Anno: 2012 | Autore: GERARDO GUZZO

 

Accertamento di compatibilità paesaggistica e poteri istruttori  dell’Ente Locale


GERARDO GUZZO*

SOMMARIO: 1. Premessa. 2. Il quadro normativo. 3. La giurisprudenza. 4. Considerazioni finali.

1.    Premessa.

Il problema dei limiti del sindacato dell’Ente locale in materia di accertamento di compatibilità paesaggistica, d’ordinario associato ad una richiesta di rilascio di permesso di costruire in sanatoria, presentata ai sensi dell’articolo 36 del d.P.R. n. 380/2001, evidenzia aspetti di indubbia criticità in gran parte legati ad una fattura letterale dell’articolo 167 del d.lgs. n. 42/04 non proprio cristallina e ad un complesso raccordo delle funzioni amministrative dei vari organi impegnati nel procedimento. Il vero e proprio punto dolente della disciplina riguarda questione della sussistenza o meno a carico della Regione o dell’Ente sub delegato, amministrazione competente al rilascio del titolo a sanatoria, dell’obbligo di trasmettere all’amministrazione preposta alla gestione del vincolo l’intera documentazione allegata alla richiesta. In altri termini, la questione è se Ente locale, di fronte ad una richiesta di rilascio di permesso di costruire in sanatoria, con contestuale richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica, possa adottare autonomamente un provvedimento di diniego senza trasmettere la documentazione alla locale Soprintendenza, motivando il diniego sulla base di una sorta di “prognosi postuma” di non sanabilità delle opere proprio sotto il profilo strettamente paesaggistico. La risposta al problema postula un’attenta analisi della griglia normativa costituzionalmente orientata. 

2.    Il quadro normativo.

Com’è noto, l’articolo 146 del d.lgs. n. 42/04 stabilisce ai commi da 5 a 8 che “(…) 5. Sull’istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la Regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge, ai sensi del comma 1, salvo quanto disposto all’articolo 143, commi 4 e 5. Il parere del Soprintendente, all’esito dell’approvazione delle prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati, predisposte ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141 bis e 143, comma 3, lettere b), c) e d), nonché della positiva verifica da parte del Ministero su richiesta della regione interessata dell’avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante.  6. La Regione esercita la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico – scientifiche e idonee risorse strumentali. Può tuttavia delegarne l’esercizio, per i rispettivi territori, a Province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali come definite dalle vigenti disposizioni sull’ordinamento degli enti locali, ovvero a Comuni, purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico – scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico–edilizia. 7. L’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ricevuta l’istanza dell’interessato, verifica se ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’articolo 149, comma 1, alla stregua dei criteri fissati ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141 bis e 143, comma 3, lettere b), c) e d). Qualora detti presupposti non ricorrano, l’amministrazione verifica se l’istanza stessa sia corredata della documentazione di cui al comma 3, provvedendo, ove necessario, a richiedere le opportune integrazioni e a svolgere gli accertamenti del caso. Entro quaranta giorni dalla ricezione dell’istanza, l’amministrazione effettua gli accertamenti circa la conformità dell’intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e trasmette al Soprintendente la documentazione presentata dall’interessato, accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa nonché dando comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento ai sensi delle vigenti disposizione di legge in materia di procedimento amministrativo. 8. Il Soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione rilascia l’autorizzazione ad esso conforme oppure comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni (…)”.  L’articolo 167 del d.lgs. n. 42/04, ai commi 4 e 5 stabilisce che “(…) 4. L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica; c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. 5. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell’articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma (…)”.  L’articolo 181, commi 1-ter e 1-quater, prevede che “(…) 1-ter. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’articolo 167, qualora l’autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. 1-quater. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi di cui al comma 1-ter presenta apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni (…)”. Dal combinato disposto delle norme riportate emerge nitidamente che : 1) la Regione o l’ente sub delegato rilasciano l’autorizzazione paesaggistica (Autorità competenti), previa trasmissione della documentazione alla locale Soprintendenza (Organo preposto alla gestione del vincolo) che si pronuncia sulla proposta formulata dall’amministrazione competente (art. 147, comma 7); 2) il medesimo meccanismo di leale collaborazione istituzionale, che prevede la trasmissione della documentazione all’organo preposto alla gestione del vincolo (Soprintendenza), viene replicato anche in sede di formulazione del parere (vincolante) relativo alla compatibilità paesaggistica degli interventi da sanarsi (art. 181, comma 1-quater); 3) l’amministrazione preposta al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (anche in sanatoria), vale a dire la Regione o l’Ente sub delegato, detiene in materia di “tutela del paesaggio”  un mero potere di proposta e nessun potere decisorio (né di taglio positivo né di taglio negativo). Diversamente opinando si configurerebbe una forzatura del dato costituzionale che demanda allo Stato la tutela del paesaggio/ambiente (articolo 117, comma 2, lett. s) ed alla legislazione concorrente la materia del “governo del territorio”. In altri termini, solo all’organo statale può essere riconosciuto l’insindacabile potere di tutela del paesaggio (rectius: ambiente) e quest’organo non può che essere la Soprintendenza, articolazione periferica del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. In questa cornice, alla Regione o, in alternativa, all’Ente locale residua soltanto la potestà di verifica della conformità edilizia dell’intervento e solo se tale valutazione assume un profilo negativo è possibile denegare il rilascio del titolo a sanatoria, previo parere dell’organo preposto alla gestione del vincolo per quanto concerne l’aspetto paesaggistico. Applicando i principi cristallizzati nelle norme richiamate, è di tutta evidenza come il Responsabile dell’UTC di un Comune o il funzionario regionale, sostituendosi alla locale Soprintendenza, eserciterebbe delle potestà che non gli sono riconosciute dalla griglia normativa di riferimento. Infatti, una trama motivazionale costruita, ad esempio, sul mero presupposto che le opere abusivamente realizzate non rientrano nella fattispecie di quelli elencati nell’articolo 167, comma 4, in quanto comportano sia un aumento di volumi che di superficie utile renderebbe certamente illegittimo il diniego del permesso di costruire in sanatoria in quanto non investirebbe profili eminentemente edilizi e nello stesso tempo non sarebbe stata preceduta dal vaglio dell’autorità preposta alla gestione del vincolo. In altri termini, la mancata trasmissione della documentazione alla Soprintendenza per il relativo parere vincolante, magari assistita dalla formulazione di una proposta di parere, e la contestuale assenza di motivazione riguardante aspetti edilizi determinerebbe una evidente violazione del combinato disposto degli articoli 167, commi 4 e 5, 181, comma 1-quater e 36 d.P.R. n. 380/2001, nel senso che l’organo competente al rilascio del titolo edilizio in sanatoria si troverebbe ad esercitare delle potestà proprie dell’organo statale.

3.    La giurisprudenza.

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa è assolutamente stabile e riguardo l’interpretazione dell’articolo 146 del d.lgs. n. 42/04, che costituisce il paradigma, l’ombrello sotto il quale ricade sia dell’articolo 167 che dell’articolo 181-quater, ha ritenuto che “(…) il d.lgs. n. 42 del 2004 (c.d. Codice Urbani) ha totalmente ridisegnato, all’art. 146, il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, eliminando, nel sistema a regime, il potere della Soprintendenza di annullare l’autorizzazione paesaggistica già emessa dal Comune e prevedendo l’intervento della medesima Soprintendenza in sede endoprocedimentale, con facoltà di formulare un parere che risulta espressione di un potere decisorio complesso facente capo a due apparati distinti; si anticipa, quindi, già in sede procedimentale, l’apporto partecipativo dell’autorità statale” (T. a. r. Campania, Napoli, Sezione VIII, 11 gennaio 2011, n. 53). Gli stessi Giudici, inoltre, hanno chiarito che. “(…) nel procedimento previsto dall’art. 146, d. lg. 22 gennaio 2004 n. 42, il parere della Soprintendenza, Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, ha natura obbligatoria e vincolante e, quindi, assume una connotazione non solamente consultiva, ma tale da possedere un’autonoma capacità lesiva della sfera giuridica del destinatario, lesività non superabile e perciò attuale quando l’interessato non abbia prodotto alcuna osservazione. L’indicato parere, pertanto, è autonomamente ed immediatamente lesivo e di conseguenza ex se impugnabile in sede giurisdizionale (…)”1.

 

4.    Considerazioni finali. 

L’intreccio del dato di diritto positivo con le relative applicazioni giurisprudenziali induce a ritenere che un eventuale diniego del permesso di costruire in sanatoria, motivato sulla base di un giudizio di prognosi postuma di non sanabilità delle opere da un punto di vista paesaggistico compiuto dalla autorità competente al rilascio del titolo edilizio a sanatoria e non dall’organo preposto alla gestione del vincolo, sarebbe manifestamente illegittimo. Infatti, la mancata trasmissione della documentazione alla locale Soprintendenza, seguita dalla autonoma valutazione di conformità paesaggistica delle opere da sanarsi ad opera dell’Ente locale, determina un’indebita sostituzione dell’autorità competente al rilascio del titolo edilizio rispetto a quella preposta alla gestione del vincolo, con conseguente violazione delle prerogative istituzionali che la stessa Costituzione riconosce allo Stato (e solo allo Stato) in materia di “tutela dell’ambiente”.

* Professore di Organizzazione delle Public Utilities presso l’Università degli Studi della Calabria e partner dello studio legale internazionale Gerardo Guzzo & Associates.
 
1 Cfr. T.a.r.. Puglia Lecce, Sezione I, 3 dicembre 2010, n. 2784; T.a.r. Campania, Salerno, Sezione I, sentenza n. 1955 del 7 dicembre 2011.

 
Pubblicato su AmbienteDiritto.it il 7 febbraio 2012