* DIRITTO DELL’ENERGIA – CAVE E MINIERE – Attività di prospezione e attività di ricerca – Assimilazione sotto il profilo fattuale e giuridico – Esclusione – Differenze.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^ bis
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 27 Luglio 2017
Numero: 9003
Data di udienza: 14 Giugno 2017
Presidente: Stanizzi
Estensore: Mangia
Premassima
* DIRITTO DELL’ENERGIA – CAVE E MINIERE – Attività di prospezione e attività di ricerca – Assimilazione sotto il profilo fattuale e giuridico – Esclusione – Differenze.
Massima
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 27 luglio 2017, n. 9003
DIRITTO DELL’ENERGIA – CAVE E MINIERE – Attività di prospezione e attività di ricerca – Assimilazione sotto il profilo fattuale e giuridico – Esclusione – Differenze.
L’attività di prospezione e quella di ricerca non sono assimilabili, bensì debbono essere considerate nettamente distinte sia su un piano fattuale che sotto il profilo giuridico. Con la prima si intende, infatti, l’“attività consistente in rilievi geografici, geologici, geochimici e geofisici eseguiti con qualunque metodo e mezzo, escluse le perforazioni meccaniche di ogni specie, intese ad accertare la natura del sottosuolo e del sottofondo marino” (cfr. art. 2 lett. g del DM 4 marzo 2011 e art. 2 lett. b del DM 25 marzo 2015), mentre con la seconda si fa riferimento a “l’insieme delle operazioni volte all’accertamento dell’esistenza di idrocarburi liquidi e gassosi, comprendenti le attività di indagini geologiche, geochimiche e geofisiche, eseguite con qualunque metodo e mezzo, nonché le attività di perforazioni meccaniche, previa acquisizione dell’autorizzazione di cui all’articolo 27 della legge 23 luglio 2009, n. 99” (cfr. art. 2 lett. h DM 4 marzo 2011 e art. 2 lett. c del DM 25 marzo 2015). A ciò è da aggiungere che le attività di prospezione sono soggette ad autorizzazione mediante il titolo non esclusivo, della durata di un anno, ai sensi dell’art. 3 della L. n. 9/1991, mentre il permesso di ricerca, rilasciato ai sensi dell’art. 6 della L. n. 9/1991, è un titolo esclusivo della durata di sei anni rinnovabile. Ciò detto, non può che darsi atto che l’attività di ricerca risulta connotata da un impatto sull’ambiente maggiore di quello connesso alla mera attività di prospezione, non comportante le “perforazioni meccaniche”, e, dunque, coerentemente, il legislatore ha predisposto una disciplina differente in relazione ad esse e, in particolare, una normativa più rigida in ordine alla prima rispetto a quella che regolamenta la seconda in virtù, tra l’altro, della previsione di un limite all’estensione dell’area interessata.
Pres. Stanizzi, Est. Mangia – Regione Puglia (avv.ti Mangiameli, Liberti e Colasante) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato)
Allegato
Titolo Completo
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis - 27 luglio 2017, n. 9003SENTENZA
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 27 luglio 2017, n. 9003
Pubblicato il 27/07/2017
N. 09003/2017 REG.PROV.COLL.
N. 14557/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14557 del 2016, proposto da:
Regione Puglia, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Stelio Mangiameli, Maria Liberti e Paolo Colasante, con domicilio eletto presso lo studio Stelio Mangiameli in Roma, via Poerio n. 56;
contro
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro p.t.;
Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS, costituita presso il su citato Ministero, in persona del legale rappresentante p.t.;
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro p.t.;
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro p.t.;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente p.t.;
rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui sono legalmente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti di
Schlumberger Italiana Spa, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;
per l’annullamento,
previa sospensione,
del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, del 18 ottobre 2016, n. 289, recante la compatibilità ambientale relativamente al progetto di prospezione geofisica 3D da realizzarsi nel conferendo permesso di prospezione di idrocarburi liquidi e gassosi convenzionalmente denominato “d3 F.P. – S.C.” situato nelle acque del Golfo di Taranto, presentato dalla controinteressata Schlumberger Italiana S.p.A., a “condizione che vengano ottemperate le prescrizioni e gli adempimenti amministrativi” ivi riportate;
del parere della Commissione Tecnica di Valutazione dell’Impatto Ambientale VIA e VAS n. 1940 dell’11 dicembre 2015;
di ogni altro atto presupposto, inerente e consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Ministero dello Sviluppo Economico e Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 giugno 2017 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 16 dicembre 2016 e depositato il successivo 17 dicembre 2016, la Regione Puglia impugna il provvedimento con cui, in data 18 ottobre 2016, il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, ha decretato <<la compatibilità ambientale relativamente al progetto di prospezione geofisica 3D da realizzarsi nel conferendo permesso di prospezione di idrocarburi liquidi e gassosi convenzionalmente denominato “d 3 F.P – . S.C.” situato nelle acque del Golfo di Taranto, presentato dalla società Schlumberger Italiana S.p.A….., a condizione che vengano rispettate le prescrizioni e gli adempimenti amministrativi indicati” negli allegati “che costituiscono parte integrante del presente decreto”, chiedendone l’annullamento.
A tali fini la ricorrente – dopo aver rappresentato che il permesso di cui si discute “si sviluppa su un’area integralmente compresa nel Golfo di Taranto, prospiciente perciò le coste della Regione Puglia, Basilicata e Calabria”, connotata da una “superficie complessiva di 4.030 Kmq”, e che, dunque, interessa “una porzione decisamente significativa del Golfo di Taranto” – deduce i seguenti motivi di diritto:
A) SULLA VIOLAZIONE DEL DIVIETO DI SUPERAMENTO DELL’ESTENSIONE MASSIMA DELL’AREA DI PROSPEZIONE (750 Kmq), PREVISTO DALL’ART. 6, COMMA 2, DELLA LEGGE N. 9 DEL 1991, atteso che – come in precedenza esposto – l’area interessata dal decreto occupa una porzione di 4.030 kmq., ossia una superficie ampliamente superiore a quella legislativamente consentita dal comma 2 del richiamato art. 6, chiaramente applicabile non solo ai permessi di ricerca ma anche ai permessi di prospezione, tenuto conto che gli stessi “si pongono in un rapporto di genere a specie, essendo che le attività consentite dal secondo” (rectius: il permesso di prospezione) “sono senz’altro comprese in quelle consentite dal primo” e, conseguentemente, non vi è ragione “che la normativa concernente il permesso di ricerca non debba estendersi al permesso di prospezione, non essendovi fra i due titoli alcuna significativa differenza”, tenuto conto che si tratta di attività “analoghe” (seppure la ricerca “contenga in sé anche le perforazioni meccaniche”).
A.1) IN VIA SUBORDINATA, ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELL’ART. 6, COMMA 2, E DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 9 DEL 1991, NELLA PARTE IN CUI IL PRIMO NON ESTENDE IL LIMITE SPAZIALE DI 750 KMQ ANCHE AI PERMESSI DI PROSPEZIONE DI CUI ALL’ART. 3 E QUEST’ULTIMO NON PREVEDE IL MEDESIMO LIMITE INDICATO PER LA RICERCA, tenuto conto che le “nozioni di prospezione e di ricerca sono nozioni che non si differenziano da punto di vista tecnico” e, dunque, la non eventuale estensione del disposto dell’art. 6 in argomento anche alla prospezione non potrebbe che concretizzare una “palese violazione degli articoli 3 e 9 Cost.”, in relazione al principio di ragionevolezza.
B) SULLA MANCATA CONSIDERAZIONE DEGLI EFFETTI CUMULATIVI CON GLI ALTRI TITOLI ABILITATIVI VIGENTI O IN ITINERE, CHE RIDONDA IN CARENZA DI ISTRUTTORIA ED ECCESSO DI POTERE, in ragione del rilievo che, nonostante lo stesso preambolo del parere della Commissione Tecnica di Valutazione dell’Impatto Ambientale VIA e VAS dia conto dell’avvenuto rilascio di “altri dieci titoli minerari incidenti in aree vicine o limitrofe”, “non vi è … stato alcuno studio riguardante l’impatto cumulativo dei diversi titoli”, essendosi limitata la Commissione a stabilire che il Proponente “si impegna … a prendere contatti con l’altro operatore per redigere un cronoprogramma delle operazioni che ne escluda la simultaneità”.
Con atto depositato in data 15 febbraio 2017 si sono costituiti il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, il Ministero dello Sviluppo Economico e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il successivo 4 maggio 2017 la ricorrente ha prodotto una relazione tecnica, atta a dimostrare “l’equivalenza tra le attività di prospezione e di ricerca di idrocarburi” e la “mancata considerazione degli effetti cumulativi nella procedura” di VIA in esame.
In data 10 maggio 2017 la ricorrente ha, poi, prodotto una memoria con cui – anche sulla base del richiamo della relazione tecnica di cui sopra – ha ribadito l’illegittimità del provvedimento impugnato per l’avvenuto superamento del limite legislativo di 750 Kmq. e per l’omessa considerazione della presenza contemporanea, in zone limitrofe, di attività di perforazione e di prospezione sismica.
In data 13 maggio 2017 anche le Amministrazioni resistenti hanno depositato una memoria con cui hanno posto in evidenza la natura di “sub procedimento” della procedura di VIA e, altresì, affermato la piena conformità dell’atto gravato alle prescrizioni di legge, attese, tra l’altro, l’insussistenza di un “divieto per il soggetto istante di presentare anche contemporaneamente più domande per ottenere permessi di ricerca in aree contigue” e l’imposizione da parte della Commissione di specifiche previsioni, atte a “prevenire l’insorgenza di qualsiasi tipo di impatto cumulativo”.
All’udienza pubblica del 14 giugno 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.
2. In via preliminare, preme osservare che le problematiche in questa sede sollevate risultano essere già state prospettate proprio dalla Regione Puglia mediante la proposizione di precedenti gravami, i quali risultano, peraltro, definiti dalla Sezione con l’emissione di numerose pronunce (cfr., ex multis, nn. 9939/2016, 9938/2016, 9937/2016, 9073/2016).
3. Tenuto conto di tale rilievo e constatata, ancora, l’insussistenza di validi motivi per discostarsi dall’orientamento assunto, il Collegio ribadisce, pertanto, che:
– nonostante i notevoli ed apprezzabili sforzi della ricorrente tesi a configurare una sorta di equivalenza tra “permesso di prospezione” e “permesso di ricerca” al fine di sostenere l’operatività anche in relazione ai primi del limite dei 750 chilometri quadrati, imposto dall’art. 6, comma 2, della legge n. 9 del 1991, l’attività di prospezione e quella di ricerca non sono assimilabili, bensì debbono essere considerate nettamente distinte sia su un piano fattuale che sotto il profilo giuridico. Come già osservato nelle sentenze in precedenza richiamate, con la prima si intende, infatti, l’“attività consistente in rilievi geografici, geologici, geochimici e geofisici eseguiti con qualunque metodo e mezzo, escluse le perforazioni meccaniche di ogni specie, intese ad accertare la natura del sottosuolo e del sottofondo marino” (cfr. art. 2 lett. g del DM 4 marzo 2011 e art. 2 lett. b del DM 25 marzo 2015), mentre con la seconda si fa riferimento a “l’insieme delle operazioni volte all’accertamento dell’esistenza di idrocarburi liquidi e gassosi, comprendenti le attività di indagini geologiche, geochimiche e geofisiche, eseguite con qualunque metodo e mezzo, nonché le attività di perforazioni meccaniche, previa acquisizione dell’autorizzazione di cui all’articolo 27 della legge 23 luglio 2009, n. 99” (cfr. art. 2 lett. h DM 4 marzo 2011 e art. 2 lett. c del DM 25 marzo 2015). A ciò è da aggiungere che le attività di prospezione sono soggette ad autorizzazione mediante il titolo non esclusivo, della durata di un anno, ai sensi dell’art. 3 della L. n. 9/1991, mentre il permesso di ricerca, rilasciato ai sensi dell’art. 6 della L. n. 9/1991, è un titolo esclusivo della durata di sei anni rinnovabile. Ciò detto, non può che darsi atto che l’attività di ricerca risulta connotata da un impatto sull’ambiente maggiore di quello connesso alla mera attività di prospezione, non comportante le “perforazioni meccaniche”, e, dunque, diviene doveroso affermare che coerentemente il legislatore ha predisposto una disciplina differente in relazione ad esse e, in particolare, una normativa più rigida in ordine alla prima rispetto a quella che regolamenta la seconda in virtù, tra l’altro, della previsione di un limite all’estensione dell’area interessata. In esito a tale considerazione, nessuna ragione valida è, peraltro, riscontrabile per ritenere la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, in esame e del precedente art. 3 “nella parte in cui il primo non estende il limite spaziale di 750 Kmq anche ai permessi di prospezione”, prospettata dalla ricorrente, non manifestamente infondata;
– la disamina del provvedimento impugnato conduce, poi, a riconoscere che la Commissione non si è astenuta dal considerare “l’impatto cumulativo dei diversi titoli”. Seppure possa convenirsi circa la carenza di una specifica e concreta attività di indagine da parte della stessa Commissione in ordine all’impatto ambientale causato o, comunque, riconducibile ai differenti “titoli minerari”, rilasciati per “aree vicine e limitrofe”, deve, infatti, darsi atto che la Commissione de qua ha proceduto all’individuazione e, quindi, all’elencazione di tutti i “titoli minerari vigenti nell’area vasta”, ponendo, tra l’altro, in evidenza lo “stato del procedimento autorizzativo”, precisando, in aggiunta, “che nel caso in cui uno o più titoli minerari venissero rilasciati con una tempistica tale che renda possibile effettuare i lavori nello stesso periodo in cui si svolgerà l’attività di prospezione geofisica proposta, il quadro prescrittivo del presente parere impegna il Proponente a prendere contatti con l’altro esecutore per redigere un cronoprogramma delle operazioni che ne escluda la simultaneità” (cfr. pagg. 42 e 43). Ciò detto, l’operato della Commissione, soggetto, peraltro, ad un sindacato giurisdizionale “debole”, nei limiti ab externo rilevabili della palese irragionevolezza, contraddittorietà o superficialità, risulta corretto poiché ragionevolmente connesso – sulla base, tra l’altro, della mancata conclusione di tutti procedimenti amministrativi avviati per il rilascio dei titoli richiesti – all’imposizione di precisi e ben definiti impegni a carico del “proponente”, diretti ad evitare l’effettuazione simultanea di indagini sismiche in aree adiacenti e, in termini generali, a stabilire l’obbligo di procedere ad un continuo monitoraggio sulle ricadute connesse all’attività di prospezione oggetto di valutazione positiva sotto il profilo della compatibilità ambientale.
In sintesi:
– l’attività di prospezione è differente da quella di ricerca e, di conseguenza, le menzionate attività risultano coerentemente soggette a discipline diverse, senza possibilità alcuna di rilevare profili di contrasto con i principi e le prescrizioni fissate nella Carta Costituzionale:
– in ragione della presa atto, tra l’altro, della sussistenza di procedimenti “in itinere” riguardanti il rilascio di titoli minerari e delle incertezze indefettibilmente connesse all’evoluzione positiva o negativa di quest’ultimi, la valutazione compiuta dalla Commissione in ordine ai cc.dd. “effetti cumulativi” appare corretta e, anzi, risulta l’unica possibile, fatto – comunque – salvo l’obbligo dell’Amministrazione di esercitare i poteri di vigilanza e di controllo alla stessa spettanti, necessari a garantire che le prescrizioni imposte siano oggetto di effettiva osservanza nell’interesse pubblico della salvaguardia dell’ambiente (e non si risolvano – per contro – in mere affermazioni di stile, utili a supportare la positiva conclusione dei procedimenti avviati).
4. Per le ragioni illustrate, il ricorso va respinto.
Tenuto conto delle peculiarità che connotano la vicenda in esame, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 14557/2016, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2017 con l’intervento dei Magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore
Antonio Andolfi, Consigliere
L’ESTENSORE
Antonella Mangia
IL PRESIDENTE
Elena Stanizzi
IL SEGRETARIO