Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 18 | Data di udienza: 20 Dicembre 2017

* APPALTI   – Illeciti anticoncorrenziali (sanzione irrogata dall’AGCM) – Riconducibilità alle ipotesi di “altre sanzioni” di cui all’art. 80, c. 5, lett. c) d.lgs. n. 50/2016 – Inconfigurabilità   – Gravi illeciti professionali –  Risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o concessione – Acquiescenza o pronuncia inoppugnabile  – Offerta anomala – Richiesta di giustificazioni – Art. 97, c. 5 d.lgs. n. 50/2016 – Procedimento monofasico, semplificato rispetto al previgente art. 88 d.lgs. n .163/2006 – Esperibilità di ulterioeri fasi di contraddittorio procedimentale – Fondamento – Giudizio di anomalia – Natura globale e sintetica – Irrilevanza di eventuali singole voci di scostamento.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Emilia Romagna
Città: Parma
Data di pubblicazione: 15 Gennaio 2018
Numero: 18
Data di udienza: 20 Dicembre 2017
Presidente: Conti
Estensore: Poppi


Premassima

* APPALTI   – Illeciti anticoncorrenziali (sanzione irrogata dall’AGCM) – Riconducibilità alle ipotesi di “altre sanzioni” di cui all’art. 80, c. 5, lett. c) d.lgs. n. 50/2016 – Inconfigurabilità   – Gravi illeciti professionali –  Risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o concessione – Acquiescenza o pronuncia inoppugnabile  – Offerta anomala – Richiesta di giustificazioni – Art. 97, c. 5 d.lgs. n. 50/2016 – Procedimento monofasico, semplificato rispetto al previgente art. 88 d.lgs. n .163/2006 – Esperibilità di ulterioeri fasi di contraddittorio procedimentale – Fondamento – Giudizio di anomalia – Natura globale e sintetica – Irrilevanza di eventuali singole voci di scostamento.



Massima

 

TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. 1^ – 15 gennaio 2018, n. 18


APPALTI   – Illeciti anticoncorrenziali (sanzione irrogata dall’AGCM) – Riconducibilità alle ipotesi di “altre sanzioni” di cui all’art. 80, c. 5, lett. c) d.lgs. n. 50/2016 – Inconfigurabilità.

 Gli illeciti anticoncorrenziali non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 80, c. 5 lett. c) del d.lgs. n. 50/2016. In particolare, la sanzione irrogata dall’AGCM non può essere astrattamente ricondotta alla norma di cui all’art. 80 laddove discorre di “altre sanzioni” tra le conseguenze che possono derivare dalla violazione dei doveri professionali e segnatamente dalle “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione”. Possono infatti essere considerate come “altre sanzioni”, l’incameramento delle garanzie di esecuzione o l’applicazione di penali, fermo che la sola applicazione di una clausola penale non è di per sé sintomo di grave illecito professionale, specie nel caso di applicazione di penali in misura modesta  (Cons. Stato, parere n. 2286/2016 ) La previsione di cui all’art. 80 ha una portata molto ampia, in quanto, da un lato, non si opera alcuna distinzione tra precedenti rapporti contrattuali con la medesima o con diversa stazione appaltante, e, dall’altro lato, non si fa riferimento solo alla negligenza o errore professionale, ma, più in generale, all’illecito professionale, che abbraccia molteplici fattispecie, anche diverse dall’errore o negligenza, e include condotte che intervengono non solo in fase di esecuzione contrattuale, come si riteneva nella disciplina previgente, ma anche in fase di gara (le false informazioni, l’omissione di informazioni, il tentativo di influenzare il processo decisionale della stazione appaltante). In tale ventaglio di ipotesi non possono tuttavia rientrare anche i comportamenti anti-concorrenziali, in quanto di per sé estranei al novero delle fattispecie ritenute rilevanti dal legislatore, in attuazione peraltro di una precisa scelta, se si pensi che non sono state riprodotte, nell’àmbito del vigente ordinamento nazionale, le ipotesi di cui alla lett. d) della direttiva 2014/24 – che non è self executing – , relativa agli accordi intesi a falsare la concorrenza (TAR Campania, Salerno, Sez. I, 2 gennaio 2017, n. 10).
 

APPALTI   – Gravi illeciti professionali – Art. 80, c. 5, lett. c) d.lgs. n. 50/2016 – Risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o concessione – Acquiescenza o pronuncia inoppugnabile.

L’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 consente alle stazioni appaltanti di escludere i concorrenti ad una procedura di affidamento di contratti pubblici in presenza di "gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità", con la precisazione che in tali ipotesi rientrano, tra l’altro, "significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata", le quali alternativamente non siano contestate in giudizio dall’appaltatore privato o sia stata "confermata all’esito di un giudizio”; sulla base dell’interpretazione letterale della norma (ex art. 12 delle preleggi) si richiede quindi che al provvedimento di risoluzione sia stata prestata acquiescenza o che lo stesso sia stato confermato in sede giurisdizionale. E questa conferma non può che essere data da una pronuncia di rigetto nel merito della relativa impugnazione divenuta inoppugnabile, come si evince dalla locuzione (ancorché atecnica) "all’esito di un giudizio". (Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2017, n. 1955)
 

APPALTI   – Offerta anomala – Richiesta di giustificazioni – Art. 97, c. 5 d.lgs. n. 50/2016 – Procedimento monofasico, semplificato rispetto al previgente art. 88 d.lgs. n .163/2006 – Esperibilità di ulterioeri fasi di contraddittorio procedimentale – Fondamento.

L’art. 97, c. 5 del d.lgs. n. 50/2016 prevede un’unica richiesta di chiarimenti da parte della stazione appaltante, con un termine di risposta non inferiore a 15 giorni, così delineando un procedimento monofasico e non più trifasico (giustificativi, chiarimenti, contraddittorio) come nel regime precedente(ex art. 88 d.lgs. n. 163/2006). Da ciò, tuttavia, non deriva che l’indicato art. 97 escluda l’esperibilità di ulteriori fasi di contraddittorio procedimentale prima di addivenire all’esclusione, come la richiesta di precisazioni scritte o l’audizione diretta dell’offerente, nel caso in cui le giustificazioni non siano state ritenute sufficienti in quanto affette da incompletezza o, comunque, rimangano dei chiari dubbi e perplessità che il confronto possa dipanare. La circostanza che l’ulteriore fare di confronto procedimentale dopo la presentazione delle giustificazioni non sia più prevista come obbligatoria in ogni caso dalla norma di legge, non esclude infatti che la stazione appaltante non sia tenuta alla richiesta di ulteriori chiarimenti o a una audizione quando le circostanze concrete lo richiedano per l’incompletezza delle giustificazioni (T.A.R. Valle d’Aosta Aosta Sez. Unica, 15-05-2017, n. 29; TAR Campania, Napoli, 19 ottobre 2017, n. 4884).
 

APPALTI   – Offerta anomala – Giudizio di anomalia – Natura globale e sintetica – Irrilevanza di eventuali singole voci di scostamento.

Il giudizio sull’anomalia dell’offerta ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme, con conseguente irrilevanza di eventuali singole voci di scostamento. Altresì, non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, essendo invero finalizzato ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile (Cons. Stato, Sez. III, 13 settembre 2017, n. 4336).

Pres. Conti, Est. Poppi – G. s.p.a. (avv. Pugliano) c. Provincia di Parma (avv. Molinari)


Allegato


Titolo Completo

TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. 1^ - 15 gennaio 2018, n. 18

SENTENZA

 

TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. 1^ – 15 gennaio 2018, n. 18

Pubblicato il 15/01/2018

N. 00018/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00212/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 212 del 2017, proposto da:
Gesta S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio eletto presso l’Avv. Giovanni Pinardi, in Parma, borgo Salnitrara n. 4;

contro

Provincia di Parma, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Annalisa Molinari presso la quale elegge domicilio, in Parma, via Mistrali n. 4;

nei confronti di

Manutencoop Facility Management S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Franco Mastragostino e Cristiana Carpani, con domicilio eletto presso l’Avv. Maurizio Palladini in Parma, borgo San Biagio n. 6;
Siram S.p.A. e Ati con Manutencoop Facility Management S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Piergiorgio Alberti e Paolo Michiara, con domicilio eletto presso il secondo, in Parma, borgo Antini n. 3;

per l’annullamento

in via principale: delle note prot. nn. 22091 del 4 agosto 2017 e 22402 dell’8 agosto 2017, con le quali la Stazione Appaltante resistente ha comunicato l’aggiudicazione definitiva in favore del RTI guidato dalla SIRAM S.p.A.; della Determinazione Dirigenziale n. 736/2017 del 4 agosto 2017, con la quale la Stazione Appaltante resistente ha disposto l’aggiudicazione definitiva in favore del RTI guidato dalla SIRAM S.p.A.; della Determinazione Dirigenziale n. 606/2017 del 29 giugno 2017, con la quale la Stazione Appaltante resistente ha disposto l’aggiudicazione provvisoria in favore del RTI guidato dalla SIRAM S.p.A.; di tutti i verbali di gara in parte qua, ossia nelle parti in cui la Commissione di gara, da un lato, non ha aggiudicato la gara all’odierna ricorrente e, dall’altro, non ha escluso dalla procedura il RTI guidato da SIRAM S.p.A., addirittura aggiudicandogli la gara; della risposta alla domanda n. 2 delle FAQ5, laddove la Stazione appaltante, in stridente contrasto con la legge di gara e soprattutto con il combinato disposto di cui all’art. 80, commi 1 e 5, e all’art. 105, comma 4, D.lgs. 50/2016 e s.m.i., afferma che i subappaltatori non debbano rendere le dichiarazioni ex art. 80 del D. Lgs. n. 50/2016 e s.m.i.; della nota prot n. 20915 del 21 luglio 2017, con la quale la Stazione appaltante, in spregio all’art. 97 del D. Lgs. n. 50/2016 e s.m.i., ha richiesto, nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, ulteriori chiarimenti al RTI aggiudicatario, dopo che lo stesso non aveva per nulla giustificato i lavori oggetto di appalto; di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale, ancorché incognito, che incida sfavorevolmente sulla sfera giuridico-patrimoniale della ricorrente; In via subordinata e comunque condizionata al mancato accoglimento delle censure volte ad ottenere l’aggiudicazione della gara: di tutti gli Atti dell’intera procedura di gara (Bando, Disciplinare, Capitolato e Allegati, Aggiudicazione Definitiva, Graduatoria Finale di merito, Verbali di gara), con obbligo per la Stazione Appaltante resistente di ripetere la procedura di gara e/o rinnovare le operazioni di valutazione dal segmento procedimentale inficiato dai vizi dedotti dalla ricorrente (Violazione e falsa applicazione dell’art. 95 del D. Lgs. 50/2016 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione del metodo del confronto a coppie),

e per la declaratoria di inefficacia del contratto d’appalto eventualmente stipulato e/o stipulando con l’aggiudicatario, nonché per la condanna della Stazione Appaltante resistente al risarcimento in forma specifica, mediante aggiudicazione dell’appalto alla ricorrente e subentro nel contratto eventualmente stipulato ovvero, in subordine, al risarcimento per equivalente dei danni subiti dalla ricorrente in conseguenza dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Parma, di Manutencoop Facility Management S.p.A. e di Siram S.p.A. e Ati con Manutencoop Facility Management S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2017 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con bando spedito in GUCE in data 9 gennaio 2007 la Provincia di Parma (di seguito Provincia) indiceva una procedura di gara per l’affidamento del “servizio di gestione calore e multiservizio tecnologico per gli immobili di proprietà …” per la durata di anni 6 (importo pari a euro 12.780.000,00), da aggiudicarsi mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa

Al termine delle operazioni concorsuali la ricorrente si classificava al secondo posto della graduatoria, alle spalle del RTI controinteressato.

La ricorrente impugnava il descritto esito a tutela del proprio interesse a conseguire l’aggiudicazione del servizio e, in subordine, la disciplina di gara a tutela del proprio interesse strumentale alla riedizione dell’intera procedura, rilevando i seguenti profili di illegittimità:

1. omessa valutazione da parte della Commissione della sanzione adottata dall’AGCM a carico di Manutencoop, mandante del RTI aggiudicatario, per intesa restrittiva della concorrenza;

2. illegittimità dell’inserimento in offerta tecnica di elementi aventi natura economica;

3. mancata esclusione del RTI per inottemperanza alla richiesta di giustificazioni nel termine perentorio di legge;

4. valutazione, in violazione del principio di par condicio, di relazioni e documenti non previsti dalla disciplina di gara ma ugualmente prodotti (e si ritiene, valutati) dal RTI a corredo della propria offerta tecnica;

5. omessa dichiarazione da parte del RTI circa il possesso dei requisiti ex art. 80 del D. Lgs. N. 50/2016 (di seguito Codice) da parte dei subappaltatori;

6. difetto in capo a Siram di una valida certificazione di qualità ISO 9001:2008;

7. (in subordine) illegittimità delle valutazioni tecniche espresse con solo punteggio collegiale della Commissione nonostante la previsione del criterio del “confronto a coppie” che prevede l’espressione di singoli giudizi di preferenza da parte dei Commissari.

La Provincia, Siram e Manutencoop si costituivano in giudizio confutando le avverse doglianze e chiedendo la reiezione del ricorso.

Nella camera di consiglio del 27 settembre 2017 la ricorrente rinunziava all’istanza di sospensiva chiedendo la fissazione a breve dell’udienza di merito.

La ricorrente rassegnava le proprie conclusioni in vista della discussione di merito del ricorso con memoria depositata il 4 dicembre 2017 alla quale le resistenti replicavano con memorie entrambe depositate il 7 successivo.

All’esito della pubblica udienza del 20 dicembre 2017, la causa veniva decisa.

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce che la Stazione appaltante avrebbe omesso ogni valutazione ex art. 80, comma 5, lett. c), del D. Lgs. n. 50/2016 (di seguito Codice) in ordine alla posizione di Manutencoop, mandante del RTI aggiudicatario, in passato colpita da sanzione adottata dall’AGCM per intesa restrittiva del mercato.

A tal proposito evidenzia che Manutencoop, in sede di dichiarazione resa ex art. 80 riferiva:

– che, in data 22 gennaio 2016, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell’ambito del Procedimento I – 785 adottava a proprio carico un provvedimento sanzionatorio per violazione dell’articolo 101 del TFUE comminandole una sanzione amministrativa pecuniaria;

– che detta sanzione veniva impugnata con ricorso parzialmente accolto dal TAR Lazio in data 14 ottobre 2016;

– che la citata sentenza veniva impugnata innanzi al Consiglio di Stato e che il relativo giudizio era pendente.

Ciò nonostante la Stazione appaltante ignorava la circostanza omettendo di valutarla ai fini della verifica del possesso in capo a Manutencoop dei requisiti morali e di affidabilità.

Il mancato esperimento di un sub procedimento di verifica non consentiva, inoltre, di accertare che la sentenza di primo grado (che riteneva sussistente l’illecito anticoncorrenziale accogliendo il ricorso unicamente in relazione alla quantificazione della sanzione) veniva confermata dal Consiglio di Stato precedentemente allo svolgimento delle operazioni di gara.

La ricorrente ritiene che la condotta anticoncorrenziale sanzionata integri un grave illecito professionale ricadente nelle previsioni di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice e che, pertanto, l’omessa considerazione della stessa, indipendentemente dalla rilevanza in concreto che la Commissione avrebbe potuto attribuirle, integri un difetto di istruttoria suscettibile di travolgere l’intera procedura.

A sostegno della tesi esposta la ricorrente allega:

– il testo dell’art.57, comma 4, lett. d), Direttiva 2014/24/UE, laddove prescrive che le Amministrazioni aggiudicatrici possono escludere dalla partecipazione a una gara l’operatore economico qualora la stessa Amministrazione disponga di indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che il concorrente abbia sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza;

– il Considerando n. 101 della Direttiva 2014/24/UE ove si afferma che le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero continuare ad avere la possibilità di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili, per esempio a causa di violazioni di obblighi ambientali o sociali, comprese le norme in materia di accessibilità per le persone con disabilità, o di altre forme di grave violazione dei doveri professionali, come le violazioni di norme in materia di concorrenza;

– la giurisprudenza europea per la quale “la commissione di un’infrazione alle regole della concorrenza, in particolare qualora tale infrazione sia stata sanzionata con un’ammenda, costituisce una causa di esclusione rientrante nell’articolo 45, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2004/18” (Corte Giustizia, sez. X,18/12/2014, n. 470, punto 35);

– la giurisprudenza del Consiglio di Stato laddove afferma che la “previsione dell’art. 80, comma 5, lett. c), del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 50 del 2016, che, invero, seppure non con cartesiana chiarezza, sembra segnare una soluzione di continuità rispetto al passato, attribuendo un qualche valore, come ritenuto dalle Linee Guida n. 6 del 2016 dell’A.N.A.C., anche alla luce del precedente della Corte Giustizia U.E., X, 18 dicembre 2014, in causa C-470/13 , ad evenienze come quella di cui si tratta, enucleando nell’ambito della categoria dei “gravi illeciti professionali” anche “il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio”, come pure il fornire “informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione…” (Cons. Stato, Sez. V, 17 luglio 2017, n. 3505).

La Provincia si difende affermando, sotto un primo profilo, che la sanzione riportata da Manutencoop non poteva di per sé determinarne l’esclusione ai sensi dell’invocato art. 80, comma 5, lett. c); sotto un secondo profilo, che la sanzione dichiarata da Manutencoop veniva impugnata e che non essendo per tale ragione definitivamente accertata, non poteva rilevare nei sensi invocati dalla ricorrente; sotto un terzo profilo che la sanzione in questione veniva riportata da Manutencoop in un diverso mercato (servizi di pulizia) e quindi non rileverebbe in questa sede (servizio calore).

A conferma della non definitività della sanzione (che giustificherebbe la mancata considerazione della medesima) si allega che la decisione del Consiglio di Stato che confermava la sentenza di primo grado veniva pubblicata il 28 febbraio 2017, ovvero, il giorno successivo al termine di scadenza per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara, e che la stessa decisione veniva impugnata con ricorso in cassazione (il relativo giudizio è tuttora pendente).

La Provincia allega ulteriormente a comprova della legittimità del proprio operato che con ordinanza del TAR Lazio n. 3557 del 12 luglio 2017 veniva sospesa l’esclusione di Manutencoop da una diversa procedura di gara a causa della medesima sanzione, in ragione della mancata considerazione in quella sede delle misure di self cleaning nelle more adottate dall’impresa.

SIRAM contesta la fondatezza delle avverse censure richiamando il principio di tassatività delle clausole di esclusione ed affermando che una eventuale misura espulsiva non potrebbe mai operare in via automatica in ragione della sanzione riportata e che potrebbe essere determinata “solo ed esclusivamente dalla Stazione appaltante che ha bandito la gara oggetto della condotta dolosa, che ha quindi tutti gli elementi per compiere gli approfondimenti, anche di fatto, sul caso” (pag. 3 della memoria datata 25 settembre 2017).

Allega, inoltre (esibendo giurisprudenza sul punto) che la sanzione comminata dall’Antitrust non rileverebbe ai sensi dell’invocato art. 80, comma 5, lett. c).

Il motivo è infondato.

Preliminarmente il Collegio precisa che, contrariamente a quanto affermato dalle resistenti, con il presente capo d’impugnazione la ricorrente non lamenta la mancata esclusione del RTI aggiudicatario quale effetto automatico della sanzione riportata dalla mandante ma deduce l’illegittimità della mancata valutazione da parte della Commissione dell’illecito anticoncorrenziale contestato a Manutencoop.

Deve riconoscersi che sul punto il ricorso si presta ad equivoci atteso che la ricorrente, in un primo tempo, sintetizzando in funzione anticipatoria le proprie doglianze, afferma che “la mandante MANTENCOOP doveva essere esclusa dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016 e s.m.i. essendo stata destinataria di un provvedimento sanzionatorio dell’AGCM per aver posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’art. 101 del TFUE” (pagg. 4 e 5 del ricorso).

Tuttavia, in sede di formulazione della censura (a seguito della formale rubricazione del motivo), la stessa ricorrente precisa che “l’aggiudicazione disposta in favore della SIRAM è viziata poiché – all’esito dell’esame della documentazione di gara – vi è contezza sul fatto che la Stazione appaltante non abbia compiuto alcuna valutazione/istruttoria volta a verificare – normativa vigente alla mano [art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016] – se l’ammissione alla gara della mandante MANUTENCOOP e quindi del RTI aggiudicatario sia conforme o meno alle regole di rango comunitario e nazionale dettate in materia di necessario possesso dei requisiti morali” (pag. 7 del ricorso).

Non può pertanto dubitarsi che il vizio dedotto si sostanzi nell’omessa valutazione del precedente in questione, rilevante ai fini del giudizio di completezza dell’istruttoria, e non nella mancata esclusione dell’aggiudicataria quale effetto automatico dell’esistenza di una sanzione a carico della stessa, con conseguente irrilevanza ai fini in esame dell’invocato (da parte delle resistenti) principio di tassatività delle cause di esclusione.

Deve pertanto rilevarsi l’inconferenza del precedente costituito dalla citata ordinanza del TAR Lazio n. 3557/2017 atteso che la sufficienza delle misura di self cleaning adottate dall’impresa colpita da sanzione non potrebbe, in ogni caso, fare stato nel presente giudizio ove si contesta appunto la mancata valutazione della vicenda (valutazione che avrebbe comportato un autonomo giudizio della Provincia esteso anche alla sufficienza delle misure adottate).

Chiarito nei suesposti termini l’ambito dell’indagine riservata al Collegio, si rileva che la norma invocata dalla ricorrente dispone che “le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora: … c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.

Circa lo specifico profilo deve rilevarsi che la più recente giurisprudenza ha in più occasioni ritenuto che gli illeciti anticoncorrenziali non rientrino nell’ambito di applicazione della norma invocata dalla ricorrente.

In particolare è stato affermato che “la sanzione irrogata dall’AGCM non può essere astrattamente ricondotta alla norma di cui all’art. 80 laddove discorre di “altre sanzioni” tra le conseguenze che possono derivare dalla violazione dei doveri professionali e segnatamente dalle “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione”. Come precisato nel parere (n. 2286/2016 in data 3 novembre 2016) reso dalla commissione speciale del Consiglio di Stato (in relazione alle redigende Linee guida ANAC “indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del codice”) <<possono essere considerate come “altre sanzioni”, l’incameramento delle garanzie di esecuzione o l’applicazione di penali, fermo che la sola applicazione di una clausola penale non è di per sé sintomo di grave illecito professionale, specie nel caso di applicazione di penali in misura modesta >>. Lo stesso Massimo Consesso di GA, nel medesimo parere reso sulla proposta di linee guida dell’ANAC dal Consiglio di Stato in sede consultiva nella nuova disciplina, ha evidenziato che la previsione di cui all’art. 80 ha una portata molto più ampia, in quanto, da un lato, non si opera alcuna distinzione tra precedenti rapporti contrattuali con la medesima o con diversa stazione appaltante, e, dall’altro lato, non si fa riferimento solo alla negligenza o errore professionale, ma, più in generale, all’illecito professionale, che abbraccia molteplici fattispecie, anche diverse dall’errore o negligenza, e include condotte che intervengono non solo in fase di esecuzione contrattuale, come si riteneva nella disciplina previgente, ma anche in fase di gara (le false informazioni, l’omissione di informazioni, il tentativo di influenzare il processo decisionale della stazione appaltante)”. In tale ventaglio di ipotesi non possono tuttavia rientrare, a parere del Collegio, anche i comportamenti anti-concorrenziali, in quanto di per sé estranei al novero delle fattispecie ritenute rilevanti dal legislatore, in attuazione peraltro di una precisa scelta, se si pensi che non sono state riprodotte, nell’àmbito del vigente ordinamento nazionale, le ipotesi di cui alla lett. d) della direttiva 2014/24, relativa agli accordi intesi a falsare la concorrenza” (TAR Campania, Salerno, Sez. I, 2 gennaio 2017, n. 10).

Detta conclusione non è contraddetta dal testo dell’art. 57 della citata Direttiva 24 atteso che la possibilità di procedere all’esclusione dell’impresa che ha sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza è ivi prevista come mera facoltà.

La norma comunitaria in questione, inoltre, come già rilevato in giurisprudenza “non avendo carattere puntualmente completo e dettagliato, non è self executing" (TAR Puglia, Lecce, Sez. III, 22 dicembre 2016, n. 1935).

La sanzione antitrust irrogata a Manutencoop sarebbe, peraltro, irrilevante (nei sensi invocati dalla ricorrente) sotto altro profilo.

Anche nell’ipotesi in cui si volesse ricondurre la condotta sanzionata in capo a Manutencoop nella definizione di grave illecito professionale (posizione sostenuta nella citata ordinanza n. 3575/2012 invocata dalla stessa Provincia laddove precisa che “nella nozione di “errore nell’esercizio dell’attività professionale”, quale delineata dall’art. 38, comma 1, lett) f) del d.lgs. n. 163/2006, rientra(va) a buon diritto, anche la commissione di illeciti concorrenziali, accertati dalla competente Autorità, posto che la normativa antitrust è espressione degli stessi principi ispiratori delle disposizioni, comunitarie e nazionali, in materia di affidamento delle pubbliche commesse; né la disposizione in esame, diversamente da quella relativa alla distinta fattispecie delle “grave negligenza o inadempimento”, risulta limitata alla specifica fase dell’esecuzione della prestazione contrattuale, trattandosi, in sostanza, di una formula di chiusura, in ordine alla quale può rilevare anche la violazione di regole deontologiche e, più in un generale, della cornice legale in cui gli imprenditori debbono operare”), l’omessa valutazione da parte della Commissione della sanzione sarebbe in ogni caso superata dalla circostanza che detta misura non può considerarsi come definitivamente accertata con conseguente inidoneità della stessa a determinare un effetto espulsivo dalla procedura di gara.

La sanzione, infatti, veniva impugnata con ricorso accolto in parte dal TAR Lazio (Sez. I, 14 ottobre 2016, n. 10309), confermata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con decisione n. 9322 del 28 febbraio 2017 (intervenuta in corso di procedura concorsuale), anche questa impugnata con ricorso in Cassazione (giudizio tuttora pendente).

La giurisprudenza, affrontando lo specifico profilo, ha avuto modo di precisare che “l’art. 80, comma 5, lett. c), consente alle stazioni appaltanti di escludere i concorrenti ad una procedura di affidamento di contratti pubblici in presenza di "gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità" [fra i quali devono essere compresi come anticipato gli illeciti concorrenziali], con la precisazione che in tali ipotesi rientrano, tra l’altro, "significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata", le quali alternativamente non siano contestate in giudizio dall’appaltatore privato o – per venire al caso che interessa nel presente giudizio – sia stata "confermata all’esito di un giudizio”, precisando ulteriormente che “sulla base dell’interpretazione letterale della norma (ex art. 12 delle preleggi) si richiede quindi che al provvedimento di risoluzione sia stata prestata acquiescenza o che lo stesso sia stato confermato in sede giurisdizionale. E questa conferma non può che essere data da una pronuncia di rigetto nel merito della relativa impugnazione divenuta inoppugnabile, come si evince dalla locuzione (ancorché atecnica) "all’esito di un giudizio". (Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2017, n. 1955)

L’impossibilità da parte della Stazione appaltante di procedere all’esclusione del RTI aggiudicatario ex art. 80, comma 5, lett. c) del Codice in ragione della sanzione antitrust riportata dalla mandante (perché non rientrante, per le suesposte ragioni, nelle ipotesi regolate dalla norma) e, in ogni caso, a causa della non definitività della stessa, rende il presente capo d’impugnazione non sorretto da un concreto ed attuale interesse.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce che la Provincia avrebbe dovuto escludere il RTI per aver inserito nell’offerta tecnica degli elementi di natura economica migliorativi (e quindi, modificativi) delle condizioni stabilite dalla lex specialis in violazione del principio di separazione tra gli aspetti economici e quelli tecnici dell’offerta.

Espone a tal proposito che l’art. 2.7 del Capitolato Speciale d’Appalto, rubricato “Manutenzione straordinaria”, prevedeva che per detti interventi i relativi costi debbano essere posti a carico della Stazione appaltante sino ad un importo pari a 500,00 € mentre eventuali eccedenze siano poste a carico dell’appaltatore.

L’art. 13.4 del Disciplinare di gara, prevedeva a pena di esclusione, che l’offerta tecnica non avrebbe dovuto contenere alcun riferimento ad elementi economici.

In violazione di detta clausola il RTI in sede di offerta modificava il richiamato importo della franchigia prevista per gli interventi di manutenzione assumendosi l’impegno di farvi fronte sino ad un costo per intervento pari a 600,00 €.

Il RTI, pertanto, doveva secondo la ricorrente essere escluso dalla gara per aver inserito nell’offerta economica elementi economici violando il principio di separazione fra offerta a tecnica e offerta economica e, in particolare, l’art. 13.4 del Disciplinare di gara.

Il motivo è infondato.

L’art. 13.4 del Disciplinare disponeva che “a pena di esclusione, in nessun punto dell’offerta tecnica dovrà essere riportato alcun riferimento ad elementi economici”.

Tuttavia il medesimo articolo prevedeva che le concorrenti illustrassero in sede di offerta tecnica le “maggiori soluzioni e/o ulteriori servizi proposti al fine di migliorare la gestione dei servizi in appalto con particolare riguardo al miglioramento delle condizioni di manutenzione e di fruibilità del patrimonio e ad interventi atti a ridurre i costi generali di gestione”.

La disposizione da ultimo richiamata, che non è oggetto di impugnazione, consente pertanto l’esplicitazione in sede di formulazione dell’offerta tecnica di soluzioni atte a migliorare le “condizioni di manutenzione” riducendo “i costi di gestione”.

Che l’aumento della franchigia si inquadri a pieno titolo fra le misure tese alla riduzione dei costi di gestione ammesse, anzi richieste dal Disciplinare, non è contestabile. Né può ritenersi che, una volta attribuita rilevanza sotto il profilo tecnico ad una riduzione dei costi, questa non possa essere espressa con grandezze suscettibili di apprezzamento economico.

Sul punto il Collegio riconosce che la disciplina di gara presenta sul punto margini di ambiguità ma ritiene che la contraddizione fra le due clausole contenute nell’art. 13.4 del Disciplinare debba essere risolta in senso conforme al principio di massima partecipazione.

Diversamente opinando si perverrebbe alla conclusione di legittimare misure espulsive in ragione di condotte conformi alla disciplina di gara.

Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce l’illegittimità del procedimento di verifica dell’anomalia attivato dalla Stazione appaltante rilevando, sotto un primo profilo, l’illegittima reiterazione da parte della Commissione della richiesta di chiarimenti a fronte di una prima integrazione non esaustiva; sotto un secondo profilo, la mancata giustificazione, anche nella seconda nota di chiarimento, dei costi dei lavori oggetto dell’appalto.

Espone la ricorrente che con nota del 28 giugno 2017 la Stazione appaltante richiedeva i giustificativi dell’intera offerta all’ATI SIRAM circa “l’economia del processo di fabbricazione dei prodotti, dei servizi prestati o del metodo di costruzione; – le soluzioni tecniche prescelte o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente per fornire i prodotti, per prestare i servizi o per eseguire i lavori; – l’originalità dei lavori, delle forniture o dei servizi proposti dall’offerente; necessari e sufficienti per giustificare i prezzi proposti nell’offerta” concedendo un termine superiore ai 15 giorni.

Il RTI, con comunicazione del 12 luglio 2017 forniva giustificazioni incomplete tralasciando di giustificare i lavori oggetto di appalto.

Deduce in particolare la ricorrente che ai fini di una corretta verifica dell’anomalia ai sensi dell’art. 97, comma 5 del Codice non fosse sufficiente la sola esposizione del valore complessivo dei lavori ma, al contrario, il RTI avrebbe dovuto fornire la giustificazione dei singoli prezzi esplicitati in ognuno dei 22 Computi Metrici Estimativi, scomponendo ognuno di questi nelle varie parti di cui si compone e cioè: a) Materiali; b) Noli, trasporti, mezzi d’opera; c) Manodopera per la realizzazione; d) Spese Generali (se applicabili); e) Utili di Impresa (se applicabili).

L’Amministrazione, secondo la ricorrente, in ragione della descritta incompletezza dei chiarimenti forniti, avrebbe dovuto procedere all’esclusone del RTI mentre, contravvenendo a quanto disposto dall’art. 97 del Codice, che non consentirebbe di reiterare le richieste di giustificazioni, avanzava una nuova richiesta di chiarimenti con nota del 21 luglio 2017.

In tale occasione, la Stazione appaltante evidenziava che : “1) l’importo di tabella (interventi di adeguamento normativo e riqualificazione tecnologica previsti dal Disciplinare di gara) quantificato in € 811.200,52, totale intero appalto, non trova riscontro numerico sia nei parziali che nelle sommatorie ricavate dai quadri dell’offerta economica; 2) gli importi di dettaglio degli “interventi di adeguamento normativo e riqualificazione tecnologica previsti dal Disciplinare di Gara” al “di cui” (parziali di € 209.900 ed € 15.000) non trovano riferimento di congruità con le somme del capitolato di gara inoltre risultano di valore superiore al totale del capitolo Investimenti, pari a € 154.741,31; 3) nella voce “combustibili” è necessario esplicitare gli importi indicati come risultato dei consumi dei vettori energetici (mc e KWh) per i costi unitari e come questi siano stati ricavati; è inoltre utile conoscere il risparmio degli stessi vettori rispetto agli attuali consumi”.

Il RTI riscontrava la seconda richiesta di chiarimenti con comunicazione del 27 luglio 2017 ma, si afferma in ricorso, senza giustificare nemmeno in tale occasione i lavori oggetto di appalto, limitandosi a fornire unicamente chiarimenti su un singolo aspetto degli stessi, ossia il costo della manodopera.

Il motivo è infondato.

L’art. 97, comma 5, del Codice dispone che “la stazione appaltante richiede per iscritto, assegnando al concorrente un termine non inferiore a quindici giorni, la presentazione, per iscritto, delle spiegazioni. Essa esclude l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 4 o se ha accertato, con le modalità di cui al primo periodo, che l’offerta è anormalmente bassa …”.

La giurisprudenza, sul punto, ha avuto modo di rilevare che “il comma 5 dell’art. 97 in questione prevede un’unica richiesta di chiarimenti da parte della stazione appaltante, con un termine di risposta non inferiore a 15 giorni, così delineando un procedimento monofasico e non più trifasico (giustificativi, chiarimenti, contraddittorio) come nel regime precedente (T.A.R. Valle d’Aosta Aosta Sez. Unica, 15-05-2017, n. 29). Da ciò, tuttavia, non deriva che l’indicato art. 97, delineando un procedimento semplificato rispetto a quello ex art. 88 del D.Lgs. n. 163/2006, escluda l’esperibilità di ulteriori fasi di contraddittorio procedimentale prima di addivenire all’esclusione, come la richiesta di precisazioni scritte o l’audizione diretta dell’offerente, nel caso in cui le giustificazioni non siano state ritenute sufficienti in quanto affette da incompletezza o, comunque, rimangano dei chiari dubbi e perplessità che il confronto possa dipanare. …La circostanza che l’ulteriore fare di confronto procedimentale dopo la presentazione delle giustificazioni non sia più prevista come obbligatoria in ogni caso dalla norma di legge, non esclude infatti che la stazione appaltante non sia tenuta alla richiesta di ulteriori chiarimenti o a una audizione quando le circostanze concrete lo richiedano per l’incompletezza delle giustificazioni” (TAR Campania, Napoli, 19 ottobre 2017, n. 4884).

Ne deriva la piena legittimità dell’operato dell’Amministrazione cui, anche nel vigore del vigente Codice, non è inibito procedere ad approfondimenti istruttori in ordine alle giustificazioni fornite dal concorrente esperendo, come affermato dalla richiamata giurisprudenza, “ulteriori fasi di contraddittorio procedimentale”.

Quanto alla pretesa anomalia dell’offerta del RTI aggiudicatario, si rileva che la ricorrente non fornisce alcun principio di prova limitandosi, come già esposto, a censurare il procedimento seguito (nella parte in cui si articola in due richieste di chiarimenti) e ad affermare la mancata giustificazione dell’importo totale dei lavori di adeguamento normativo e di riqualificazione tecnologica anche all’esito della seconda nota di chiarimento.

Con riferimento a tale specifico profilo, infatti, evidenzia unicamente che detto importo veniva specificato in € 811.200,52 nella tabella giustificativa e rideterminato in € 980.027,04 nell’offerta economica e afferma che “l’importo pari alla differenza tra € 980.027,04 e € 811.200,52, cioè € 168.826,52” corrisponderebbe “a qualcosa” che “allo stato non ci è dato di sapere e che la Stazione appaltate non ha per nulla valutato” (pag. 21 del ricorso)

All’esposizione dell’importo che si assume non essere giustificato pari a € 168.826,52 (importo di irrisoria incidenza percentuale sul valore complessivo dell’appalto), non segue, tuttavia, alcuna allegazione circa le ragioni per le quali l’offerta sarebbe insostenibile o incongrua.

La circostanza determina l’infondatezza della dedotta anomalia dell’offerta del RTI atteso che, come ripetutamente precisato dalla giurisprudenza, “il giudizio sull’anomalia dell’offerta ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme, con conseguente irrilevanza di eventuali singole voci di scostamento. Altresì, non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, essendo invero finalizzato ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile” (Cons. Stato, Sez. III, 13 settembre 2017, n. 4336).

La mancanza di puntuali allegazioni circa la complessiva insostenibilità dell’offerta del RTI non consente in questa sede uno scrutinio dei giudizi espressi dalla Commissione di gara sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell’istruttoria (unico sindacato ammesso in giudizio) restando inibita al Collegio una autonoma verifica della congruità dell’offerta presentata e delle sue singole voci che si tradurrebbe in una inammissibile invasione di ambiti riservati all’Amministrazione (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 963).

Lo specifico profilo lamentato dalla ricorrente veniva esaminato dall’Amministrazione sulla base delle giustificazioni fornite (il citato scostamento veniva giustificato allegando come in sede di giustificativi debbano essere esposti i costi dei lavori in questione mentre in sede di offerta economica debba essere esposto il prezzo al quale il servizio viene offerto) e veniva ritenuto, con giudizio per le suesposte ragioni non sindacabile in questa sede, che non inficiasse la complessiva attendibilità e congruità dell’offerta. Conclusione che non viene confutata con puntuali allegazioni dalla ricorrente che, come ampiamente esposto, si limita a affermare genericamente l’incongruità dell’offerta sulla base di un valore, di modesto importo, che a suo dire non troverebbe giustificazione.

Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente sostiene che il RTI doveva essere escluso dalla procedura per aver inserito nel progetto tecnico relazioni e documenti non richiesti (né ammessi) in violazione della lex specialis che la Commissione esaminava ugualmente violando in tal modo il principio di par condicio concorrentium.

Espone a tal proposito che l’art. 13.4 del Disciplinare di gara, perseguendo lo scopo di rendere omogenee le offerte in gara, riportava con chiarezza le modalità di presentazione dei documenti affinché la Commissione potesse procedere alle valutazioni del caso in modo trasparente e imparziale (il riferimento è a limiti dimensionali delle produzioni documentali).

Quanto al “Progetto della Gestione del Servizio”, era specificato che il documento avrebbe dovuto essere composto da una relazione da redigersi entro il numero massimo di 100 pagine e 8 allegati mentre l’offerta del RTI all’Allegato 08 “Piano di Manutenzione dettagliato per immobile” riporta un documento word con tabelle esplicative di 328 pagine.

Relativamente al “Progetto dei Lavori di Riqualificazione” era previsto espressamente che per ogni edificio interessato al servizio il concorrente dovesse depositare una relazione di 20 pagine alla quale potevano essere allegati computi metrici non estimativi, cronoprogrammi e elaborati grafici, mentre il RTI corredava la produzione con una pluralità di ulteriori relazioni.

Il mancato rispetto da parte dell’aggiudicatario dei limiti dimensionali imposti avrebbe dovuto determinarne l’esclusione.

Il motivo è infondato.

Il Disciplinare di gara non imponeva il rispetto di un preciso dato dimensionale ma invitava i concorrenti (come reso palese dall’utilizzo dell’espressione “si invitano i concorrenti a contenere….”) a rispettare il numero massimo di pagine e di allegati consigliato.

A fronte di detta previsione, inoltre, la disciplina di gara non prevedeva alcuna espressa comminatoria di esclusione.

Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente deduce l’illegittimità della mancata esclusione dell’aggiudicatario per omessa dichiarazione circa il possesso da parte dei subappaltatori dei requisiti di ordine generale.

Espone che il Disciplinare di gara, all’art. 7.1, prevedeva che le “imprese partecipanti devono soddisfare, pena l’esclusione, i seguenti requisiti di ordine generale: A.1) Inesistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 80 del D.Lgs. 50/2016” e che l’art. 10 prevede che “le norme che regolano gli affidamenti in subappalto o in cottimo sono quelle previste dall’art. 105 del D.Lgs. 50/2016”.

L’obbligo derivante dal rispetto delle illustrate clausole di gara non potrebbe essere eluso, come avvenuto, sulla sola base dei contenuti di un chiarimento (n. 2 FAQ) anche in ragione della natura eterointegrativa delle norma di cui agli artt. 80 e 105 del Codice.

Con il medesimo capo d’impugnazione la ricorrente, qualora l’omissione rilevata dovesse essere ritenuta giustificata dal fuorviante chiarimento fornito dalla Stazione appaltante, chiede in subordine l’annullamento dell’intera procedura di gara, perché falsata.

In ulteriore subordine, qualora il Collegio ritenga che la Commissione avrebbe potuto sanare il vizio ricorrendo al soccorso istruttorio, la ricorrente chiede l’annullamento della procedura per altro motivo.

Evidenzia a tal proposito che la disciplina di gara prevedeva la valutazione delle offerte tecniche mediante il confronto a coppie e l’esito della valutazione ricorrendo a tale criterio è influenzato dal numero di partecipanti.

Ciò premesso afferma che non vi sarebbe “certezza alcuna che i concorrenti che – a differenza di GESTA – non hanno depositato le dichiarazioni ex art. 80 sui subappaltatori, avrebbero depositato tali dichiarazioni nell’eventuale termine perentorio concesso da un’avveduta Commissione di gara col soccorso istruttorio, tantomeno che i subappaltatori in questione abbiano i requisiti di ordine generale. Pertanto, non vi è chi non veda come l’intera procedura debba essere annullata e ripetuta integralmente: essendo mancato un segmento procedimentale in fase di verifica della documentazione amministrativa (verifica sul possesso dei requisiti di ordine generale dei subappaltatori), oggi (a procedura terminata) non si può ritenere con assoluta certezza che sarebbero stati ammessi alla fase di valutazione delle offerte tecniche gli stessi concorrenti concretamente scrutinati. Di conseguenza, non possono essere fatti salvi i punteggi delle offerte tecniche, ottenuti dai concorrenti mediante il metodo del “confronto a coppie” (punteggi che variano a seconda del numero dei concorrenti e delle proposte effettivamente esaminate), e, dunque, la gara deve essere annullata” (pagg. 27 e 28 del ricorso).

Il motivo è infondato.

A tacere del fatto che la presentazione delle dichiarazioni in questione non era richiesta dalla disciplina di gara (e quindi non poteva costituire causa di esclusione), non è contestato da parte ricorrente che il RTI aggiudicatario possieda in proprio i requisiti per assolvere agli obblighi contrattuali.

In sede di chiarimenti, inoltre, al quesito “é corretto interpretare che i subappaltatori indicati nella domanda di partecipazione e dichiarazione dei requisiti di gara (Modello A) non debbano presentare alcuna documentazione?” la Stazione appaltante precisava “dei subappaltatori indicati al punto 4 della domanda di partecipazione e dichiarazione dei requisiti di gara (Allegato A), non occorre, in sede di gara, allegare nessuna documentazione. Ai sensi dell’art. 105 c. 4 lett. a) del D.Lgs. 50/2016, i concorrenti devono indicare in sede di partecipazione le attività o le parti di esse che intendono subappaltare. Essendo l’importo dell’appalto superiore alla soglia di cui all’art. 35 del D. Lgs. 50/2016, è obbligatoria l’indicazione della terna di subappaltatori già in sede di gara. Nel caso in cui risulti aggiudicatario dell’appalto, il concorrente che non abbia fornito tale indicazione o che abbia dichiarato di non volersi avvalere della facoltà di subappaltare, non potrà ottenere dall’Amministrazione Aggiudicatrice alcuna autorizzazione al subappalto e dovrà svolgere

l’appalto esclusivamente con la propria organizzazione di mezzi e personale”.

La evidenziata omissione, pertanto, non poteva determinare, come afferma la ricorrente, l’esclusione della concorrente dalla gara.

Quanto alla censura proposta in via subordinata (in ipotesi di legittimo esperimento del soccorso istruttorio), deve rilevarsi l’assoluta genericità della doglianza (specificata in una potenziale alterazione del meccanismo di confronto a coppie) espressa in via del tutto ipotetica e senza alcuna allegazione a sostegno della tesi del difetto in concreto dei requisiti in questione in capo ai subappaltatori indicati dalle imprese concorrenti.

Con riferimento al sesto motivo di ricorso, con il quale la ricorrente deduceva la mancata comprova del continuativo possesso da parte del RTI della prescritta certificazione UNI EN ISO 9001, la censura veniva rinunziata a seguito della prova contraria fornita in giudizio.

Con il settimo e ultimo motivo di ricorso (proposto in via subordinata (“motivo subordinato di diritto”) la ricorrente censura la legittimità dei giudizi tecnici espressi dalla Commissione allegando l’erronea applicazione del metodo di valutazione del confronto a coppie.

Espone in particolare che ai sensi dell’art. 14.1 del Disciplinare le offerte dovevano essere valutate applicando il metodo del “confronto a coppie” di cui all’Allegato P, lettera a), punto 2, del DPR 207/2010 basato sul calcolo della media dei coefficienti di preferenza espressi singolarmente da ciascun singolo Commissario per ciascuno dei criteri definiti e per ciascun concorrente.

Nel caso di specie, afferma la ricorrente, la Commissione di gara avrebbe “agito solo collegialmente attraverso un esame congiunto delle proposte tecniche” procedendo all’attribuzione dei punteggi “sempre collegialmente e non individualmente (come invece prevede la normativa vigente)”.

In altri termini “i tre commissari non avrebbero espresso le proprie singole e autonome preferenze, ma un unico voto collettivo per ogni concorrente, valutato singolarmente” (pag. 30 del ricorso).

La doglianza trova smentita in atti.

La Provincia ha depositato (doc. 19) le “matrici triangolari dei singoli commissari” dalle quali si evince la correttezza e conformità dell’operato dei Commissari.

La circostanza che detto documento, nel formato digitale, non consenta (come contestato dalla ricorrente) la comprensione dei singoli punteggi assegnati è irrilevante.

A tacere del fatto che non è oggetto di censura la congruità delle singole valutazioni dei Commissari ma il rispetto da parte dei medesimi della procedura di confronto stabilita dalla lex specialis di gara, i dati in questione sono nella quasi totalità leggibili e comprovano che, contrariamente a quanto sostenuto, non vi è stata alcuna sostituzione del giudizio collegiale della Commissione a quelli dei singoli Commissari.

In ogni caso, la censura in questione trova smentita nei verbali di gara relativi alle sedute riservate n. 3 e 4 ove si afferma che “il punteggio è determinato dalla media dei coefficienti, variabili da zero a uno, calcolati da ciascun commissario mediante il confronto a coppie di ciascun elemento di natura qualitativa relativa ciascun offerente costruendo una matrice triangolare e riparametrando proporzionalmente uno a uno i punteggi”.

Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.

La specificità delle questioni oggetto del giudizio e l’assenza sino a tempi recenti di una uniforme posizione della giurisprudenza in ordine ai temi introdotti con il primo motivo di ricorso, determina la compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Conti, Presidente
Anna Maria Verlengia, Consigliere
Marco Poppi, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Marco Poppi
        
IL PRESIDENTE
Sergio Conti
        
        
IL SEGRETARIO
 

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