Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 34545 | Data di udienza: 1 Giugno 2017

* RIFIUTI – Deposito temporaneo e deposito incontrollato – Nozione di collegamento funzionale – Rifiuti accatastati alla rinfusa e raggruppamento per categorie omogenee – CODICE DELL’AMBIENTE – Art. 183 e 256 d. lgs. 152/2006 – Onere della prova grava sul produttore dei rifiuti – Fattispecie.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Luglio 2017
Numero: 34545
Data di udienza: 1 Giugno 2017
Presidente: AMORESANO
Estensore: Galtiero


Premassima

* RIFIUTI – Deposito temporaneo e deposito incontrollato – Nozione di collegamento funzionale – Rifiuti accatastati alla rinfusa e raggruppamento per categorie omogenee – CODICE DELL’AMBIENTE – Art. 183 e 256 d. lgs. 152/2006 – Onere della prova grava sul produttore dei rifiuti – Fattispecie.



Massima

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/07/2017 (Ud. 01/06/2017) Sentenza n.34545



RIFIUTI – Deposito temporaneo e deposito incontrollato – Nozione di collegamento funzionale – Rifiuti accatastati alla rinfusa e raggruppamento per categorie omogenee – CODICE DELL’AMBIENTE – Art. 183 e 256 d. lgs. 152/2006 – Onere della prova grava sul produttore dei rifiuti – Fattispecie.
 
 
Quando i rifiuti sono provenienti da demolizioni, il deposito temporaneo presuppone che il loro raggruppamento effettuato prima della raccolta avvenga nello stesso luogo in cui sono prodotti (Sez. 3, n. 38676 del 20/05/2014 – dep.23/09/2014, Rodolfi; Sez. 3, n. 17184 del 14/10/2015 – dep. 27/04/2016, Coppo). Inoltre, nell’integrare la nozione di collegamento funzionale concorre non soltanto dal punto di vista spaziale la contiguità dell’area a tal fine utilizzata rispetto a quella di produzione dei rifiuti ma altresì la destinazione originaria della medesima in ragione dello strumento urbanistico e dell’assenza di una sua autonoma utilizzazione in concreto diversa da quella accertata. Nella specie, in ogni caso, i rifiuti erano accatastati alla rinfusa, il che esclude di per sé la regolarità del deposito temporaneo che ne presuppone il raggruppamento per categorie omogenee (Sez. 3, n. 11258 del 11/02/2010 – dep. 24/03/2010, Chirizzi), fermo restando che l’onere della prova, nella specie rimasto inevaso, in ordine alla sussistenza di tutti i requisiti imposti dall’art. 183 del D. Lgs. n. 152 del 2006 grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria (Sez. 3, n. 23497 del 17/04/2014 – 05/06/2014, Lobina). Fattispecie: attività di gestione di rifiuti non pericolosi, costituiti da fanghi provenienti da attività di lavaggio, frantumazione di inerti, terre e rocce da scavo misti a rifiuti di natura edile, raccogliendoli e depositandoli all’interno di una cava.
 
 
(dich. inammiss. il ricorso avverso sentenza in data 30.10.2015 TRIBUNALE DI TERAMO) Pres. AMORESANO, Rel. GALTERIO, Ric. Mincioni

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/07/2017 (Ud. 01/06/2017) Sentenza n.34545

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/07/2017 (Ud. 01/06/2017) Sentenza n.34545 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da MINCIONI TOMMASO, nato a Bellante il 5.11.1945;
 
avverso la sentenza in data 30.10.2015 del Tribunale di Teramo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Luigi Cuomo che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
 
udito il difensore, avv. Giovanni Aricò che ha concluso riportandosi al ricorso
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza in data 30.10.2015 il Tribunale di Teramo ha condannato, per quanto qui interessa, Tommaso Mincioni alla pena di € 10.000 di ammenda ritenendolo responsabile del reato di cui all’art.256, commi 1 e 2 d.lgs. 152/2006 per aver in qualità di legale rappresentante della s.r.l. CO.STRA.M, svolto un’attività di gestione di rifiuti non pericolosi, costituiti da fanghi provenienti da attività di lavaggio, frantumazione di inerti, terre e rocce da scavo misti a rifiuti di natura edile, raccogliendoli e depositandoli all’interno di una cava, nella disponibilità esclusiva della società a seguito di autorizzazione a suo tempo conseguita, ridotta per effetto di tale raccolta in condizioni di assoluto degrado. 
 
Avverso la suddetta sentenza l’imputato ha proposto per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art.173 disp. att. c.p.p .. Con il primo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 256 d. lgs. 152/2006 e al vizio motivazionale; che la società CO.STRA.Mera stata regolarmente autorizzata con provvedimento della Provincia di Teramo del 2012 alla gestione dei rifiuti per l’esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti comprendenti laterizi ed elementi provenienti da attività di demolizione edile presso l’impianto sito in Sant’Omero, laddove il tribunale aveva travisato la relativa documentazione autorizzativa avendo ritenuto che l’accumulo dei rifiuti sull’area adibita a cava dismessa nel territorio comunale di Civitella del Tronto non potesse essere ricompresa, per la sua distanza dall’impianto estrattivo, nell’area di operatività discendente dalla suddetta autorizzazione. Contesta in particolare il ricorrente che la cava ove furono rinvenuti i rifiuti in contestazione fosse dismessa, atteso che invece aveva continuato ad essere in piena attività per la parte non interessata dal sequestro, secondo quanto dichiarato dal teste lezzi, avendo peraltro la stessa sentenza impugnata dato atto dell’estrazione di materiali ivi effettuata; aggiunge inoltre che la sede operativa della società, a differenza di quella legale sita in Sant’Omero, era proprio la cava di ghiaia sita in Civitella del Tronto che veniva utilizzata come deposito temporaneo, essendosi ivi rinvenuti i rifiuti che avrebbero dovuto essere poi trasportati in impianti limitrofi e perfettamente funzionanti, sottolineandosi che il deposito temporaneo non è solo quello in cui i rifiuti sono prodotti, ma altresì quello nel quale sono depositati, purché funzionalmente collegato al luogo di produzione.
 
2. Con il secondo motivo censura, in relazione al vizio di violazione di legge riferito agli artt. 495 e 546 lett. e) c.p.p. e 131-bis c.p. e al vizio motivazionale, il mancato riconoscimento della esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, senza che alcuna motivazione, malgrado la sussistenza di tutti i requisiti, sia stata resa al riguardo dal Tribunale.
 
3. Con il terzo motivo contesta il trattamento sanzionatorio attesa la mancanza di motivazione sulla scelta di irrogare una pena superiore ben cinque volte al minimo edittale.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Due sono gli elementi valorizzati con il primo motivo di ricorso al fine di escludere la responsabilità dell’imputato in ordine alla contestata attività di gestione di rifiuti non autorizzata, ovverosia l’esistenza di una pregressa autorizzazione conseguita a tal fine dalla società nel Comune di Civitella del Tronto e la configurabilità di un deposito temporaneo. Entrambi risultano tuttavia  essere stati puntualmente esaminati e disattesi dal giudice di merito senza che le censure svolte risultino in alcun modo idonee a scalfire la logicità e la linearità della motivazione della sentenza impugnata, rispetto alla quale non svolgono alcun confronto argomentativo concreto, incorrendo perciò nella censura di inammissibilità.
 
L’autorizzazione a svolgere nel Comune di Civitella del Tronto un’atttvìtà di recupero dei rifiuti non pericolosi rilasciata alla società dalla Provincia sin dal 2012, non sta certo a significare che i rifiuti potessero essere raccolti e deposti nella cava per il solo fatto che anch’essa si trovi nello stesso Comune, così come correttamente stigmatizzato dal Tribunale che evidenzia la discrasia, rimarcata anche dalla distanza, tra l’indirizzo dell’impianto estrattivo e quello della cava, la cui fruibilità da parte della società è di per sé esclusa dall’apposizione al fine di recingere l’area “di una barra metallica con possente lucchetto”, rinvenuta dagli ufficiali di PG, così da consentirne l’accesso solo all’effettivo titolare.
 
Quanto all’eccepita sussistenza di un deposito temporaneo, in luogo del deposito incontrollato ritenuto dalla sentenza, è sufficiente rilevare che trattandosi di rifiuti provenienti da demolizioni il deposito temporaneo presuppone che il loro raggruppamento effettuato prima della raccolta avvenga nello stesso luogo in cui sono prodotti (Sez. 3, n. 38676 del 20/05/2014 – dep.23/09/2014, Rodolfi, Rv. 260384; Sez. 3, n. 17184 del 14/10/2015 – dep. 27/04/2016, Coppo, Rv. 266753), circostanza questa esclusa dallo stesso ricorrente che fa leva perciò sul collegamento funzionale dell’area con il luogo di produzione, da ritenersi all’evidenza insussistente. Ad integrare la nozione di collegamento funzionale infatti concorre non soltanto dal punto di vista spaziale la contiguità dell’area a tal fine utilizzata rispetto a quella di produzione dei rifiuti, negata radicalmente dal Tribunale, ma altresì la destinazione originaria della medesima in ragione dello strumento urbanistico e dell’assenza di una sua autonoma utilizzazione in concreto diversa da quella accertata.
 
In ogni caso i rifiuti erano accatastati alla rinfusa, il che esclude di per sé la regolarità del deposito temporaneo che ne presuppone il raggruppamento per categorie omogenee (Sez. 3, n. 11258 del 11/02/2010 – dep. 24/03/2010, Chirizzi, Rv. 246459), fermo restando che l’onere della prova, nella specie rimasto inevaso, in ordine alla sussistenza di tutti i requisiti imposti dall’art. 183 del D. Lgs. n. 152 del 2006 grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria (Sez. 3, n. 23497 del 17/04/2014 – 05/06/2014, Lobina. Rv. 261507.
 
2. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso con cui si invoca l’esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto che il giudice contrasta alla radice sanzionando la condotta dell’imputato con una pena che, ancorchè pecuniaria, non è certamente prossima al minimo edittale e costituisce perciò elemento di valutazione significativo ai fini dell’offensività della condotta (Sez. 4, n. 33821 del 01/07/2015 – dep. 31/07/2015, Pasolini, Rv. 264357; Sez. 5, n. 39806 del 24/06/2015 – dep. 01/10/2015, Lembo, Rv. 265317), cui deve aggiungersi la pluralità dei conferimenti dei rifiuti, palesamente indicativi di abitualità della condotta.
 
3. La stessa sorte segue anche il terzo motivo: la pena inflitta, ampiamente contenuta nella media edittale, circostanza questa che esime il giudice da specifici oneri motivazionali, è comunque stata giustificata dal giudice di merito facendo riferimento ai precedenti penali dell’imputato, all’intensità del dolo e al pericolo per l’ambiente.
 
Il ricorso deve essere in conclusione dichiarato inammissibile. Segue a tale sorte la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende.
 
P.Q.M.
 
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000 in favore della Cassa delle Ammende
 
Così deciso l’1.6.2017
 

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