Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Rifiuti Numero: 44439 | Data di udienza: 15 Dicembre 2016

ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Impianto di autolavaggio – Smaltimento delle acque reflue – Autorizzazione – Necessità – Art. 137 del dlgs n. 152/2006 – RIFIUTI – Trattamento dei fanghi – Contratto con una ditta specializzata – Ininfluenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 27 Settembre 2017
Numero: 44439
Data di udienza: 15 Dicembre 2016
Presidente: RAMACCI
Estensore: GENTILI


Premassima

ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Impianto di autolavaggio – Smaltimento delle acque reflue – Autorizzazione – Necessità – Art. 137 del dlgs n. 152/2006 – RIFIUTI – Trattamento dei fanghi – Contratto con una ditta specializzata – Ininfluenza.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 27/09/2017, (Ud. 15/12/2016) Sentenza n. 44439


ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Impianto di autolavaggio – Smaltimento delle acque reflue – Autorizzazione – Necessità – Art. 137 dlgs n. 152/2006 – RIFIUTI – Trattamento dei fanghi – Contratto con una ditta specializzata – Ininfluenza.
 
In tema di tutela delle acque dall’inquinamento, integra la fattispecie prevista dall’art. 137 del decreto Legislativo n. 152 del 2006 lo scarico, (nella specie: impianto di autolavaggio), delle acque reflue nella rete fognaria in assenza della prescritta autorizzazione, a prescindere dalla esistenza o meno di un contratto con una ditta specializzata per il trattamento dei fanghi derivanti dallo svolgimento dell’attività.
 
 
(conferma sentenza n. 625/16 della CORTE DI APPELLO DI CATANZARO del 17/03/2016) Pres. RAMACCI, Rel. GENTILI, Ric. Iannuzzi 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 27/09/2017, (Ud. 15/12/2016) Sentenza n. 44439

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 27/09/2017, (Ud. 15/12/2016) Sentenza n. 44439
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da IANNUZZI Vincenzo, nato ad Altomonte (Cs) il 4 marzo 1937;
 
avverso la sentenza n. 625/16 della Corte di appello di Catanzaro del 17 Marzo 2016;
 
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata ed il ricorso introduttivo;
 
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
 
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Stefano TOCCI, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso;
 
sentita, altresì, per il ricorrente l’avv.ssa V. S. del foro di Roma, in sostituzione dell’avv. S. V., del foro di Cosenza, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
Con sentenza del 17 marzo 2016 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la condanna alla pena di giustizia inflitta dal Tribunale di Cosenza nei confronti di Iannuzzi Vincenzo, riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 137 del dlgs n. 152 del 2006 per avere effettuato, in qualità di titolare di un impianto di autolavaggio, lo scarico delle derivanti acque reflue nella rete fognaria in assenza della prescritta autorizzazione in periodi andanti dal 12 novembre 2011 al 11 giugno 2012.
 
Ha interposto ricorso per cassazione il prevenuto, tramite il proprio difensore di fiducia, affidandolo a tre motivi di impugnazione.
 
Ha, infatti, dedotto il prevenuto, con il primo di essi, che la sentenza impugnata sarebbe illegittima in ragione della valutazione degli elementi indiziari operata dai giudici del merito.
 
Con il secondo motivo di impugnazione è stata dedotta la violazione delle norme processuali che regolano la affermazione della penale responsabilità degli imputati, essendo stata questa dichiarata, sebbene fossero emersi, alla luce della istruttoria dibattimentale svolta, quantomeno ragionevoli dubbi in merito alla sua sussistenza.
 
Col terzo motivo, infine, è stata eccepita la illegittimità della avvenuta esclusione delle circostanze attenuanti generiche sulla base di una motivazione ritenuta non adeguata.
 
In via del tutto subordinata il ricorrente ha, infine, eccepito la intervenuta prescrizione dei reati a lui contestati.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso è infondato ed esso, pertanto, deve essere rigettato.
 
Osserva, infatti, il Collegio quanto al primo motivo di doglianza che attraverso lo stesso il ricorrente cerca in realtà di rimettere in discussione l’avvenuto accertamento del fatto che egli svolgesse l’attività di gestore di un impianto di autolavaggio.
 
Trattasi di accertamento in fatto, frutto, secondo quanto riferito nella sentenza di merito, di ben due accessi svolti dagli organi della polizia municipale, non più suscettibile di essere posto in discussione in questa sede di legittimità; né può affermarsi che in sede di merito vi sia stata una qualche illegittima, in quanto congetturale, valutazione degli elementi indiziari emersi nel corso della istruttoria dibattimentale, posto che non può dirsi congetturale ma frutto di un plausibile ragionamento induttivo, l’affermazione della carenza della autorizzazione allo smaltimento delle acque reflue industriali rivenienti dallo svolgimento della attività di autolavaggio, essendo questa fondata sulla avvenuta cancellazione da parte del prevenuto dalla lista degli artigiani; infatti, essendo la permanenza in tale lista un presupposto logico del legittimo svolgimento della attività condotta dallo Iannuzzi, risulta del tutto ragionevole ritenere che, una volta venuta meno detta iscrizione, non avrebbe avuto senso, sulla base di una razionale valutazione del dato obbiettivo emerso (cioè lo svolgimento della attività e la cancellazione dalla lista degli artigiani), il dotarsi a quel punto della predetta autorizzazione per lo smaltimento delle acque reflue.
 
Il secondo motivo di impugnazione è parimenti infondato, posto che la contestazione mossa allo Iannuzzi ha ad oggetto la mancanza della prescritta autorizzazione allo sversamento dei reflui industriali nella ordinaria rete fognaria e non la esistenza o meno di un contratto con una ditta specializzata per il trattamento dei fanghi derivanti dallo svolgimento della attività di autolavaggio; del tutto indifferente è, pertanto, ai fini del decidere la circostanza, peraltro piuttosto genericamente allegata dal ricorrente (non è, infatti, chiaro dal tenore del ricorso in quale maniera sarebbe stato possibile attribuire data certa al predetto contratto anteriore alla data in cui risulta essere stata contestata la contravvenzione a carico del ricorrente), che lo Iannuzzi avesse o meno in corso di svolgimento una rapporto contrattuale avente ad oggetto lo smaltimento dei fanghi.
 
Infine per ciò che concerne il mancato riconoscimento delle circostanze attenuati generiche, la Corte territoriale le ha escluse in ragione del condivisibile argomento dettato dalla non breve durata della condotta illecita, protrattasi almeno per più di sei mesi, sicuro indice di una, non occasionale ma, radicata indifferenza da parte del prevenuto al rispetto dei valori della tutela ambientale.
 
Va, al riguardo, detto che il ricorrente non ha evidenziato alcuna ragione – ove si eccettui la sua incensuratezza, fattore questo normativamente irrilevante se valutato isolatamente ai fini della concessione delle attenuanti generiche – che avrebbe potuto, secondo la sua stessa prospettazione, fondare una valutazione di meritevolezza da parte sua dell’invocato beneficio. 
 
Quanto alla eccezione subordinata di prescrizione, essa non ha fondamento, posto che – tenuto conto del tempus commissi delicti, andante dal 12 novembre 2011 al 11 giugno 2012, della natura contravvenzionale dell’illecito contestato al prevenuto nonché della intervenuta sospensione del corso della prescrizione dovuta al differimento del giudizio per legittimo impedimento del difensore dell’imputato dal 1 luglio 2014 al 1 settembre 2014 – il termine prescrizionale del reato contestato sarebbe maturato, per le condotte più risalenti nel tempo, solamente a decorrere dal 12 gennaio 2017.
 
Al rigetto del ricorso fa seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
PQM
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
 
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016
 

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