Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Pubblica amministrazione, Rifiuti Numero: 4960 | Data di udienza: 7 Febbraio 2018

* RIFIUTI – Rifiuti degli imballaggi terziari e secondari – Tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani – Regime fiscale e normativo dei rifiuti – Esenzione parziale sull’area destinata a magazzino – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Natura tributaria della tariffa TARSU, TIA 1, TIA 2, TARES, TARI – Assenza del rapporto sinallagmaticità – Art. 238 del D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) – Art. 13 Direttiva 2006/112/CE –  Comuni e Enti impositivi – Controversie relative alla tariffa – Raccolta differenziata – Accertamento – Rideterminazione delle somme – Assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali in genere – Disapplicazione del regolamento comunale – Delimitazione delle aree e quantificazione della complessiva superficie imponibile – Onere di fornire all’amministrazione comunale  – Impresa contribuente – Prova dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione – Giurisprudenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 2 Marzo 2018
Numero: 4960
Data di udienza: 7 Febbraio 2018
Presidente: CHINDEMI
Estensore: BALSAMO


Premassima

* RIFIUTI – Rifiuti degli imballaggi terziari e secondari – Tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani – Regime fiscale e normativo dei rifiuti – Esenzione parziale sull’area destinata a magazzino – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Natura tributaria della tariffa TARSU, TIA 1, TIA 2, TARES, TARI – Assenza del rapporto sinallagmaticità – Art. 238 del D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) – Art. 13 Direttiva 2006/112/CE –  Comuni e Enti impositivi – Controversie relative alla tariffa – Raccolta differenziata – Accertamento – Rideterminazione delle somme – Assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali in genere – Disapplicazione del regolamento comunale – Delimitazione delle aree e quantificazione della complessiva superficie imponibile – Onere di fornire all’amministrazione comunale  – Impresa contribuente – Prova dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione – Giurisprudenza.



Massima

 

 

 
 

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 5^ 02/03/2018 (Ud. 07/02/2018), Sentenza n.4960


RIFIUTI – Rifiuti degli imballaggi terziari e secondari – Tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani – Regime fiscale e normativo dei rifiuti – Esenzione parziale sull’area destinata a magazzino – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Natura tributaria della tariffa TARSU, TIA 1, TIA 2, TARES, TARI – Assenza del rapporto sinallagmaticità – Art. 238 del D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) – Art. 13 Direttiva 2006/112/CE –  Comuni e Enti impositivi – Controversie relative alla tariffa – Raccolta differenziata – Accertamento – Rideterminazione delle somme – Assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali in genere – Disapplicazione del regolamento comunale. 
 
I rifiuti degli imballaggi terziari, nonché quelli degli imballaggi secondari ove non sia attivata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai comuni ai rifiuti urbani, nell’esercizio del potere ad essi restituito dall’art. 21 del decreto Ronchi e dalla successiva abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39, ed i regolamenti che una tale assimilazione abbiano previsto vanno perciò disapplicati in parte qua dal giudice tributario (Cass. n. 627 del 19.10.2011; Cass. n. 627/2012; Cass. n. 4793/2016; Cass. 14414/2017; Cass. n. 6358 e 6359 del 2016) (si veda anche l’art. 238 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) . Nel caso di specie risulta incontroverso che il Comune abbia assimilato ai rifiuti urbani quelli speciali, con ciò avvalendosi del potere di assimilazione previsto dall’art. 21, comma 2 lett, g del d. lgs. n. 22/1997, norma che consentiva l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati dallo Stato con Delib. 27 luglio 1984 (punto 1.1.1. lett. a), laddove erano indicati tra i rifiuti assimilabili agli urbani gli imballaggi in genere. Ne deriva che il regolamento comunale dovrebbe essere disapplicato nella parte in cui, come affermato, avesse previsto l’assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali in genere, senza prevedere l’esclusione degli imballaggi terziari. In ogni caso, stante la non assimilabilità assoluta degli imballaggi terziari ai rifiuti urbani, la tassa in relazione agli stessi non è dovuta, indipendentemente dall’assimilazione agli urbani eventualmente operata dal Comune.
 
 
RIFIUTI – Delimitazione delle aree e quantificazione della complessiva superficie imponibile – Onere di fornire all’amministrazione comunale  – Impresa contribuente – Prova dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione – Giurisprudenza.
  
Incombe sull’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile; infatti, pur operando anche nella materia in esame – per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale – il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 70) un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. nn. 4766 e 17703 del 2004, 13086 del 2006,17599 del 2009, 775 del 2011; n. 1635/2015; n. 10787 del 2016; Cass.n. 21250/2017).
 
(annulla con rinvio sentenza n. 446/2014 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE, depositata il 03/03/2014) Pres. CHINDEMI, Rel. BALSAMO, Ric. Quadrifoglio s.p.a. c. Arco Spedizioni s.p.a. 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 5^ 02/03/2018 (Ud. 07/02/2018), Sentenza n.4960

SENTENZA

 

 
 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 5^ 02/03/2018 (Ud. 07/02/2018), Sentenza n.4960
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA CIVILE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso 15716-2014 proposto da:
 
QUADRIFOGLIO SERVIZI AMBIENTALI AREA FIORENTINA SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato GIAN
MARCO GREZ, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO ANDREANI, FRANCESCO D’ADDARIO giusta delega a margine; 
– ricorrente –

contro
 
ARCO SPEDIZIONI SPA in persona dell’Amministratore Unico pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA  V.LE PILSUDSKI 118, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PAOLETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFREDO SARDELLA giusta delega a margine;
– controricorrente –
 
avverso la sentenza n. 446/2014 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE, depositata il 03/03/2014;
 
udita la relazione del la causa svolta nella pubblica udienza del 07/02/2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO;
 
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MAURO VITIELLO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
 
udito per il ricorrente l’Avvocato D’ADDARIO che si riporta agli atti;
 
udito per il controricorrente l’Avvocato DE GIROLAMO per delega dell’Avvocato SARDELLA che si riporta agli atti. 
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 
§.1 La società Arco Spedizioni s.p.a. impugnava il diniego di esclusione dall’assoggettamento alla TIA da parte della società Quadrifoglio s.p.a.. esclusione fondata sulla circostanza che essa svolgeva attività di autotrasporto merci per conto terzi e gestione deposito merci di terzi; sosteneva di aver denunciato con mod. ND 2008/09 di disporre dal maggio 2009 di locali di mq 250 relativi all’attività e di ulteriori mq 2.850 dove produceva esclusivamente rifiuti speciali, barrando la casella relativa alla esclusione impositiva di tale superficie, in quanto in tale area si formano rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani, allo smaltimento dei quali provvedeva in proprio.
 
La società Quadrifoglio inquadrava i locali nella cat. 3 ed invitava ad inoltrare integrazione di documentazione, onere che la contribuente assolveva.
 
Successivamente, sosteneva che i rifiuti prodotti non erano assimilabili ai prodotti pericolosi e che dunque tutt’al più era possibile una riduzione percentuale della parte variabile.
 
La società Arco impugnava la comunicazione di diniego della società Quadrifoglio e chiedeva la disapplicazione dell’art. 7 del reg. comunale vigente (sollevando altresì questione di costituzionalità dell’art. 62 d.lgs 507/1993 per contrasto con gli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost), nonchè la declaratoria di non assoggettabilità a TIA della superficie del magazzino oggetto di causa ed il rimborso delle somme eventualmente riscosse.
 
La società Quadrifoglio eccepiva l’incompetenza territoriale della C.T.P. di Firenze, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto solo nei locali strutturalmente destinati alla produzione dei rifiuti speciali (opifici industriali) possono considerarsi formati rifiuti speciali, mentre i rifiuti prodotti da altri locali come il magazzino della ricorrente devono considerarsi rifiuti urbani.
 
Sosteneva poi che secondo il D.lgs 22/97, era rimasto fermo il potere dei Comuni di assimilare agli urbani i rifiuti speciali; di talchè la delibera comunale costituiva titolo per la riscossione della tassa anche nelle ipotesi di affidamento a terzi dello smaltimento dei rifiuti.
 
La C.T.P. di Firenze accoglieva il ricorso, qualificando i rifiuti prodotti dalla società Arco quali imballaggi terziari che i Comuni non possono assimilare ai rifiuti urbani ex artt. 36 e ss del d.lgs 22/97 e che i contribuenti devono smaltire a proprie spese, disapplicando il regolamento comunale in quanto disciplina di completamento del d.lgs 507/1993, mentre il d.lgs. 22/97 – norma di rango superiore – impone la nuova disciplina degli imballaggi esclusa dalla gestione dei rifiuti assimilabili a quelli urbani.
 
La società Quadrifoglio spa – Servizi Imballaggi Area Fiorentina – impugnava la sentenza della C.T.P. di Firenze, censurandola nella parte in cui aveva ritenuto che la normativa di cui a gli artt. 35 e ss d. lgs 22/97 impediva ai comuni di assimilare ai rifiuti urbani gli imballaggi terziari, potere preservato dall’art. 21 della medesima disposizione; richiamava l’art. 62 del T.U. 507/1993 che riconosce la facoltà dei Comuni di assimilazione dei rifiuti.
 
La contribuente proponeva appello incidentale in quanto la C.T.P. aveva omesso di pronunciarsi in merito alla incidenza sulla causa del nuovo codice ambientale, atteso che il T.U. 152/2006 ribadiva la facoltà dei produttori di organizzare autonomamente la gestione dei rifiuti di imballaggio.
 
§.2 In particolare, la CTR Toscana riteneva che, secondo l’art. 7 comma 3 lett. g. del d.lgs 22/1997, sono definiti come rifiuti speciali anche quelli prodotti da attività commerciali, come quelli della Arco Spedizioni e che l’art. 10 comma 2 della stessa legge stabilisce gli obblighi del produttore di rifiuti speciali e che la lett. b) consente anche il conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti, cui la ricorrente ha conformato" la propria operatività"; la C.T.R. citava l’art. 43 comma 1 del medesimo d.lgs., secondo cui "è vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggi".
 
I giudici di appello affermavano che la società ricorrente aveva operato nel rispetto della normativa vigente, disapplicando il regolamento comunale di Calenzano, che aveva assimilato i rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, ragion per cui la ditta poteva sottrarsi al regime di privativa comunale, in quanto aveva provveduto per proprio conto al corretto recupero dei rifiuti assimilati.
 
Secondo i giudici di appello, inoltre, ai fini del calcolo della superficie tassabile non deve tenersi conto di quelle parti che per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano di regola rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti, ritenendo che la società ricorrente, non usufruendo del servizio di raccolta da parte del comune, doveva ritenersi esonerata dal pagamento della relativa T.I.A., in quanto dalla documentazione prodotta risultava che la società Arco aveva provveduto in proprio allo smaltimento degli imballaggi terziari. A tal proposito, sostenevano che se è vero che la tassa è dovuta anche se il servizio non è utilizzato dal contribuente, è altresì vero che deve sussistere il servizio stesso e dunque la possibilità della sua utilizzazione, non essendo sufficiente la mera ubicazione dell’immobile nel perimetro in cui è stato istituito il servizio, ma altresì indispensabile che il cittadino abbia la possibilità di utilizzare il servizio.
 
La società Quadrifoglio s.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. Toscana n 446/35/14, che ha respinto l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado, affidandosi a quattro motivi, illustrati nel ricorso.
 
L’ente contribuente resiste con memorie. 
 
Le società hanno prodotto memorie ex art. 378 c.p.c. Il P.G. ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
 
§.3 Con il primo motivo l’ente ricorrente denunzia violazione e o falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 c. p.c. degli artt. 62,66 D. lgs 507/93, 7,21, 43, 49 d.lgs 22/97 e dei principi che regolano l’identificazione delle aree da assoggettare o da escludere dalla T.I.A., censurando la sentenza impugnata in quanto, per effetto dell’art. 17 comma 3 L. 1998 n. 128, è divenuto pienamente operante l’art. 21 d.lgs 1997/22 che ha attribuito ai comuni la facoltà di assimilare o meno i rifiuti urbani a quelli derivanti da attività economiche.
 
Afferma che la preclusione dell’assoggettamento dei rifiuti speciali al regime di quelli ordinari consegue alle sole ipotesi in cui i Comuni non si sono avvalsi della relativa facoltà di assimilazione. 
 
§.4 Con il secondo motivo l’ente ricorrente denunzia violazione e o falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 62, 66 D.lgs 507/93, 7,21, 43,49 d.lgs 22/97 e dei principi che regolano l’identificazione delle aree da assoggettare o da escludere dalla T.l.A., censurando la sentenza impugnata per violazione dell’art. 43 cit., sulla scorta del quale la CTR ha ritenuto che l’impossibilità di immettere nel circuito della privativa comunale gli imballaggi escludesse l’assimilazione, mentre secondo questa Corte anche i prodotti terziari sono assimilabili ai rifiuti ordinari.
 
§.5 Con il terzo motivo, l’ente ricorrente denunzia violazione e o falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 59, 60 62,66 D.lgs 507/93; degli artt. 21, e 49 d.lgs 22/97 e dei principi che regolano l’identificazione delle aree da assoggettare o da escludere dalla T.I.A., censurando la sentenza impugnata sotto il profilo della esclusione dell’area di proprietà della contribuente laddove non usufruisce del servizio comunale per la raccolta dei rifiuti da essa prodotti, principio contrario a quello affermato da questa Corte secondo la quale " costituisce titolo per la riscossione della tassa nel periodo transitorio nei confronti dei soggetti che tali rifiuti producono nel territorio comunale, a prescindere dal fatto che il contribuente ne affidi a terzi lo smaltimento.
 
Sostiene la ricorrente che sono escluse dall’assoggettabilità alla tassa le aree dove si producono esclusivamente rifiuti speciali, negando peraltro che la società Quadrifoglio abbia dimostrato l’affidamento del servizio a terzi.
 
Secondo la ricorrente laddove non sia stata attivata la raccolta differenziata, trova applicazione il disposto dell’art. 49 comma 14 D.lgs 22/1997, secondo cui sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alla quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di trasporto.
 
§.6 Con il quarto motivo, l’ente ricorrente denunzia violazione e o falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 59, 62 D.lgs 507/93; art. 49 d.lgs 22/97; dell’art. 2697 e.e. e dei principi che l’attribuzione dell’onere della prova e dei principi che regolano l’identificazione delle aree da assoggettare o da escludere dalla T. I.A., in quanto l’art. 62 T. U. 507/93 disciplina "l’esclusione dalla Tassa rifiuti delle aree ove, per specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione si formano rifiuti speciali, tossici o nocivi, …. " viene interpretato dal diritto vivente nel senso che le operazioni di avviamento al recupero degli imballaggi non comporta la riduzione della superficie tassabile, ma il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto in base ai criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero, nell’ipotesi, come quella di specie, della mancata raccolta differenziata. Erroneamente, inoltre, secondo la ricorrente, i giudici di appello avrebbero imposto alla società appellante l’onere di provare l’esistenza del servizio di smaltimento di rifiuti di particolari dimensioni, mentre incombe sul contribuente l’onere di dimostrare l’esistenza e la delimitazione delle superficie per le quali il tributo non è dovuto.
 
§.7 I motivi, intimamente connessi, vanno scrutinati unitariamente.
 
Va premesso che il quadro normativo, nel quale si inquadra la fattispecie in esame (anno 2009), è costituito dal capo 3^ del D.Lgs. 15 novembre 1993, n.507, e dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (cd. decreto Ronchi), e successive modificazioni. Con il primo è stata istituita la tassa per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, svolto in regime di privativa dai comuni (art. 58); è stata disciplinata la attivazione del servizio, di raccolta e di smaltimento, prevedendo che se il servizio di raccolta, sebbene istituito ed attivato, non è svolto nella zona di esercizio dell’attività dell’utente, o è effettuato in grave violazione delle prescrizioni del relativo regolamento, il tributo è dovuto in misura ridotta (art. 59); circa il presupposto della tassa, è stato previsto che la stessa "è dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in maniera continuativa nei modi previsti dagli artt. 58 e 59", e che "nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. 
 
Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il comune può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta" (art. 62, commi 1 e 3).
 
Il D.Lgs. n. 22 del 1997, emanato in attuazione delle Direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, ha previsto, nel Titolo I ("Gestione dei rifiuti"), che:
a) la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci; i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente (art.2, commi 1 e 2);
b) le autorità competenti favoriscono il recupero dei rifiuti, nelle varie forme previste (reimpiego, riciclaggio, ecc), allo scopo di ridurre lo smaltimento dei rifiuti, che costituisce la fase residuale della "gestione" degli stessi, la quale comprende le operazioni di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento ( artt.4 e 5 e art. 6, comma 1, lett.d ) ;
e) sono rifiuti "urbani", tra l’altro, quelli non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quello di civile abitazione, assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’art. 21, comma 2, lett. g), mentre sono rifiuti "speciali", tra l’altro, quelli "da attività commerciali" (art. 7, comma 2, lett. be comma 3, lett. e);
d) la responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa (oltre che nel caso di conferimento degli stessi al servizio pubblico di raccolta) "in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di identificazione di cui all’art. 15 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario" (art.10, comma 3); 
e) i comuni "effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa"; con appositi regolamenti stabiliscono, fra l’altro, "le disposizioni necessarie a ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio", nonché "l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento" (tale potere di assimilazione è divenuto pienamente operante a seguito dell’abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39 ad opera della L. n. 128 del 1998, art. 17); la privativa suddetta "non si applica ( …. ) alle attività di recupero dei rifiuti assimilati" (dal 1 gennaio 2003 ), "alle attività di recupero dei rifiuti urbani o assimilati", ai sensi della L. n. 179 del 2002, art. 23) (art. 21, comma 1, comma 2, lett. e) e g) e comma 7).
 
§.8 Il successivo Titolo 2^ (specificamente dedicato alla "gestione degli imballaggi"), premesso che la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio è disciplinata "sia per prevenirne e ridurne l’impatto sull’ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato e prevenire l’insorgere di ostacoli agli scambi, nonché distorsioni e restrizioni alla concorrenza", ai sensi della citata direttiva 94/62/CE (art. 34, comma 1), ha disposto che:
a) gli imballaggi si distinguono in primari (quelli costituiti da "un’unità di vendita per l’utente finale o per il consumatore"), secondari o multipli (quelli costituiti dal "raggruppamento di un certo numero di unità di vendita") e terziari (quelli concepiti "in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli") (art.35, comma 1 );
b) "i produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti"; oltre ai vari obblighi in tema di raccolta, riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio, sono a carico dei produttori e degli utilizzatori i costi per – fra l’altro – la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari, la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio, lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari (art.38); 
c) "dal 1 gennaio 1998 è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Dalla stessa data eventuali imballaggi secondari non restituiti all’utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata"(art.43, comma2).
 
Infine, l’art. 49, compreso nel Titolo 3^, ha istituito la "tariffa per la gestione dei rifiuti urbani" (usualmente denominata TIA, "tariffa di igiene ambientale"), in sostituzione della soppressa TARSU, prevedendo, in particolare, nella modulazione della tariffa, agevolazioni per la raccolta differenziata, "ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, che resta a carico dei produttori e degli utilizzatori" (comma 10), e disponendo altresì che "sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua" detta attività (comma 14). Va poi ricordato che i termini del regime transitorio per la soppressione della TARSU e l’operatività della TIA- regime introdotto dal D.P.R. n. 158 del 1999, modificato dalla L. n. 488 del 1999, art. 33, salva la possibilità per i comuni di introdurre in via sperimentale la TIA – hanno subito varie proroghe e che, infine, il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238 (recante "Norme in materia ambientale") ha soppresso tale tariffa, sostituendola con una nuova – "tariffa integrata ambientale", come definita dal D.L. n. 208 del 2008, convertito nella L. n. 13 del 2009, cd. TIA 2 -, e l’art. 264 ha abrogato l’intero D.Lgs. n. 22 del 1997 (sia pur prevedendo anche in questo caso una disciplina transitoria: v. Cass. 17488, 17487,22981,22890,226637, 22545 del 2017; Cass. 10812 del 2016 e n. 41291 del 2016).
 
§.9 Non trovano applicazione, contrariamente a quanto sostenuto dalla contribuente, le disposizioni del D.L. 152 del 2006 che riguardano la T.I.A. 2.
 
La tariffa di cui all’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, è stata soppressa e sostituita con la diversa "Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani" (come testualmente indicato nella rubrica dell’articolo), che una disposizione successiva (l’art. 5, comma 2-quater, del d.l. 30 dicembre 2008, n. 208 (Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, denominò "Tariffa Integrata Ambientale" (di seguito anche TIA2).
 
La TIA 2 è stata sostituita dal TARES (tributo comunale sui servizi), introdotto dal D.L. n. 201 del 2011, art. 14 convertito dalla L. n. 214 del 2011, ed il TARES è stato sostituito dalla TARI (tassa sui rifiuti), istituita dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, commi 639, e seguenti), a decorrere dal 1 gennaio 2014.
 
La tariffa integrata, in particolare, restava "commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali" (comma 2), e costituiva "il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall’art. 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36" (art. 238, comma 1, secondo periodo, d.lgs. 152/2006).
 
Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, (Codice dell’Ambiente), che ha istituito la nuova "tariffa" sui rifiuti TIA 2, destinata a sostituire quella di cui al D. Lgs. n. 22 del 1997, ha previsto, al comma 1, che "La tariffa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49 è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11", il quale recita che "Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti". Tale regolamento ministeriale non è stato adottato (entro il prorogato termine del 30 giugno 2010), per cui sono rimaste in vigore, ed applicate dai Comuni nei rispettivi territori, per quanto qui d’interesse, sia la TARSU che la TIA 1, quella appunto prevista dal D. Lgs. n. 22 del 1997, alla quale, per effetto della L. n. 296 del 2006, commi 183 e 184 (Finanziaria 2007), sono stati estesi i criteri di determinazione della TARSU.
 
§.10 Il D.L. n. 208 del 2008, art. 5, comma 2 quater, convertito dalla L. n. 13 del 2009, ha altresì disposto che, "Ove il regolamento di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, comma 6 non sia adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (entro il 30 giugno 2010), i comuni che intendano adottare la tariffa integrata ambientale (TIA) possono farlo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti". Dunque è stata prevista per gli Enti locali, inutilmente decorso il termine del 30 giugno 2010, la facoltà di adottare delibere di passaggio dalla TARSU alla TIA 2, con effetto dal 10 gennaio 2011.
 
Dunque fino alla scadenza del termine per l’emanazione del regolamento di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, comma 6 (il 30 giugno 2010), i Comuni dovevano continuare ad applicare le discipline regolamentari vigenti in materia di TIA, ritenuta essere una mera variante della TARSU disciplinata dal D.P.R. 15 novembre 1993, n. 507, di cui conservava la qualifica di tributo (Cass. nn. 14903 del 2010; 25929 del 2011; 9600 del 2012; 2320, 3293 e 5831 del 2012; 11157 del 2013, 4723 del 2015; 23114 del 2015; n. 17271 del 2017).
 
A conferma della inapplicabilità del codice ambientale, una recente sentenza del TAR Lazio (la n. 4611 del 13 aprile 2017) obbliga il Ministero dell’Ambiente, attraverso un decreto, a indicare i criteri qualitativi e quantitativi per la gestione dei rifiuti speciali assimilati ai rifiuti urbani. Si tratta dei criteri attesi dal lontano 1997 e previsti dall’art. 195 del D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) e prima ancora dal D.Lgs. n. 22/1997, il famoso Decreto Ronchi.
 
§ .11 Ne consegue che per il periodo in esame, anno 2009, la natura della tariffa applicata alla contribuente aveva natura tributaria, con conseguente applicabilità dei principi ad essa afferenti (v. Cass. n. 453 del 2018; Cass. n. 455 del 2018; Cass. n. 22535 del 2017).
 
Ciò premesso, questa Corte ha già statuito che per effetto dell’art. 17, comma terzo, della legge 24 aprile 1998, n. 128, che ha abrogato l’art. 39 della legge 26 febbraio 1994, n. 146, è venuta meno l’assimilazione "ope legis" ai rifiuti urbani di quelli provenienti dalle attività artigianali, commerciali e di servizi, purché aventi una composizione merceologica analoga a quella urbana, secondo i dettagli tecnici contenuti nella deliberazione CIPE del 27 luglio 1984, con la conseguenza che è divenuto pienamente operante l’art. 21, comma 2, lettera g), del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che ha attribuito ai Comuni la facoltà di assimilare o meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche.
 
§.12 Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e quindi a partire da tale annualità d’imposta, era stato restituito ai comuni (Cass. nn. 18303/2004, 18382/2004) il potere di assimilare ai rifiuti urbani ordinari alcune categorie di rifiuti speciali, fra cui quelli prodotti da ditte commerciali, anche "per qualità e quantità" (art. 21, comma 2, lett. g). Il citato art. 21 consentiva l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati dallo Stato con Delib CC. 27 luglio 1984 (punto 1.1.1. lett. a), laddove erano indicati tra i rifiuti assimilabili agli urbani gli imballaggi in genere.
 
Ma dall’esame del Titolo 2^ del decreto Ronchi si ricava che i rifiuti di imballaggio costituiscono oggetto di un regime speciale rispetto a quello dei rifiuti in genere, regime caratterizzato essenzialmente dalla attribuzione ai produttorì ed agli utilizzatori della loro "gestione" (termine che comprende tutte le fasi, dalla raccolta allo smaltimento) (art. 38 cit.); ciò vale in assoluto per gli imballaggi terziari, per i quali è stabilito il divieto di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani, cioè, in sostanza, il divieto di assoggettamento al regime di privativa comunale.
 
Ne deriva che i rifiuti degli imballaggi terziari, nonché quelli degli imballaggi secondari ove non sia attivata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai comuni ai rifiuti urbani, nell’esercizio del potere ad essi restituito dall’art. 21 del decreto Ronchi e dalla successiva abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39, ed i regolamenti che una tale assimilazione abbiano previsto vanno perciò disapplicati in parte qua dal giudice tributario (Cass. n. 627 del 19.10.2011; Cass. n. 627/2012; Cass. n. 4793/2016; Cass. 14414/2017; Cass. n. 6358 e 6359 del 2016)).
 
§. 13 Ora, nel caso di specie risulta incontroverso che il Comune abbia assimilato ai rifiuti urbani quelli speciali, con ciò avvalendosi del potere di assimilazione previsto dall’art. 21, comma 2 lett, g del d. lgs. n. 22/1997, norma che consentiva l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati dallo Stato con Delib. 27 luglio 1984 (punto 1.1.1. lett. a), laddove erano indicati tra i rifiuti assimilabili agli urbani gli imballaggi in genere.
 
Ne deriva che il regolamento comunale, di cui peraltro non è stato riportato il testo integrale nel ricorso, dovrebbe essere disapplicato nella parte in cui, come affermato, avesse previsto l’assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali in genere, senza prevedere l’esclusione degli imballaggi terziari. In ogni caso, stante la non assimilabilità assoluta degli imballaggi terziari ai rifiuti urbani, la tassa in relazione agli stessi non è dovuta, indipendentemente dall’assimilazione agli urbani eventualmente operata dal Comune.
 
Va osservato, poi, che l’operata assimilazione è priva di rilevanza nel caso concreto, ove, trattandosi di imballaggi terziari, si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3), e la tassa è esclusa per la sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali.
 
Ciò non comporta, quindi, che tali categorie di rifiuti (imballaggi terziari) siano, di per sè, esenti dalla TARSU, ma che ad esse si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali (Cass. n. 4793 del 15.12.2015; Cass. nn. 4792 e 4793 del 2016).
 
§. 14 La CTR è incorsa in violazione di legge nell’affermare che la società andava esente dalla applicazione della TARSU a norma dell’art. 62, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 507 del 1993 in quanto l’ente contribuente provvedeva in proprio allo smaltimento e che la società Quadrifoglio non aveva fornito la prova dell’esistenza di un servizio di smaltimento di rifiuti di particolari dimensioni( peraltro insussistente da quanto si evince dalle medesime difese della ricorrente).
 
Del resto, l’attivazione del servizio di raccolta differenziata se consente astrattamente di ritenere assimilabili ai rifiuti urbani gli imballaggi secondari prodotti dalla società, per il che questa avrebbe diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto, a consuntivo, in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero, è priva di rilevanza nel caso concreto, ove, trattandosi di imballaggi terziari, si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali ( D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3). 
 
In altri termini, la società, in quanto produttrice di rifiuti speciali non assimilabili (imballaggi terziari), avrebbe potuto solo beneficiare di una riduzione parametrata alla intera superficie su cui l’attivita’ veniva svolta (tenuto conto che comunque nell’area venivano prodotti anche rifiuti urbani) e la CTR non ha operato i necessari accertamenti sul punto.
 
§. 15 Con riferimento all’ultimo motivo del ricorso, è stato osservato che incombe sull’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile; infatti, pur operando anche nella materia in esame – per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale – il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 70) un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. nn. 4766 e 17703 del 2004, 13086 del
2006,17599 del 2009, 775 del 2011; n. 1635/2015; n. 10787 del 2016; Cass.n. 21250/2017).
 
Sennonchè, dalle medesime difese svolte dalla ricorrente sembrerebbe che detto onere sia stato assolto; in ogni caso dovrà valutare la CTR l’effettivo assolvimento dell’onere probatorio, nonché l’applicazione della riduzione della tassa nei limiti spettanti.
 
Si impone, dunque, l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza per nuovo esame sul punto.
 
Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana in diversa composizione che, uniformandosi ai principi di diritto sopra esposti, procederà, sulla base dei documenti prodotti o producibili, alle necessarie verifiche e valuterà se la società contribuente abbia o meno assolto gli oneri d’informazione e di prova su di essa incombenti per l’ottenimento dell’esenzione parziale sull’area destinata a magazzino e deciderà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.
 
P.Q.M.
 
La Corte di Cassazione
 
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Toscana in diversa composizione, che deciderà anche in merito alle spese di lite.
 
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione tributaria, il 7.02.2018.
 

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