Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento del suolo Numero: 777 | Data di udienza: 15 Marzo 2017

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Ordinanze in materia di MISE – Competenza della Provincia – Art. 244, c. 2 d.lgs. n. 152/2006 – Disapplicazione dell’art. 2 del Regolamento regionale della Lombardia 15 giugno 2012, n. 2.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 3 Aprile 2017
Numero: 777
Data di udienza: 15 Marzo 2017
Presidente: Di Benedetto
Estensore: Spampinato


Premassima

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Ordinanze in materia di MISE – Competenza della Provincia – Art. 244, c. 2 d.lgs. n. 152/2006 – Disapplicazione dell’art. 2 del Regolamento regionale della Lombardia 15 giugno 2012, n. 2.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ – 3 aprile 2017, n. 777


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Ordinanze in materia di MISE – Competenza della Provincia – Art. 244, c. 2 d.lgs. n. 152/2006 – Disapplicazione dell’art. 2 del Regolamento regionale della Lombardia 15 giugno 2012, n. 2.

Ai sensi dell’art. 244 del TU ambiente, c 2, le ordinanze in materia di MISe sono di competenza della Provincia. Deve quindi essere disapplicato l’art. 2 del Regolamento regionale della Lombardia 15 giugno 2012, n. 2, che, prevedendo una competenza amministrativa diversa (in capo al Comune) da quella stabilita dal citato art. 244, è in contrasto con una norma statale in materia ambientale.


Pres. Di Benedetto, Est. Spampinato – I. s.p.a. (avv.ti Capria e Schizzerotto) c. Comune di Pavia (avv.ti Baroni e Fedeli) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ - 3 aprile 2017, n. 777

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ – 3 aprile 2017, n. 777

Pubblicato il 03/04/2017

N. 00777/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01939/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1939 del 2016, proposto da ICM spa (già Impresa costruzioni Giuseppe Maltauro spa), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Capria e Francesco Schizzerotto, con domicilio eletto presso il loro studio, in Milano, piazza Belgioioso 2;

contro

il Comune di Pavia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Bassano Baroni e Alberto Vittorio Fedeli, con domicilio eletto presso il loro studio, in Milano, via Vincenzo Monti, 56;
la Provincia di Pavia, non costituita in giudizio;

nei confronti di

Regione Lombardia, SOGEF spa in liquidazione, ARPA – Agenzia regionale protezione ambiente della Lombardia, Consorzio parco lombardo della valle del Ticino, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento,

previa misura cautelare,

– della diffida del Comune di Pavia – Settore mobilità, sport e tutela del territorio – Servizio ambiente, del 21 luglio 2016, avente ad oggetto “Messa in sicurezza e bonifica area Ex Chatillon, Località San Damiano Pavia”;

ove occorrer possa,

– dell’ordinanza del Comune di Pavia – Settore mobilità, sport e tutela del territorio – Servizio ambiente, del 28 luglio 2016, avente ad oggetto “Messa in sicurezza delle acque di falda e bonifica dell’area industriale dismessa ex Chatillon, stia in Località Motta San Damiano, Pavia. Ordinanza ex art. 2 del Regolamento Regionale 15/06/2012 n. 2”, nelle parti in cui pare qualificare anche la società ricorrente quale soggetto coobbligato con SOGEF spa agli interventi di messa in sicurezza di cui al suo oggetto;

– della nota della Provincia di Pavia – Settore sviluppo e lavoro – servizi alla persona e all’impresa – UO bonifiche e compatibilità paesistico e ambientale prot. n. 13716 del 1 marzo 2016, avente ad oggetto “Procedimento ex D.Lgs. 152/2006, Parte IV, Titolo V. Area ex Chatillon in Comune di Pavia, loc. Matta San Damiano” e dell’annessa nota della stessa Provincia prot. n. 9839 del 15 febbraio 2016 con oggetto “Procedimento ex D.Lgs. 152/2006, Parte IV, Titolo V. Area ex Chatillon in Comune di Pavia, loc. Matta San Damiano”, richiamata dal Comune di Pavia nell’ordinanza di cui al precedente trattino;

– del verbale del Tavolo tecnico tenutosi presso il Comune di Pavia – Settore mobilità, sport e tutela del territorio – Servizio ambiente in data 17 marzo 2016 avente ad oggetto “Area ex Chatillon – Loc.tà Matta San Damiano – Pavia”;

– di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso;

nonché per la condanna del Comune di Pavia al risarcimento del danno.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pavia;
Visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 marzo 2017 il dott. Diego Spampinato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente, premettendo di essere proprietaria di un’area di 62.000 metri quadrati situata nel Comune di Pavia, già oggetto di bonifica ambientale in ragione della sua contaminazione storica dovuta alla presenza sul sito di stabilimenti industriali a far data dal 1920 fino alla prima metà degli anni ‘80 del secolo scorso, impugna gli atti in epigrafe, affidando il ricorso ai seguenti motivi.

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 244 del d.lgs. 152/2006 e dell’art. 6 della l.r. 30/2006; nullità per carenza di potere. L’impugnata diffida comunale imporrebbe alla società ricorrente interventi di messa in sicurezza dell’area, mentre ai sensi dell’art. 244 citato un provvedimento con tali contenuti potrebbe essere adottato esclusivamente dalla Provincia competente, non dal Comune.

2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 97 e 117 Cost.; violazione e falsa applicazione degli artt. 3-ter, 239, 242, 244, 245, 247, 250 e 253 del D. lgs. 152/2006, degli artt. 1 e 7 della legge 241/1990 e del principio “chi inquina paga”; eccesso di potere per contraddittorietà, anche tra più atti, illogicità e perplessità; carenza di istruttoria e motivazione; travisamento della situazione di fatto; sviamento di potere. L’impugnata diffida comunale imporrebbe alla società ricorrente interventi di messa in sicurezza dell’area nonostante non sia stata individuata come responsabile dell’inquinamento e la diffida stessa individui come responsabile la SOGEF spa. Né potrebbe influire la circostanza che la messa in sicurezza di emergenza sia stata a suo tempo autorizzata a ICM e i relativi atti non siano poi stati annullati, atteso che la società ricorrente avrebbe dato avvio ai relativi interventi all’unico fine di sopperire medio tempore all’inerzia dell’amministrazione pubblica nell’identificare i soggetti responsabili, come chiarito dalle sentenze TAR Lombardia – Milano 1373/2014 e Consiglio di Stato 3449/2015.

3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3-ter, 239, 242, 244, 245, 247,250 e 253 del d.lgs. 152/2006, dell’art. 1 della legge 241/1990 e del principo “chi inquina paga” sotto altro profilo: illegittimità derivata; eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e contradditorietà; carenza di istruttoria e motivazione; sviamento. Successivamente alla diffida, il Comune avrebbe notificato l’ordinanza del 28 luglio 2016 con cui imporrebbe a SOGEF di realizzare la messa in sicurezza di emergenza e bonifica dell’Area subentrando, in particolare, a ICM nella gestione dell’Impianto TAF, indicando però la società ricorrente come coobbligata. Parte ricorrente, premettendo che i vizi della diffida si ripercuoterebbero in via derivata sull’ordinanza, deduce, non essendo essa stata individuata quale responsabile dell’inquinamento, di non aver alcun obbligo alla messa in sicurezza di emergenza.

Si è costituito il Comune di Pavia, spiegando difese in rito e nel merito. In particolare, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per acquiescenza e carenza di interesse, per non avere la società ricorrente impugnato gli atti comunali di approvazione del progetto di messa in sicurezza di emergenza, che avrebbero natura non solo autorizzativa ma anche precettiva nei confronti della ricorrente, obbligandola nel termine ivi prescritto a realizzare gli interventi e ad assumere la gestione fino alla realizzazione della bonifica (memoria depositata il 19 settembre 2016, pagg. 11-12).

Alla camera di consiglio del 22 settembre 2016 la società ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare, ed il Presidente ha fissato la trattazione nel merito del ricorso all’udienza pubblica del 15 marzo 2017; in tale udienza pubblica la causa è stata trattata e trattenuta per la decisione nel merito.

DIRITTO

Per una migliore intelligenza delle questioni devolute alla cognizione del Collegio, giova innanzitutto precisare che, in seguito alla sentenza di questo TAR Lombardia – Milano, Sez. IV, 30 maggio 2014, n. 1373, parzialmente riformata dal Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 9 luglio 2015, n. 3449, da un lato è stato ritenuto legittimo il provvedimento provinciale annullatorio della certificazione di bonifica dell’area di cui si tratta, rilasciata il 21 ottobre 2004, e dall’altro è stata ritenuta «…l’impossibilità di imputare alla soc. Maltauro – in sede processuale e in ragione del contenuto dell’atto impugnato – la responsabilità tanto dell’inquinamento c.d. storico del sito, quanto della sua più recente dilagazione…» (così la citata sentenza 3449/2015).

Occorre quindi precisare come il primo atto impugnato sia costituito da una diffida alla prosecuzione dell’attività di messa in sicurezza di emergenza (da ora innanzi: MISE) avviata dalla società ricorrente.

Appare utile precisare che il contenuto di tale diffida appaia immediatamente lesivo, così da far sorgere l’interesse alla sua impugnazione; si legge infatti in tale atto: «SI DIFFIDA la ICM s.p.a. (già Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro s.p.a.) a non interrompere la gestione dell’impianto di TAF e a proseguirla fino a che non si dovesse ottenere l’intervento in sostituzione di Sogef o di altri individuati soggetti responsabili e obbligati, o, a fronte del loro accertato inadempimento e della conferma del vostro rifiuto a proseguire, non si determinino i presupposti per una intervento d’ufficio. Si ribadisce che continua a sussistere l’obbligo dell’Impresa Maltauro (ora ICM s.p.a.) di gestire la TAF, in forza dei provvedimenti di approvazione del MISE tuttora validi ed efficaci…».

Una volta ritenuto il carattere lesivo della diffida, deve essere valutata l’eccezione in rito proposta dal Comune resistente, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile per acquiescenza e carenza di interesse per non avere la società ricorrente impugnato gli atti comunali di approvazione del progetto di MISE.

La questione fondamentale al riguardo – atteso che le precedenti citate sentenze 1373/2014 e 3449/2015 hanno già statuito che la società ricorrente non possa essere obbligata alla MISE – è se l’attività di MISE, una volta avviata volontariamente dal proprietario incolpevole, non possa essere da questi cessata.

Tale questione, afferente la doverosità o meno della prosecuzione della gestione della MISE è profilo da valutare nel merito, ciò da cui discende l’impossibilità di dichiarare inammissibile il ricorso in accoglimento dell’eccezione in rito.

Nel merito, il ricorso è fondato sotto il profilo dell’incompetenza del Comune ad emanare gli atti impugnati, ogni altro motivo o censura assorbiti.

Dispone l’art. 244 del TU ambiente, rubricato Ordinanze, al suo comma 2: «La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.».

Ne discende quindi la competenza provinciale in tema di ordinanze in tale materia.

Né a diversa decisione può indurre il testo dell’art. 2 del regolamento regionale 15 giugno 2012, n. 2, recante Attuazione dell’art. 21 della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 “Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche”, relativamente alle procedure di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, secondo cui «1. Il comune, ricevuta la comunicazione di avvenuto superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione, di seguito denominate CSC, con ordinanza: a) ingiunge al responsabile dell’inquinamento di provvedere, nel rispetto dell’art. 242, commi 3, 4 e 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”: 1) alla presentazione del piano della caratterizzazione del sito interessato dal superamento delle CSC e alla sua esecuzione; 2) alla redazione dei risultati dell’analisi di rischio e dell’eventuale monitoraggio del sito; 3) alla presentazione, in caso di superamento delle concentrazioni soglia di rischio, di seguito denominate CSR, del progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente e alla sua esecuzione; b) definisce i termini dell’intervento, comunque nel rispetto della tempistica prevista dal D.Lgs. 152/2006.

2. Qualora il responsabile dell’inquinamento non sia individuabile o non provveda, il comune richiede al proprietario del fondo di provvedere secondo quanto previsto al comma 1, indicando un termine entro cui provvedere, e di comunicargli l’eventuale esistenza di un soggetto interessato ai sensi dell’art. 245 del D.Lgs. 152/2006 in possesso di un diritto sull’area tutelato dalla legge…».

Tale articolo, prevedendo una competenza amministrativa diversa da quella stabilita dal citato art. 244, è in contrasto con una norma statale in materia ambientale.

Non essendo stato impugnato, il citato art. 2 del regolamento regionale 2/2012 deve essere disapplicato (in tema di disapplicazione dei regolamenti si rinvia, ex plurimis, a Cons. Stato, Sez. VI, 14 luglio 2014, n. 3623), trattandosi di norma regolamentare regionale contrastante con norma di legge, e peraltro con norma di legge statale in materia riservata alla normazione esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s), e comma 6, della Costituzione.

Né a diversa decisione potrebbe indurre l’argomentazione che tale regolamento disciplinerebbe le modalità con cui assicurare alle amministrazioni locali, da parte della Regione, la provvista di fondi necessaria alla realizzazione d’ufficio delle bonifiche e messe in sicurezza, atteso che il citato art. 2, nell’affidare la competenza in materia di ordinanza ai Comuni, disciplina anche attività non necessarie a tali fini, e comunque dispone ponendosi in diretto contrasto con il citato art. 244.

L’accoglimento del ricorso per incompetenza impone l’assorbimento degli ulteriori motivi o censure: «…in tutte le situazioni di incompetenza, carenza di proposta o parere obbligatorio, si versa nella situazione in cui il potere amministrativo non è stato ancora esercitato, sicché il giudice non può fare altro che rilevare, se assodato, il relativo vizio e assorbire tutte le altre censure, non potendo dettare le regole dell’azione amministrativa nei confronti di un organo che non ha ancora esercitato il suo munus. A ben vedere, nel disegno del codice tale tipologia di vizi è talmente radicale e assorbente che non ammette di essere graduata dalla parte…» (Cons. Stato, AP, 27 aprile 2015, n. 5).

L’annullamento non attinge però le note provinciali 13716 e 9839, nonché i risultati del tavolo tecnico del 17 marzo 2016, in quanto atti cautelativamente impugnati dalla società ricorrente perché richiamati dalla ordinanza comunale del 28 luglio 2016, e per il caso in cui da tali atti «… parrebbe che il Comune desuma pretestuosamente ed erroneamente la fonte di tale inesistente obbligo solidale…» (ricorso, pag. 14).

Di qui l’accoglimento della domanda annullatoria.

La domanda risarcitoria deve invece essere rigettata perché allo stato non è possibile accertare la sussistenza di un danno ingiusto, atteso che l’assorbimento – necessario ai sensi della citata AP 5/2015 – impedisce la valutazione della doverosità della prosecuzione dell’impianto, ciò che non impedisce l’eventuale riproposizione della domanda nei confronti di altri soggetti.

Essendo risultato il Comune resistente soccombente per la parte assolutamente prevalente del giudizio, deve essere applicato per le spese il normale criterio secondo cui esse seguono la soccombenza, venendo liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione III), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: a) lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnata diffida del Comune di Pavia – Settore mobilità, sport e tutela del territorio – Servizio ambiente, del 21 luglio 2016 nonché annulla l’impugnata ordinanza del Comune di Pavia – Settore mobilità, sport e tutela del territorio – Servizio ambiente, del 28 luglio 2016, nelle parti relative alla società ricorrente quale soggetto coobbligato con SOGEF spa agli interventi di messa in sicurezza di cui al suo oggetto; b) condanna il Comune di Pavia al pagamento, nei confronti di parte ricorrente, delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida, in via equitativa, in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, nonché alla rifusione del contributo unificato corrisposto da parte ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Ugo Di Benedetto, Presidente
Alberto Di Mario, Consigliere
Diego Spampinato, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Diego Spampinato
        
IL PRESIDENTE
Ugo Di Benedetto
        
        
IL SEGRETARIO

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