Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Pubblica amministrazione, Rifiuti Numero: 2046 | Data di udienza: 26 Settembre 2018

* RIFIUTI – Operazioni di recupero dei rifiuti regime semplificato – Prescrizioni amministrative – Verifiche e controlli – Inottemperanza del titolare – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Potere d’intervento dell’ente pubblico provinciale – Procedura semplificata e attività prescrizionale – Artt. 192, 216 e 256 d.lgs n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Struttura motivazionale della sentenza – Motivi di Appello saldati a quelli di primo grado – Migliore comprensione delle censure. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 17 Gennaio 2019
Numero: 2046
Data di udienza: 26 Settembre 2018
Presidente: SAVANI
Estensore: CERRONI


Premassima

* RIFIUTI – Operazioni di recupero dei rifiuti regime semplificato – Prescrizioni amministrative – Verifiche e controlli – Inottemperanza del titolare – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Potere d’intervento dell’ente pubblico provinciale – Procedura semplificata e attività prescrizionale – Artt. 192, 216 e 256 d.lgs n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Struttura motivazionale della sentenza – Motivi di Appello saldati a quelli di primo grado – Migliore comprensione delle censure. 



Massima

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 17/01/2019 (Ud. 26/09/2018), Sentenza n.2046
  
 
RIFIUTI – Operazioni di recupero dei rifiuti regime semplificato – Prescrizioni amministrative – Verifiche e controlli – Inottemperanza del titolare – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Potere d’intervento dell’ente pubblico provinciale – Procedura semplificata e attività prescrizionale – Artt. 192, 216 e 256 d.lgs n.152/2006.
  
In sede di un regime semplificato, per le operazioni di recupero dei rifiuti, il potere d’intervento dell’ente pubblico provinciale è espressamente previsto dall’art. 216, comma 4, del D.L.vo 152/2006, che lo disciplina nelle ipotesi di avvio dell’attività mediante comunicazione a norma del comma 1 dell’art. 216.  Pertanto, le prescrizioni e le cautele che debbono essere rispettate coincidono con quanto previsto in sede di iscrizione da parte della ditta richiedente nel registro delle imprese che effettuano recupero di rifiuti non pericolosi, posto che le modalità di deposito e di movimentazione dei rifiuti, unitamente ai tempi di lavorazione, costituiscono gli elementi che caratterizzano la richiesta iscrizione e fissano requisiti e presupposti anche ai fini dell’eventuale verifica iniziale e dei successivi controlli. Fattispecie: a seguito della verifica/controllo è stata rilevato l’assenza di idonea copertura e protezione dei rifiuti, che la strumentazione di bagnatura pur presente non veniva utilizzata nonostante le condizioni meteorologiche avverse, e che mancava la cartellonistica indicante le zone distinte di lavorazione e di collocazione dei materiali di stoccaggio.
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Struttura motivazionale della sentenza – Motivi di Appello saldati a quelli di primo grado – Migliore comprensione delle censure.
 
In materia procedurale, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella di primo grado per formare un unico complesso corpo argomentativo.  
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 28/04/2017 – CORTE DI APPELLO DI FIRENZE) Pres. SAVANI, Rel. CERRONI, Ric. Dori

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 17/01/2019 (Ud. 26/09/2018), Sentenza n.2046

SENTENZA

 

 

 
 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 17/01/2019 (Ud. 26/09/2018), Sentenza n.2046
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
  
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da Dori Roberto;
 
avverso la sentenza del 28/04/2017 della Corte di Appello di Firenze;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante Spinaci, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 28 aprile 2017 la Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del 19 marzo 2015 del Tribunale di Firenze, ha rideterminato in euro 2.000 di ammenda la pena inflitta a Roberto Dori, in qualità di legale rappresentante della s.p.a. Cori, per il reato di cui agli artt. 81 capoverso cod. pen., 192, 216 e 256, comma 2, 3 e 4 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
 
 
2. Avverso il predetto provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione con quattro motivi di impugnazione.
 
 
2.1. Col primo motivo il ricorrente ha ribadito la nullità della prima sentenza attesa la carenza di valutazione degli elementi favorevoli all’imputato, ed in ragione dell’assenza di considerazione anche implicita delle ragioni di inattendibilità di prove ed argomenti difensivi.
 
 
2.2. Col secondo motivo il ricorrente ha eccepito che, in lesione del suo diritto di difesa, non vi era stato alcun riferimento nel capo d’imputazione a pretese violazioni del regime della comunicazione di cui al regime semplificato regolato dall’art. 216 d.lgs. 152 cit., dal momento che la contestazione era relativa a violazioni di – inesistenti – prescrizioni imposte nelle autorizzazioni, laddove al contrario si trattava delle condizioni di regolare esercizio dello smaltimento dei rifiuti, indicate dal privato in regime semplificato.
 
 
2.3. Col terzo motivo, in relazione all’affermata violazione di legge, la responsabilità penale sussisteva, nel regime semplificato cit., solamente in caso di violazione delle condizioni di regolare esercizio individuate nella relazione, e non nell’ipotesi di successivi provvedimenti della Provincia.
 
 
2.4. Col quarto motivo, in relazione alla violazione di legge ed al denunciato vizio motivazionale in ordine ai singoli rilievi, era stata anzitutto contestata la mancanza di strumenti di copertura e protezione di rifiuti, laddove al contrario al momento del sopralluogo gli impianti di bagnatura, esistenti, non erano in funzione; del pari, in relazione alla mancanza di idonea recinzione ed alla realizzazione di rampa di caricamento all’interno della vicina discarica, ciò corrispondeva allo stato dei luoghi secondo la comunicata relazione d’inizio attività, e solamente in seguito erano state emesse siffatte ulteriore prescrizioni cui comunque il ricorrente stava adempiendo. Al più poteva trattarsi di ritardata ottemperanza ad un atto successivo all’iscrizione al regime semplificato, irrilevante penalmente. Infine, in relazione all’assenza di strumenti di separazione delle aree di stoccaggio dei vari tipi di rifiuto, facevano semmai difetto i cartelli indicanti le varie zone di lavorazione, mentre in ogni caso i rifiuti erano collocati in zone separate e distinguibili tra di loro.
 
 
3. Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso è inammissibile.
 
 
4.1. In relazione al primo motivo di impugnazione, è appena il caso di ricordare che, in caso di difetto di motivazione della decisione di primo grado, il giudice di secondo grado non può dichiarare la nullità della prima  pronuncia ma deve decidere, sanandone i difetti e le mancanze, in quanto la carenza di motivazione della sentenza di primo grado non integra uno dei casi di nullità del giudizio espressamente sanciti dall’art. 604 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 19246 del 30/03/2017, Speca e altro, Rv. 270070). Infatti il potere di annullamento della sentenza impugnata, tipico della giurisdizione di legittimità, è esercitato in appello nei soli casi previsti  dall’art. 604 cod. proc. pen.. Al di fuori di queste ipotesi tassative, in cui non trova collocazione quella della carenza, sia pur totale, di motivazione, si applicano i principi di conservazione degli atti e di economia processuale, in forza dei quali è riconosciuto al giudice di appello il potere di sostituirsi, nella valutazione del fatto, al giudice di primo grado, mediante la correzione, la integrazione e, persino, la integrale redazione della
motivazione (Sez. 3, n. 4562 del 21/02/1994, Marconi, Rv. 197335).
 
In specie, il ricorrente ha invero continuato ad insistere per la nullità della prima sentenza per carenza di motivazione, ed in proposito non può che ribadirsi il costante consolidato principio appena rammentato, con conseguente manifesta infondatezza del motivo di ricorso.
 
 
4.2. In relazione al secondo e al terzo motivo di impugnazione, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro sostanziale connessione, essi sono parimenti del tutto infondati.
 
 
4.2.1. Vero è, infatti, che da un lato le condotte contestate sono state esplicitamente ed analiticamente richiamate nel capo d’imputazione, e che dall’altro il potere d’intervento dell’ente pubblico provinciale è espressamente previsto dall’art. 216, comma 4, d.lgs. 152 del 2006, il quale appunto lo disciplina nelle ipotesi di avvio dell’attività mediante comunicazione a norma dell’art. 216, comma 1 ("La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall’amministrazione").
 
Sì che la mancata osservanza delle prescrizioni così imposte in sede di verifica non è indifferente rispetto alla sanzione penale di cui all’art. 256, comma 4, d.lgs. 152 cit., come intenderebbe il ricorrente. 
 
In proposito, la stessa invocata Sez. 3, n. 11495 del 15/12/2010, dep. 2011, Oliva, Rv. 249819 prevede che, effettivamente, in presenza di regime semplificato le prescrizioni e le cautele che debbono essere rispettate coincidono con quanto previsto in sede di iscrizione da parte della ditta richiedente nel registro delle imprese che effettuano recupero di rifiuti non pericolosi, posto che le modalità di deposito e di movimentazione dei rifiuti, unitamente ai tempi di lavorazione, costituiscono gli elementi che caratterizzano la richiesta iscrizione e fissano requisiti e presupposti anche ai fini dell’eventuale verifica iniziale e dei successivi controlli.
 
Infatti, v. anche supra, le contestazioni all’odierno ricorrente sono proprio insorte in esito alla verifica (e quindi al controllo) congiuntamente risalente ad Asl, Provincia di Firenze e Comune di Lastra a Signa, dalla quale verifica successivamente scaturirono le diffide amministrative.
 
Al riguardo, comunque, dal momento che i motivi di ricorso possono essere esaminati prendendo in considerazione sia la motivazione della sentenza impugnata sia quella della sentenza di primo grado (le due decisioni divergono solamente infatti nella valutazione del trattamento sanzionatorio), in fatto anche il Tribunale di Firenze offre compiuta e coerente ricostruzione della vicenda processuale, anche al fine di una migliore comprensione delle censure del ricorrente. La struttura motivazionale della sentenza di appello si salda invero con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (ex plurimis, Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; cfr. da ult. Sez. 5, n. 40005 del 07/03/2014, Lubrano Di Giunno, Rv. 260303). Nel complesso motivazionale, quindi, viene dato conto delle prescrizioni amministrative, ancorché risalenti all’attività ex lege di verifica e controllo, nonché delle contestazioni seguite all’inottemperanza del titolare (cfr. altresì, quanto ai poteri dell’autorità amministrativa, Sez. 3, n. 41049 del 15/09/2015, Malatesta, Rv. 264842; Sez. 3, n. 19955 del 09/04/2013, Balzarini, Rv. 255401).
 
 
4.2.2. Alcuna censura può quindi essere accolta in proposito.
 
 
4.3. In relazione infine all’ultimo profilo di impugnazione, i motivi recati a sostegno della censura vanno parimenti disattesi.
 
 
4.3.1. In proposito, infatti, quanto all’assenza di idonea copertura e protezione dei rifiuti, la Corte territoriale ha correttamente dato atto che la strumentazione di bagnatura c’era ma non veniva utilizzata nonostante le
condizioni meteorologiche avverse, il che equivale a dire che alcuna idonea copertura era posta in essere.
 
In relazione poi alla mancanza di recinzione e alla realizzazione di rampa di caricamento all’interno di vicina discarica, lo stesso ricorrente ha dichiarato che vi era stata ritardata ottemperanza (né, alla stregua di quanto già osservato, vi può essere questione sulla legittimità della complessiva attività di prescrizione amministrativa). Mentre infine, quanto alla contestata assenza di cartellonistica indicante zone distinte zone di lavorazione e di collocazione dei materiali di stoccaggio, il rilievo non può all’evidenza essere superato dal fatto che, in concreto, i rifiuti fossero distinguibili in cumuli differenti. 
 
Anche la messaggistica, infatti, correttamente rappresenta strumento idoneo ed in sé non fungibile, quantunque certamente non unico, rispetto alle attività di separazione delle aree di stoccaggio.
 
 
5. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso, stante la palese complessiva infondatezza dei motivi di ricorso.
 
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa  nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 2.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso in Roma il 26/09/2018
 

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