* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abuso in area assoggettata a tutela paesaggistica – Demolizione – Previa comunicazione all’autorità preposta alla tutela del vincolo – Art. 27, c. 2 d.P.R. n. 380/2001 – Finalità – Interesse del privato alla contestazione dell’omissione – Esclusione – Valutazione tecnico-economica della demolizione – Art. 41 d.P.R. n. 380/2001 – Riguarda esclusivamente la fase esecutiva della demolizione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 21 Novembre 2018
Numero: 6737
Data di udienza: 8 Novembre 2018
Presidente: Passoni
Estensore: Soricelli
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abuso in area assoggettata a tutela paesaggistica – Demolizione – Previa comunicazione all’autorità preposta alla tutela del vincolo – Art. 27, c. 2 d.P.R. n. 380/2001 – Finalità – Interesse del privato alla contestazione dell’omissione – Esclusione – Valutazione tecnico-economica della demolizione – Art. 41 d.P.R. n. 380/2001 – Riguarda esclusivamente la fase esecutiva della demolizione.
Massima
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 6^ – 21 novembre 2018, n. 6737
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abuso in area assoggettata a tutela paesaggistica – Demolizione – Previa comunicazione all’autorità preposta alla tutela del vincolo – Art. 27, c. 2 d.P.R. n. 380/2001 – Finalità – Interesse del privato alla contestazione dell’omissione – Esclusione.
La comunicazione di cui all’art. 27, c. 2 del d.P.R. n. 380/2001 è funzionale all’interesse dell’autorità preposta alla tutela del vincolo (che può intervenire nella procedura) sicchè il soggetto privato che reagisca al provvedimento demolitorio non può giovarsene (si veda T.A.R. Campania, Napoli, sez, III, 10 maggio 2010, n. 3418).
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Valutazione tecnico-economica della demolizione – Art. 41 d.P.R. n. 380/2001 – Riguarda esclusivamente la fase esecutiva della demolizione.
La valutazione tecnico-economica della demolizione (art. 41 d.P.R. N. 380/2001) riguarda esclusivamente la fase esecutiva della demolizione e, dunque, non può inficiare, di per sé, la legittimità del provvedimento demolitorio, dovendosi, anzi, ritenere che in questa fase siffatta valutazione non è neppure necessaria (cfr. TAR Campania, Sez VI n. 16446/2010 del 29/06/2010. Consiglio Stato, sez. V, 21 novembre 2007, n. 5966; Consiglio Stato sez. V 26 gennaio 2001 n. 268; T.A.R. Campania, n. 1147/2003; T.A.R. Campania, sez. VI, 11 ottobre 2016, n. 4659).
Pres. Passoni, Est. Soricelli – D.V. (avv. Molinaro) c. Comune di Ischia (avv. Capriello)
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 6^ - 21 novembre 2018, n. 6737SENTENZA
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 6^ – 21 novembre 2018, n. 6737
Pubblicato il 21/11/2018
N. 06737/2018 REG.PROV.COLL.
N. 04407/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4407 del 2012, proposto da
Daniele Vinci, rappresentato e difeso dall’avvocato Lorenzo Bruno Antonio Molinaro, da intendersi domiciliato agli effetti del presente giudizio presso la segreteria della sezione;
contro
Comune di Ischia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lucia Capriello, da intendersi domiciliato agli effetti del presente giudizio presso la segreteria della sezione;
per l’annullamento
dell’ordinanza n. 186 del 6.9.2012 del comune di Ischia, recante ingiunzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Ischia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2018 il dott. Davide Soricelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il provvedimento impugnato il comune di Ischia ha disposto, in applicazione dell’articolo 27 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 la demolizione di due manufatti abusivi siti in via Leonardo Mazzella n. 100; si tratta di un seminterrato ubicato in un edificio articolato su tre livelli, realizzato in difformità da una licenza edilizia rilasciata in data 13 luglio 1955 e dal relativo n.o. della Soprintendenza rilasciato il precedente 28 giugno 1955 (in concreto l’originario progetto approvato prevedeva che il fabbricato dovesse essere articolato solo su due livelli), e di un fabbricato a forma di L distaccato dal fabbricato a triplice elevazione e addossato al confine sud del lotto (risultato totalmente abusivo in quanto privo di qualsiasi titolo edilizio legittimante).
Il provvedimento costituisce il seguito di un reclamo inoltrato dal ricorrente contro una precedente ordinanza che ingiungeva la demolizione dell’intero fabbricato a triplice elevazione e di due ulteriori fabbricati insistenti sul lotto; il comune riteneva infatti in parte fondati i rilievi rappresentati e, in particolare, riteneva non abusivi il piano terra e piano primo dell’edificio a triplice elevazione e uno dei due fabbricati insistenti nella corte (per il quale era risultata l’esistenza di una concessione edilizia a sanatoria).
Contro il provvedimento è stato quindi proposto il ricorso all’esame con cui il signor Vinci denuncia l’illegittimità sotto vari profili del provvedimento e ne chiede, quindi, l’annullamento.
Il comune di Ischia resiste al ricorso con memoria di stile.
Il ricorso è infondato dato che si basa su argomentazioni giuridiche che la giurisprudenza della sezione in occasione dell’esame di ricorsi affidati ad analoghe censure ha ritenuto non persuasive.
Per ragioni logico-giuridiche, è opportuno preliminarmente esaminare le censure di carattere formale.
Da questo punto di vista, il ricorrente lamenta essenzialmente l’incompetenza, non essendo stato preliminarmente acquisito il parere della commissione edilizia comunale integrata per i beni ambientali istituita presso il comune in base alla legge regionale 23 febbraio 1982, n. 10, e l’omissione dell’avviso di procedimento o meglio del preavviso di rigetto dato che il comune ha adottato l’atto in base a un reclamo formulato dallo stesso ricorrente avverso una precedente ordinanza sicchè ciò di cui egli si duole è che il mancato accoglimento (totale) del suo reclamo non sia stato preceduto dal preavviso di rigetto previsto dall’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Entrambe le censure sono infondate.
Quanto alla prima questa sezione ha già avuto modo che di affermare che il carattere di atto vincolato dei provvedimenti ex articolo 27 D.P.R. n. 380 rende non necessario il parere della commissione; a ciò si aggiunge il rilievo che la normativa dell’articolo 107 d.lg. 18 agosto 2000, n. 267 attribuisce alla responsabilità dei dirigenti “tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale” con previsione che trova puntuale riscontro nell’articolo 27 citato che assegna la competenza a provvedere al Dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale. In questo contesto il riferimento alle norme della legge regionale n. 10 del 1982 e al parere della commissione non è persuasivo perché l’allegato II alla legge prescrive il parere su provvedimenti relativi a materie subdelegate ai comuni mentre i provvedimenti di demolizione ex articolo 27 sono espressione di un potere proprio delle amministrazioni comunali.
In ordine alla omissione delle garanzie partecipative, va rilevato – in disparte il rilievo che nella fattispecie il ricorrente ha comunque rappresentato al comune le sue ragioni dato che quest’ultimo ha adottato il provvedimento impugnato su sua sollecitazione e in parte accogliendo i suoi rilievi (anche se è impossibile comprendere in qual misura dato che il reclamo del ricorrente non è stato allegato al ricorso né depositato dall’amministrazione) – che la giurisprudenza della sezione ha costantemente affermato che l’omissione delle garanzie partecipative è giustificata dalla “ineluttabilità” della sanzione in contestazione oltre che dall’applicazione del principio fissato nell’articolo 21-octies della legge n. 241 (cfr. per tutte T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 2 dicembre 2016, n. 5565, 20 marzo 2014, n. 1616 e 4 giugno 2014, n. 3043).
Passando alle censure di carattere sostanziale vanno anzitutto respinge quelle imperniate sulla violazione degli articoli 31 e 34 D.P.R. n. 380; il ricorrente sostiene al riguardo che: a) gli immobili sanzionati non possono essere considerati abusivi in quanto realizzati ante 1967 in area esterna al centro abitato; b) in ogni caso il seminterrato va considerato come realizzato “in parziale difformità” dalla licenza edilizia del 1955 sicchè non sarebbe assoggettabile alla sanzione demolitoria; c) il decorso di un lunghissimo lasso di tempo tra il supposto abuso e la sanzione implicherebbe una puntuale motivazione in merito alla esistenza di uno specifico interesse pubblico al ripristino e alla sua prevalenza sull’interesse del privato al mantenimento dell’opera.
Anche queste censure, peraltro non supportate ad alcun elemento di prova in ordine al profilo relativo all’epoca dell’abuso, devono essere respinte; non sussiste infatti violazione degli articoli 31 e 34 in quanto il provvedimento all’esame non è un ordine di demolizione ex articolo 31 essendo invece espressione del potere conferito dall’articolo 27; in ordine all’abusività delle opere, non è contestato che si tratti in parte di opere realizzate in difformità dal titolo edilizio rilasciato nel 1955 e in parte del tutto prive di titolo edilizio (per quanto riguarda queste ultime non c’è prova che risalgano a epoca in cui la realizzazione non fosse subordinata a titolo); quanto alla motivazione la giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere che i provvedimenti di repressione degli abusi edilizi (tanto più quando venga in rilievo un’area soggetta a vincolo paesaggistico) sono atti vincolati che non richiedono specifica motivazione in ordine alla esistenza di un interesse pubblico al ripristino nemmeno nel caso in cui sia trascorso un lungo periodo di tempo dall’illecito (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 17 ottobre 2017, n. 9).
Parimenti vanno respinte le censure con cui è dedotta la mancanza di presupposti per l’applicazione dell’articolo 27 D.P.R. n. 380 e comunque la violazione di quest’ultimo.
Il ricorrente sostiene anzitutto che l’articolo 27 troverebbe applicazione solo nel caso di vincoli di inedificabilità assoluta e non anche nei caso di inedificabilità relativa (come nella fattispecie); questa impostazione però è stata più volte respinta dalla sezione con impostazione – alla quale per ragioni di economia si fa integrale rinvio – condivisa dal Consiglio di Stato (si vedano T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 20 marzo 2014, n. 5565 e 4 giugno 2014, n. 3043 e Consiglio di Stato, sez. IV, 12 ottobre 2016, n. 4205).
Il ricorrente denuncia altresì che il provvedimento demolitorio non è stato preceduto dalla necessaria “comunicazione” all’autorità preposta alla tutela del vincolo; deve però osservarsi che questa comunicazione è funzionale all’interesse dell’autorità preposta alla tutela del vincolo (che può intervenire nella procedura) sicchè il soggetto privato che reagisca al provvedimento non può giovarsene (come ritenuto dal questo Tribunale; si veda T.A.R. Campania, Napoli, sez, III, 10 maggio 2010, n. 3418).
Infine il ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 41 D.P.R. n. 380; in particolare, egli contesta l’assenza della deliberazione della giunta municipale prevista dal comma 1 (in pratica l’approvazione della valutazione tecnico-economica della demolizione) dell’articolo citato con conseguente illegittimità del preventivo di spesa allegato al provvedimento.
Anche questa censura va disattesa in conformità all’orientamento della sezione secondo cui “la valutazione riguarda esclusivamente la fase esecutiva delle demolizione e, dunque, non può inficiare, di per sé, la legittimità del provvedimento demolitorio, dovendosi, anzi, ritenere che in questa fase siffatta valutazione non è neppure necessaria (cfr. TAR Campania, Sez VI n. 16446/2010 del 29/06/2010. Consiglio Stato, sez. V, 21 novembre 2007, n. 5966; Consiglio Stato sez. V 26 gennaio 2001 n. 268; T.A.R. Campania, n. 1147/2003)” (in questo senso da ultimo (T.A.R. Campania, sez. VI, 11 ottobre 2016, n. 4659).
Il ricorso va quindi respinto. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sede di Napoli, sezione VI, definitivamente pronunciandosi sul ricorso, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro duemila, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Passoni, Presidente
Davide Soricelli, Consigliere, Estensore
Carlo Buonauro, Consigliere
L’ESTENSORE
Davide Soricelli
IL PRESIDENTE
Paolo Passoni
IL SEGRETARIO