Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 6049 |
Data di udienza: 27 Settembre 2016
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione del manufatto abusivo ai sensi dell’art.31 c.9 d.P.R. n.380/2001 – Irrevocabilità della sentenza di condanna – Opera abusiva originaria e superfetazioni successive – Dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi – Estensione dell’ordine di demolizione ad altri manufatti – Condizione – Giurisprudenza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Febbraio 2017
Numero: 6049
Data di udienza: 27 Settembre 2016
Presidente: CARCANO
Estensore: ANDRONIO
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione del manufatto abusivo ai sensi dell’art.31 c.9 d.P.R. n.380/2001 – Irrevocabilità della sentenza di condanna – Opera abusiva originaria e superfetazioni successive – Dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi – Estensione dell’ordine di demolizione ad altri manufatti – Condizione – Giurisprudenza.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/02/2017 (Ud. 27/09/2016) Sentenza n.6049
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione del manufatto abusivo ai sensi dell’art.31 c.9 d.P.R. n.380/2001 – Irrevocabilità della sentenza di condanna – Opera abusiva originaria e superfetazioni successive – Dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi – Estensione dell’ordine di demolizione ad altri manufatti – Condizione – Giurisprudenza.
L’ordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall’art. 31, comma 9, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, riguarda l’edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all’esercizio dell’azione penale e/o alla condanna, atteso che l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi, e come tale non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari, nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell’originaria costruzione (Sez. 3, Sentenza n. 21797 del 27/04/2011 Cc., dep. 31/05/2011; in senso analogo: Sez. 3, Ordinanza n. 38947 del 09/07/2013 Cc., dep. 20/09/2013). In altri termini, a seguito dell’irrevocabilità della sentenza di condanna, è consentita l’estensione dell’ordine di demolizione ad altri manufatti, a condizione che gli stessi siano stati realizzati successivamente all’opera abusiva originaria e, per la loro accessorietà a quest’ultima, rendano ineseguibile l’ordine medesimo (Sez. 3, Sentenza n. 2872 del 11/12/2008 Cc., dep. 22/01/2009).
(dich. inammiss. il ricorso avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI del 29/05/2015) Pres. CARCANO, Rel. ANDRONIO, Ric. Molinari
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/02/2017 (Ud. 27/09/2016) Sentenza n.6049
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/02/2017 (Ud. 27/09/2016) Sentenza n.6049
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Molinari Ida, nata a Castellammare di Stabia il 24 settembre 1974;
avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Napoli del 29 maggio 2015 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Aurelio Galasso, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 29 maggio 2015, la Corte d’appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di revoca o sostituzione dell’ordine di demolizione di opera edilizia abusiva disposto con sentenza del 24 febbraio 2002.
2. – Avverso l’ordinanza l’interessata ha proposto – tramite il difensore – ricorso per cassazione, lamentando la mancanza di motivazione in relazione alle doglianze proposte. La difesa premette che l’esecuzione ha per oggetto la demolizione di un manufatto nei confronti di tale Sicignano Carmela, che costituisce il piano terra dell’edificio nel quale la ricorrente è proprietaria del primo piano. Lamenta dunque che, con l’abbattimento del piano terra, crollerebbe anche il primo piano e che tale primo piano è, in quanto tale, oggetto di un procedimento penale che è giunto in fase di conclusione delle indagini preliminari e non di un ordine di demolizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
Contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, il primo piano dell’edificio costituisce una superfetazione successiva del pianoterra abusivo, essendo stato, evidentemente costruito dopo lo stesso piano terra; né la difesa della ricorrente nega in alcun modo tale logica conclusione. Correttamente, dunque, il giudice dell’esecuzione ha richiamato, nel caso di specie, la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall’art. 31, comma 9, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, riguarda l’edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all’esercizio dell’azione penale e/o alla condanna, atteso che l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi, e come tale non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari, nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell’originaria costruzione (Sez. 3, Sentenza n. 21797 del 27/04/2011 Cc., dep. 31/05/2011, Rv. 250389; in senso analogo: Sez. 3, Ordinanza n. 38947 del 09/07/2013 Cc., dep. 20/09/2013, Rv. 256431). In altri termini, a seguito dell’irrevocabilità della sentenza di condanna, è consentita l’estensione dell’ordine di demolizione ad altri manufatti, a condizione che gli stessi siano stati realizzati successivamente all’opera abusiva originaria e, per la loro accessorietà a quest’ultima, rendano ineseguibile l’ordine medesimo (Sez. 3, Sentenza n. 2872 del 11/12/2008 Cc., dep. 22/01/2009, Rv. 242163).
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2016.