Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 252 | Data di udienza: 22 Giugno 2018

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ristrutturazione edilizia – Distanze dal confine o da altri fabbricati – Ricostruzione con e senza coincidenza di area sedime e sagoma – Differenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Abruzzo
Città: Pescara
Data di pubblicazione: 23 Luglio 2018
Numero: 252
Data di udienza: 22 Giugno 2018
Presidente: Tramaglini
Estensore: Ianigro


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ristrutturazione edilizia – Distanze dal confine o da altri fabbricati – Ricostruzione con e senza coincidenza di area sedime e sagoma – Differenza.



Massima

 

TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. 1^ – 23 luglio 2018, n. 252


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ristrutturazione edilizia – Distanze dal confine o da altri fabbricati – Ricostruzione con e senza coincidenza di area sedime e sagoma – Differenza
.

Nel caso in cui il manufatto che costituisce il risultato di una ristrutturazione edilizia venga ricostruito con coincidenza di area di sedime e di sagoma, esso – in quanto sostitutivo di un precedente manufatto che già non rispettava le distanze dal confine e/o da altri fabbricati – potrà sottrarsi al rispetto delle norme sulle distanze. Ed infatti (Cons. Stato, sez. IV, 14 settembre 2017 n. 4337), la disposizione dell’art. 9 n. 2 D.M. n. 1444 riguarda “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici (o parti e/o sopraelevazioni di essi: Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2016 n. 3522) “costruiti per la prima volta” e non già edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse. Invece, nel caso in cui il manufatto venga ricostruito senza il rispetto della sagoma preesistente e dell’area di sedime, come pure consentito dall’art. 30, comma 1, lett. a), d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, occorrerà comunque il rispetto delle distanze prescritte, proprio perché esso – quanto alla sua collocazione fisica – rappresenta un novum, come tale tenuto a rispettare – indipendentemente dalla sua qualificazione come ristrutturazione edilizia o nuova costruzione – le norme sulle distanze (fattispecie relativa alla modifica della sagoma in altezza di un edificio situato nella fascia di rispetto autostradale)


Pres. Tramaglini, Est. Ianigro – L.D.P. e altro (avv. Passeri Mencucci) c. Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Avv. Stato), Strada dei Parchi s.p.a. (avv. Terrigno) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. 1^ - 23 luglio 2018, n. 252

SENTENZA

 

TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. 1^ – 23 luglio 2018, n. 252

Pubblicato il 23/07/2018

N. 00252/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00320/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 320 del 2017, proposto da:
Liberato Di Pasquale e Lina Filippone, rappresentati e difesi dall’avv. Lorenzo Passeri Mencucci, con domicilio eletto in forma digitale come in atti nonché in forma fisica presso lo studio dell’avv. Lorenzo Passeri in Pescara, via Falcone e Borsellino n. 38;


contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in forma digitale come in atti nonché in forma fisica presso il Complesso Monumentale di San Domenico;
Strada dei Parchi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Massimiliano Terrigno, con domicilio eletto in forma digitale come in atti;
Comune di Cepagatti, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;

per l’annullamento

1) della nota prot. n. 10696 del 09/06/2017 con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Dipartimento delle infrastrutture – ha espresso "parere negativo" all’accoglimento dell’istanza presentata dagli odierni ricorrenti volta al rilascio del titolo edilizio per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia sull’immobile di proprietà;

2) della nota prot. 10784 del 01/06/2017 con cui la società Strada dei Parchi s.p.a. ha formulato il proprio parere negativo in merito all’accoglimento dell’istanza summenzionata

nonché:

di tutti gli atti prodromici, conseguenziali e, comunque, connessi ed in particolare: 3) della nota prot. n. 9275 del 25/05/2017 del Ministero delle Infrastrutture – Dipartimento delle Infrastrutture; 4) della nota prot. 010784 del 01/06/2017 della Società Strada dei Parchi; 5) della nota prot. 7460 del 28/04/2017 del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti – Dipartimento delle infrastrutture; 6) della nota prot. 9706 del 16/05/2017 della società Strada dei Parchi Spa; 7) del verbale conclusivo della Conferenza dei servizi del 27/06/2017 prot. n. 13228.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Strada dei Parchi s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2018 la dott.ssa Renata Emma Ianigro e uditi per le parti l’avv. Lorenzo Passeri per le parti ricorrenti, l’avv. Generoso Di Leo, per il Ministero resistente e l’avv. Giuseppe Matarrese, su delega dell’avv. Massimiliano Terrigno, per la società controinteressata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso iscritto al n. 120/2017 i sig.ri Liberato Di Pasquale e Lina Filippone adivano codesto T.A.R. al fine di richiedere l’annullamento, previa sospensiva, dei pareri contrari rispettivamente espressi dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dalla Società Strada dei Parchi s.p.a. rispetto all’istanza volta al rilascio del permesso di costruire per un intervento di ristrutturazione edilizia sulla copertura di un immobile di proprietà.

Esponevano che, quali proprietari di un immobile ubicato in Cepagatti, censito in catasto urbano al fg. 8 part. n. 356, realizzato nel 1968 ed adibito a civile abitazione, con istanza del 04/01/2017 prot. n. 188, avevano richiesto al Comune di Cepagatti il rilascio di un permesso di costruire per l’esecuzione di un intervento di ristrutturazione edilizia avente ad oggetto il miglioramento statico della copertura del preesistente fabbricato, realizzato in forza dei nulla osta del 04/04/1968 e del 28/09/1970, ed oggetto di quattro distinti permessi di costruire.

Esponevano che l’Amministrazione comunale, verificata l’ubicazione dell’immobile in fascia di rispetto autostradale (Autostrada A25), indiceva una conferenza di servizi che si concludeva in data 16.06.2017, con la presa d’atto dei due pareri negativi espressi dal Ministero e dalla società Strada dei Parchi, e che l’Amministrazione comunale, con nota prot. 13288 del 27/06/2017, comunicava il preavviso di diniego ex art. 10 bis L. n. 241/90 al rilascio del permesso di costruire.

A sostegno delle doglianze i ricorrenti adducevano i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 28 d.p.r. 495/1992, e dell’art. 3 punto 22 del d.lgs. n. 285/1992, del d.m. 1404/1968 attuativo dell’art. 41 septies della legge n. 1150/1942, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria, eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti, motivazione insufficiente e/o contraddittoria, illogicità ed irragionevolezza;

I pareri negativi formulati dal Ministero delle Infrastrutture e dalla società Strada dei Parchi per la ristrutturazione del fabbricato di pertinenza dei ricorrenti sono gli unici motivi ostativi al rilascio del permesso di costruire, dato che non esistono ragioni di natura edilizia ed urbanistica.

1.1 L’illegittimità dei pareri negativi, le varie fasi temporali di realizzazione dell’immobile; la realizzazione di parte del fabbricato interessato dall’intervento di ristrutturazione anteriormente all’autostrada.

L’immobile è stato realizzato sulla base di quattro titoli diversi: il corpo di fabbrica principale in forza della licenza edilizia rilasciata il 04/04/1968, un primo ampliamento dello stesso con la licenza edilizia rilasciata il 28/09/1970, un secondo ampliamento, avente ad oggetto dei locali accessori, con la concessione edilizia n. 499 del 28/11/1980 ed un ulteriore ampliamento degli ultimi locali realizzati, eseguiti in forza della concessione edilizia n. 1069 del 17/11/1982. Gli ultimi due interventi citati sono stati realizzati nel rispetto dei trenta metri previsti per la fascia di rispetto autostradale.

In realtà, l’intervento oggetto di richiesta inerisce solo la parte del fabbricato interessata dalle prime due licenze del 1968 e del 1970 e non i successivi ampliamenti, per cui si trattava di un intervento realizzato quando l’asse autostradale non era stato ancora realizzato. Come noto il vincolo sopravvenuto alla realizzazione di un fabbricato eseguito in forza di un titolo rilasciato in data antecedente alla sua costituzione è irrilevante e non inficia la legittimità del titolo (cfr Cons. St. sez. VI, 27.04.2017 n.1939).

Il fabbricato in questione ricade nella fascia di rispetto autostradale nella sola parte assentita e realizzata anteriormente all’asse viario dato che la licenza edilizia del 1968 è anteriore al d.m. l.p. del 14.06.1968 nonché al d.m. 1.04.1968 n.1404 che individuava le distanze minime delle costruzioni dal nastro stradale. Anche la licenza del 28.09.1970 con cui è stato assentito l’ampliamento del fabbricato per la parte opposta al fronte autostrada è stata rilasciata in data anteriore alla realizzazione dell’autostrada A25 (tratto di interesse Manoppello-Pescara con estensione fino al raccordo con la A14 ultimato dopo il 20.04.1972).

Pertanto sono inconferenti le osservazioni formulate nei pareri impugnati laddove viene richiamata la necessità dei nulla osta del concessionario autostradale per gli interventi edilizi assentiti con le concessioni edilizie n.n. 499 del 29.11.1980 e n.1069 del 17.11.1982 che riguardano due corpi di fabbrica non interessati dalla ristrutturazione e non ubicati in fascia di rispetto.

1.2 Sulla natura dell’intervento edilizio programmato (ristrutturazione “semplice”).

I lavori oggetto di richiesta consistono nel miglioramento statico della copertura del fabbricato con dismissione di quella esistente, nuova realizzazione della stessa e lieve modifica della sagoma (rotazione di 90 gradi del colmo di copertura), come ricavabile dalla relazione del tecnico progettista. Trattasi evidentemente di ristrutturazione edilizia "semplice" non essendo previsto alcun incremento di volumetria, ma la sola modifica della sagoma e del tutto legittimamente ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. c) del d.p.r. n. 380/2001. In ogni caso l’intervento non incide sulla distanza del manufatto rispetto all’asse viario e nemmeno comporta un incremento di volumetria capace di alterare e/o modificare detta distanza come può evincersi dall’elaborato relativo al confronto fra lo stato attuale e la situazione di progetto (cfr T.a.r Pescara 25.08.2017 n.237 secondo cui la conformità ai parametri urbanistici deve essere verificata quando l’intervento fuoriesce dall’originario contorno orizzontale o verticale).

1.3 L’illegittimità dei dinieghi formulati dalle amministrazioni resistenti.

I dinieghi formulati dal Ministero e dalla società concessionaria, laddove motivati con riferimento all’impossibilità di verificare se l’edificazione è stata eseguita anteriormente o meno rispetto alla costruzione dell’autostrada sono palesemente illegittimi, poiché emerge “per tabulas” che il corpo di fabbrica interessato dalla ristrutturazione risale a data anteriore all’epoca di realizzazione dell’autostrada ed al d.m. del 1968 impositivo delle distanze di rispetto, e che gli interventi assentiti con le concessioni del 1980 e del 1982 non sono interessati dalla ristrutturazione in oggetto.

In ogni caso i titoli del 1980 e del 1982 sono stati rilasciati per l’ampliamento del fabbricato nella parte opposta al fronte strada in conformità all’art. 42 del p.r.g. “Verde Protettivo”, nel testo vigente all’epoca del rilascio dei titoli edilizi, che, nel prevedere un premio di cubatura per gli edifici esistenti all’atto dell’entrata in vigore dello strumento urbanistico, ne subordinava l’ammissibilità al mantenimento della distanza esistente tra il fabbricato e la viabilità esistente. Ciò è avvenuto nel rispetto della distanza di trenta metri dall’autostrada come prescritto dall’art. 26 comma 3 del d.p.r. n.495/1992 in tema di distanza minima delle nuove costruzioni dalle strade di tipo A, al di fuori dei centri abitati come delimitati ai sensi dell’art. 4 del Codice (cfr T.a.r. Pescara secondo cui la riduzione a trenta metri della fascia di rispetto dalle strade di tipo A si applica a tutti i casi in cui il manufatto realizzando è ubicato, come nella specie, in zona agricola in quanto anche detta zona è suscettibile di attuazione diretta con l’indice di 0.03. mc/mq prescritto).

L’affermazione riportata nella nota prot. 9706 del 16.05.2017 della Strada dei Parchi secondo cui l’innalzamento delle pareti perimetrali da 0,38 a 0,78 comporterebbe un incremento di volumetria dell’immobile contrasta con l’art. 8.4.1. delle n.t.a. che, in tema di interventi di adeguamento, prescrive che una variazione dell’altezza dell’edificio restando immutato il numero dei piani non è considerata sopraelevazione o ampliamento. Anche la giurisprudenza ha chiarito che ciò che rileva per la consistenza del volume sottotetto è la sua materiale potenzialità di sfruttamento a fini abitativi. Nella specie il presunto incremento di volumetria sarebbe talmente “modesto” da non incidere affatto sulle caratteristiche del manufatto ferma restando la natura non abitabile del sottotetto.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art.3 della legge n.241/1990: assenza e/o insufficienza della motivazione in merito ad un punto decisivo della controversia; eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, sviamento del fine pubblico, illogicità ed irragionevolezza;

Le amministrazioni non motivano in alcun modo su quali siano le finalità perseguite dalla norma impositiva delle fasce di rispetto che intendono perseguire con i dinieghi impugnati e che giustificherebbero il sacrificio dell’interesse dei privati alla realizzazione dell’intervento.

Ed infatti il vincolo in questione, pur avendo carattere assoluto, non trova applicazione nel caso in cui, per le particolari modalità dell’intervento edilizio programmato, la limitazione della proprietà privata risulti scissa da qualunque interesse pubblico salvaguardato con il vincolo suddetto (cfr T.a.r. Pescara 6.03.2003 n. 312; id. 26.07.2017 n.229; Cons. St. sez. IV 22.06.2016 n. 2756; id. 27.01.2015 n.347).

Nel caso in esame non può sussistere alcuna lesione all’interesse pubblico salvaguardato dalla previsione della fascia di rispetto autostradale in quanto l’intervento non eccede l’originaria sagoma di ingombro dell’immobile, e non altera la distanza esistente dal nastro autostradale. L’esecuzione dell’intervento non può incidere in senso peggiorativo né sulla sicurezza del traffico, né sull’incolumità delle persone, né può rendere difficoltosa rispetto all’esistente l’installazione di eventuali cantieri o strutture per il deposito di materiali o per opere accessorie. Inoltre l’area è interessata dalla presenza di altri fabbricati prospicienti alla proprietà dei ricorrenti, ubicati ad una distanza inferiore rispetto all’asse autostradale e che pertanto dovrebbero rappresentare un ostacolo ben maggiore rispetto alla costruzione degli esponenti.

Concludeva quindi per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese processuali.

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la società Strada Dei Parchi spa si costituivano, eccependo l’irricevibilità nonchè l’infondatezza nel merito del ricorso.

Costituitasi con memoria del 23.10.2017 la Strada dei Parchi s.p.a. eccepiva, preliminarmente, l’irricevibilità del ricorso notifcato il 22.09.2017 per tardività avendo la parte avuto piena conoscenza dei pareri impugnati preclusivi dell’ulteriore corso del procedimento tramite partecipazione di un proprio delegato in Conferenza di Servizi dell’1.06.2017 o, al più tardi, tramite comunicazione dell’esito a mezzo p.e.c. allo stesso delegato in data 16.06.2017. Opponeva nel merito l’infondatezza del ricorso in presenza di un progetto rivolto all’abbattimento ed alla realizzazione di un nuovo tetto con creazione di nuova sagoma, nuovi volumi e nuova altezza oltre ad un avanzamento del corpo di fabbrica che si evince dalle fotografie prodotte da controparte da cui si ricava che la parte del tetto fronteggiante l’autostrada sporge di circa 1,5 metri in più rispetto a quello attuale, ad una distanza di soli 10 metri dal nastro stradale, ed il divieto di edificazione per le autostrade è di 60 metri ai sensi dell’art. 4 del d.m. 1.04.1968 n.1404. Precisava che, ai sensi dell’art. 24 del d.l. n.112/2008 conv. in l. n. 133/2008 alcuna deroga può essere concessa per interventi a distanze inferiori a quelle previste dalle norme vigenti in materia, e che l’ampliamento in sopraelevazione e la ricostruzione sono ritenuti a tutti gli effetti nuova costruzione che va assoggettata alla normativa attuale in tema di fasce di rispetto anche laddove il fabbricato a distanza inferiore preesista all’opera stradale (cfr Cass. Civ. sez. II 7.12.2004 n.22895; Cons. St. sez. V 7.09.2004 n.5867).

Il Ministero Infrastrutture, con memoria del 27.03.2018, eccepiva l’inammissibilità del ricorso poiché avente ad oggetto atti di natura endoprocedimentale, privi di contenuto decisorio, sul presupposto che la determinazione conclusiva della Conferenza di Servizi presuppone comunque un successivo provvedimento da parte dell’ente cui spetta la competenza finale per provvedere (cfr Cons. St. sez. V 11.09.2013 n. 4507). Opponeva nel merito che l’istanza comportava un aumento di volumetria incompatibile con la fascia di rispetto, nonché la natura assoluta del vincolo di inedificabilità. Concludeva quindi per il rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza di discussione del 22.06.2018 il ricorso veniva introitato per la decisione.

2. Preliminarmente in rito vanno respinte poiché infondate le eccezioni di inammissibilità ed irricevibilità del ricorso sollevate dalle amministrazioni resistenti.

Nel giudizio risulta l’impugnato l’esito della conferenza di servizi indetta il 19.04.2017 dal Comune di Cepagatti, ai sensi degli artt. 14 della legge n. 241/1990 e 5 e 20 del d.p.r. n. 380/2001 per l’acquisizione dei pareri istruttori da parte del Ministero delle Infrastrutture, della soc. Strada dei Parchi per il vincolo di rispetto autostradale e della Soprintendenza ai Beni Archeologici sul progetto relativo alla richiesta di “ristrutturazione ed adeguamento statico della copertura di un fabbricato con dismissione della struttura di copertura esistente e nuova realizzazione della stessa con modifiche della sagoma” inoltrata dalla ricorrente in relazione ad un immobile sito in Cepagatti in via Michelangelo n.c.e.u. fg 8 p.lla 356.

La Conferenza di Servizi si concludeva con determinazione prot. n. 12535 del 16.06.2017 con cui si dava atto dell’esito negativo dei pareri dichiaratamente vincolanti pervenuti dalla Strada dei Parchi con atto dell’1.06.2017 e dal Ministero delle Infrastrutture con nota prot. 9275 del 25.05.2017, rimettendo gli atti al Comune per gli adempimenti di sua competenza.

Dell’esito negativo della Conferenza di Servizi conseguito all’acquisizione dei pareri contrari della Strada dei Parchi e del Ministero delle Infrastrutture è stata data comunicazione alla ricorrente a mezzo racc. a.r. con determinazione del Comune di Cepagatti prot. n. 13228 del 27.06.2017 inoltrata ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990.

Tanto premesso in fatto, ritiene il Collegio che il ricorso avverso l’esito negativo della Conferenza di Servizi deve ritenersi ammissibile, poiché, ai fini dell’impugnazione in sede giurisdizionale è richiesta l’attuale e concreta lesività, e non anche la definitività dell’atto amministrativo, per cui deve ritenersi ammissibile l’impugnazione di un verbale di una Conferenza di Servizi ove le amministrazioni, esprimendo pareri negativi, abbiano adottato delle determinazioni preclusive all’approvazione del progetto e che pertanto siano conformative e vincolanti rispetto ai successivi atti di pertinenza della competente amministrazione di cui costituiscono il presupposto giuridico.

Ai sensi dell’art. 14 quater comma 1 la determinazione motivata di conclusione della conferenza adottata dall’amministrazione procedente all’esito della stessa sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni interessate.

Nella specie la determinazione conclusiva, come si è innanzi anticipato, è stata adottata dal Comune di Cepagatti con atto prot. n.12535 del 16.06.2017 all’esito dell’intervenuta acquisizione dei pareri negativi e, dichiaratamente vincolanti, resi dal Ministero delle Infrastrutture e dalla società Strada dei Parchi in relazione al vincolo autostradale, cui il Comune si è uniformato, anche con l’invio del preavviso di diniego.

Sussiste quindi l’interesse diretto concreto ed attuale della società ricorrente a contestare l’esito sfavorevole della Conferenza di Servizi indetta per acquisire i pareri obbligatori degli enti preposti alla tutela dei vincoli esistenti, autostradale e paesaggistico, senza dover attendere l’adozione del formale provvedimento di diniego, allo stato solo preannunciato.

2.1 Per la stessa ragione destituita di giuridico fondamento si appalesa l’eccezione di irricevibilità per tardività sollevata dalla Società Strada dei Parchi secondo cui il termine di impugnazione andrebbe computato a far data dalla piena conoscenza dei pareri impugnati ossia dalla data dell’1.06.2017 in cui parte ricorrente avrebbe preso cognizione dei pareri negativi impugnati conseguita attraverso la partecipazione alla Conferenza di Servizi del geom. P.Tucci in qualità di delegato, o dalla formale comunicazione a quest’ultimo dell’esito negativo effettuata tramite pec. Premesso che alla riunione dell’1.06.2017 alcuna determinazione è stata adottata non essendo pervenuti i pareri di tutti gli enti, osserva Collegio che non rileva ai fini della decorrenza del termine di gravame la conoscenza dell’iter endoprocedimentale che la società istante abbia avuto modo di acquisire, anche tramite persona delegata, posto che il termine di impugnazione dell’esito della Conferenza presupponeva in ogni caso la conoscenza, per lo meno, della determinazione conclusiva che, come si è detto, è stata adottata successivamente alla pec del 16.06.2017, ossia il 27.06.2017 e comunicata in pari data alla ricorrente a mezzo raccomandata, sicchè il ricorso, consegnato per la notifica il 22.09.2017, deve intendersi tempestivo. Di qui l’irrilevanza di ogni questione inerente la delega e/o l’ampiezza dei poteri rappresentativi del tecnico incaricato di partecipare alla Conferenza di Servizi per conto della ditta istante.

3. Nel merito il ricorso è infondato e va respinto come di seguito argomentato.

Come anticipato in fatto si discute nel giudizio dell’approvazione di un progetto di ristrutturazione ed adeguamento statico della copertura di una fabbricato sito in Capagatti, all’interno della fascia di trenta metri di rispetto dell’autostrada A25, con dismissione della struttura di copertura esistente e nuova realizzazione della stessa con modifiche della sagoma.

Il parere negativo espresso con nota prot. n. 9275 del 25.05.2017 dal Ministero delle Infrastrutture risulta motivato poiché non è stata considerata esaustiva la documentazione trasmessa dal Comune con nota prot. n. 10812 del 23.05.2017 a riscontro dell’interlocutoria prot. n. 7460 del 28.04.2017 (con cui si era richiesta la documentazione progettuale di dettaglio, planimetrie e dettagli costruttivi poi consegnata dalla stessa ricorrente), e poiché non era risultato chiaro se l’edificazione fosse anteriore o posteriore alla costruzione dell’autostrada, né alcuna informativa era stata resa quanto all’ubicazione dell’intervento rispetto alla fascia di rispetto del sedime stradale.

Analogamente il diniego di nulla osta della Strada dei Parchi intervenuto con nota prot. n. 10784 dell’1.06.2017 risulta motivato poiché, benchè richiesti, non erano pervenuti i nulla osta delle pregresse concessioni edilizie rilasciate nel 1980 e nel 1982.

3.1 Ciò premesso, come ricavabile dalla documentazione allegata da parte ricorrente, l’immobile oggetto di ristrutturazione è stato interessato da più interventi edilizi che nel tempo ne hanno modificato la conformazione originaria e precisamente una prima concessione edilizia per un fabbricato ad uso abitativo del 4.04.1968 con cui, rispetto ad un piano terra esistente è stata autorizzata la realizzazione di un primo piano, una successiva concessione edilizia del 28.09.1970 rilasciata per l’ampliamento del fabbricato con l’aggiunta di due vani ed una cucina al piano terra ed al primo piano, altra concessione edilizia n.499/1980 per un ulteriore ampliamento tramite costruzione di locali accessori quali una cantina, garages ed una cucina rustica, ed un successivo ampliamento autorizzato con concessione edilizia del 22.09.1982.

Dalla relazione tecnica a cura del geom. P.Tucci allegata alla richiesta di permesso di costruire si ricava che il fabbricato è costituito da tre unità immobiliari ad uso abitativo ed annessi accessori e che il progetto mirava al consolidamento statico della copertura del fabbricato, versante in precarie condizioni statiche, con demolizione totale di quella esistente comprese le quinte in muratura, la ricostruzione di nuove quinte in muratura di mattoni forati o in pannelli lignei , e la installazione di una nuova struttura portante in legno lamellare di abete con tavolato chiuso e sovrastante nuovo manto di tegole in laterizio. In particolare ivi si precisa che la modifica della copertura avrebbe comportato la rotazione di 90 gradi del colmo di copertura, che non sarebbe stata ricostruita la muratura di quinta prospiciente il tracciato autostradale ma verso di essa sarebbe stata prevista la linea di grondaia a quota inferiore a quella della citata quinta preesistente.

4. Le censure poste da parte ricorrente avverso il provvedimento impugnato non sono meritevoli di favorevole delibazione per i motivi che di seguito si vanno ad esporre.

4.1 Preliminarmente, dovendo ricostruire il quadro normativo di riferimento sulla base della normativa vigente ratione temporis, osserva il Collegio che la predisposizione di un piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali risale alla legge n.729 del 24.07.1961 il cui articolo 9 al comma 1 stabiliva che: “Lungo i tracciati delle autostrade e relativi accessi, previsti sulla base dei progetti regolarmente approvati, è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie a distanza inferiore a metri 25 dal limite della zona di occupazione dell’autostrada stessa”. La stessa norma al comma 3 stabiliva che: “Il divieto previsto dal presente articolo ha effetto dalla data della pubblicazione di apposito avviso, a cura del concessionario, sul Foglio degli annunzi legali delle singole Prefetture competenti per territorio, recante notizia dell’avvenuta approvazione del progetto di ciascuna strada.” Inoltre, con d.m. n.1404 dell’1.04.1968, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 13 aprile 1968, è stato imposto per le nuove edificazioni al di fuori del perimetro del centro abitato, ai sensi dell’art.4, l’obbligo del rispetto della distanza di 60 metri dal ciglio della strada per le autostrade in quanto qualificate come strade di tipo A.

Successivamente, con il regolamento del codice della strada approvato con d.p.r. 495/1992 è stato poi confermato all’art. 26 il limite di 60 metri per le distanze da osservare per le strade di tipo A fuori dai centri abitati, riferite alle “nuove costruzioni, ricostruzioni conseguenti a demolizioni integrali, o negli ampliamenti fronteggianti le strade”, ridotto a 30 metri all’interno dei centri abitati, oppure al di fuori dei centri abitati nel caso di zone previste come edificabili o trasformabili dallo strumento urbanistico generale, se lo strumento è suscettibile di attuazione diretta, ovvero se per tali zone siano già previsti strumenti attuativi.

Con riferimento all’art.9 della legge n. 729/1961 la giurisprudenza si è pronunciata nel senso che la fascia di rispetto ivi prevista integrava un vincolo di inedificabilità assoluta, in quanto preordinato non solo a prevenire la presenza di ostacoli costituenti un possibile pregiudizio per la circolazione, ma anche ad assicurare la disponibilità di un’area contigua alla sede stradale all’occorrenza utilizzabile per un ampliamento della medesima (cfr T.a.r. Liguria, sez. I n. 276/2015; Ta.r. Palermo sez. II n.34/2015).

Medesime considerazioni valgono anche con riferimento alla fascia di rispetto di 60 metri oggi prevista dal d.p.r. n. 495/1992 per le strade di tipo A, tenuto conto dell’identità di ratio e del fatto che la norma citata vieta all’interno di tale fascia di rispetto, qualsiasi nuova costruzione, ancorchè nella forma di ampliamento di un fabbricato preesistente o di ricostruzione di edificio preesistente e integralmente demolito. Tale previsione che penalizza sinanche la demolizione seguita da fedele ricostruzione da cui si desume la volontà del legislatore di ritenere rispondente ad un interesse prioritario il mantenimento dell’area adiacente le autostrade sgombra da costruzioni idonee ad interferire con futuri ampliamenti della sede stradale ovvero a compromettere la sicurezza pubblica in caso di sinistri. Ciò depone indubitabilmente nel senso della natura assoluta del vincolo di inedificabilità imposto ex lege.

4.2 Ciò posto, alla luce di quanto sopra risulta innanzitutto destituito di fondamento l’assunto di parte ricorrente attestato sull’irrilevanza del vincolo in quanto ancorato alla mancata realizzazione dell’asse viario autostradale all’epoca del rilascio della concessione edilizia del 4.04.1968 con cui è stata assentita la sopraelevazione del fabbricato esistente. Parte ricorrente al riguardo non ha dimostrato che all’epoca del rilascio delle concessioni edilizie del 4.04.1968 per la sopraelevazione del fabbricato, e del 28.09.1970 per il suo ampliamento, non fosse ancora stato pubblicato alcun avviso relativo all’asse viario in questione sul Foglio degli Annunzi legali della Prefettura.

Di qui l’inconferenza dei motivi con cui si oppone l’irrilevanza del vincolo rispetto agli interventi edilizi di ampliamento del medesimo fabbricato realizzati con le concessioni edilizie del 28.11.1980 e del 17.11.1982 in quanto realizzati a distanza di “30 metri” e nella parte dell’immobile non prospiciente il fronte autostradale, tenuto conto che con il d.m. n. 1404/1968 il vincolo di inedificabilità imposto, anche per gli ampliamenti, rispetto alle autostrade di tipo A era fissato al di fuori dei centri abitati in 60 metri, o al più, in presenza di strumentazione attuativa in 30 metri.

4.3 Sul punto occorre evidenziare che solo con il regolamento di attuazione del nuovo Codice della strada approvato con d.p.r. n. 495/1992, e quindi in data successiva al rilascio delle concessioni edilizie menzionate, è stato precisato a livello normativo che il limite di distanza fissato andava osservato rispetto agli ampliamenti “fronteggianti le strade”.

In ogni caso, pur a voler accedere in via interpretativa alla ricostruzione invocata, manca in atti la prova che gli ampliamenti realizzati con le concessioni edilizie del 28.11.1980 e del 17.11.1982 riguardassero effettivamente la parte non fronteggiante l’asse autostradale.

Né comunque può accedersi all’interpretazione propugnata volta a scindere le opere autorizzate con i titoli successivamente rilasciati come se si trattasse di manufatti indipendenti in presenza di un immobile unitario costituito da un piano terra ed un primo piano che nel tempo è stato via via ampliato.

4.4 Quanto alla dedotta inapplicabilità del regime delle distanze rispetto al progettato intervento di ristrutturazione edilizia, occorre precisare in quali casi di ristrutturazione edilizia è richiesto comunque il rispetto della normativa sulle distanze tra le costruzioni.

Con specifico riferimento alla successione di norme del tempo (per la parte che rileva nella presente sede), occorre ricordare che l’art. 3, co. 1, lett. d), nel suo testo originario, prevedeva che fossero interventi di “ristrutturazione edilizia”, quelli:

-“rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”.

Nel testo originario, erano presenti, due tipologie di ristrutturazione edilizia, identiche quanto alla finale realizzazione di un “organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”, ma distinte dalla presenza (o meno) della demolizione (anche parziale) del fabbricato preesistente. Quest’ultima, ove effettuata, per poter rientrare nel campo della ristrutturazione edilizia (e non già della nuova costruzione), doveva concludersi con la “fedele ricostruzione di un fabbricato identico”, al punto da avere identità di sagoma, volume, area di sedime e, in generale, caratteristiche dei materiali.

Il successivo DPR 27 dicembre 2002 n. 301 ha apportato alla definizione (di cui all’art. 3) alcune modifiche, con il risultato di affermare che, nel caso di demolizione e ricostruzione, per potersi definire l’intervento quale “ristrutturazione edilizia”, lo stesso doveva portare ad un manufatto “con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”.

Come è dato osservare, con il nuovo testo il legislatore ha abbandonato sia lo specifico riferimento alla identità di area di sedime e di caratteristiche dei materiali, sia il più generale concetto di “fedele ricostruzione” (non potendo quest’ultimo, a tutta evidenza, essere più ribadito una volta che non sono più richieste le predette caratteristiche).

Infine, il legislatore è nuovamente intervenuto sulla disposizione in esame, in particolare con l’art. 30, comma 1, lett. a), d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

Attualmente, quindi, sono "interventi di ristrutturazione edilizia" quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.

Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente”.

Come è dato osservare, con particolare riferimento alla ristrutturazione edilizia cd. ricostruttiva, l’unico limite ora previsto è quello della identità di volumetria, rispetto al manufatto demolito, salve le “innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica” , e ad eccezione degli immobili sottoposti a vincolo ex d. lgs. n. 42/2004, per i quali è altresì prescritto il rispetto della “medesima sagoma di quello preesistente”.

Tanto precisato in ordine alla definizione di “ristrutturazione edilizia”, occorre osservare che il nuovo manufatto, se può sottrarsi ai limiti, precedentemente previsti, del rispetto dell’area di sedime e della sagoma, non di meno anche in tali casi è certamente tenuto al rispetto del limite delle distanze dal confine e/o da altri fabbricati, nel rispetto sia delle norme del codice civile sia di quelle previste dai regolamenti edilizi e dalla pianificazione urbanistica.

In sostanza:

– nel caso in cui il manufatto che costituisce il risultato di una ristrutturazione edilizia venga comunque ricostruito con coincidenza di area di sedime e di sagoma, esso – proprio perché “coincidente” per tali profili con il manufatto preesistente – potrà sottrarsi al rispetto delle norme sulle distanze innanzi citate, in quanto sostitutivo di un precedente manufatto che già non rispettava dette distanze (e magari preesisteva anche alla stessa loro previsione normativa). Ed infatti (Cons. Stato, sez. IV, 14 settembre 2017 n. 4337), “la disposizione dell’art. 9 n. 2 D.M. n. 1444 riguarda “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici (o parti e/o sopraelevazioni di essi: Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2016 n. 3522) “costruiti per la prima volta” e non già edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse”.

Invece, nel caso in cui il manufatto venga ricostruito senza il rispetto della sagoma preesistente e dell’area di sedime, come pure consentito dalle norme innanzi indicate, occorrerà comunque il rispetto delle distanze prescritte, proprio perché esso – quanto alla sua collocazione fisica – rappresenta un novum, come tale tenuto a rispettare – indipendentemente dalla sua qualificazione come ristrutturazione edilizia o nuova costruzione – le norme sulle distanze. Ed in questo senso depone altresì la stessa pronuncia n. 237/2017, richiamata in atti, di questo Ta.r. secondo cui, se non è in discussione la possibilità di modificare la sagoma preesistente nel caso di ristrutturazione, quando l’intervento fuoriesce dall’originario contorno (orizzontale o verticale) ne deve essere verificata la conformità ai parametri fissati dalla normativa urbanistica.

Al fine della verifica del rispetto delle distanze, secondo i principi innanzi enunciati, mentre non rileva che non vi sia incremento di volumetria, ciò che rileva è che si rispetti l’allineamento della preesistente copertura, e che si sia inteso demolire e ricostruire quella preesistente modificandone la sagoma in altezza, ed incrementando l’ingombro volumetrico tramite innalzamento delle pareti perimetrali.

Non può quindi sostenersi che nel caso di edificio situato nella fascia di rispetto autostradale, devono intendersi precluse solo quelle modifiche che comportano un avvicinamento del fronte al tracciato viario, mentre sono consentiti gli interventi rispettosi del "filo" edilizio preesistente.

La tesi del ricorrente non può essere accolta in quanto urta contro l’inequivoco disposto dell’art. 28 del d.p.r. n. 495 del 1992 il quale vieta l’ampliamento di edifici preesistenti, che siano ubicati nella fascia di rispetto dell’autostrada.

Trattandosi di norma assolutamente cogente, in quanto finalizzata alla tutela del bene primario della sicurezza del traffico, la ristrutturazione progettata dall’appellante – comportando pacificamente una modificazione della sagoma di un edificio che già è sito all’interno della fascia – non poteva quindi essere in alcun modo autorizzata. Di qui l’irrilevanza del motivo con cui si contesta l’assenza di una specifica valutazione del pregiudizio alla circolazione stradale connesso all’ampliamento contestato, stante la natura assoluta del vincolo come sopra enunciata.

Alla luce di quanto esposto, prescindendosi dalla qualificazione giuridica dell’opera, ed anche a voler parlare di ristrutturazione edilizia, va ribadito che le opere in edifici preesistenti costituenti modifiche di sagoma, ampliamenti e sopraelevazioni siano soggette al rispetto delle distanze legali. 5. Va da ultimo respinta la censura di eccesso di potere per disparità di trattamento con le edificazioni limitrofe poste in prossimità del ciglio autostradale.

Per consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, la disparità di trattamento è sinonimo di eccesso di potere solo quando vi sia un’assoluta identità di situazioni oggettive, che valga a testimoniare dell’irrazionalità delle diverse conseguenze tratte dall’Amministrazione, cosa che nella specie non è emersa (Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2000, n. 726 e Tar Lazio, Roma, sez. I, 17 gennaio 2012, n. 463).

Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto, e vista la peculiarità delle questioni trattate, ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:

Alberto Tramaglini, Presidente
Renata Emma Ianigro, Consigliere, Estensore
Mario Gabriele Perpetuini, Primo Referendario

L’ESTENSORE
Renata Emma Ianigro
        
IL PRESIDENTE
Alberto Tramaglini
        
        
IL SEGRETARIO

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