione dell’intervento demolitorio entro il termine stabilito, il Pubblico ministero competente per l’esecuzione aveva formulato istanza di revoca del beneficio. E per tale motivo, il Tribunale di  Trapani, in qualità di giudice dell’esecuzione, con ordinanza in data 30/11/2015, aveva provveduto conformemente, revocando la sospensione condizionale della pena inflitta con la sentenza in data 12/06/2012.
 
3. Avverso l’ordinanza in esame, Maria Badamo propone ricorso per cassazione, a mezzo del difensore fiduciario, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione per non avere considerato, il giudice dell’esecuzione, l’impossibilità giuridica di eseguire la demolizione del manufatto abusivo per essere stato lo stesso acquisito al patrimonio del comune di Castellammare del Golfo e, dunque, in quanto l’immobile non sarebbe più stato nella disponibilità della stessa Badarne. Inoltre, l’inerzia dell’amministrazione comunale, protrattasi per cinque anni, sarebbe indicativa dell’interesse pubblico, da parte dello stesso Comune, a non realizzare la demolizione; circostanza questa, sulla quale l’interessata aveva chiesto, allo stesso giudice dell’esecuzione, di effettuare le opportune verifiche, senza che, però, il tribunale vi avesse provveduto.
 
Su tali presupposti, conclude la ricorrente, la demolizione delle opere dovrebbe ritenersi preclusa, sicché ella sollecita l’annullamento dell’ordinanza gravata.
 
4. Con requisitoria scritta depositata il 13/06/2016, il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, evidenziando come in tema di reati edilizi, la disposizione con cui il giudice subordini la sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivamente realizzato non sia impedita dall’avvenuta acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale a seguito della inottemperanza all’ordinanza amministrativa di demolizione, salvo che il Consiglio Comunale non abbia manifestato la volontà di non procedere alla demolizione stessa in ragione di interessi pubblici prevalenti. Ciò che nella specie il giudice dell’esecuzione, all’esito di un’accurata verifica in fatto, avrebbe comunque escluso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
 
2. Costituisce principio ormai acquisito all’elaborazione giurisprudenziale di questa Suprema Corte l’affemazione secondo cui l’ordine di demolizione di un immobile abusivamente realizzato ha natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio (v., tra le tante, Sez. 3, n. 30406 del 8/04/2016, dep. 18/07 /2016, Federico, Rv. 267333). Ne consegue che la sua esecuzione non è preclusa dall’intervenuta cessione a terzi del medesimo, ricadendo direttamente sul soggetto che è in rapporto con il bene a prescindere dagli atti traslativi intercorsi (così, in motivazione, Sez. 3, n. 35309 del 19/05/2016, dep. 23/08/2016, Mele e altro, Rv. 267645; v. anche Sez. 3, n. 16035 del 26/02/2014, Attardi, Rv. 259802; Sez. 3, n. 48925 del 22/10/2009, dep. 21/12/2009, Viesti e altri, Rv. 245918; Sez. 3, n. 37120 del 11/05/2005, Morelli, Rv. 232175), ivi compreso che colui il quale abbia acquistato l’immobile all’esito della procedura esecutiva e sia, pertanto, estraneo all’abuso, il quale potrà al limite rivalersi nei confronti dell’esecutato (Sez. 3, n. 27888 del 16/06/2015, dep. 2/07/2015, Iodice, Rv. 264188; Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, Arrigoni, Rv. 245403; Sez. 3, n. 39322 del 13/07 /2009, Berardi e altri, Rv. 244612).
 
Tale principio opera anche nel caso in cui l’avente causa sia il comune nel cui territorio insiste l’immobile, il quale abbia acquistato al proprio patrimonio la titolarità sul bene proprio a seguito della inottemperanza all’ordinanza amministrativa di demolizione, potendo l’ordine giudiziale di demolizione essere revocato unicamente nel caso in cui siano emanati ai sensi dell’art. 31, commi 3 e 5, del D.P.R. n. 380 del 2001, da parte dell’ente pubblico cui è affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili, quali in particolare la deliberazione, da parte del consiglio comunale, della conservazione delle opere in funzione di interessi pubblici ritenuti prevalenti sugli interessi urbanistici (Sez. 3, n. 42699 del 7/07/2015, dep. 23/10/2015, Iodice, Rv. 265193; Sez. 3, n. 42698 del 7/07/2015, dep. 23/10/2015, P.M. in proc. Marche, Rv. 265495; Sez. 3, n. 4444 del 12/01/2012, dep. 2/02/2012, Seoni, Rv. 251972; Sez. 3, n. 4962/08 del 28/11/2007, dep. 31/01/2008, P.G. in proc. Mancini e altri, Rv. 238803; Sez. 3, n. 1904 del 18/12/2006, dep. 23/01/2007, Turianelli, Rv. 235645; Sez. 3, n. 37120 del 11/05/2005, dep. 13/10/2005, Morelli, Rv. 232174 ).
 
Infatti, accedendo alla tesi secondo cui l’acquisizione dell’immobile abusivo al patrimonio comunale impedirebbe l’esecuzione dell’ordine di demolizione impartito dal giudice, si arriverebbe alla inaccettabile elusione dello spirito e della portata normativa della disciplina voluta dal legislatore 2001, perché il procedimento giurisdizionale, pensato per completare e rafforzare l’apparato sanzionatorio tradizionalmente affidato al procedimento amministrativo, finirebbe per essere ostacolato proprio dallo svolgimento di quest’ultimo (v. in argomento Sez. 3, n. 43294 del 29/09/2005, dep. 29/11/2005, Gambino ed altro, Rv. 232645).
 
Ne consegue, che il mancato adempimento, entro il termine fissato, dell’obbligo di demolizione dell’immobile abusivo cui sia stata subordinata la concessione del beneficio di cui all’art. 163 cod. pen., determina la revoca di diritto del beneficio, senza che al giudice dell’esecuzione sia attribuita alcuna discrezionalità al riguardo (Sez. 3, n. 13745 del 8/03/2016, dep. 6/04/2016, P.G. in proc. Annunziata, Rv. 266783; Sez. 3, n. 26744 del 30/04/2015, dep. 25/06/2015, De Francisci, Rv. 264024; Sez. 3, n. 32834 del 19/06/2013, dep.  29/07/2013, Natalizi, Rv. 255874; Sez. 3, n. 10672 del 5/02/2004, Raptis, Rv. 227873), avendo il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena previsto dall’art. 168, comma 1, cod. pen. natura dichiarativa e richiedendo al giudice una attività ricognitiva del mancato assolvimento della condizione di adempimento (Sez. 3, n. 9859 del 21/01/2016, dep. 09/03/2016, Fontana, Rv. 266466).
 
3. Ritiene il Collegio che il giudice dell’esecuzione abbia fatto buon governo dei suddetti principi, non a caso puntualmente richiamati nell’ordinanza gravata. Al contempo il tribunale siciliano ha compiuto la necessaria verifica in ordine alla concreta situazione di fatto, riscontrando che da parte del comune di Castellammare del Golfo non vi era stato alcun concreto provvedimento di conservazione delle opere abusive in vista del soddisfacimento di prevalenti interessi pubblici.
 
In tale quadro la ricorrente si è, invece, limitata ad affermare che l’inerzia protratta da parte del Comune sarebbe indicativa della implicita volontà, da parte dell’ente, di conservare il bene proprio in ragione della esistenza di un prevalente interesse pubblico da parte dell’amministrazione.
 
Tale assunto, nondimeno, non può essere condiviso atteso che l’acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, ai sensi dei commi 3 e 5 dell’art. 31 del T.U. n. 380/2001, è in sé finalizzata alla successiva demolizione, da disporsi con ordinanza del dirigente o responsabile dell’ufficio tecnico comunale, a spese del responsabile dell’abuso, sicché il mancato intervento demolitorio da parte dell’amministrazione non può assumere alcuna valenza concludente, potendo essere riconducibile ad una pluralità di motivi e finanche a colpevole inerzia da parte della stessa.
 
Ne consegue che la demolizione deve potersi ritenere revocata soltanto a seguito di una univoca manifestazione di volontà da parte dell’ente, da adottare con deliberazione consiliare espressa, secondo la disciplina legale dettata dall’art. 31, comma 5, d.p.r. n. 380 del 2001.
 
4. Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
 
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 2.000,00 euro.
 
PER QUESTI MOTIVI 
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000 (duemila) in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso in Roma, il 6/10/2016
 

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