Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Acqua - Inquinamento idrico
Numero: 12163 |
Data di udienza: 12 Gennaio 2017
* ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Gestione delle acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia – Scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti dall’area di cava attraverso tubazione – Assenza di autorizzazione – Inottemperanza alla disciplina regionale – Artt. 113 e 137, c.9, d.lgs. n.152/2006.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Marzo 2017
Numero: 12163
Data di udienza: 12 Gennaio 2017
Presidente: RAMACCI
Estensore: DI STASI
Premassima
* ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Gestione delle acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia – Scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti dall’area di cava attraverso tubazione – Assenza di autorizzazione – Inottemperanza alla disciplina regionale – Artt. 113 e 137, c.9, d.lgs. n.152/2006.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/03/2017 (Ud. 12/01/2017) Sentenza n.12163
ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Gestione delle acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia – Scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti dall’area di cava attraverso tubazione – Assenza di autorizzazione – Inottemperanza alla disciplina regionale – Artt. 113 e 137, c.9, d.lgs. n.152/2006.
Integrano gli estremi figurati nell’art. 137, comma 9, d.lgs. n. 152/2006, gli scarichi di acque meteoriche di dilavamento in assenza della prescritta autorizzazione (fattispecie: acque meteoriche di dilavamento provenienti da un’area di una cava attraverso tubazione e senza autorizzazione e senza aver presentato il piano di gestione delle acque meteoriche di dilavamento). Tale violazione comporta la sanzione penale di cui all’art. 137, comma 9 d.lgs. 152/2006 che dispone: "Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell’art. 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all’art. 137, comma 1 d.lgs 152/2006; il richiamo contenuto nell’imputazione all’art. 137 comma 1 d.lgs 152/2009 è, quindi, chiaramente effettuato "quoad poenam" in relazione alla condotta sostanzialmente descritta come inosservanza della disciplina regionale di cui all’art 113 comma 3, d.lgs 152/2006.
(conferma sentenza del 19/11/2013 TRIBUNALE DI MASSA) Pres. RAMACCI, Rel. DI STASI, Ric. Corsi
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/03/2017 (Ud. 12/01/2017) Sentenza n.12163
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/03/2017 (Ud. 12/01/2017) Sentenza n.12163
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da CORSI FERRUCCIO, nato a Carrara il 05/06/1942;
avverso la sentenza del 19/11/2013 del Tribunale di Massa visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Luca Lattanzi, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 19.11.2013, Il Tribunale di Massa dichiarava Corsi Ferruccio responsabile del reato di cui all’art. 137, comma 1, d.lgs 152/2006 – perché, quale amministratore della CREMOMARMI s.r.l. esercente attività di escavazione di marmo, effettuava, in assenza della prescritta autorizzazione e senza aver presentato il piano di gestione delle acque meteoriche di dilavamento entro il 16.3.2010 (termine dell’entrata in vigore del regolamento di attuazione 8.9.2008 n. 46 della legge reg. toscana 31.5.2006 n. 20), scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti dall’area di cava attraverso tubazione in ferro all’uopo predisposta – e lo condannava alla pena di euro 1.400,00 di ammenda.
2. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, articolando il motivo di seguito enunciato.
Argomenta che il d.lgs 152/2006 all’art. 113 demanda alla normativa regionale la disciplina delle acque meteoriche di dilavamento e che, pertanto, nel caso di specie, essendo oggetto di contestazione le acque meteoriche dilavanti e non le acque del ciclo di produzione, la normativa applicabile era quella di cui alla L.R. toscana n. 20 del 2006 e regolamento di attuazione; ne consegue che una siffatta violazione non è penalmente rilevante in quanto integra solo un illecito amministrativo.
Con ordinanza emessa dalla Corte d’appello di Genova depositata in data 22.2.2016, previa qualificazione dell’appello come ricorso per cassazione, è stata disposta la trasmissione degli atti a questa Corte, trattandosi di sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Va premesso che il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 demanda alla normativa regionale la disciplina delle acque meteoriche di dilavamento.
L’art. 113 del predetto d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, rubricato "Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia", prevede, infatti, che le Regioni, "ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali", emanino una disciplina delle acque meteoriche che dilavano le superfici e si riversano in differenti corpi recettori.
In particolare, l’art. 113 cit. dispone, al comma 1, che le regioni disciplinano e attuano: "a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate; b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l’eventuale autorizzazione"; il comma 2, poi, stabilisce che "le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto"; il comma 3, infine, dispone che "Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici".
Per quanto attiene alle sanzioni, il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 133, comma 9, sanziona in via amministrativa – pena pecuniaria da Euro 1.500,00 ad Euro 15.000,00 – chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell’art. 113, comma 1, lett. b), ossia la violazione delle prescrizioni o delle autorizzazioni disposte in sede regionale.
L’art. 137, comma 9, poi, sanziona penalmente, con le pene di cui al comma 1 (arresto da due mesi o due anni o ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro) "chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle Regioni ai sensi dell’art. 113, comma 3".
3. Con riguardo al caso di specie viene, quindi, in rilievo la legge reg. toscana n. 20/2006.
In particolare, la legge reg. 20/2006, all’art. 2 ("Definizioni"), definisce al comma 1, lett. d), le acque meteoriche dilavanti (AMD) suddividendole in acque meteoriche dilavanti non contaminate (ADNC) e acque meteoriche dilavanti contaminate (AMC). Alla successiva lett. e) definisce acque meteoriche dilavanti contaminate (AMC)le acque meteoriche dilavanti diverse dalle acque meteoriche dilavanti non contaminate ivi incluse le acque meteoriche di prima pioggia, derivanti dalle attività che comportino oggettivo rischio di trascinamento, nelle acque meteoriche, di sostanze pericolose o di sostanze in grado di determinare effettivi pregiudizi ambientali, individuate (le attività) dal regolamento di cui all’art. 13. Alla lettera f) dell’art. 2 vengono definite acque meteoriche dilavanti non contaminate (AMDNC)le acque meteoriche dilavanti derivanti da superfici impermeabili anche di aree industriali dove non vengono svolte attività che possano oggettivamente comportare il rischio oggettivo di trascinamento di sostanze pericolose o di sostanze in grado di determinare effettivi pregiudizi ambientali.
La medesima L.R. n. 20 del 2006, all’art. 8, disciplina, per quanto rileva nel caso in esame, lo scarico di AMC assoggettandolo ad autorizzazione rilasciata dall’ente competente per tipologia di ricettore nel rispetto delle disposizioni a tutela della qualità delle acque e dell’ambiente previste dalla normativa nazionale e regionale.
Il successivo art. 13, comma 2, demanda alla Giunta regionale di disciplinare con regolamento, entro 180 giorni dalla entrata in vigore della legge regionale, l’elenco delle attività di cui all’art. 2, comma 1, lett. e), che comportano oggettivo rischio di trascinamento nelle acque meteoriche dilavanti di sostanze pericolose o di sostanze in grado di determinare effettivi pregiudizi ambientali.
Nel regolamento emanato dalla Giunta regionale toscana il giorno 8 settembre 2008 (D.P.G.R n. 46/R/2008) all’art. 39 intitolato "acque meteoriche contaminate" si indicano (con apposito allegato 5) le attività di cui alla L.R. n. 20 del 2006, art. 2, comma 1, lett. e), che presentano oggettivo rischio di trascinamento nelle acque meteoriche di sostanze pericolose o di sostanze in grado di determinare effetti pregiudizievoli ambientali.
Il testo del predetto regolamento, nella formulazione originaria applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, contempla al punto 5 della tabella 5 dell’allegato 5 i depositi e le attività soggette ad autorizzazione ai sensi della vigente normativa in materia di gestione dei rifiuti, tra i quali in base al d.lgs 30.5.2208 n. 117, rientra anche l’attività di sfruttamento delle cave.
Inoltre, per le attività di cava, in particolare, lo stesso articolo 39 cit. ("acque meteoriche contaminate"), al comma 5, prevede espressamente che fa gestione delle AMD è attuata e disciplinata nel rispetto dei criteri definiti nel successivo art. 40, fermo restando l’obbligo di acquisizione della autorizzazione per gli scarichi previsti nel piano di cui al successivo comma 6, che prevede che i titolari delle attività di cava in essere alfa data di entrata in vigore del regolamento presentino un piano di gestione delle acque meteoriche redatto sulla base dei criteri di cui all’art. 40, comprendente per le attività esistenti l’eventuale cronoprogramma di adeguamento alle disposizioni di cui al regolamento stesso e che la Provincia valuta il piano, prescrive le modalità di gestione delle AMD ritenute necessarie alla tutela del corpo recettore e definisce i termini di adeguamento alle dette prescrizioni in un termine massimo di quattro anni.
4. Nel caso di specie, è stato accertato che l’imputato, quale amministratore della società Cremomarmi s.r.l esercente attività di escavazione di marmo, convoglia vale AMD attraverso una tubazione in ferro che scaricava in un accumulo d’acqua posto in un angolo della cava inferiore.
Lo scarico non era autorizzato né era stato presentato il piano di gestione delle AMD nei termini previsti.
Pertanto, la violazione contestata all’imputato comporta la sanzione penale di cui all’art. 137, comma 9 d.lgs. 152/2006: "Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell’art. 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all’art. 137, comma 1 d.lgs 152/2006; il richiamo contenuto nell’imputazione all’art. 137 comma 1 d.lgs 152/2009 è, quindi, chiaramente effettuato "quoad poenam" in relazione alla condotta sostanzialmente descritta come inosservanza della disciplina regionale di cui all’art 113 comma 3, d.lgs 152/2006.
Ne consegue che destituita di fondamento è la deduzione difensiva basata sulla configurabilità della condotta contestata quale illecito amministrativo di cui all’art. art. 133, comma 9 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
La sentenza impugnata, pertanto, ha correttamente affermato la rilevanza penale della condotta contestata al ricorrente ed applicato la relativa sanzione di cui all’art. 137, comma 1, d.lgs 152/2006.
4. Consegue, quindi, il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali in base al disposto dell’art. 616 cod.proc.pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12/01/2017