Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 4760 | Data di udienza: 13 Aprile 2017

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Distanze tra edifici – Sopraelevazione – Principio di prevenzione – Nozione


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Ottobre 2017
Numero: 4760
Data di udienza: 13 Aprile 2017
Presidente: Santoro
Estensore: Russo


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Distanze tra edifici – Sopraelevazione – Principio di prevenzione – Nozione



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 13 ottobre 2017, n. 4760


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Distanze tra edifici – Sopraelevazione – Principio di prevenzione – Nozione.

In materia di distanze tra edifici, il principio di prevenzione in caso di sopraelevazione, implica che il preveniente, da un lato, deve conformarsi alla scelta originariamente effettuata e proseguire in altezza, onde il prevenuto, dall’altro lato, ha diritto di soprelevare o sul confine, o ad una distanza da questo pari a quella minima prevista dalla legge o dagli strumenti urbanistici (cfr. Cons. St., V, 10 gennaio 2012 n. 53).

(Riforma TAR Lazio, Roma, n. 3804/2013) – Pres. Santoro, Est. Russo – A.C. (avv.ti Reali e Luca Di Gregorio) c. Comune di Fiumicino (avv.ti Di Mauro e Livio)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ - 13 ottobre 2017, n. 4760

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 13 ottobre 2017, n. 4760

Pubblicato il 13/10/2017

N. 04760/2017REG.PROV.COLL.
N. 09364/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso NRG 9364/2013, proposto da Alvaro Celletti, rappresentato e difeso dagli avv.ti Achille Reali e Luca Di Gregorio, con domicilio eletto in Roma, via Isonzo n. 42,

contro

il Comune di Fiumicino (RM), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Di Mauro e Catia Livio, con domicilio eletto in Roma, via Padre Semeria n. 33 e

nei confronti di

Pierfrancesco Rospo e Francesca Massimi, rappresentati e difesi dall’avv. Eleonora Santi, con domicilio eletto in Roma, via Lorenzo Bonincontri n. 43, presso l’avv. Suraci,

per la riforma

della sentenza del TAR Lazio – Roma, sez. II-bis, n. 3804/2013, resa tra le parti e concernente una concessione edilizia in sanatoria;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del 13 aprile 2017 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Di Gregorio, Reali, Di Mauro e Santi;

Ritenuto in fatto che:

– il sig. Alvaro Celletti dichiara d’essere proprietario d’un villino prospiciente il mare in Fiumicino (RM), con ingresso al v.le Focene n. 371 e facente parte d’un complesso immobiliare costituito da tre unità abitative a schiera, la seconda delle quali, immediatamente a tergo di quella del medesimo sig. Celletti, è di proprietà dei sigg. Pierfrancesco Rospo e Francesca Massimi;

– l’accesso a dette unità, le quali hanno una tipologia terra-tetto con parete perimetrale comune e ricadono in zona B di PRG, avviene attraverso un vialetto privato comune, dove sono collocati pure i posti-macchina a servizio delle abitazioni;

– la terza unità, ubicata nella posizione più vicina al v.le Focene, è di proprietà di terzi non coinvolti nelle vicende di causa;

Rilevato inoltre che:

– nel 2007, il sig. Rospo e consorte realizzarono sine titulo lavori sul lastrico solare non praticabile della loro unità contigua a quella del sig. Celletti, dotandolo di un parapetto alto ca. m 1, nonché di un torrino copriscala (sì da rendere praticabile tal copertura), oltre ad aver installato una tettoia per coprire due posti-auto;

– il sig. Celletti ritenne tali opere in vario modo pregiudizievoli per i suoi diritti dominicali, tant’è che instaurò innanzi all’AGO sia una denuncia di nuova opera —la cui causa, a seguito di CTU, s’è poi conclusa con l’ordine di riapertura della griglia d’areazione della caldaia attorea—, sia una lite, tuttora pendente, contro il preteso sconfinamento (escluso tuttavia dalla CTU in quella sede) di tali opere sulla sua proprietà;

– sulle opere stesse intervennero le determinazioni dirigenziali n. 39 del 6 marzo 2007 e n. 49 del successivo giorno 20, in forza delle quali il Comune di Fiumicino irrogò al sig. Rospo e consorte sanzioni pecuniarie a causa dell’abusività delle stesse;

– con istanza del 15 novembre 2007, il sig. Rospo e consorte chiesero al Comune la sanatoria per le predette opere ai sensi dell’art. 34 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 (assumendo che queste fossero soggette solo a DIA) ed ottenendola infine con la determina del successivo 10 dicembre;

– avverso tal provvedimento il sig. Celletti insorse quindi avanti al TAR Lazio, con il ricorso NRG 4980/2008, deducendo: 1) il difetto d’istruttoria, per non aver il Comune colto che le predette opere sconfinarono nella sua proprietà e, ben lungi dall’esser solo pertinenziali, in realtà realizzarono una ristrutturazione edilizia, che alterò l’aspetto architettonico e violò il vincolo aeroportuale in altezza; 2) la violazione delle distanze tra edifici e l’uso di materiali vietati per le due zone d’ombra, nonché l’omesso deposito della relazione dettagliata del progettista;

– l’adito TAR, con sentenza n. 3804 del 15 aprile 2013, ha respinto la pretesa attorea, affermando: I) l’assenza di preclusioni alla sanatoria di edifici realizzati in violazione delle distanze dai confini; II) la natura pertinenziale del predetto torrino, peraltro evincibile dalla documentazione in atti (pure avanti all’AGO) rispetto alla casa dei controinteressati; III) l’assenza delle violazione delle altezze poste dal vincolo aeroportuale; IV) l’estraneità dell’accertamento della proprietà rispetto al presente giudizio, fermi restando che il muretto è solo la prosecuzione di quello realizzato dal ricorrente e la regola di prevenzione ex art. 878 c.c.;

– ha appellato quindi il sig. Celletti, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della sentenza qui gravata per: A) l’insistenza delle opere dei controinteressati sulla sua proprietà, onde esse non sono sanabili; B) non aver tenuto in alcun conto la questione della ristrutturazione edilizia da loro realizzata con cambio di destinazione d’uso del lastrico in terrazzo, che implicava non la mera DIA, ma il permesso di costruire e, al più, una procedura di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del decreto n. 380 (infatti il Comune ne aveva ordinato la demolizione); C) l’omessa considerazione delle censure sulla copertura dei posti-auto, in violazione dell’art. 27 delle NTA al PRG;

– si sono costituite in giudizio le parti intimate, concludendo in varia guisa per l’infondatezza del ricorso in epigrafe;

Considerato in diritto che:

– solo in parte e per le ragioni di cui appresso, le doglianze dell’ appellante sono da condividere, per il resto dovendosi confermare la sentenza appellata;

– per vero il complesso degli interventi effettuati dal sig. Rospo e consorte possono anche non aver determinato uno sconfinamento, né tampoco un nuovo muretto che non sia stata la continuazione materiale (sul loro alloggio e lungo il muro perimetrale del complesso) di quello attoreo, ma ha impresso al lastrico solare, dapprima non calpestabile e quindi utilizzabile grazie alle scale di cui il torrino è la semplice copertura, una nuova e diversa destinazione d’uso;

– in altre parole, la sostituzione della preesistente copertura con un terrazzo calpestabile implica un vero e proprio affaccio (prima impossibile a causa dell’assenza di collegamento tra l’alloggio del sig. Rospo e consorte) e, quindi, ulteriori utilità ai locali abitativi cui è stato collegato mediante tale vano-scala, giacché così forma parte funzionalmente integrante dell’abitazione stessa ed incrementa evidentemente la superficie dello stabile, configurando in parte qua intervento di ristrutturazione edilizia, assentibile con permesso di costruire e non con la sola SCIA;

– al riguardo è ben noto il discrimine tra gli interventi manutentivi o di restauro, per i quali basta e quella SCIA cui il sig. Rospo e consorte avevano fatto riferimento, e la ristrutturazione edilizia, per contro soggetta a PDC, trattandosi d’un intervento su edificio ricadente in zona B di PRG;

– il citato discrimine, anzi, si sostanzia nel fatto che i primi son diretti a conservare l’edificio nel rispetto della sua tipologia, forma e struttura, senza alcun inserimento di elementi innovativi sotto l’aspetto della migliore e più ampia fruizione (anche se sostitutivi di quelli precedenti), mentre la seconda ottiene il risultato di modificare l’originaria consistenza fisica dell’edificio, grazie, tra le altre cose, ad una nuova e migliore redistribuzione funzionale (o, il che è lo stesso, una nuova destinazione d’uso) di superfici altrimenti utilizzate come mera copertura;

– pertanto, anche se si tratta d’un intervento di cui al combinato disposto dell’art. 3, c. 1, lett. d) e dell’art. 10, c. 1 del DPR 380/2001, non può esser invocata la procedura semplifica speciale (ossia, alternativo al PDC) di cui al successivo art. 23 e, quindi, anche ad un diverso procedimento per l’accertamento della relativa conformità, cioè quello posto dal successivo art. 36 e non quello, cui i medesimi controinteressati vorrebbero riferirsi, di cui al precedente art. 34;

– inconferente è sul punto il richiamo dei controinteressati ad un arresto di questo Consiglio (cfr. Cons. St., IV, 4 settembre 2013 n. 4448), relativo, a loro dire, ad opere pertinenziali, mentre esso ha ad oggetto una costruzione abusiva del tutto nuova e distinta dalle preesistenze, per cui la massima che il sig. Rospo e consorte riportano è solo la mera citazione, nel corpo della sentenza, di un certo orientamento della giurisprudenza non congruente nella specie (se non, al più, per la copertura dei soli posti-auto) e rammentata a contrario rispetto al caso esaminato (cioè, la nuova costruzione del tutto abusiva);

– non a diversa conclusione si deve pervenire con riguardo agli altri due arresti invocati a sproposito (cfr. Cons. St., V, 30 ottobre 2000 n. 5828; id., 7 novembre 2002 n. 6126), giacché, nell’un caso, non può esser consentita la costruzione di opere di rilevante importanza sol perché son destinate a servizio e ad ornamento del bene principale (onde era ed è necessario il titolo edilizio per realizzare opere che dal punto di vista edilizio ed urbanistico sono ulteriori e nuove rispetto al bene principale) e, nell’altro, la variazione d’uso di un immobile senza opere è soggetta a procedura semplificata (fin dall’art. 25 della l. 47/1985) nei soli casi posti dalla legge o delle norme degli strumenti urbanistici;

Considerato per contro che:

– per la restante parte, l’appello invece non ha pregio e va respinto, anzitutto con riguardo al torrino copriscale, alla prosecuzione del muro perimetrale ed alla copertura dei posti-auto, opere, queste, per le quali il CTU nominato dal Tribunale di Civitavecchia ha escluso ogni sconfinamento nella proprietà attorea;

– né vale obiettare che la consulenza tecnica de qua afferisca ad altro giudizio, poiché, per un verso, nel processo amministrativo essa (comunque sia introdotta innanzi a questo Giudice) costituisce non un mezzo di prova ma, al più, di ricerca della prova (c.d. consulenza tecnica percipiente) nel pieno contraddittorio tra le parti, al fine di fornire al Giudice medesimo i necessari elementi di valutazione quando la complessità sul piano tecnico dei fatti di causa ne impedisca l’esatta comprensione (arg., da ultimo, ex Cons. St., V, 11 maggio 2017 n. 2181) e, per altro e correlato verso, l’acquisizione di una CTU, resa in altro giudizio ma tra le stesse parti e per la medesima questione controversa, non è che l’assunzione d’una documentazione già formata (e, comunque, soggetta a tal contraddittorio) ed apprezzabile da questo Giudice secondo gli ordinari criteri di giudizio sui mezzi di prova;

– quand’anche fosse vero lo sconfinamento, varrebbe pur sempre, in materia di distanze tra edifici, il principio di prevenzione in caso di sopraelevazione, il quale implica che il preveniente, da un lato, deve conformarsi alla scelta originariamente effettuata e proseguire in altezza, onde il prevenuto, dall’altro lato, ha diritto di soprelevare o sul confine (come poi ha da ultimo fatto pure l’appellante), o ad una distanza da questo pari a quella minima prevista dalla legge o dagli strumenti urbanistici (cfr. Cons. St., V, 10 gennaio 2012 n. 53);

– non v’è seria dimostrazione che il predetto torrino violi il vincolo aeroportuale, né tampoco che la tettoia sui posti-auto, al di là della sua modalità costruttiva, s’appalesa rilevante nel caso in esame, in quanto questi ultimi non sono né dell’appellante, né dei predetti controinteressati, appartenendo a soggetti terzi, non coinvolti nel presente giudizio;

– quindi, l’appello è da accogliere nei soli termini fin qui esaminati, ma la parziale soccombenza e giusti motivi suggeriscono l’integrale compensazione, tra tutte le parti, delle spese del presente giudizio. 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso NRG 9364/2013 in epigrafe), lo accoglie per quanto di ragione e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte il ricorso di primo grado e per l’effetto, annulla

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 13 aprile 2017, con l’intervento dei sigg. Magistrati:

Sergio Santoro, Presidente
Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore
Marco Buricelli, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Italo Volpe, Consigliere

L’ESTENSORE
Silvestro Maria Russo
        
IL PRESIDENTE
Sergio Santoro
        
        
IL SEGRETARIO

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