Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto dell'energia,
Tutela dei consumatori
Numero: C-44/16 P |
Data di udienza:
TUTELA DEI CONSUMATORI – Indicazione del consumo di energia mediante l’etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti – DIRITTO DELL’ENERGIA – Etichettatura indicante il consumo d’energia degli aspirapolvere – Efficienza energetica – Metodo di misurazione – Limiti della competenza delegata – Snaturamento degli elementi di prova – Obbligo di motivazione del Tribunale – Impugnazione – Direttiva 2010/30/UE – Regolamento delegato (UE) n. 665/2013.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 9^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Maggio 2017
Numero: C-44/16 P
Data di udienza:
Presidente: Juhász
Estensore: Lycourgos
Premassima
TUTELA DEI CONSUMATORI – Indicazione del consumo di energia mediante l’etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti – DIRITTO DELL’ENERGIA – Etichettatura indicante il consumo d’energia degli aspirapolvere – Efficienza energetica – Metodo di misurazione – Limiti della competenza delegata – Snaturamento degli elementi di prova – Obbligo di motivazione del Tribunale – Impugnazione – Direttiva 2010/30/UE – Regolamento delegato (UE) n. 665/2013.
Massima
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.9^ 11/05/2017 Sentenza C-44/16 P
SENTENZA
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.9^ 27/04/2017 Sentenza C-44/16 P
SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)
11 maggio 2017
«Impugnazione – Direttiva 2010/30/UE – Indicazione del consumo di energia mediante l’etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti – Regolamento delegato (UE) n. 665/2013 – Etichettatura indicante il consumo d’energia degli aspirapolvere – Efficienza energetica – Metodo di misurazione – Limiti della competenza delegata – Snaturamento degli elementi di prova – Obbligo di motivazione del Tribunale»
Nella causa C-44/16 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 25 gennaio 2016,
Dyson Ltd, con sede in Malmesbury (Regno Unito), rappresentata da E. Batchelor e M. Healy, solicitors, F. Carlin, barrister, e A. Patsa, advocate,
ricorrente,
procedimento in cui l’altra parte è:
Commissione europea, rappresentata da K. Herrmann e E. White, in qualità di agenti,
convenuta in primo grado,
LA CORTE (Nona Sezione),
composta da E. Juhász, presidente di sezione, C. Vajda e C. Lycourgos (relatore), giudici,
avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con la sua impugnazione, la Dyson Ltd chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea dell’11 novembre 2015, Dyson/Commissione (T-544/13, EU:T:2015:836; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale il Tribunale ha respinto la sua domanda diretta all’annullamento del regolamento delegato (UE) n. 665/2013 della Commissione, del 3 maggio 2013, che integra la direttiva 2010/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’etichettatura indicante il consumo d’energia degli aspirapolvere (GU 2013, L 192, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento controverso»).
Contesto normativo
Direttiva 2010/30/UE
2 I considerando 5 e 8 della direttiva 2010/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, concernente l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse dei prodotti connessi all’energia, mediante l’etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (GU 2010, L 153, pag. 1), enunciano quanto segue:
«(5) La fornitura di informazioni accurate, pertinenti e comparabili sul consumo specifico di energia dei prodotti connessi all’energia dovrebbe orientare la scelta degli utilizzatori finali verso i prodotti che offrono o indirettamente comportano il minor consumo di energia e di altre risorse essenziali durante l’uso, inducendo quindi i fabbricanti a prendere misure volte a ridurre il consumo di energia e di altre risorse essenziali dei loro prodotti. Inoltre ciò dovrebbe incoraggiare indirettamente un utilizzo razionale di tali prodotti allo scopo di contribuire a raggiungere l’obiettivo dell’UE del 20% in materia di efficienza energetica. In mancanza di tali informazioni, l’azione delle forze del mercato non riuscirà, da sola, a promuovere per tali prodotti l’impiego razionale dell’energia e di altre risorse essenziali.
(…)
(8) L’informazione svolge un ruolo capitale nel meccanismo delle forze del mercato ed è necessario a tal fine introdurre un’etichetta uniforme per tutti i prodotti dello stesso tipo, fornire ai potenziali utilizzatori finali informazioni standardizzate supplementari sui costi relativi al consumo di energia e di altre risorse essenziali per tali prodotti nonché provvedere affinché vengano fornite tali informazioni anche a coloro che non hanno la possibilità di esaminare direttamente il prodotto esposto e quindi la relativa etichetta. Per essere efficiente e ottenere dei risultati è opportuno che l’etichetta sia facilmente riconoscibile dagli utilizzatori finali, semplice e sintetica. A tal fine l’attuale modello di etichettatura dovrebbe essere mantenuto come base per l’informazione agli utilizzatori finali circa l’efficienza energetica dei prodotti. Il consumo di energia ed altre informazioni relative ai prodotti dovrebbero essere misurati conformemente a norme e metodi armonizzati».
3 Ai sensi dell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva:
«1. La presente direttiva istituisce un quadro per l’armonizzazione delle misure nazionali sull’informazione degli utilizzatori finali, realizzata in particolare mediante etichettatura e informazioni uniformi sul prodotto, sul consumo di energia e, se del caso, di altre risorse essenziali durante l’uso nonché informazioni complementari per i prodotti connessi all’energia, in modo che gli utilizzatori finali possano scegliere prodotti più efficienti.
2. La presente direttiva si applica ai prodotti che hanno un notevole impatto diretto o indiretto sul consumo di energia e, se del caso, su altre risorse essenziali durante l’uso».
4 Secondo l’articolo 5, lettere a) e b), di detta direttiva, gli Stati membri garantiscono che «i fornitori che immettono sul mercato o che mettono in servizio i prodotti che rientrano in un atto delegato forniscano un’etichetta e una scheda conformemente alla presente direttiva e all’atto delegato» e che i fornitori «producano una documentazione tecnica sufficiente a consentire di valutare l’esattezza dei dati che figurano sull’etichetta e sulla scheda».
5 L’articolo 10 della direttiva 2010/30, rubricato «Atti delegati», così dispone:
«1. Mediante gli atti delegati di cui agli articoli 11, 12 e 13 la Commissione definisce gli elementi specifici riguardanti l’etichetta e la scheda per ciascun tipo di prodotto ai sensi del presente articolo.
Un prodotto a cui si applicano i criteri di cui al paragrafo 2 rientra in uno degli atti delegati previsti al paragrafo 4.
Le disposizioni previste negli atti delegati relativamente alle informazioni contenute sull’etichetta e nella scheda in merito al consumo di energia e di altre risorse essenziali durante l’uso devono consentire agli utilizzatori finali di prendere decisioni in maniera più informata e alle autorità di sorveglianza del mercato di verificare se i prodotti sono conformi alle informazioni fornite.
(…)
4. Negli atti delegati devono essere specificati in particolare:
(…)
i) il livello di accuratezza delle dichiarazioni contenute nelle etichette e nelle schede;
j) la data della valutazione e dell’eventuale riesame dell’atto delegato interessato, tenuto conto della velocità dello sviluppo tecnologico».
6 L’articolo 11 di tale direttiva, rubricato «Esercizio della delega», al suo paragrafo 1, precisa quanto segue:
«Il potere di adottare gli atti delegati di cui all’articolo 10 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 19 giugno 2010. (…)».
Il regolamento controverso
7 Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, il regolamento controverso «fissa i requisiti di etichettatura e fornitura di informazioni di prodotto supplementari per gli aspirapolvere alimentati dalla rete elettrica, compresi gli aspirapolvere di tipo ibrido».
8 L’articolo 3 di tale regolamento, rubricato «Responsabilità dei fornitori e calendario», così dispone:
«1. I fornitori provvedono affinché a decorrere dal 1° settembre 2014:
a) ogni aspirapolvere sia corredato di un’etichetta stampata del formato e contenente le informazioni di cui all’allegato II;
b) sia disponibile una scheda prodotto come indicato nell’allegato III;
c) il fascicolo tecnico, di cui all’allegato IV, sia fornito alle autorità degli Stati membri e alla Commissione, previa richiesta;
d) qualsiasi pubblicità per uno specifico modello di aspirapolvere contenga l’indicazione della classe di efficienza energetica se la pubblicità fornisce informazioni relative all’energia o indicazioni di prezzo;
e) qualsiasi materiale promozionale tecnico relativo a uno specifico modello di aspirapolvere che ne descriva i parametri tecnici specifici includa la classe di efficienza energetica di detto modello.
2. Il formato dell’etichetta riportato nell’allegato II si applica secondo il seguente calendario:
a) per gli aspirapolvere immessi sul mercato dal 1° settembre 2014 le etichette sono conformi all’etichetta 1 riportata nell’allegato II;
b) per gli aspirapolvere immessi sul mercato dal 1° settembre 2017 le etichette sono conformi all’etichetta 2 riportata nell’allegato II».
9 L’articolo 5 di detto regolamento, rubricato «Metodi di misurazione», precisa che le «informazioni da riportare ai sensi degli articoli 3 e 4 sono ottenute tramite procedure di misurazione e di calcolo affidabili, accurate e riproducibili, che tengano conto delle metodologie di misurazione e di calcolo più avanzate generalmente riconosciute, come definite all’allegato VI».
10 L’articolo 7 del regolamento controverso, rubricato «Revisione», dispone quanto segue:
«La Commissione procede al riesame del presente regolamento alla luce del progresso tecnologico entro cinque anni dalla sua entrata in vigore. Il riesame si incentra in particolare sulle tolleranze ammesse ai fini della verifica, di cui all’allegato VII, sull’eventualità di includere gli aspirapolvere alimentati da batteria di grande capacità nel campo di applicazione del regolamento e sulla fattibilità dell’utilizzo di metodi di misurazione che impiegano un contenitore per la raccolta della polvere parzialmente riempito anziché vuoto per il calcolo del consumo annuo di energia, e dell’aspirazione e (ri)emissione di polveri».
11 L’allegato I di tale regolamento indica che un aspirapolvere è classificato a seconda della sua efficienza energetica, determinata in base al suo indice di consumo energetico annuo, alla sua efficacia pulente, determinata in base alla sua capacità di aspirazione della polvere, e dalla sua (ri)emissione di polvere.
12 Il punto 1 dell’allegato VI di detto regolamento precisa quanto segue:
«Ai fini della conformità e della verifica della conformità ai requisiti del presente regolamento, le misurazioni e i calcoli devono essere effettuati utilizzando metodi affidabili, accurati e riproducibili che tengano conto dei metodi di misurazione e calcolo più avanzati generalmente riconosciuti; sono incluse le norme armonizzate i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati a tal fine nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tali metodi devono essere conformi alle definizioni tecniche, alle condizioni, alle equazioni e ai parametri fissati nel presente allegato».
Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
13 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 ottobre 2013, la Dyson ha presentato un ricorso diretto all’annullamento del regolamento controverso.
14 A sostegno del proprio ricorso, la Dyson ha dedotto tre motivi vertenti, il primo, sul difetto di competenza della Commissione, il secondo, su una carenza di motivazione del regolamento controverso e, il terzo, su una violazione del principio della parità di trattamento.
15 Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto integralmente il ricorso.
Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte
16 La Dyson chiede che la Corte voglia:
– annullare la sentenza impugnata;
– annullare il regolamento controverso, e
– condannare la Commissione alle spese dei procedimenti dinanzi alla Corte e al Tribunale.
17 La Commissione chiede che la Corte voglia:
– respingere l’impugnazione e
– condannare la Dyson alle spese.
Sull’impugnazione
18 A sostegno della propria impugnazione, la Dyson deduce sei motivi. Con il primo, essa censura il Tribunale per aver riqualificato non correttamente il primo motivo dedotto in primo grado. Il secondo motivo verte su un’interpretazione erronea da parte del Tribunale della portata del potere delegato alla Commissione dall’articolo 10 della direttiva 2010/30. Con il suo terzo motivo, la Dyson contesta al Tribunale di aver violato i suoi diritti della difesa. Il suo quarto motivo riguarda lo snaturamento e la mancata presa in considerazione di taluni elementi di prova. Il quinto motivo verte su un difetto di motivazione della sentenza impugnata. Infine, con il suo sesto e ultimo motivo, la Dyson fa valere una violazione da parte del Tribunale del principio della parità di trattamento.
Sul quarto motivo e sulla quarta parte del quinto motivo
Argomenti delle parti
19 Con il suo quarto motivo, che occorre esaminare in primo luogo, la Dyson contesta al Tribunale di avere, da un lato, snaturato e, dall’altro, omesso di prendere in considerazione taluni elementi di prova destinati a dimostrare la riproducibilità di un metodo di misurazione del rendimento energetico degli aspirapolvere a mezzo di contenitori per la raccolta della polvere pieni.
20 Al fine di dimostrare che il rendimento energetico degli aspirapolvere può essere misurato mediante un metodo diverso da quello accolto nel regolamento controverso, il quale si fonderebbe su verifiche realizzate con contenitori per la raccolta della polvere vuoti, la Dyson rileva di aver fatto valere, dinanzi al Tribunale, numerosi elementi destinati a provare, tra l’altro, la riproducibilità di un metodo di misurazione del rendimento energetico degli aspirapolvere a mezzo di verifiche realizzate con contenitori per la raccolta della polvere pieni, ossia il metodo accolto dalla sezione 5.9 della norma armonizzata EN 60312-1:(2013) adottato dal Comitato europeo di normazione elettrotecnica (Cenelec) (in prosieguo: il «metodo Cenelec»).
21 In una prima parte del suo quarto motivo, la Dyson ritiene che il Tribunale, nel considerare, al punto 51 della sentenza impugnata, che essa aveva indicato una sola verifica in laboratorio che consentisse di attestare la riproducibilità di detto metodo, ha snaturato l’elemento di prova da essa prodotto e che dimostrava che il metodo di misurazione con contenitore per la raccolta della polvere pieno era stato testato in vari laboratori ed era riproducibile.
22 In una seconda parte del suo quarto motivo, la Dyson fa valere che il Tribunale non ha né esaminato né preso in considerazione gli elementi di prova da essa forniti e che dimostrano la riproducibilità del metodo Cenelec. Nella quarta parte del suo quinto motivo, la Dyson contesta al Tribunale di non aver spiegato il motivo per il quale gli elementi di prova da essa prodotti al fine di dimostrare la riproducibilità del metodo Cenelec sono stati respinti.
23 La Commissione considera, innanzitutto, che la Dyson ha indubbiamente fatto riferimento dinanzi al Tribunale a verifiche realizzate in vari laboratori, ma che non ha affermato che esse facessero parte di un programma di prove comparative basate sullo stesso modello di aspirapolvere (verifiche interlaboratorio/circolari). La Commissione sottolinea che il Tribunale non ha forse utilizzato la terminologia tecnica specifica, ma che non ha, tuttavia, snaturato gli elementi di prova di cui disponeva. Il Tribunale, infatti, sarebbe giunto alla conclusione che sussistevano dubbi riguardo alla riproducibilità del metodo di calcolo con contenitore per la raccolta della polvere pieno in considerazione del fatto che nessuna prova circolare era stata realizzata per avvalorare la riproducibilità di detto metodo.
24 La Commissione rileva, poi, che l’affermazione relativa alla «mancata presa in considerazione» delle prove riguarderebbe esclusivamente la valutazione fatta dal Tribunale e non costituirebbe quindi, salva l’ipotesi di uno snaturamento, una questione di diritto che può essere esaminata nell’ambito di un’impugnazione. La Commissione sottolinea, inoltre, che il Tribunale non è tenuto ad esaminare ogni elemento di prova che gli viene sottoposto. Orbene, dai punti da 49 a 53 della sentenza impugnata risulterebbe chiaramente che il Tribunale ha ponderato gli elementi di prova dedotti dalle parti.
25 Infine, la Commissione fa valere che essa non è tenuta a utilizzare le norme elaborate dal Cenelec.
Giudizio della Corte
26 Al punto 49 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, seppur la Dyson facesse valere numerosi argomenti volti a dimostrare l’affidabilità e l’accuratezza della verifica del rendimento energetico condotta con un contenitore per la raccolta della polvere pieno, restavano tuttavia dubbi riguardo alla riproducibilità di detta verifica.
27 Al punto 50 di tale sentenza, il Tribunale ha sottolineato che, infatti, la determinazione della riproducibilità delle verifiche necessita in pratica che siano realizzate verifiche dette «circolari» tra laboratori, le quali sono volte a sincerarsi della regolarità dei risultati ottenuti tramite la realizzazione di verifiche ripetute in differenti laboratori per mezzo di un unico campione.
28 Al punto 51 della medesima sentenza, il Tribunale ha infine constatato che la ricorrente menzionava una sola verifica di laboratorio che, a suo avviso, consentiva di attestare la sua riproducibilità, di modo tale che la riproducibilità della verifica condotta con un contenitore per la raccolta della polvere pieno non era sufficientemente dimostrata ai fini dell’accertamento di un eventuale errore manifesto di valutazione della Commissione.
29 In una prima parte del suo quarto motivo, la Dyson contesta, in sostanza, al Tribunale di avere snaturato, al punto 51 della sentenza impugnata, la sua posizione difesa dinanzi ad esso, secondo la quale il metodo Cenelec era stato sottoposto a numerose verifiche di laboratorio che ne attestavano la riproducibilità, nonché la deposizione del suo responsabile dell’analisi della concorrenza (Head of Competitor Intelligence), fornita a sostegno di tale affermazione.
30 Occorre ricordare che, in caso d’impugnazione, la Corte non è competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti stessi. Infatti, una volta che tali prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura in materia di onere e di produzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Tale valutazione, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova prodotti dinanzi al Tribunale, non costituisce pertanto una questione di diritto soggetta al sindacato della Corte (sentenza del 18 gennaio 2017, Toshiba/Commissione, C-623/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:21, punto 39 e giurisprudenza citata).
31 Il potere di controllo della Corte sugli accertamenti di fatto effettuati dal Tribunale si estende quindi, in particolare, all’inesattezza materiale di tali accertamenti risultante dai documenti del fascicolo, allo snaturamento degli elementi di prova, alla qualificazione giuridica di questi ultimi e alla questione se siano state rispettate le disposizioni in materia di onere e di produzione della prova (sentenze del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C-403/04 P e C-405/04 P, EU:C:2007:52, punto 39, nonché del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione, C-239/11 P, C-489/11 P e C-498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punto 39).
32 Nel caso di specie, dal punto 38 della memoria di replica della Dyson dinanzi al Tribunale risulta che questa ha fatto valere che il metodo Cenelec era stato rigorosamente testato, sia dal punto di vista della riproducibilità sia da quello della ripetibilità. Nella sua deposizione, riportata in allegato a detta memoria di replica e contemplata al punto 39 di quest’ultima, il responsabile dell’analisi della concorrenza della Dyson ha altresì sottolineato che tale metodo era stato oggetto di numerose verifiche che coinvolgevano vari laboratori e consentivano di attestarne la riproducibilità.
33 Ne consegue che il Tribunale ha manifestamente snaturato la posizione difesa dalla Dyson nel considerare, al punto 51 della sentenza impugnata, che essa aveva menzionato una sola verifica di laboratorio che consentisse di attestare la riproducibilità del metodo di calcolo con contenitore per la raccolta della polvere pieno. Come rilevato a giusto titolo dalla Dyson nella sua impugnazione, infatti, una siffatta constatazione è manifestamente in contraddizione con il tenore letterale degli atti processuali da essa presentati dinanzi al Tribunale nonché con la deposizione del suo responsabile dell’analisi della concorrenza.
34 Occorre tuttavia rilevare che, secondo il punto 50 della sentenza impugnata, la riproducibilità di un metodo di misurazione necessita non soltanto che siano realizzate numerose verifiche in laboratorio, ma anche che tali verifiche ripetute siano «circolari», ossia compiute per mezzo di un unico campione.
35 Ne consegue che la mera circostanza che il Tribunale abbia snaturato le affermazioni della Dyson riguardo all’esistenza di numerose verifiche di laboratorio non può, da sola, essere sufficiente a confutare la conclusione secondo la quale il metodo Cenelec non era riproducibile.
36 Tuttavia, nella seconda parte del suo quarto motivo, la Dyson contesta ancora al Tribunale di non aver preso in considerazione taluni elementi di prova contenuti nei suoi atti processuali e che avrebbero dimostrato la riproducibilità del metodo Cenelec. Nella quarta parte del suo quinto motivo, la Dyson censura altresì il Tribunale per non aver motivato la ragione per la quale tali elementi di prova sono stati respinti. Occorre esaminare queste due censure congiuntamente.
37 Si deve ricordare, infatti, da un lato, che, nell’ambito dell’impugnazione, il sindacato della Corte ha ad oggetto, in particolare di verificare se il Tribunale abbia fornito una risposta adeguata in diritto a tutti gli argomenti dedotti dalla ricorrente e, dall’altro, che il motivo attinente alla mancata risposta, da parte del Tribunale ad argomenti dedotti in primo grado consiste, in sostanza, nell’invocare una violazione dell’obbligo di motivazione derivante dall’articolo 36 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto e dell’articolo 117 del regolamento di procedura del Tribunale (v., in tal senso, sentenza del 20 maggio 2010, Gogos/Commissione, C-583/08 P, EU:C:2010:287, punto 29, e ordinanza del 13 dicembre 2012, Alliance One International/Commissione, C-593/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:804, punto 27).
38 Da una costante giurisprudenza risulta che la Corte non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia, e dunque la motivazione del Tribunale può essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il proprio controllo (ordinanza del 13 dicembre 2012, Alliance One International/Commissione, C-593/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:804, punto 28, e sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C-468/15 P, EU:C:2016:803, punto 71).
39 Nel caso di specie, si deve sottolineare, in primo luogo, che la mancanza di riproducibilità del metodo Cenelec ha costituito un elemento determinante nella valutazione del Tribunale al termine della quale esso ha dichiarato che l’orientamento della Commissione, consistente nel privilegiare un metodo di misurazione del rendimento energetico degli aspirapolvere basato su verifiche realizzate con contenitori per la raccolta della polvere vuoti, non era manifestamente irragionevole.
40 Occorre ricordare, in secondo luogo, che, al punto 49 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che sussistevano dubbi riguardo alla riproducibilità del metodo Cenelec e che, al punto 50 di detta sentenza, esso ha sottolineato che la riproducibilità di un metodo di misurazione necessitava, infatti, che fossero realizzate verifiche circolari tra laboratori, le quali sono volte a sincerarsi della regolarità dei risultati ottenuti tramite la realizzazione di verifiche ripetute in differenti laboratori e per mezzo di un unico campione.
41 Orbene, nei suoi atti processuali dinanzi al Tribunale, la Dyson ha cercato di dimostrare che, sebbene non fondato su verifiche dette «circolari», il metodo Cenelec fosse riproducibile. A tale riguardo, ai punti 7, 8 e 39 della sua memoria di replica, la Dyson ha fatto valere che il mandato del Cenelec consiste nel garantire che tutte le norme pubblicate siano coerenti, chiare e precise e tengano conto dello stato della tecnica. Essa ha altresì depositato il parere motivato di un laboratorio europeo accreditato per la prova di aspirapolvere secondo il quale tale metodo conduce a risultati riproducibili nonché una deposizione concordante del suo responsabile dell’analisi della concorrenza, il quale era stato coinvolto nel processo di elaborazione di detto metodo.
42 Pertanto, il Tribunale non poteva ritenere che fosse dimostrato, come ha fatto al punto 49 della sentenza impugnata, che «sussistono dubbi riguardo alla riproducibilità» del metodo Cenelec, senza spiegare la ragione per la quale la contestazione di un’affermazione del genere da parte della Dyson, a mezzo degli elementi ricordati al punto precedente, dovesse essere respinta. Più in particolare, il Tribunale non poteva affermare che la riproducibilità di un metodo di misurazione necessitava che fossero realizzate verifiche dette «circolari», senza spiegare come gli argomenti in senso contrario sviluppati dalla Dyson nei suoi atti processuali non fossero idonei a confutare una siffatta affermazione. Se è pur vero che la Commissione ha contestato dinanzi al Tribunale la riproducibilità del metodo Cenelec, si deve necessariamente constatare che la Dyson ha argomentato, in senso contrario, nei suoi atti processuali dinanzi al Tribunale, cosicché spettava a quest’ultimo pronunciarsi al riguardo. Omettendo di rispondere agli argomenti così dedotti dalla Dyson, il Tribunale ha violato l’obbligo di motivazione che ad esso incombeva in forza dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e dell’articolo 117 del regolamento di procedura del Tribunale.
43 Il quarto motivo della Dyson e la quarta parte del suo quinto motivo devono, pertanto, essere dichiarati fondati.
Sul primo motivo
Argomenti delle parti
44 La Dyson contesta al Tribunale di aver ritenuto, ai punti 36, 37 e 43 della sentenza impugnata, che il primo motivo sollevato dinanzi ad esso vertesse su un errore manifesto di valutazione, mentre esso riguardava in realtà, una violazione da parte della Commissione dei limiti della sua competenza. Tale società precisa che, con detto motivo, essa faceva valere che la Commissione aveva oltrepassato i limiti del potere ad essa delegato dall’articolo 10 della direttiva 2010/30. Secondo la Dyson, spettava al Tribunale determinare se la Commissione non avesse modificato gli elementi essenziali dell’atto di abilitazione scegliendo un metodo di calcolo del rendimento energetico degli aspirapolvere a mezzo di contenitori per la raccolta della polvere vuoti.
45 La Commissione rileva che la Dyson critica unicamente la risposta fornita dal Tribunale alla prima parte del suo primo motivo di annullamento e non il ragionamento che ha portato al rigetto della seconda parte di tale motivo.
46 Secondo la Commissione, il primo motivo dell’impugnazione deve inoltre essere ritenuto infondato. Dinanzi al Tribunale, infatti, la Dyson non avrebbe rimesso in discussione la competenza della Commissione per quanto riguarda l’adozione del regolamento controverso, bensì l’esercizio di tale competenza per quanto riguarda la scelta del metodo di misurazione. La Commissione sottolinea che il primo motivo della Dyson dinanzi al Tribunale imponeva la valutazione di elementi fattuali di ordine tecnico altamente complessi per determinare il metodo di misurazione, circostanza che giustificava che il sindacato giurisdizionale si limitasse all’errore manifesto di valutazione.
Giudizio della Corte
47 Con il suo primo motivo, la Dyson censura il Tribunale per aver riqualificato in modo non corretto il primo motivo del suo ricorso di annullamento con il quale essa contestava, in sostanza, alla Commissione di non aver rispettato l’articolo 10 della direttiva 2010/30, il quale impone che il metodo di calcolo del rendimento energetico degli aspirapolvere tenga conto del loro rendimento durante l’uso, al fine di fornire ai consumatori informazioni esatte, di incoraggiare i produttori a migliorare l’efficienza energetica dei loro prodotti e di raggiungere l’obiettivo di riduzione del consumo di energia, mentre un siffatto requisito costituisce, a suo avviso, un elemento essenziale di tale direttiva.
48 In limine, si deve rilevare che, come sottolineato dalla Commissione, il primo motivo dell’impugnazione è volto, in realtà, unicamente a contestare la valutazione che ha condotto il Tribunale a respingere la prima parte del primo motivo dedotto in primo grado, e non il ragionamento del Tribunale che ha portato al rigetto della seconda parte di tale motivo, con la quale la Dyson contestava il regolamento controverso per non aver imposto obblighi di informazione sui sacchi e sui filtri, in quanto risorse essenziali consumate durante l’uso degli aspirapolvere.
49 Si deve sottolineare inoltre che, al punto 36 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che dalle memorie della ricorrente dinanzi ad esso risultasse chiaramente che quest’ultima, con il primo motivo, non deducesse in quanto tale l’incompetenza della Commissione, per quanto riguarda l’adozione del regolamento controverso, ma piuttosto in sostanza l’esercizio di tale competenza. Al punto 37 di detta sentenza, il Tribunale ha dichiarato che si doveva ritenere che il primo motivo della ricorrente vertesse su un errore manifesto di valutazione in cui la Commissione sarebbe incorsa nell’adozione di tale regolamento.
50 Orbene, dal ricorso della Dyson dinanzi al Tribunale risulta incontestabilmente che il suo primo motivo di annullamento verteva sul fatto che la Commissione non era competente ad adottare il regolamento controverso. Più in particolare, la Dyson contestava in sostanza alla Commissione di aver violato, nell’adottare tale regolamento, un elemento essenziale dell’atto di abilitazione accogliendo come metodo di calcolo del rendimento energetico degli aspirapolvere un metodo basato su verifiche a contenitore della polvere vuoto, mentre l’articolo 10 della direttiva 2010/30 avrebbe richiesto che detto metodo rifletta condizioni normali di utilizzo.
51 Ne consegue che il Tribunale ha risposto non già al motivo vertente sulla violazione da parte del regolamento controverso di un elemento essenziale dell’atto di abilitazione, ma ad un altro motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione della Commissione, che la Dyson non aveva dedotto.
52 Non si può sostenere che, in tal modo, il Tribunale abbia esaminato implicitamente il motivo vertente sul difetto di competenza della Commissione, com’era stato formulato dalla Dyson. L’ampiezza del potere discrezionale concesso dall’atto di abilitazione è, infatti, una questione di diritto distinta da quella relativa al rispetto dei limiti del mandato conferito dall’atto di abilitazione. Inoltre, il controllo del rispetto di questi due requisiti risponde a criteri diversi.
53 Così, sebbene, come rilevato a giusto titolo dal Tribunale al punto 38 della sentenza impugnata, le autorità dell’Unione dispongano, nell’ambito dell’esercizio delle competenze ad esse demandate, di un ampio margine di discrezionalità quando sono chiamate, in particolare, ad effettuare apprezzamenti e valutazioni complessi, occorre, previamente, determinare se tali autorità agiscano ben entro i limiti delle competenze ad esse devolute e, più in particolare, qualora si tratti, come nella specie, di un potere delegato ai sensi dell’articolo 290 TFUE, verificare che le autorità dell’Unione non oltrepassino il mandato ad esse conferito dall’atto di abilitazione, fermo restando in particolare, il fatto che un siffatto potere delegato deve rispettare, in ogni caso, gli elementi essenziali dell’atto di abilitazione e inserirsi nel quadro normativo quale definito dall’atto legislativo di base (v., in tal senso, sentenza del 17 marzo 2016, Parlamento/Commissione, C-286/14, EU:C:2016:183, punto 30 e giurisprudenza citata).
54 Da quanto precede deriva che il Tribunale, omettendo di statuire su uno dei motivi della ricorrente, ha commesso un errore di diritto.
55 Si deve tuttavia ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della medesima sentenza appare fondato per altri motivi di diritto, una violazione siffatta non è idonea a determinare l’annullamento di tale sentenza ed occorre procedere ad una sostituzione della motivazione (sentenza del 22 settembre 2016, Pensa Pharma/EUIPO, C-442/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:720, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).
56 Occorre pertanto determinare se, nell’accogliere un metodo di calcolo del rendimento energetico fondato su verifiche realizzate a contenitore della polvere vuoto, la Commissione abbia rispettato i limiti della sua competenza delegata, nel cui caso, la prima parte del primo motivo del ricorso di annullamento della Dyson dovrebbe essere dichiarata infondata. Poiché si tratta di un motivo di diritto, è possibile per la Corte rimediare all’omissione del Tribunale.
57 Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (sentenza del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C-398/13 P, EU:C:2015:535, punto 22 e giurisprudenza citata). La legittimità del regolamento controverso deve pertanto essere valutata in base agli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data del 3 maggio 2013.
58 A tale riguardo, occorre, in primo luogo, ricordare che la possibilità di delegare poteri prevista all’articolo 290 TFUE è diretta a consentire al legislatore di concentrarsi sugli elementi essenziali di una normativa nonché sugli elementi non essenziali sui quali esso ritenga opportuno legiferare, affidando tuttavia alla Commissione il compito di «integrare» determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo adottato ovvero di «modificare» tali elementi nell’ambito di una delega conferita a quest’ultima (sentenza del 17 marzo 2016, Parlamento/Commissione, C-286/14, EU:C:2016:183, punto 54).
59 Ne consegue che le norme essenziali della materia di cui trattasi devono essere stabilite nella normativa di base e non possono costituire oggetto di una delega (v., in tal senso, sentenze del 5 settembre 2012, Parlamento/Consiglio, C-355/10, EU:C:2012:516, punto 64, e del 10 settembre 2015, Parlamento/Consiglio, C-363/14, EU:C:2015:579, punto 46).
60 Occorre, in secondo luogo, determinare se il requisito secondo cui le informazioni fornite ai consumatori devono riflettere il consumo energetico durante l’uso del dispositivo, come deriva dall’articolo 1 e dall’articolo 10, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2010/30, costituisca un elemento essenziale di quest’ultima.
61 A tale riguardo, gli elementi essenziali di una normativa di base sono quelli la cui adozione richiede scelte politiche rientranti nelle responsabilità proprie del legislatore dell’Unione (sentenza del 5 settembre 2012, Parlamento/Consiglio, C-355/10, EU:C:2012:516, punto 65).
62 L’identificazione degli elementi di una materia che devono essere qualificati come essenziali deve basarsi su elementi oggettivi che possano essere sottoposti a sindacato giurisdizionale e impone di tener conto delle caratteristiche e delle peculiarità del settore in esame (sentenza del 22 giugno 2016, DK Recycling und Roheisen/Commissione, C-540/14 P, EU:C:2016:469, punto 48 e giurisprudenza citata).
63 Alla luce dell’impianto sistematico della direttiva 2010/30, si deve ritenere che il requisito ricordato al punto 60 della presente sentenza costituisce un elemento essenziale della stessa direttiva.
64 Dai considerando 5 e 8 della direttiva 2010/30, infatti, deriva che la «fornitura di informazioni accurate, pertinenti e comparabili sul consumo (…) di energia» dei prodotti «svolge un ruolo capitale nel meccanismo delle forze del mercato» e, pertanto, nella capacità di orientare il consumo verso dispositivi che «comportano (…) minor consumo di energia (…) durante l’uso». Parimenti, l’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva prevede che essa sia volta ad armonizzare le misure nazionali sull’informazione degli utilizzatori finali sul consumo di energia «durante l’uso», in modo che essi possano scegliere prodotti «più efficienti». L’informazione al consumatore sul rendimento energetico dei dispositivi durante l’uso costituisce quindi l’obiettivo essenziale di detta direttiva e riflette una scelta politica rientrante nelle responsabilità proprie del legislatore dell’Unione.
65 Ne consegue che la questione se, come sembra indicare il suo tenore letterale, il regolamento controverso miri soltanto ad integrare, e non a modificare, la direttiva 2010/30, non è pertinente nella specie. Com’è stato sottolineato al punto 58 della presente sentenza, infatti, nessuna di queste due categorie di poteri delegati autorizza, comunque, la Commissione a violare un elemento essenziale dell’atto di abilitazione.
66 Inoltre, e contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, al punto 59 della sentenza impugnata, intendere l’espressione «durante l’uso», figurante all’articolo 10, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2010/30, nel senso che essa fa riferimento alle condizioni effettive di utilizzo, costituisce non già un’interpretazione «troppo estensiva» dell’articolo 10 di tale direttiva, ma il significato stesso di detta precisazione.
67 Tale constatazione non è rimessa in discussione, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, dalla semplice circostanza che detta precisazione può anche, e di conseguenza, essere volta ad escludere la presa in considerazione dell’energia consumata per la fabbricazione, la distribuzione e l’eliminazione del dispositivo di cui trattasi.
68 In considerazione di quanto precede, la Commissione aveva quindi l’obbligo, al fine di non violare un elemento essenziale della direttiva 2010/30, di accogliere, nell’ambito del regolamento controverso, un metodo di calcolo che permetta di misurare il rendimento energetico degli aspirapolvere in condizioni più vicine possibile alle condizioni effettive di utilizzo, che richieda che il contenitore per la raccolta della polvere dell’aspirapolvere sia pieno a un certo livello, tenuto conto tuttavia delle esigenze connesse alla validità scientifica dei risultati ottenuti e all’esattezza delle informazioni fornite ai consumatori quali quelle contemplate, in particolare al considerando 5 e all’articolo 5, lettera b), di tale direttiva.
69 Orbene, al punto 46 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ammesso che le verifiche a contenitore vuoto possono non riflettere le condizioni normali di utilizzo degli aspirapolvere, nei limiti in cui siffatte verifiche non tengono conto dell’accumulo della polvere nei contenitori per la raccolta della polvere di taluni tipi di aspirapolvere, circostanza che la Commissione non ha, peraltro, contestato, come risulta dai punti 98 e 99 della sentenza impugnata.
70 Vero è che il Tribunale, ai punti da 47 a 54 della sentenza impugnata, ha opposto a tale constatazione il fatto che nessun metodo di misurazione fondato su verifiche a mezzo di contenitori per la raccolta della polvere pieni sarebbe riproducibile. La Commissione fa valere lo stesso argomento dinanzi alla Corte. Tuttavia, dai punti da 34 a 43 della presente sentenza risulta che, per giungere a una siffatta conclusione, il Tribunale ha commesso uno snaturamento dei fatti e violato il suo obbligo di motivazione, cosicché la Corte non può fondarsi, per procedere a una sostituzione della motivazione, su tale valutazione di fatto, la quale non è stata validamente accertata dal Tribunale.
71 Il primo motivo deve quindi essere dichiarato fondato.
Sul sesto motivo
Argomenti delle parti
72 La Dyson ritiene che il Tribunale abbia violato il requisito della proporzionalità, inerente al controllo del rispetto del principio di uguaglianza, nel ritenere che il regolamento controverso potesse trattare allo stesso modo aspirapolvere che utilizzano tecnologie differenti per il motivo che le verifiche suggerite dalla Dyson non soddisfacevano contemporaneamente i criteri di affidabilità, di accuratezza e di riproducibilità.
73 Secondo la Commissione, la Dyson non spiegherebbe in che modo l’elaborazione di una verifica con un contenitore per la raccolta della polvere pieno sarebbe stata più proporzionata. La Commissione sostiene che essa non era tenuta a dimostrare che nessun metodo di prova migliore potesse essere elaborato, ma che spettava invece alla Dyson dimostrare l’esistenza di un metodo di prova più appropriato, cosa che non avrebbe fatto secondo il Tribunale.
Giudizio della Corte
74 Con il suo sesto motivo, la Dyson contesta, in sostanza, al Tribunale di aver violato, al punto 110 della sentenza impugnata, il principio di uguaglianza nel ritenere che il regolamento controverso potesse trattare in modo identico aspirapolvere che utilizzano tecnologie differenti, per il motivo che i metodi di calcolo del rendimento energetico degli aspirapolvere, fondati su verifiche realizzate tramite contenitori per la raccolta della polvere pieni, non erano riproducibili.
75 A tale riguardo, al punto 109 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sottolineato che «le verifiche condotte con un contenitore per la raccolta della polvere parzialmente riempito non [erano] a loro volta state oggetto di verifiche “circolari” tra laboratori, di modo che la loro riproducibilità poteva essere rimessa in discussione».
76 Al punto 110 della sentenza impugnata, il Tribunale ne deduce che «la circostanza che le verifiche suggerite dalla ricorrente non soddisfino contemporaneamente i criteri di affidabilità, di accuratezza e di riproducibilità costituisce una ragione obiettiva che giustifica un trattamento uniforme di aspirapolvere che utilizzano tecnologie differenti, ossia degli aspirapolvere “con sacco” e degli aspirapolvere “senza sacco”». Nessun’altra giustificazione è stata avanzata dal Tribunale al fine di avvalorare l’identità di trattamento contestata dalla Dyson.
77 Ne consegue che l’unica giustificazione fornita dal Tribunale al trattamento identico riservato, dal regolamento controverso, agli aspirapolvere «con sacco» e «senza sacco» riposa su una constatazione fattuale che non è stata validamente accertata dal Tribunale, per i motivi esposti ai punti da 34 a 43 della presente sentenza.
78 Pertanto, il sesto motivo dell’impugnazione dev’essere dichiarato fondato.
Sul secondo e sul terzo motivo nonché sulle prime tre parti del quinto motivo
79 Con il suo secondo e terzo motivo, la Dyson censura rispettivamente il Tribunale per avere interpretato erroneamente, ai punti 58 e 59 della sentenza impugnata, la portata del potere delegato della Commissione, e per avere violato il suoi diritti della difesa, in considerazione di quanto affermato ai punti 50 e 51 della sentenza impugnata. Con le prime tre parti del suo quinto motivo, la Dyson contesta al Tribunale di avere insufficientemente motivato le constatazioni figuranti ai punti 36, 37, 52 e 67 della sentenza impugnata.
80 Tuttavia, poiché l’esame del secondo e del terzo motivo nonché delle prime tre parti del quinto motivo non possono condurre a un annullamento più esteso della sentenza impugnata di quello derivante dall’accoglimento del primo, del quarto e del sesto motivo, non occorre esaminarli.
81 In considerazione della fondatezza del primo, del quarto e del sesto motivo, nonché della quarta parte del quinto motivo, la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui, con essa, il Tribunale ha respinto la prima parte del primo motivo di ricorso e il terzo motivo di ricorso dedotti in primo grado.
Sul ricorso dinanzi al Tribunale
82 In conformità all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, questa, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.
83 Nel caso di specie, la Corte ritiene di non essere in grado di decidere nel merito la prima parte del primo motivo nonché il terzo motivo dedotti in primo grado. L’esame di tale parte e di detto motivo implica, infatti, valutazioni di fatto vertenti, principalmente, sulla questione della riproducibilità o meno del metodo Cenelec, che non sono state oggetto di una corretta analisi da parte del Tribunale e che non sono state pienamente dibattute dinanzi alla Corte.
84 Si deve, di conseguenza, rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché si pronunci sulla prima parte del primo motivo e sul terzo motivo dedotti in primo grado, e riservare le spese.
Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara e statuisce:
1) La sentenza del Tribunale dell’Unione europea dell’11 novembre 2015, Dyson/Commissione (T-544/13, EU:T:2015:836), è annullata nella parte in cui ha respinto la prima parte del primo motivo di ricorso e il terzo motivo di ricorso dedotti in primo grado.
2) La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea affinché si pronunci sulla prima parte del primo motivo di ricorso e sul terzo motivo di ricorso dedotti in primo grado.
3) Le spese sono riservate.
Firme