Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Cave e miniere, Diritto urbanistico - edilizia, Rifiuti Numero: 653 | Data di udienza: 4 Aprile 2018

* CAVE E MINIERE – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – RIFIUTI – Lavorazioni di inerti all’interno di un ambito estrattivo – Natura complementare – Assenza di espressi divieti del piano cave provinciale – Conformità urbanistica – Attività complementari – Natura intrinsecamente provvisoria – Aspettativa tutelata a ottenere una destinazione che consolidi i cantieri esistenti – Insussistenza – Strumenti urbanistici comunali – Modifica della zonizzazione o individuazione di fasce di rispetto – Riduzione della superficie disponibile per l’attività di scavo e la lavorazione degli inerti – Limiti – Esaurimento dell’attività estrattiva – Riappropriazione della funzione pianificatoria degli strumenti urbanistici comunali.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 4 Luglio 2018
Numero: 653
Data di udienza: 4 Aprile 2018
Presidente: Politi
Estensore: Tenca


Premassima

* CAVE E MINIERE – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – RIFIUTI – Lavorazioni di inerti all’interno di un ambito estrattivo – Natura complementare – Assenza di espressi divieti del piano cave provinciale – Conformità urbanistica – Attività complementari – Natura intrinsecamente provvisoria – Aspettativa tutelata a ottenere una destinazione che consolidi i cantieri esistenti – Insussistenza – Strumenti urbanistici comunali – Modifica della zonizzazione o individuazione di fasce di rispetto – Riduzione della superficie disponibile per l’attività di scavo e la lavorazione degli inerti – Limiti – Esaurimento dell’attività estrattiva – Riappropriazione della funzione pianificatoria degli strumenti urbanistici comunali.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 4 luglio 2018, n.  653


CAVE E MINIERE – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – RIFIUTI – Lavorazioni di inerti all’interno di un ambito estrattivo – Natura complementare – Assenza di espressi divieti del piano cave provinciale – Conformità urbanistica.

La lavorazione di inerti all’interno di un ambito estrattivo, avendo natura complementare rispetto alla coltivazione della cava, deve essere sempre considerata urbanisticamente conforme, indipendentemente da un’espressa menzione nel piano cave provinciale o negli strumenti urbanistici comunali. Questo vale, però, solo finché vi siano i presupposti giuridici per la coltivazione della cava, e nella fase transitoria necessaria alla dismissione dell’attività estrattiva (v. TAR Brescia Sez. I 3 gennaio 2018 n. 6).  In altri termini, le attività complementari consentono un’ottimale utilizzazione dell’ambito estrattivo, e dunque rappresentano un punto di convergenza tra l’interesse economico dei cavatori e l’interesse pubblico riguardante la copertura del fabbisogno regionale e nazionale di materiali per costruzioni. Pertanto, in mancanza di espressi divieti del piano cave provinciale fondati su criticità ambientali, la realizzazione di opere finalizzate allo svolgimento di attività complementari è sempre possibile, previo rilascio dei relativi titoli edilizi.
 


CAVE E MINIERE – Attività complementari – Natura intrinsecamente provvisoria – Aspettativa tutelata a ottenere una destinazione che consolidi i cantieri esistenti – Insussistenza.

All’interno di un ambito estrattivo, finché la cava è in esercizio, è sempre possibile realizzare, indipendentemente dalla pianificazione comunale, nuove costruzioni finalizzate all’attività estrattiva o alle attività complementari, ma tali costruzioni sono intrinsecamente provvisorie; le attività complementari non possono tuttavia mai operare come un veicolo per l’insediamento definitivo di destinazioni d’uso produttive che non abbiano avuto un espresso riconoscimento negli strumenti urbanistici. Senza un simile riconoscimento le attività complementari, e tra queste anche l’attività di lavorazione di inerti, rimangono intrinsecamente precarie, e recedono di fronte alle nuove scelte della pianificazione. Gli imprenditori che svolgono attività di lavorazione di inerti negli ambiti estrattivi non hanno quindi un’aspettativa tutelata a ottenere dal nuovo piano cave provinciale o dalla nuova disciplina urbanistica comunale una destinazione finale produttiva che consolidi i cantieri esistenti. Si tratta unicamente di un’aspettativa ordinaria, non diversa da quella di qualsiasi altro proprietario che aspiri a una zonizzazione migliore.
 

CAVE E MINIERE – Strumenti urbanistici comunali – Modifica della zonizzazione o individuazione di fasce di rispetto – Riduzione della superficie disponibile per l’attività di scavo e la lavorazione degli inerti – Limiti – Esaurimento dell’attività estrattiva – Riappropriazione della funzione pianificatoria degli strumenti urbanistici comunali.

Gli strumenti urbanistici comunali non possono cancellare i diritti di scavo, e parimenti non possono estenderli oltre la misura riconosciuta dal piano cave provinciale. Non è possibile interferire con il piano cave provinciale né direttamente, attraverso la modifica della zonizzazione, né indirettamente, individuando fasce di rispetto che, qualunque sia la giustificazione formale, di fatto riducono la superficie disponibile per l’attività di scavo e per la lavorazione degli inerti. Le disposizioni urbanistiche comunali che invadono la sfera di competenza del piano cave provinciale si collocano al di fuori dei poteri comunali. Pertanto, tali disposizioni non producono alcuna conseguenza giuridica, e devono essere disapplicate. Questa condizione di subalternità permane per tutta la durata del piano cave provinciale, e prosegue nel caso in cui la Provincia conceda singole proroghe ai titolari degli ambiti estrattivi. Solo dopo l’esaurimento dell’attività estrattiva gli strumenti urbanistici comunali si riappropriano per intero della funzione pianificatoria, con la possibilità di stabilire, per il futuro, una destinazione finale dell’ambito estrattivo diversa da quella indicata dal piano cave provinciale.  Prima dell’esaurimento dell’attività estrattiva la tutela degli ambiti residenziali o delle altre destinazioni urbanistiche deboli può pertanto essere realizzata solo con strumenti diversi dalla pianificazione urbanistica, e in particolare verificando il rispetto dei limiti di inquinamento acustico. Se necessario, possono essere imposte misure di contenimento delle emissioni sonore, valutando e bilanciando in concreto l’efficacia delle soluzioni tecniche e la sostenibilità della spesa.

Pres. Politi, Est. Pedron – P. s.r.l. (avv.ti Villata, Degli Esposti e Zorat) c. Comune di Brembate (avv. Brambilla)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 4 luglio 2018, n. 653

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 4 luglio 2018, n.  653

Pubblicato il 04/07/2018

N. 00653/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00764/2010 REG.RIC.
N. 00269/2013 REG.RIC.
N. 01371/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 764 del 2010, proposto da
PESENTI SERAFINO SRL, rappresentata e difesa dagli avv. Riccardo Villata, Andreina Degli Esposti e Carlo Zorat, con domicilio fisico presso quest’ultimo, e domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

contro

COMUNE DI BREMBATE, rappresentato e difeso dall’avv. Paola Brambilla, con domicilio fisico presso il medesimo legale, e domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

nei confronti

PROVINCIA DI BERGAMO, non costituitasi in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 269 del 2013, proposto da
PESENTI SERAFINO SRL, rappresentata e difesa dagli avv. Riccardo Villata, Andreina Degli Esposti e Carlo Zorat, con domicilio fisico presso quest’ultimo, e domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;


contro

COMUNE DI BREMBATE, rappresentato e difeso dall’avv. Paola Brambilla, con domicilio fisico presso il medesimo legale, e domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

sul ricorso numero di registro generale 1371 del 2014, proposto da
PESENTI SERAFINO SRL, rappresentata e difesa dagli avv. Riccardo Villata, Andreina Degli Esposti e Carlo Zorat, con domicilio fisico presso quest’ultimo, e domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

contro

COMUNE DI BREMBATE, rappresentato e difeso dall’avv. Paola Brambilla, con domicilio fisico presso il medesimo legale, e domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

per l’annullamento

(a) quanto al ricorso n. 764 del 2010:

– dell’ordinanza del responsabile del Settore Territorio e Ambiente n. 31 del 26 maggio 2010, con la quale, previo annullamento in autotutela della determinazione prot. n. 4561 del 2 aprile 2009, e previa declaratoria di inefficacia della DIA prot. n. 12345 del 25 settembre 2009, è stata ingiunta la demolizione dei manufatti realizzati nell’area di cava, destinati alla lavorazione di inerti;

(b) quanto al ricorso n. 269 del 2013:

– della deliberazione consiliare n. 46 del 10 luglio 2012, con la quale è stato approvato il PGT, nella parte in cui disciplina l’attività estrattiva sui terreni di proprietà della ricorrente;

(c) quanto al ricorso n. 1371 del 2014:

– della deliberazione giuntale n. 104 del 3 settembre 2014, con la quale il Comune ha approvato le osservazioni alla VAS del nuovo piano cave provinciale, in relazione all’ATEg28.1 di interesse della ricorrente;

– della deliberazione giuntale n. 112 del 16 settembre 2014, con la quale il Comune ha espresso parere negativo sull’ATEg28.1 del nuovo piano cave provinciale;

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Brembate;
Visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 aprile 2018 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente Pesenti Serafino srl è proprietaria di alcuni terreni inclusi nel piano cave della Provincia di Bergamo (ex polo BP2g, ex ATEg28, ATEg28.1). Le suddette aree si trovano nel Comune di Brembate, in località Arnichi, tra via Crespi e via Lamarmora (mappali n. 118 e 120).

2. Sui propri terreni, aventi superficie complessiva pari a circa 9.000 mq, la ricorrente esercita attività estrattiva di cava (sabbia e ghiaia) in forza dell’autorizzazione provinciale rilasciata il 6 giugno 2007.

3. In via preliminare, la ricorrente e il Comune avevano stipulato una convenzione in data 27 luglio 2006, per regolare le rispettive obbligazioni. In particolare, erano previsti (v. art. 2 paragrafi 1 e 12) i contributi corrisposti dalla ricorrente al Comune, e l’impegno della stessa a realizzare al termine dell’attività estrattiva gli interventi di riassetto ambientale necessari per ristabilire la destinazione finale prevista dal piano cave provinciale, secondo il progetto generale già agli atti del Comune. Era inoltre previsto (v. art. 2 paragrafo 5) che eventuali lavori eseguiti dalla ricorrente sarebbero stati oggetto di un apposito capitolato sottoscritto dalle parti.

4. In data 21 giugno 2007 la ricorrente ha chiesto al Comune l’autorizzazione per realizzare, all’interno dell’area di cava, un impianto mobile di vagliatura e frantumazione del materiale litoide. L’autorizzazione è stata rilasciata dal responsabile del Settore Territorio e Ambiente con provvedimento del 23 luglio 2007. L’installazione dell’impianto era subordinata ad alcune prescrizioni, tra cui le seguenti: (a) doveva essere eseguito un terrapieno, allo scopo di creare una barriera visiva e acustica verso la zona est dell’abitato; (b) non poteva essere superata la soglia di emissioni sonore prevista per la zona acustica di classe 3; (c) doveva essere presentato agli uffici comunali uno studio di impatto acustico riferito alle lavorazioni nell’area di cava e alle ripercussioni sul contesto residenziale adiacente; (d) era vietato il posizionamento di attrezzature fisse per la lavorazione e il deposito di materiale e mezzi a una distanza inferiore a 200 metri dalla zona residenziale del PRG.

5. Con istanza del 18 febbraio 2009 (integrata il 5 marzo 2009) la ricorrente ha chiesto l’autorizzazione per l’ampliamento (con aggiunta del lavaggio e del trattamento acque a ciclo chiuso) dell’impianto mobile di vagliatura e frantumazione. Era specificato che la struttura sarebbe stata posizionata direttamente su basamenti in calcestruzzo, e ancorata agli stessi mediante staffe con funzioni di controventatura, per impedire il ribaltamento provocato dall’azione del vento. Il responsabile del Settore Territorio e Ambiente, con provvedimento del 2 aprile 2009, premesso che il nuovo impianto era simile a quello già autorizzato nel 2007, e sostitutivo dello stesso, ha ritenuto l’autorizzazione del 2007 sufficiente e idonea anche per il nuovo impianto, comprese le prescrizioni, che si intendevano integralmente richiamate.

6. Su questo presupposto, la ricorrente ha presentato in data 25 settembre 2009 una DIA per la realizzazione dei manufatti necessari alla posa del nuovo impianto (fondazioni, platee, muri in elevazione).

7. In un primo momento (22 ottobre 2009) il Comune ha diffidato la ricorrente dall’esecuzione dei lavori. In seguito (24 febbraio 2010) ha dato avvio al procedimento di autotutela.

8. A conclusione di tale procedimento, il Comune, con ordinanza del responsabile del Settore Territorio e Ambiente n. 31 del 26 maggio 2010, ha disposto l’annullamento dell’autorizzazione del 2 aprile 2009, e ha conseguentemente dichiarato inefficace la DIA del 25 settembre 2009, ingiungendo la demolizione dei manufatti realizzati nell’area di cava. I motivi dell’autotutela sono così sintetizzabili: (i) il piano cave provinciale non prevede espressamente nell’area estrattiva alcun impianto di lavorazione di inerti; (ii) la convenzione del 27 luglio 2006 subordina l’effettuazione di lavori alla stipula di un apposito capitolato sottoscritto dalle parti; (iii) l’impianto per la lavorazione di inerti è una struttura fissa, e non mobile, ed entra quindi in conflitto con l’art. 65.7 delle NTA del PRG, che prevede una fascia di rispetto di 200 metri dalla zona residenziale per tutte le attrezzature necessarie alle attività di cava; (iv) non è stato presentato lo studio di impatto acustico; (v) non sono stati presentati i calcoli del cemento armato.

9. Nel frattempo, tuttavia, l’impianto è stato ultimato.

10. Contro l’ordinanza n. 31/2010 la ricorrente ha presentato impugnazione (ricorso n. 764/2010), formulando numerose censure che possono essere sintetizzate come segue: (i) violazione dell’art. 25 della LR 11 marzo 2005 n. 12, che vieta le varianti al PRG nella fase transitoria finalizzata all’approvazione del PGT, in quanto la previsione della fascia di rispetto di 200 metri è stata introdotta nel 2006, con una variante che si colloca appunto nella fase transitoria; (ii) violazione dell’art. 10 comma 2 della LR 8 agosto 1998 n. 14, il quale stabilisce che le previsioni del piano cave provinciale prevalgono sulle previsioni difformi contenute negli strumenti urbanistici comunali, norma da intendere anche in relazione alle attività complementari come la lavorazione di inerti; (iii) travisamento, in quanto l’impianto per la lavorazione di inerti è semplicemente ancorato al suolo per ragioni di sicurezza, e quindi deve essere considerato una struttura mobile, destinata a essere rimossa al termine dell’attività estrattiva.

11. Il Comune si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

12. In seguito, il Comune, con deliberazione consiliare n. 46 del 10 luglio 2012, ha approvato in via definitiva il PGT, disciplinando anche l’attività estrattiva. In particolare, l’art. 54 delle NTA individua le destinazioni finali dell’area estrattiva (comma 2), e consente le attività di trasformazione e valorizzazione del materiale litoide, anche proveniente da altre cave, nonché alcune attività complementari quali la produzione di conglomerati cementizi e bituminosi, ma solo previa convenzione con il Comune (commi 4 e 8). È confermata la fascia di rispetto di 200 metri per gli impianti di estrazione e trattamento del materiale litoide (comma 11-a).

13. Contro la nuova disciplina urbanistica la ricorrente ha proposto impugnazione (ricorso n. 269/2013). La tesi sostenuta è, in sintesi, che verrebbe di nuovo penalizzata l’attività della ricorrente, sia attualmente (fascia di 200 metri) sia in prospettiva (destinazione finale agricola), mentre altre attività (anche impattanti, come la produzione di conglomerati bituminosi) risulterebbero ingiustamente favorite.

14. In corso di causa, la Regione ha avviato la procedura di approvazione del nuovo piano cave regionale, prevedendo per la prima volta l’espletamento della VAS. Nel nuovo schema di piano l’area estrattiva della ricorrente è stata inserita come ATEg28.1.

15. Interpellato dalla Regione, il Comune, con deliberazione giuntale n. 104 del 3 settembre 2014, ha formulato alcune osservazioni alla VAS del nuovo piano cave provinciale, e con deliberazione giuntale n. 112 del 16 settembre 2014 ha espresso parere negativo sull’ATEg28.1, evidenziando il carattere abusivo dell’impianto per la lavorazione di inerti, in quanto realizzato in violazione della fascia di rispetto, e contestando la richiesta della ricorrente di ottenere un ampliamento dell’ambito estrattivo.

16. Contro le predette deliberazioni la ricorrente ha presentato impugnazione (ricorso n. 1371/2014), formulando in sintesi due argomenti: (i) il sindaco non si è astenuto nella deliberazione giuntale n. 104/2014, come invece sarebbe stato necessario in conseguenza della posizione di amministratore di una società che controlla una ditta insediata nello stesso ambito estrattivo; (ii) travisamento, in quanto la situazione descritta dal Comune, e dunque la stessa possibilità di muovere alla ricorrente delle contestazioni legate agli abusi edilizi, è ancora sub iudice, essendo pendenti i primi due ricorsi.

17. Il Comune si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione anche del secondo e del terzo ricorso.

18. Il nuovo piano cave è stato approvato dalla Regione con DCR 29 settembre 2015 n. 10/848. Per quanto riguarda l’ATEg28.1, la relativa scheda prevede il recupero e la restituzione alla destinazione finale agricola entro il 9 luglio 2018.

19. Recentemente, vi sono stati contatti tra la ricorrente, la Provincia e il Comune per verificare le condizioni di una proroga dell’attività estrattiva oltre il suddetto termine (v. documentazione depositata dalla ricorrente il 14 marzo 2018). Nella riunione tenutasi presso la Provincia il 26 febbraio 2018 i rappresentanti del Comune hanno dichiarato di non essere contrari, in linea di principio, a valutare un eventuale progetto di coltivazione in proroga, ma hanno evidenziato di attendere la pronuncia del TAR sull’ordinanza di rimozione dell’impianto per la lavorazione di inerti e sulla fascia di rispetto.

20. Così ricostruito il quadro fattuale, visto il carattere sostanzialmente unitario della controversia, e la stretta connessione tra i punti in discussione, è necessario disporre la riunione dei ricorsi per una trattazione congiunta.

21. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.

Sulla lavorazione di inerti

22. La lavorazione di inerti all’interno di un ambito estrattivo, avendo natura complementare rispetto alla coltivazione della cava, deve essere sempre considerata urbanisticamente conforme, indipendentemente da un’espressa menzione nel piano cave provinciale o negli strumenti urbanistici comunali. Questo vale, però, solo finché vi siano i presupposti giuridici per la coltivazione della cava, e nella fase transitoria necessaria alla dismissione dell’attività estrattiva (v. TAR Brescia Sez. I 3 gennaio 2018 n. 6).

23. In altri termini, le attività complementari, che sono espressamente richiamate e qualificate come ammissibili anche dall’art. 35 della LR 14/1998, consentono un’ottimale utilizzazione dell’ambito estrattivo, e dunque rappresentano un punto di convergenza tra l’interesse economico dei cavatori e l’interesse pubblico riguardante la copertura del fabbisogno regionale e nazionale di materiali per costruzioni. Pertanto, in mancanza di espressi divieti del piano cave provinciale fondati su criticità ambientali, la realizzazione di opere finalizzate allo svolgimento di attività complementari è sempre possibile, previo rilascio dei relativi titoli edilizi.

24. Tuttavia, le attività complementari non possono mai operare come un veicolo per l’insediamento definitivo di destinazioni d’uso produttive che non abbiano avuto un espresso riconoscimento negli strumenti urbanistici. Senza un simile riconoscimento le attività complementari, e tra queste anche l’attività di lavorazione di inerti, rimangono intrinsecamente precarie, e recedono di fronte alle nuove scelte della pianificazione. Gli imprenditori che svolgono attività di lavorazione di inerti negli ambiti estrattivi non hanno quindi un’aspettativa tutelata a ottenere dal nuovo piano cave provinciale o dalla nuova disciplina urbanistica comunale una destinazione finale produttiva che consolidi i cantieri esistenti. Si tratta unicamente di un’aspettativa ordinaria, non diversa da quella di qualsiasi altro proprietario che aspiri a una zonizzazione migliore. Spetta quindi ai titolari degli ambiti estrattivi valutare la convenienza e il rischio degli investimenti richiesti per la lavorazione di inerti, nella consapevolezza che tali investimenti non potranno essere ammortizzati con l’utilizzazione o la vendita della zona produttiva dopo la cessazione dell’attività estrattiva e delle eventuali proroghe.

25. Nello specifico, la destinazione finale agricola assegnata alle aree della ricorrente deriva dal piano cave regionale del 2008, che il Comune si è limitato a recepire nel PGT del 2012. Anche in precedenza, come risulta dalla convenzione tra la ricorrente e il Comune di data 27 luglio 2006, la prospettiva delle aree dopo l’esaurimento dell’attività estrattiva era quella del riassetto ambientale. La destinazione finale agricola è stata ribadita dal piano cave provinciale del 2015, approvato dopo lo svolgimento della VAS, e quindi con maggiori garanzie circa la piena comprensione delle caratteristiche e delle criticità dei luoghi. In tale contesto, le censure di fraintendimento o di discriminazione (con riguardo alla più favorevole destinazione finale delle aree vicine) devono essere rivolte al piano cave provinciale, che è un oggetto estraneo al presente giudizio.

Sui rapporti tra piano cave provinciale e pianificazione comunale

26. L’art. 10 comma 2 della LR 14/1998 stabilisce che le previsioni del piano cave provinciale prevalgono sulle eventuali previsioni difformi contenute negli strumenti urbanistici comunali, e sono immediatamente efficaci e vincolanti nei confronti di chiunque. La norma è interpretabile nel senso che i diritti di scavo sono concessi direttamente dal piano cave provinciale, e diventano efficaci con l’autorizzazione provinciale, una volta completati alcuni adempimenti, tra cui la stipula delle convenzioni con le amministrazioni comunali interessate. Come si è visto sopra, in presenza di diritti di scavo è legittimo lo svolgimento di attività complementari, tra cui la lavorazione di inerti.

27. Gli strumenti urbanistici comunali non possono cancellare i diritti di scavo, e parimenti non possono estenderli oltre la misura riconosciuta dal piano cave provinciale. Non è possibile interferire con il piano cave provinciale né direttamente, attraverso la modifica della zonizzazione, né indirettamente, individuando fasce di rispetto che, qualunque sia la giustificazione formale, di fatto riducono la superficie disponibile per l’attività di scavo e per la lavorazione degli inerti.

28. Le disposizioni urbanistiche comunali che invadono la sfera di competenza del piano cave provinciale si collocano al di fuori dei poteri comunali. Pertanto, tali disposizioni non producono alcuna conseguenza giuridica, e devono essere disapplicate, ferma restando la possibilità di chiederne l’annullamento congiuntamente ai provvedimenti attuativi.

29. Questa condizione di subalternità permane per tutta la durata del piano cave provinciale, e prosegue nel caso in cui la Provincia conceda singole proroghe ai titolari degli ambiti estrattivi. Solo dopo l’esaurimento dell’attività estrattiva gli strumenti urbanistici comunali si riappropriano per intero della funzione pianificatoria, con la possibilità di stabilire, per il futuro, una destinazione finale dell’ambito estrattivo diversa da quella indicata dal piano cave provinciale. Una rinnovata valutazione degli interessi pubblici e l’acquisizione di ulteriori apporti istruttori sono infatti circostanze che possono giustificare scelte autonome, quando l’esercizio del potere pianificatorio non sia più condizionato dalla presenza di cave in esercizio.

30. Prima dell’esaurimento dell’attività estrattiva la tutela degli ambiti residenziali o delle altre destinazioni urbanistiche deboli può essere realizzata solo con strumenti diversi dalla pianificazione urbanistica, e in particolare verificando il rispetto dei limiti di inquinamento acustico. Se necessario, possono essere imposte misure di contenimento delle emissioni sonore, valutando e bilanciando in concreto l’efficacia delle soluzioni tecniche e la sostenibilità della spesa.

Sui titoli edilizi delle strutture per la lavorazione di inerti

31. La qualificazione delle opere necessarie per realizzare le strutture dove avviene la lavorazione degli inerti risente necessariamente della provvisorietà dell’ambito estrattivo.

32. Si tratta materialmente di opere stabili, ancorate al terreno, e idonee ad alterare profondamente lo stato dei luoghi, con effetti che per altri tipi di edificazione si potrebbero considerare permanenti. In una cava, qualsiasi attività svolta, dall’estrazione del materiale alla lavorazione dello stesso, comporta una trasformazione radicale del suolo. Tale trasformazione è però reversibile, in quanto con l’esaurimento della cava tutte le strutture presenti devono essere rimosse, per lasciare spazio agli interventi di riassetto ambientale che precedono e rendono possibile la destinazione finale prevista dal piano cave provinciale. Pertanto, all’interno di un ambito estrattivo, finché la cava è in esercizio, è sempre possibile realizzare, indipendentemente dalla pianificazione comunale, nuove costruzioni finalizzate all’attività estrattiva o alle attività complementari, ma tali costruzioni sono intrinsecamente provvisorie. Come si è visto sopra, il mantenimento sul posto delle strutture di cantiere, o la realizzazione di nuove strutture produttive, è ammissibile solo se la destinazione finale cambia in senso favorevole al titolare dell’ambito estrattivo. Peraltro, una simile evoluzione è una mera aspettativa.

33. Con queste precisazioni, un impianto per la lavorazione di inerti come quello realizzato dalla ricorrente si deve ritenere legittimo, sia con riguardo alle caratteristiche costruttive, sia relativamente alla collocazione nella fascia di rispetto.

34. Le criticità di dettaglio esposte nell’ordinanza n. 31/2010 non costituiscono profili di legittimità idonei a condurre all’annullamento. Lo studio di impatto acustico era una prescrizione inserita nell’autorizzazione del 23 luglio 2007, e ribadita nell’autorizzazione del 2 aprile 2009. L’inottemperanza non retroagisce sui provvedimenti autorizzatori, ma può essere superata da uno specifico ordine di deposito emesso dagli uffici comunali. Parimenti, la mancata presentazione dei calcoli del cemento armato riguarda la sola fase di esecuzione dei lavori.

35. Non è condivisibile la tesi secondo cui la realizzazione dell’impianto per la lavorazione di inerti violerebbe la convenzione tra la ricorrente e il Comune di data 27 luglio 2006. L’apposito capitolato di cui parla l’art. 2 paragrafo 5 della convenzione deve essere inteso come un accordo relativo a opere di interesse pubblico. La ricorrente ha invece realizzato una struttura produttiva, e ha chiesto per due volte la relativa autorizzazione, sottoponendosi correttamente alla valutazione degli uffici comunali, senza alcuna necessità di formalizzare un’intesa.

36. Non sembra infine che vi sia stata mancanza di correttezza nei tempi di realizzazione. È vero che con riguardo alla DIA del 25 settembre 2009 il Comune ha emesso un’ordinanza di inibizione in data 22 ottobre 2009, notificata il 23 ottobre 2009 ex art. 140 cpc. Nel termine di trenta giorni sarebbe stato però necessario annullare in autotutela l’autorizzazione del 2 aprile 2009, che costituiva il presupposto della DIA, e in effetti poteva essere considerata come un titolo edilizio sufficiente a consentire i lavori. Vi è stata invece, fino all’adozione dell’ordinanza n. 31/2010 (ossia fino al 26 maggio 2010), una situazione di incertezza sulle intenzioni dell’amministrazione, che non può risolversi in un danno per la parte privata.

Sui pareri comunali riguardanti il piano cave provinciale

37. Per quanto riguarda le deliberazioni giuntali n. 104/2014 e n. 112/2014, pur trattandosi di atti endoprocedimentali finalizzati all’approvazione del nuovo piano cave provinciale, si ritiene che l’impugnazione sia ammissibile per il fatto che la ricorrente ha interesse a escludere dai documenti trasmessi alla Regione quelli che potrebbero verosimilmente condurre a un esito sfavorevole. È vero che nel frattempo il procedimento si è concluso con l’approvazione del piano cave provinciale del 2015, ma l’interesse permane in relazione alla nuova stesura, per evitare che un parere comunale motivato in modo identico entri anche in questa procedura.

38. La censura basata sulla violazione dell’obbligo di astensione da parte del sindaco non appare condivisibile. In realtà, il sindaco ha concorso unicamente all’approvazione della deliberazione giuntale n. 104/2014, che si limita a chiedere il recepimento nel piano provinciale cave della disciplina urbanistica comunale, mentre si è opportunamente astenuto sulla deliberazione giuntale n. 112/2014, nella quale viene affermato il carattere abusivo delle lavorazioni della ricorrente. In ogni caso, il ruolo del sindaco risulta ampiamente diluito nella vicenda complessiva, che vede una netta contrapposizione tra la ricorrente e l’amministrazione comunale a partire quantomeno dal 2010.

39. Relativamente al merito, l’unico profilo di ricorso accoglibile riguarda la deliberazione giuntale n. 112/2014, nel senso che il parere allegato alla stessa, riflettendo il contenuto di atti impugnati nel presente giudizio, è illegittimo nella stessa misura. Dal parere devono quindi essere cancellati i riferimenti al carattere abusivo dell’impianto per la lavorazione degli inerti.

Conclusioni

40. Sui ricorsi riuniti sono pertanto emesse le seguenti pronunce:

(a) il ricorso n. 764/2010 è accolto, con il conseguente annullamento dell’ordinanza n. 31/2010;

(b) il ricorso n. 269/2013 è parzialmente accolto, con la conseguente espunzione dal PGT della fascia di rispetto di 200 metri sopra descritta. Per il rapporto di presupposizione che lega le successive versioni delle norme urbanistiche nel periodico aggiornamento degli atti di pianificazione, la suddetta pronuncia travolge e rende inefficace la previsione della fascia di rispetto anche se reiterata e ricollocata in nuovi strumenti urbanistici;

(c) il ricorso n. 1371/2014 è parzialmente accolto, con la conseguente espunzione dalla deliberazione giuntale n. 112/2014 dei riferimenti alle questioni contenziose decise nel presente giudizio, fermo restando il potere del Comune di formulare su altre basi le proprie valutazioni, anche negative, circa la prosecuzione delle attività della ricorrente.

41. La complessità della controversia consente l’integrale compensazione delle spese di lite in tutti i ricorsi.

42. Il contributo unificato di ciascuno dei ricorsi è a carico dell’amministrazione ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis.1 del DPR 30 maggio 2002 n. 115.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando:

(a) riunisce i ricorsi;

(b) accoglie il ricorso n. 764/2010, come precisato in motivazione;

(c) accoglie parzialmente il ricorso n. 269/2013, come precisato in motivazione;

(d) accoglie parzialmente il ricorso n. 1371/2014, come precisato in motivazione;

(e) compensa integralmente le spese di lite in tutti i ricorsi;

(f) pone il contributo unificato a carico del Comune in tutti i ricorsi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere, Estensore
Stefano Tenca, Consigliere

L’ESTENSORE
Mauro Pedron
        
IL PRESIDENTE
Roberto Politi
        
        
IL SEGRETARIO

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