Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Maltrattamento animali Numero: 1448 | Data di udienza: 13 Settembre 2017

MALTRATTAMENTO ANIMALI – Maltrattamento con crudeltà e senza necessità (112 cuccioli di cane) – Esercizio dell’attività di commercio animali – Contraffazione di passaporti canini – Artt. 477, 482, 515 e 544-ter c.p. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Concessione delle attenuanti generiche – Meritevolezza – Obbligo di analitica motivazione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 15 Gennaio 2018
Numero: 1448
Data di udienza: 13 Settembre 2017
Presidente: SAVANI
Estensore: CIRIELLO


Premassima

MALTRATTAMENTO ANIMALI – Maltrattamento con crudeltà e senza necessità (112 cuccioli di cane) – Esercizio dell’attività di commercio animali – Contraffazione di passaporti canini – Artt. 477, 482, 515 e 544-ter c.p. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Concessione delle attenuanti generiche – Meritevolezza – Obbligo di analitica motivazione.



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/01/2018 (Ud. 13/09/2017) Sentenza n.1448
 

MALTRATTAMENTO ANIMALI – Maltrattamento con crudeltà e senza necessità (112 cuccioli di cane) – Esercizio dell’attività di commercio animali – Contraffazione di passaporti canini – Artt. 477, 482, 515 e 544-ter c.p..
 
Configura l’elemento oggettivo e soggettivo del reato, di cui all’art. 544-ter del codice penale, il maltrattato con crudeltà e senza necessità di cuccioli di cane, cagionando loro delle lesioni e allontanandoli prematuramente dalla madre ostacolandone la corretta crescita e l’adeguato sviluppo. Nella specie, allo scopo di commercio, i cuccioli erano detenuti ammassati all’interno di casse di plastica troppo piccole per il numero dei cuccioli ivi posti, nelle ciotole situate all’interno delle casse di plastica cibo e acqua, le ciotole erano sporche di trucioli di legno e pezzi di carta, che costituivano la lettiera delle casse di plastica; il locale ove erano poste le casse di plastica aveva un pavimento in calcestruzzo non lavabile, nè erano presenti lavandini o comunque fonti di acqua necessaria per la pulizia; il sistema di riscaldamento non consentiva il mantenimento di una temperatura omogenea e sufficiente a riscaldare i cuccioli, inoltre si sviluppava tramite un sistema di ventilazione controindicato rispetto al rischio di diffusione dei virus; mentre, i cuccioli in condizioni di salute più gravi erano tenuti in una stanza separata, fatiscente, con acqua gocciolante dal soffitto, in casse di plastica sotto lampade ad infrarossi inidonee ad aumentare la temperatura; un cucciolo agonizzante -poi deceduto- veniva rinvenuto in un freezer in disuso, avvolto in una coperta. 
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Concessione delle attenuanti generiche – Meritevolezza – Obbligo di analitica motivazione.
 
In tema di attenuanti generiche, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo l’affermata insussistenza. Al contrario, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio. In altri termini, dunque, va ribadito che l’obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta.
 
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 14/07 /2016 – CORTE APPELLO di MILANO) Pres. SAVANI, Rel. CIRIELLO, Ric. Giaroli
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/01/2018 (Ud. 13/09/2017) Sentenza n.1448

SENTENZA

 

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/01/2018 (Ud. 13/09/2017) Sentenza n.1448
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da GIAROLI DANIELE nato il 08/09/1977 a MONTECCHIO EMILIA
 
avverso la sentenza del 14/07 /2016 della CORTE APPELLO di MILANO
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONELLA CIRIELLO
 
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PASQUALE FIMIANI che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso
 
Udito il difensore presente, Avv. Mario Gerundo in sostituzione dell’avv.Francesco Scifo che chiede l’accoglimento del ricorso
 
RITENUTO IN FATTO
 
1.- Con sentenza del 14.07.2016 la Corte di Appello di Milano, per quanto qui rileva, ha confermato la sentenza del 04.12.2014 del Tribunale di Lodi, che aveva condannato Giaroli Daniele, oltre che alle pene accessorie, alla pena di anni tre di reclusione e al risarcimento nei confronti della parte civile costituita, da determinarsi innanzi il giudice civile, e al pagamento di una provvisionale di euro 15.000,00, per avere il medesimo, in qualità di titolare dell’impresa "IL FOLLO COUNTRY", con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e in concorso con altri:
– in violazione dell’art. 544 ter, commi 1,2 e 3, c.p., maltrattato con crudeltà e senza necessità 112 cuccioli di cane, cagionando loro delle lesioni, allontanandoli prematuramente dalla madre ostacolandone la corretta crescita e l’adeguato sviluppo, sottoponendoli a trattamenti di vaccinazione antirabbica prima del tempo, comportando così la morte di 28 cuccioli per malattie quali il cimurro e la parvovirosi canina, trasportato i cuccioli dall’Ungheria in Italia senza preventivo esame clinico, da effettuarsi 24 ore prima della spedizione, da parte di veterinario abilitato dall’autorità competente, consentendo così la diffusione delle malattie contratte da alcuni esemplari; omesso di dotare i contenitori che ospitavano i cani di ciotole per il cibo e il beveraggio, omesso di approntare le dovute cure ai cuccioli ammalati, relegandoli in spazi fatiscenti nelle loro gravi condizioni, abbandonato un cucciolo agonizzante avvolto in una coperta all’interno di un freezer in disuso.
– in violazione dell’art. 515 c.p per avere nell’esercizio dell’attività di commercio degli animali, venduto ai propri acquirenti esemplari che per origine, qualità e provenienza differivano da quella dichiarata e pattuita – in particolare celavano la provenienza ungara degli animali e riportavano nei libretti di vaccinazione un’età differente da quella effettiva.
– in violazione degli artt. 477 e 482 c.p. contraffacevano i passaporti canini in tutto o in parte, in particolare in venti passaporti veniva apposto un timbro contraffatto di un veterinario ungaro che provvedeva all’inoculazione del microchip di riconoscimento del cane e all’attestazione sul passaporto, risultando quindi in seguito ad accertamenti a campione, la falsità del numero di microchip in quanto già attribuito ad altri passaporto, la falsità dell’età dei cuccioli; la falsità delle attestazioni inerenti il protocollo vaccinale antirabbico seguito.
 
2. – Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione l’imputato personalmente, chiedendone l’annullamento.
 
2.1.Con il primo motivo di ricorso l’imputato deduce la violazione di legge, in relazione agli artt.477 e 482 c.p. in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato pervenendo ad una sentenza di condanna del ricorrente per fatto altrui (non essendo stata fornita la prova su chi effettivamente avesse contraffatto i certificati addebitando) ed in carenza dell’elemento soggettivo del falso materiale.
 
Avrebbe omesso di considerare, la corte, rendendo una motivazione carente, il fatto che il Giaroli, nell’espletamento delle sue attività commerciali, si è spesso recato all’estero, seguendo le procedure normative pubbliche e comunicando sempre con anticipo all’ASL di riferimento dove sarebbero stati collocati i cuccioli acquistati e consegnando all’ASL tutta la documentazione, acquisita con sequestro dagli Operanti al momento della perquisizione, aspetto che, nella prospettazione difensiva, rileverebbe in quanto evidenzierebbe la buona fede del ricorrente che non era consapevole della contraffazione del timbro del veterinario ungherese.
 
2.2. Con il secondo motivo la difesa rileva la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d), c.p.p., per mancata assunzione di prova decisiva, di cui la parte aveva fatto richiesta, ossia l’esame radiologico che avrebbe consentito in maniera più certa la corretta età del cucciolo, rispetto a quello della conformazione dentaria. 
 
2.3. Con il terzo motivo di ricorso l’imputato deduce la nullità della sentenza per violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione al reato di cui all’art. 544 ter c.p. per non aver escluso la sussistenza dello stesso sulla base del rilievo che solo una minima quantità di cuccioli non era in possesso del requisito anagrafico per l’allontanamento dalla madre.
 
2.4.- Con il quarto motivo la difesa denuncia il vizio di motivazione e la violazione di legge, da cui la sentenza sarebbe affetta, per aver omesso una motivazione adeguata circa il motivo di ricorso relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche, sulle quali anche il Tribunale di Lodi aveva omesso di pronunciarsi.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso è inammissibile.
 
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l’impugnata pronuncia, consente di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione motivazionale, adottata dai giudici di merito conformemente, in ordine alla ritenuta sussistenza del reato in contestazione e alla ascrivibilità di esso in capo al prevenuto.
 
Preliminarmente, va evidenziato che, con le censure mosse in grado di legittimità il ricorrente ribadisce, le stesse ragioni già esaminate dal giudice impugnato, dallo stesso ritenute infondate e rigettate.
 
La Corte distrettuale, invero, ha puntualmente ed esaustivamente, riscontrato i motivi posti a base dell’atto di appello, evidenziandone la infondatezza e pervenendo all’affermazione di responsabilità conformemente alla sentenza di primo grado.
 
3.1. In particolare, quanto alla sussistenza del reato di cui all’art. 544 ter cod.proc. pen.,sono state valorizzate, conformemente alle affermazioni contenute nella sentenza di primo grado, sulla base delle fonti di prova raccolte, le condizioni nelle quali sono stati ritrovati i 106 cuccioli acquistati dalla ditta del ricorrente, tenuti nella cascina in locali subaffittati al Giaroli da Baroni Giuseppe. Si è dato atto del fatto che i cuccioli erano ammassati all’interno di casse di plastica troppo piccole per il numero dei cuccioli ivi posti, mancavano nelle ciotole situate ali’ interno delle casse di plastica cibo e acqua le ciotole erano sporche di trucioli di legno e pezzi di carta, che costituivano la lettiera delle casse di plastica; il locale ove erano poste le casse di plastica aveva un pavimento in calcestruzzo non lavabile, nè erano presenti lavandini o comunque fonti di acqua necessaria per la pulizia; il sistema di riscaldamento non consentiva il mantenimento di una temperatura omogenea e sufficiente a riscaldare i cuccioli, inoltre si sviluppava tramite un sistema di ventilazione controindicato rispetto al rischio di diffusione dei virus; i cuccioli in condizioni di salute più gravi erano tenuti in una stanza separata, fatiscente, con acqua gocciolante dal soffitto, in casse di plastica sotto lampade ad infrarossi inidonee ad aumentare la temperatura; un cucciolo agonizzante -poi deceduto- veniva rinvenuto in un freezer in disuso, avvolto in una coperta. Tutte queste circostanze, neppure specificamente contestate dall’imputato hanno indotto i giudici di merito a rinvenire l’elemento oggettivo del reato di cui all’ art. 544 ter e p. (Cass. sez.3 sentenza n.39159 del 27.3.14) nonché l’elemento soggettivo, che richiede il dolo generico.
 
3.2.- Quanto al secondo e terzo motivo, con i quali il ricorrente si duole che non sia stata disposta consulenza radiografica per datare l’età dei cuccioli, gli stessi appaiono manifestamente infondati in quanto come osservato con logica valutazione da parte del giudice di merito, l’età è stata valutata con ricorso al criterio della dentizione, sulla base delle concordi valutazioni dei medici veterinari interessati nel procedimento mentre la circostanza relativa alla quantità dei cuccioli allontanati prematuramente dalla madre, la cui esistenza non contesta il ricorrente, non incide certamente sulla sussistenza del reato di cui all’art. 544 ter c.p. che non appare ancorato alla sussistenza di un numero minimo di animali. La sentenza di merito ha poi evidenziato con motivazione adeguata sulla base delle prove testimoniali, che il 30% dei cuccioli rinvenuti il 4.2.2009 è deceduto entro poche settimane, valorizzando tale aspetto ai fini della aggravante dell’evento morte di cui all’ art. 544 ter c.3 c.p.
 
3.3.- Infine inammissibile è il primo motivo, relativo al reato di falso, relativamente al quale il ricorrente denuncia la propria estraneità che si dovrebbe desumere dalla circostanza che egli consegnò i documenti alla ASL e che gli elementi relativi alla falsità del timbro del veterinario ungherese non erano coerenti (avendo le autorità ungheresi riferito che il veterinario risultava possessore di altro timbro).
 
Al riguardo, invero, come esaurientemente chiarito sin dalla sentenza di primo grado, i cui argomenti sono stati motivatamente ripresi dalla corte di appello per respingere la doglianza qui riproposta, i passaporti di numerosi esemplari, mai consegnati agli acquirenti degli stessi, riportavano il timbro contraffatto di medico veterinario ungherese che tale timbro (in base a quanto riferito dalle autorità ungheresi) avrebbe ricevuto 8 mesi dopo (come da comunicazione acquisita dal Tribunale in primo grado). Da ciò i giudici di merito concordemente hanno desunto la consapevolezza da parte del ricorrente che era esperto del settore attesa l’attività commerciale che svolgeva (v. pag. 12 sentenza appello) e che di tale falsificazione si avvantaggiava (v. pag. 13 sentenza appello) anche tenuto conto del fatto che questi, anche in sede di ricorso per cassazione, ha dichiarato di recarsi personalmente all’estero per acquisire i requisiti richiesti in Ungheria per commercializzare animali.
 
3.4. – Infondato è, infine, il motivo relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
 
Come è noto, soprattutto dopo la specifica modifica dell’art. 62-bis c.p. operata con il D.L. 23 maggio 2008, n. 2002 convertito con modifiche dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, è assolutamente sufficiente che il giudice si limiti a dar conto, come nel caso in esame, di avere valutato e applicato i criteri di cui all’art.133 c.p.. In tema di attenuanti generiche, infatti, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo l’affermata insussistenza. Al contrario, secondo una giurisprudenza consolidata di questa Corte Suprema, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (così, ex plurimis, sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, rv. 192381; sez. 1 n. 12496 del 02/09/1999, Guglielmi ed altri, rv. 214570; sez.6, n. 13048 del 20//06/2000, Occhipinti ed altri, rv. 217882; sez. 1, n. 29679 del 13/06/2011, Chiofalo ed altri, rv. 219891). In altri termini, dunque, va ribadito che l’obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (cfr. sez.2, n. 38383 del 10/07 /2009, Squillace ed altro, rv. 245241, e sez.4, n. 43424 del 29/09/2015). 
 
Nel caso che occupa la Corte del merito ha pure motivato il diniego del riconoscimento delle attenuanti in parola valorizzando la assenza di resipiscenza, la sussistenza di un precedente penale specifico, l’elevato numero di cuccioli coinvolti, la gravità dei maltrattamenti, il contesto di commissione elle condotte.
 
4.- Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità r tedesirna consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 2.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna df ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in Roma, il 13.09.2017
 
 
 

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